Capitolo 1

Eccomi qui, di nuovo sul mio blog a scrivere storie di amori senza tempo, dove l'unico oblio è quello della passione. Sono qui - ma è come se non ci fossi - con solo il rumore delle mie dita a rompere l’assordante coltre di silenzio che impregna la casa scorrendo veloci sui tasti del mio Eeepc e dando forma ai miei pensieri.

Anche stasera Brian non c'è perché rintanato in uno dei laboratori del Cnr a seguire i risultati dei rilevi oceanografici effettuati nel mar Baltico.

Negli ultimi tempi pare che la sua casa sia divenuta più quella stanza fredda e asettica - dove l'unico rumore di vita è il ronzio dei neon che scendono dal soffitto rompendo il silenzio tombale creato da menti in pieno lavoro.

Mi fermo interrompendo il flusso delle parole che appaiono sul monitor e per qualche istante mi pare di vedere mio marito mentre, attraverso le lenti dei suoi occhiali privi di montatura, osserva montagne di numeri e grafici che scorrono sul suo di monitor.

“Chissà se mi sta pensando. Chissà se si è ricordato che oggi è il mio compleanno. Oggi compio ventisette anni.” Penso, e un senso di angoscia prende immediatamente il sopravvento, al quale subito si accompagna un velo di rammarico.

Ai tempi dell'Università mi immaginavo la nostra vita come una grande avventura dove mai avremmo potuto annoiarci e dove, nonostante le distanze provocate dai nostri rispettivi lavori, avremmo tenuto un legame speciale che ci avrebbe tenuti uniti oltre lo spazio.

Oggi, a distanza di quasi dieci anni, mi ritrovo seduta a pensare che in realtà la vita sia come la nostra fantasia, ovvero si snodi per vie incerte tessendo trame che noi stessi ci stupiamo possano rivelarsi. Io, per esempio, non avrei mai pensato di accantonare una brillante carriera accademica per fare la blogger, né potevo immaginare che le mie storie avessero un tale seguito. Brian, invece, è rimasto ben saldo nelle sue mete tanto da essere riuscito ad aggiudicarsi un posto all'interno del Cnr.

Ma a quale prezzo?

Mi guardo attorno e vedo il nostro matrimonio come quella casa piena di cose belle, costruita con tanti sacrifici, rivestita dei sogni di entrambi che oggi però mi appare come un involucro vuoto.

A tenermi compagnia, ormai, è un oggetto che animo io e parlo solo con la mia mente affollata di dubbi che si intrecciano alle trame delle mie storie.

Mi manca il calore di un'altra persona, mi manca quello del ragazzo meraviglioso che ho amato dal primo momento che ci siamo scontrati all'Università.

Il cellulare inizia a vibrare accanto al computer facendo un rumore assordante strappandomi ai miei pensieri. Sobbalzo nel rendermi conto che a chiamarmi è proprio Brian.

«Pronto», rispondo incerta.

«Vic! Stavi dormendo?» Chiede sospirando.

«Amore, ascolta. Mi dispiace di essere rimasto intrappolato tra queste quattro mura anche stasera. Avevo davvero altri progetti per noi due stasera ma...» Si interrompe, sembra quasi non riesca a trovare le parole più adatte a dirmi che resterò sola anche stasera.

«Brian, non ti preoccupare per me. Avevo da finire un po' di lavoro prima di andare a dormire e, sinceramente, non sarei comunque stata di ottima compagnia, seppure fossi stato disponibile», lo interrompo mentre dall'altra parte sento improvvisamente un silenzio che mi fa male al cuore.

So cosa mi risponderà e sento già la gola bruciarmi mentre ricaccio indietro le lacrime che minacciano di rompere le dighe.

«Avevamo progettato questo momento da molto tempo. Doveva essere tutto perfetto. Sarebbe stato il mio regalo di compleanno ma...» S’interrompe nuovamente e lo sento sbuffare.

Oh mio Dio. Non ci posso credere. Come può dirmi una cosa del genere proprio oggi e proprio mentre lui non c'è. Come puo' parlare di un bambino come se fosse un regalo che deve farmi per tenermi contenta.

