Le lettere scomparse della regina Carolina ( parte 1/6)

Era appena rientrato a casa dal turno di sera, Mattia, un ragazzo di circa 19 anni che, per aiutare economicamente i suoi genitori, aveva deciso di accettare il posto in fabbrica del defunto nonno. Vi starete tutti chiedendo, forse, se il nonno fosse morto sul lavoro, una delle tante morti bianche che avvengono in quegli ambienti pericolosi e un po' sotto controllati. E la risposta è : no. Il nonno di Mattia era morto comodamente nel letto di casa sua, alla veneranda età di 109 anni, con il televisore acceso, ancora sintonizzato sul canale politico della sera. Al signor Giuseppe piacevano tanto quei programmi: non se ne perdeva uno, lo facevano sentire come ancora durante le lotte di classe, all'epoca della nascita dei primi sindacati nel paesino di Borgo Fiorito.

Ma torniamo al nostro Mattia, studente all'ultimo anno di Liceo, capitano della squadra agonistica di nuoto di Borgo Fiorito, assistente del presidente della cooperativa agricola della Valle dell'Ago, trombettista nella banda del paese, portaborse a richiesta delle vecchine di Borgo Alto e Borgo Basso, operaio della fabbrica dello zucchero e persino portalettere di provincia.

Sì avete capito bene, questo ragazzo faceva di tutto per mettere da parte un po' di soldi in più, al fine di cercare di riscattarsi dalla prematura povertà che aveva colpito la sua famiglia tre anni prima. Alla morte, per niente attesa, del signor Giuseppe, suo padre si era fatto fregare bellamente dal classico notaio amico di famiglia che tutti hanno. Il signor notaio in questione, aveva architettato un piano infallibile per riuscire a rubare i soldi del signor Giuseppe, e badate bene che ne erano veramente tanti, a causa di uno screzio avvenuto tra i due in passato, senza violare legge alcuna. I dettagli son così complicati e cavillosi da spiegare, che passerei oltre la parte tecnica per illustrare meglio il fatto che questo scherzetto di cattivo gusto, aveva privato il padre di Mattia della villa in campagna, con annesso maneggio e rendita proprietaria.

Fu così che i Signori Storpielli, dovettero cercare una casetta più minuta ed economica nella zona industriale, e fatti i bagagli si trasferirono, celermente e tristemente, al civico 73.

Il piccolo Mattia, con i suoi muscoli ben sviluppati, grazie al lavoro nel maneggio, e i suoi pochi 180 cm di altezza, si adattò a tutto pur di dare il contributo che la madre gli chiedeva insistentemente. Ma potete ben capire come dopo più di due anni di duri lavori, senza sosta né riposo, il poveretto iniziava a sentirsi stanco: andava a scuola delle 8 alle 13, a Borgo Alto dalle 14 alle 15, in fabbrica dalle 15 alle 18, a Borgo Basso dalle 18 alle 19, a nuoto dalle 19 alle 21 e alla riunione del comitato dalle 21 alle 23. Tornava a casa talmente stanco che non aveva la forza né di mangiare né di studiare. Non gli importava un granché in realtà, la voglia di dormire superava di gran lunga  quella per fare altro, e così fece. Si buttò sul letto, tanto sapeva che la sveglia il giorno dopo sarebbe stata alla stessa ora: alle 5, per consegnare le lettere e i giornali entro le 8, puntuale per non doversi sorbire le lamentele dei compaesani se mai fosse capitato loro di ricevere una lettera dieci minuti dopo il previsto.

L'esistenza di Mattia proseguì sempre uguale, giorno dopo giorno, per due anni e tre quarti. Poi qualcosa successe che cambiò la sua vita. Sempre se vita, la sua, uno possa definirla.

Note: lo so lo so, lo stile è diverso rispetto a precedenti due racconti, spero che riusciate comunque a immedesimarvi in una narrazione un po' ironica degli eventi del giovane Mattia. Senza pregiudizi, cercate solo di farvi prendere dal ritmo narrativo.
A presto per una prossima parte!!

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