Chapter Four
Gli adolescenti di Riverdale, si erano lasciati alle spalle le preouccupazioni per una sera.
Tra vestiti luccicanti, capelli tirati all'indietro e voglia di far festa, c'erano però ancora dei segreti che forse non ci avrebbero messo molto tempo a venire a galla...
Se da una parte i figli pensavano a divertirsi, i genitori si riunivano intorno ad un tavolo di legno nell'ufficio di casa Lodge, chi per un motivo, chi per un altro...
Narratore esterno
«Per me è così, e credo che sia la risposta più ovvia!» esclamò FP Jones in preda alla furia.
«È di mio marito che stai parlando» rispose Hermione Lodge a tono.
«Hermione, lo sappiamo tutti questo, ma non possiamo escludere l'opzione, anche perché fin'ora è quella più sensata» rispose Alice Cooper.
Alice era sempre stata accanto ad FP, magari non lo dimostrava a pieno, ma ci teneva a lui.
«E se invece fossero state le altre bande?» propose Fred Andrews, il caro uomo di cantiere.
Era sempre stato onesto e gentile ad ogni occasione. Aveva sempre aiutato il quartetto di Archie, Betty, Jughead e Veronica. Aveva un cuore d'oro.
«Li abbiamo minacciati non molto tempo fa, avevano violato un codice e lo sanno benissimo» disse FP prendendosi la testa tra le mani.
C'era tensione tra i presenti, non si poteva negare.
«Sta di fatto che mio figlio ha quasi rischiato di morire, e sei fotunato che cercheremo di non mandare in prigione Sweet Pea»
FP annuì alle parole di Fred.
«L'importante è scoprire dove abbia preso la pistola prima che venga interrogato dallo sceriffo Keller, perché se è ciò che pensiamo noi... andrà male per tutti quanti.» sussuró Hermione Lodge.
«Tu prendi davvero in considerazione quella ipotesi?» chiese Alice ad occhi sbarrati.
FP rispose precedendo Hermione, con voce roca e bassa: «L'errore c'è già stato Alice, non è impossibile che sia accaduto di nuovo.»
Betty Pov's
Da fuori la lussuosa villa di Veronica si sentiva già la musica, ma non doveva significare per forza che ci fossero tante persone.
O almeno così speravamo.
Veronica era una ragazza da feste, da sabato sera passati svegli fino alle quattro del mattino, ma da quando era arrivata a Riverdale non l'avevo vista nemmeno una volta fumare o fare uso di droghe, che fossero leggere o no.
Semplicemente le piaceva divertirsi e sgarrare qualche piccola regola.
Aprii la porta di casa e spalancai gli occhi e la bocca, e stessa cosa fece Jughead.
Dentro non si capiva niente; c'erano tantissime persone che si muovevano l'uno addosso all'altro, e si stuzzicavano alzando i vestiti di almeno tre taglie più piccoli. Bicchieri di plastica e bottiglie di birra erano poggiate o rotte ovunque, e la musica rompeva i timpani.
Classica festa, classica rottura di palle.
«E queste sarebbero poche persone?» esclamai alla mia amica appena si avvicinò a noi.
«Inizialmente si... cioè più o meno... »
si girò verso un ragazzo e gli urlò di abbassare leggermente il volume della cassa, poi riprese a parlare con noi.
«E gli invitati alla festa hanno invitato a loro volta altre persone.»
«E adesso è un bordello.» sbuffai.
«Dai ci divertiremo!» rispose con il sorriso Veronica.
Ennesima serata rovinata.
Guardai Jughead, che mi disse se volessi tornare a casa, ma ormai tanto valeva stare un paio d'ore lì.
«Io vado a prendere da bere, magari tu vedi se c'è qualcuno che conosciamo non ancora sballato» mi disse Jughead.
Annuii e lui mi lasciò un bacio sulle labbra e strofinai la punta del naso sulla sua.
Feci il giro della casa, sperando di trovare qualcuno.
Mentre camminavo per il corridoio che portava ad un'altra piccola saletta, ma invasa di persone, notai dei volti famigliari attraverso la grande vetrata a muro.
Mi avvicinai fino a toccare il gelido vetro con la punta del naso.
Erano il padre di Jughead e la madre di Veronica che uscivano da un'auto, e intanto si guardavano intorno.
Non volevano che qualcuno li vedesse.
Ma ovviamente, avevano fallito.
Li seguii con lo sguardo fino a che svoltarono l'angolo per andare nel retro della villa.
Mi affrettai a fare il giro della casa per raggiungere la loro stessa posizione e mi accucciai dietro un vaso.
Nella reggia dei Lodge non potevano mancare piante di tutti i tipi, preferibilmente grandi.
Per un attimo FP sparì in un angolo, ma dopo soli pochi secondi riapparí con una scala in mano.
Le mie dita iniziavano a scivolare dalla presa del vaso, così le asciugai sul vestito.
Era una situazione snervante.
Posizionó la scala vicino al muro e la signora Lodge ci salì sopra, seguita dal signor Jones.
Salii di corsa il secondo piano, sperando che nessuno mi notasse.
Non volevo creare agitazione tra i miei amici.
Prestavo attenzione ad ogni minimo passo, ad ogni minimo movimento, mentre le orecchie erano tese per ascoltare ogni rumore, anche il più banale.
Ma nessun rumore è banale se ci sono la moglie dell'uomo cattivo e il capo dei Serpents.
Sentii il girare di una chiave e l'aprirsi di un cassetto, corsi nella direzione del rumore e... mi ritrovai davanti l'ufficio del signor Lodge.
Non era un buon segno.
O forse sì, poiché c'era FP?
Tutto ciò che sapevo era che non ci si poteva fidare di nessuno, almeno nel mio caso.
Appoggiai l'orecchio alla porta...
«Controlla in questi fascicoli, FP»
«Tu invece hai già controllato in quel cassetto?»
«Sì ma non c'è nulla... oddio FP, so dove si trova... »
«Abbiamo poco tempo, dimmi» «Nel... »
«Betty cosa stai facendo?»
Mi portai una mano sul petto, in corrispondenza del cuore.
Era Veronica.
«Jughead ti sta cercando da diedi minuti, e tu sei quí... » la sua voce tremava, non voleva che sua madre si cacciasse nei guai.
Ormai era rimasta sola.
La guardai tristemente, non sapendo cosa dire.
«V io... credevo di aver sentito qualcosa... »
«B, non c'è bisogno di mentirmi»
«È la verità, ma non c'è nessuno» mentii. Non potevo farle credere che qualcosa andasse storto.
«È la verità.» le sussurrai.
Mi alzai e l'abbracciai, mentre lei nella mano teneva qualche bicchiere vuoto di birra.
«Vuoi che io ti aiuta a pulire?» chiesi alla mora.
«Fa nulla, tranquilla» abbozzó un sorriso e io andai sa Jughead.
Con lui dovevo per forza parlare.
«Betty dove sei stata?» mi accolse con voce sollevata.
«La tregua è finita Jug, e nella fine c'è un inizio.»
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