Faccio appello a tutte le mie forze perché so che non è davvero il luogo né il momento più adatti a fare questioni in merito, mi limito perciò ad augurargli la buona notte e riagganciare, senza nemmeno aspettare che ricambi il mio saluto.

Lancio il cellulare dall'altra parte del tavolo e mi accascio sulla tastiera mentre sento le lacrime scorrermi sulle braccia nude che tengo incrociate sotto il mio viso. I miei singhiozzi mi rimbombano assordanti nelle orecchie e fanno un eco in tutta la casa...vuota.

“Come può trattarmi così? Non dopo tutto questo tempo, non oggi che è il mio compleanno.”

Improvvisamente mi ritornano alla mente immagini di me piccola mentre sono accoccolata nel mio letto. È mattina presto. So che è il giorno del mio compleanno perché la sera prima ho faticato ad addormentarmi, nonostante la camomilla fatta dalla mamma. Sento il suono melodioso della sua voce nelle orecchie e due labbra morbide e calde che mi sfiorano la guancia.

«Svegliati piccola mia. Oggi è il tuo giorno speciale. Oggi si fa solo quello che vuoi tu», la sento sussurrare.

Ma nella sua voce riesco, seppur assonnata, a scorgere una certa eccitazione per ciò che questo giorno porterà con sé.

Mi sveglio sorridendo e la prima cosa che vedo sono i suoi occhi blu fissi su di me mentre una cascata di riccioli castani mi solletica il viso.

«Buongiorno piccola principessa. Buon compleanno!» Dice la mamma sorridendomi e quel suo sguardo pieno di amore mi riscalda subito il cuore. Anche stamattina, ho potuto udire la voce di mia madre mentre mi faceva gli auguri, ma al posto del tocco delle sue dita, c'era il display freddo del mio cellulare. Ho sentito il suo bacio dall'altra parte e, a giudicare dai suoi silenzi e dai gemiti soffocati, potrei giurare che stesse piangendo.

La mia mamma è un angelo meraviglioso del quale Dio mi ha fatto dono ed è un'infinità sofferenza per me sapere che la malattia di mio padre la stia consumando giorno dopo giorno togliendole tutte le energie. Temo, infatti, il momento in cui tutta la sua forza verrà meno poiché sicuramente lei svanirà con essa.

Mi ha chiesto, come tutti i giorni, se stessi mangiando sufficientemente o stessi ancora  “stressando il mio corpo”- come dice lei - con la dieta. È la tipica donna del sud Italia. Anche quando ero all'Università e ritornavo a casa per le vacanze, mi ci volevano due mesi per smaltire il rifornimento che mi toccava in sole due settimane di permanenza dai miei genitori.

Oggi che vivo stabilmente a Milano e che la tecnologia, per fortuna, accorcia le distanze, posso vederla quasi tutti i giorni attraverso la nostra chat personale. Ricordo il tempo che mia sorella, ha dovuto impiegare per spiegarle come funzionava il suo primo smartphone, ora diventatole indispensabile.

Lei non sa quanto mi senta sola, non sa dei progetti che pensavo di condividere con mio marito. È troppo fragile ed esausta perché io l'aggravi ulteriormente coi miei problemi.

Victoria può farcela da sola, come sempre.

Oggi però mi sento sfinita. Non ho più idee da riversare nel mio blog. Non ho voglia di pensare che questo giorno stia passando portando con sé l'ennesima possibilità andata in frantumi come me.

Mi trascino verso la camera da letto e mi spoglio svogliatamente poi, mi infilo la mia camicia da notte di seta e mi rintano in bagno.

Ho la faccia che fa pietà, sembro un quadro di Picasso. Afferrò dalla scatola accanto al secondo lavandino un batuffolo di cotone e ci verso su un po' di acqua micellare.

Quando il mio viso ritorna perfettamente pulito mi asciugo e faccio la pipì. Prima di uscire dal bagno mi soffermo nuovamente davanti allo specchio.

«Buon compleanno Vic» e sorrido mestamente alla mia immagine riflessa.

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