(Δ)1."Nulla è reale, tutto è lecito." (*)

Revisionato

La neve scende lenta e senza sosta sulla città di Rovereto, imbiancando ancora di più i tetti e gli alberi, senza contare che sta rendendo bianca la giornata del Natale: la stessa giornata che inizia al mattino presto, quando i bambini si alzano alle prime dell'alba, correndo poi a cercare i regali sotto l'albero per assicurarsi della venuta di Babbo Natale e, infine, correre dai genitori per svegliargli e aprire tutti quei pacchetti colorati. Ogni bambino spera di trovare ciò che ha chiesto nella letterina e, mentre scarta la carta da regalo, già si pregusta il nuovo giocattolo, per poi rimanere entusiasta anche se trova qualcosa che non aveva chiesto.
Eppure, in quella casa laggiù, quella con una finestra ancora illuminata dalla lampada da soffitto alle quattro di mattina, le cose sono molto diverse: lì, i risvegli non sono dati da bambini esaltati che corrono a muovere con la loro debole forza i genitori ancora addormentati. No, in quella casa, ogni anno il risveglio è diverso, ma non per questo più piacevole.
Le tende grigie sono rimaste scostate, permettendo alla luce artificiale di riverberarsi all'esterno – come farebbe qualcuno per cercare di tenere i ladri lontani dalla propria abitazione durante le vacanze – e, oltre di esse, una figura, seduta sulla poltrona da scrivania, se ne sta curva e in continuo movimento, concentrata a raggiungere il primo posto nella classifica di quel videogioco sparatutto che scorre sullo schermo del computer fisso, probabilmente assemblato dalla stessa persona che ci sta giocando ora.
I lunghi capelli castani sono raccolti in una coda alta, ma vengono comunque nascosti dal grande cappello rosso con un pompon bianco come la neve, come quello che si associa a Babbo Natale; un maglione dello stesso colore del cappello lascia intravedere il disegno di una renna che punta lo zoccolo verso chi guarda e una vignetta che recita "Babbo Natale wants you!"; una gonna verde agrifoglio con, sul bordo, una sfilza di elfi disegnati che portano i regali e, per finire, parigine natalizie abbinate a un paio di gigantesche ciabatte a forma di renna – con tanto di campanellino rosso al posto del naso.
È una strana ragazza, chi si sognerebbe mai di giocare conciati così?
Nonostante la sua mise esageratamente natalizia, la ragazza ha un sorriso vittorioso sul volto, mentre gli spessi occhiali dalla montatura nera le continuano a scivolare lungo il naso dritto e piccolo, e gli occhi – dello stesso colore delle castagne – si muovono frenetici sullo schermo per non perdere neanche un dettaglio.

Le cuffie nere permettono a lei, e a lei soltanto, di sentire una campanella che conosce molto bene e, in contemporanea, sullo schermo appare la scritta "Hai vinto" e lei, stanca, lascia scivolare il joypad sulla superfice liscia e chiara della scrivania, per poi stropicciarsi gli occhi. Si volta verso il letto, osservandolo come si fa con un vecchio partner amoroso – quando provi ancora qualcosa per quella persona, ma sai che non potrai mai riaverla nella tua vita – e, dopo un deciso e forte movimento della testa, la ragazza si muove silenziosa per riuscire ad andare in bagno, dove si sciacqua la faccia e si ferma a osservarsi: vorrebbe domandarsi che cosa abbia mai fatto lei alla vita per essere finita così, ma si è posta quella domanda troppe volte, senza mai trovare una risposta, così torna in camera e, abbassandosi all'altezza del pavimento, allunga un braccio sotto il letto.
Dopo aver cercato a vuoto per qualche minuto, riesce a trovare quella che lei chiama la sua valigia delle meraviglie e, aprendola, gli occhi le si illuminano di nuovo, come se fossero ancora bersagliati dalla luce intensa del videogioco di prima.
Posa, leggera, il dito su ognuno di quegli strumenti di tortura – accarezzandoli come si fa con i neonati –, fino a fermarsi sopra un paio di vecchie pentole incrostate e due mestoli in metallo arrugginito. Si pregusta già la faccia dei genitori e le loro domande.
Il sorriso si allarga e, dopo aver dato un'occhiata alla sveglia sul comodino – la quale segna le cinque e ventinove del mattino –, rimette a posto la sua valigia senza rimettere a posto il suo bottino, ma incastra i mestoli nella gonna e, tenendo in mano le pentole, esce dalla sua stanza, posizionandosi al centro esatto del corridoio della zona notte.
Le campane suonano, risuonando in lontananza, e, in perfetto sincronismo, la ragazza inizia a sbattere le due pentole l'una contro l'altra. L'effetto è immediato e un coro malcontento di imprecazioni e paura arriva alle sue orecchie, facendole sorridere e prendere i mestoli: appena le due porte si aprono, lei si allunga, dando una pentola e un mestolo alle due persone che si affacciano – le quali, ancora addormentate, non fanno domande – infine, si stropiccia gli occhi e sposta in maniera scomposta il cappello sulla testa.
"Ma che succede?" Chiede, sbadigliando e con un occhio ancora chiuso, osservando il resto della famiglia che raggiunge il punto da cui è partito il frastuono.
Le vecchie stoviglie cadono a terra, producendo nuovamente quel fragore insopportabile che potrebbe essere riuscito a svegliare anche i figli dei vicini, mentre Albano Acampora – il capofamiglia – raggiunge il luogo del delitto. Pronuncia la stessa domanda della figlia, anche se con un tono molto più autoritario e arrabbiato e lo fa con gli occhi fissi sulla finta innocente.
Lei alza le mani, in maniera lenta e misurata, per dimostrargli di non aver avuto modo di produrre quel frastuono e così, seppur scettico, abbassa gli occhi sul terreno e li rialza prima su una porta e poi sull'altra.
"E tu vorresti farmi credere che Giulia avrebbe combinato tutto questo?"
La ragazza spalanca gli occhi, voltandosi a rallentatore come un giocattolo nei film dell'orrore verso la fidanzata storica del maggiore dei suoi due fratelli, mentre la sopracitata cerca di rendersi il più piccola possibile arretrando di qualche passo per nascondersi dietro la porta.
Sandra, la più piccola della famiglia e colei che ha inventato questo folle piano, sbatte un piede a terra come una bambina capricciosa, mentre un braccio si abbassa verso il terreno – con la mano stretta a pugno – e l'altra si alza per poter riportare gli occhiali alla loro posizione originale. Sbuffa e si abbassa per cercare di riprendere le sue armi, mentre borbotta qualcosa sul fatto che avrebbe dovuto essere Alberto, suo fratello maggiore, ad aprire la porta.
"Avessi dato solo le tue diavolerie ad Alessio, avrei potuto anche crederci, ma ti sei fregata da sola."
Il fratello di mezzo, lo stesso Alessio che il padre ha appena tirato in ballo, porta un piede sulla pentola che gli era stata data, impedendo così alla sorella di riprenderla, stampandosi un ghigno soddisfatto sul viso quando lei alza il viso nella sua direzione con sguardo assassino.
"Che cosa devo fare con te, Alessandra?" L'uomo rilascia un sospiro e si abbassa, raccogliendo il disordine provocato dall'unica figlia femmina che gli è stata concessa, ma, rialzandosi, riprende a dire che sono più di ventitré anni che cerca di capirlo.
La ragazza gonfia le guance, pronta a ricordargli che lei non vuole essere associata a quella famiglia grazie a ciò che li lega tutti – i nomi che iniziano tutti per Al – ma conosce il padre e sa che la chiamerebbe con il suo secondo nome, Alfonsina, per farla arrabbiare ancora di più, così rimane in silenzio mentre il padre decide di chiudere la faccenda prima dell'arrivo della moglie.

