Capitolo 3

Mi sveglio indolenzita. Lui non è più accanto a me. Forse l'ho sognato.

Infilo la vestaglia e mi dirigo verso la cucina dove trovo, attaccato al frigo un post-it.

NON PRENDERE IMPEGNI PER L'ORA DI PRANZO. VOGLIO PORTARTI IN UN POSTO SPECIALE. CI VEDIAMO ALLE 11.30 DAVANTI ALLA STAZIONE CENTRALE. TUO BRIAN XXX

Non l'ho sognato. Lui ha fatto davvero l'amore con me. Eravamo insieme. Ma l’esultanza iniziale lascia subito il posto al dubbio frutto di una nascente consapevolezza.

Io non c'ero mentre i nostri corpi si fondevano. Avevo sentivo il mio corpo staccarsi dalla mia anima che sembrava essere rimasta sospesa sopra di noi mentre facevamo l'amore. Mi porto una mano alla bocca mentre l'orrore di quel pensiero mi schiaccia e spezza il mio respiro.

“E se non lo amassi più?”

Dopotutto mi ha fatta a pezzi tante di quelle volte, con il suo atteggiamento disinteressato, da non riuscire più nemmeno a credere o a star male per le cavolate che mi propina.

Con quel tarlo che minaccia di divorarmi lo stomaco, prendo solo del succo di frutta dal frigo e poi corro a cambiarmi.

Davanti allo specchio del bagno con lo spazzolino fermo a mezz'aria guardo quella me apatica, smagrita, cinerea, con gli occhi cerchiato di blu e le labbra pallide. Non c’è più traccia della Vittoria di un tempo, ma solo di un involucro sterile incapace di emanare calore umano. Infilo a forza lo spazzolino in bocca e inizio a strofinare i miei denti con eccessivo vigore fino a farmi sputare dentifricio e sangue.

Avverto il cuore pulsarmi sempre più flebile nel petto tanto che, in alcuni momenti, penso si stia per fermare.

Ritorno in camera mia e un altro specchio più grande del precedente mi mostra impietoso una versione ancor più spregevole di me.

Un mucchio di ossa ricoperte a malapena da un'oncia di carne.

Ricado in ginocchio sul pavimento portandomi le mani al viso per non vedere più quella mia palese quando dolorosa disfatta. Le lacrime riempiono i palmi delle mie mani e i singhiozzi mi scuotono il petto facendomi ridestare da quel momento di autocommiserazione.

Oggi la versione cartacea del mio libro verrà presentata in una libreria del centro.

“Ho il mio lavoro dopotutto. Posso farcela a sopravvivere seppure decidessi di porre fine a questa agonia”. Rifletto e quel fardello diventa temporaneamente più lieve.

Improvvisamente mi sorprendo a programmare la mia vita da questo punto in avanti da sola, ovvero senza mio marito, come se fossi pronta a tagliare quel cordone che un tempo ci legava.

Sento un nodo serrarmi la gola e lo stomaco andare in fiamme.

«Smettila di pensare certe cose, Vic. Brian ti ama. A modo suo ma, ti ama!» Ripeto ad alta voce come un mantra mentre mi vesto.

Ho deciso che metterò una gonna stretta e la camicetta di seta rosa che ho preso l'altro pomeriggio in un negozietto in corso Buenos Aires.

Infilo le autoreggenti nere, il mio body di lycra che fa ritornare il mio seno a un aspetto più umano, camuffandolo a dovere e ricopro il tutto con gli abiti che ho deciso di indossare.

Eccomi. Pronta ad affrontare questa nuova avventura.

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