Chapter Two
Quella volta la risposta alla domanda "chi sarà morto?" ebbe un eccezione, che si chiamò Archie Andrews.
Il ragazzo dai capelli rossi si svegliò, e con lui anche Riverdale.
Ma non si poteva puntare una luce contro quegli occhi, o si sarebbero fatti male, bisognava aspettare che pian piano si abituassero al buio, e intanto aprire la persiana per far passare dei raggi di Sole.
Il suo risveglio fu comunque il segno che Riverdale non si arrese e continuava a lottare.
Presentava qualche ferita, alcune lievi e altre profondi, ma c'erano ed erano evidenti.
L'importante però, era rimanere uniti. Se ci si divide, si è una preda più facile da catturare.
E a Riverdae nessuno voleva essere la preda, ma il predatore.
«Ciao ragazzi... » l'angolo della bocca di Archie si alzò e formò un mezzo sorriso, faticato per la stanchezza.
«Oh Archie» Veronica si buttò a capofitto tra le braccia del ragazzo,lasciandogli infine un bacio sulla fronte.
Venne il mio turno, e lo abbracciai più forte che riuscii cercando di non fargli male.
Mi staccai anche io asciugandomi una lacrima posata sulla guancia, e Jughead si fece avanti dandogli un pacca amichevole -sempre più debole delle solite che si lasciavano- .
«Ma che cavolo ti è saltato in mente amico.» gli disse Jughead sorridendo, nonostante io sapessi bene che voleva davvero che glielo dicesse.
«Ne riparleremo quando mi opereranno la spalla.» disse lui indicando con il mento la grande fasciatura che aveva.
Jughead assunse un espressione dispiaciuta ed imbarazzata sul volto. Archie, che lo conosceva bene, gli rispose a tono.
«Oh no amico non ci provare nemmeno a dirlo» si fermò a fiato sospeso.
«non è colpa tua» concluse.
Jughead sospirò sopraffatto e incroció le sue braccia dietro la schiena, muovendo le dita.
Gli andai vicino e le presi con le mie; quando aveva bisogno di conforto gli era solito fare così.
Anche quelli che all'apparenza sembrano i più forti, crollano su un macigno di pietre, fredde.
E lui era caduto così pesantemente, da sentire una fitta allo stomaco propagarsi per tutto il corpo.
«Ho avuto una fantastica idea! Domani portiamo dei Pancakes e facciamo colazione insieme» esclamò Veronica entusiasta.
Annuimmo tutti convinti dell'idea e in quel momento la porta si aprì.
L'infermiere ci disse che era arrivato il momento di andare, poiché Archie doveva riposare.
Ci chiudemmo la porta alle spalle e ci guardammo negli occhi, che parlarono da soli.
Amavo i giochi di sguardi e chi era capace a mentire attraverso essi, perché era tanto tanto difficile, se non impossibile.
Ma se fosse stato impossibile, allora non avrei amato chi mentiva poiché non poteva.
Perché in realtà non ne avevo conosciuto neanche uno.
Veronica la capivo all'istante, non c'era stata una volta in cui non capivo come stesse.
Con Jughead... era tutto ancora più bello.
I suoi occhi erano verdi, ma non erano solo quello.
Erano avvolgenti, misteriosi, dicevano e nascondevano allo stesso tempo il carattere di Jughead.
Erano quel paio di occhi che se te ne innamori, non li scordi più. Amavo guardarli, mi facevano sentire più vicina a lui di quanto già non lo fossi.
Insomma i nostri occhi dissero contemporaneamente ciò che pensavamo tutti e tre, che poi la bocca di Jughead riconfermó.
«Hiram Lodge c'entra qualcosa»
***
Mi tolsi il giubbotto e lo appesi nell'armadio, Jughead invece sulla sedia.
Avevo avvisato mia madre dello stato di Archie, ed io e lui andammo in camera mia.
Mi sdraiai sul letto, esausta, e chiusi gli occhi.
Mi soffermai sui miei battiti cardiaci e sul mio respiro, ero molto agitata e volevo solo staccare la mia mente per un po'.
«Come stai?» disse Jughead sdraiandosi accanto a me.
Sorrisi e feci "no" con la testa come risposta.
«E pensare che tutto questo è successo in meno di tre ore» aggiunsi.
«E pensare che prima stavamo facendo tutt'altro» le parole gli uscirono dalla bocca probabilmente involontariamente, così le sue guance si tinsero leggermente di rosa.
Mi girai d'un fianco per ritrovarmi di fronte a lui, e gli presi la mano accarezzandola.
«Ehy, è stato fantastico»
Lui sorrise imbarazzato, creando la sua adorabile fossetta sulla guancia sinistra.
Era la verità, fu fantastico.
Nel modo in cui ci toccavamo, nel modo in cui i nostri respiri si univano, nel modo in cui desideravamo l'altro più di qualunque altra cosa in quel momento fu fantastico.
«Stessa cosa per me» mi baciò di sorpresa e mi misi sopra di lui e si alzò leggermente per permettere al bacio di passare ad un livello più passionevole.
Con le mani passò dalle mie gambe al mio collo, portando su di esso anche le sue labbra.
Il tocco umido di esse sulla mia pelle mi provocava dei brividi lungo tutte le vene delle braccia e sulla schiena, che toccò con le mani passando sotto la maglietta e disegnando linee e cerchi immaginari su di essa.
«Jughead... » ansimai avvampando sempre di più.
«Mia madre... ci sentirà»
«Solo... un... altro» disse nel mentre di altri baci che arrivavano quasi fino al petto, coperto appunto dalla maglietta.
Ci guardammo e scoppiammo in una fragorosa risata.
Ormai non avremmo più potuto stare separati senza pensare all'altro. Il che era bello, poiché significava che il "ti amo" che ci eravamo detti non era più una bugia, ma anche brutto da una parte perché...
«Cavolo, senza te sentirei una parte di me mancare» disse Jughead tutto d'un tratto, tra le risate soffocate per esser durate troppo.
Ecco, sarebbe stato nostalgico.
«Jug... cosa accadrà a Sweet Pea?» dissi alzandomi dal letto.
Si sollevò e si mise a sedere.
Passó le dita della mano tra il suo ciuffo selvaggio, libero dal beany, che gli ricadé in parte sui suoi occhi.
«Credo che lo interrogheranno, ma che la famiglia di Archie lo proteggerà poiché lui sicuramente vorrà»
Sorrisi spontaneamente.
L'avrebbe fatto solamente perché era un amico di Jughead, e non voleva creargli più casini di quanti già ce ne aveva.
«Sai che per qualunque cosa potrai sempre contare su di me» «Ti amo.» sussuró al mio orecchio.
«Anch'io ti amo.»
Mi venne spontaneo dirlo, ormai non avevo paura.
La paura ci rende deboli, fragili; l'amore totalmente vulnerabili.
È il vento contro il mare, che mostra la parte più rabbiosa di sé. È la pioggia sui vetri della macchina, l'attesa che le sue gocce cadino sempre più giù creando linee irregolari che cambiavano ogni volta direzione.
L'amore è ciò che ci distrugge, se non troviamo una persona che per il nostro cuore si strugge.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top