Trascorrono diversi minuti prima che Alma si posizioni davanti all'albero di Natale, e Albano sia pronto a far partire una gara che è cominciata con i primi passi della più piccola di casa: i tre fratelli, schierati in ordine d'età sulla stessa linea, attendono solo il gesto del genitore e, nel mentre si scambiano uno sguardo di sfida.
Sandra cerca di infondersi determinazione, convinta di poter vincere quell'anno, dopo tutto il duro allenamento fatto per i vari parchi della città di nascosto dai suoi fratelli, ma, quando la madre decreta nuovamente vincitore Alessio – portandolo alla bellezza di ventiquattro vittorie – la ragazza sbuffa, sedendosi vicino all'albero decorato, mentre viene segnato il punto sulla lavagnetta; anche Alberto ha vinto molte gare, l'unica a non essere riuscita a tagliare il traguardo in prima posizione è proprio lei.

Mentre Albano porta la colazione in salotto, aiutato dalla moglie, Alessio comincia ad aprire i primi pacchetti, mandando linguacce e pernacchie nella direzione della sorella che, come pegno, è costretta ad aprire i suoi regali per ultima, aspettando che anche Giulia apra i suoi. La stessa Giulia che le porge un piccolo pacchetto incartato di nero e con un fiocchetto rosso.
Sandra non perde tempo e straccia quella carta come se ne andasse della sua stessa vita, a dispetto delle regole imposte dalla gara e dalle lamentele dei suoi fratelli maggiori e, quando si rende conto di avere tra le mani un nuovo videogioco, salta in braccio all'amica – e spera quasi cognata – per ringraziarla del regalo apprezzato, cosa che lascia tutti di stucco, visto che non è un'amante del contatto umano. Rimane aggrappata a quel calore corporeo, mentre capelli biondi le entrano in bocca nel tentativo di ringraziarla, per poi, rendendosi conto del suo gesto, staccarsi come se si fosse bruciata e limitarsi a incastrare lo sguardo negli occhi azzurri di Giulia e mimarle un  grazie impacciato che condisce perfettamente le guance imbarazzate delle due.
"Appena finito di pulire il casino che quei due hanno combinato, corro subito a provarlo!"
L'entusiasmo della mora è talmente esagerato che nessuno dei presenti riesce a ricordarle del pranzo a casa della nonna e, per una volta, lei paga anche la seconda parte del pegno con un caldo sorriso sulle labbra.

Nel momento in cui il titolo del videogioco si è presentato agli occhi della giovane, in una città lontana e sconosciuta, una voce si alza nel silenzio della solitudine e una nenia lenta e dolorosa, così colma di dolore che, anche senza comprendere le parole, sembra di star vivendo la morte di una persona cara.
Quella magia potente riesce a raggiungere il CD intrappolato e nascosto dalla custodia e farlo brillare di luce propria, una magia che ha la capacità di stravolgere delle vite, ma anche di rubarle senza più darle indietro.

*La frase proviene dal videogioco Assassin's Creed

Ed eccoci qui con il primo vero capitolo di questo libro!
Che cosa ne pensate? Siate sinceri perché questo è il mio primo esperimento con questo tipo di narrazione. 🙈

Che cosa ne pensate di Sandra (non provate mai a chiamarla in altro modo!)?
Cosa pensate che centrino i due tizi del prologo? E in che cosa consisterà il videogioco?
Che cosa vi aspettate di leggere nel prossimo capitolo?

Io, intanto, vi saluto!

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