6."Tutti i grandi cambiamenti richiedono dei martiri." (*)
Sandra si arrampica sui grigiastri muri esterni dell'ospedale, cercando un modo per raggiungere la sua camera senza farsi vedere e, una volta superato il cornicione della finestra, poggia i piedi all'interno di quell'asettica stanza ospedaliera.
Tira un sospiro di sollievo, sentendosi al riparo da qualunque cosa possa esserci nel mondo e osserva le bianche pareti e inspira l'aria colma di medicinali come se non respirasse da giorni. Quell'odore e quell'atmosfera erano sempre riusciti a calmarla, come se riuscissero a rubare tutte le sue preoccupazioni e lasciarle libero il cuore.
Il secondo dopo, però, tutti i cuori presenti nelle stanze adiacenti cominciano ad arrivare alle sue orecchie, mentre la gola riprende a bruciare per la sete che la chiama a sé come una sirena attira i marinai. Per un momento, l'idea di lasciarsi andare alla sua voglia di sangue oscura il cervello di Sandra, la quale si blocca quando la porta della sua camera si apre, rivelando lo stesso infermiere della sera prima.
«Buongiorno, signorina Acampora. Non pensavo di trovarla già in piedi, si è ripresa molto in fretta.»
La gola della ragazza brucia sempre di più, chiedendole quel liquido che scorre sotto la pelle di quello sconosciuto, ma lei scuote la testa e si siede sul letto, come per fingere di essere stanca e di non essersi ancora ripresa del tutto.
«Non mi stavate cercando?»
È quel che riesce a chiedere, nonostante la fame le stia rosicando tutta la razionalità di cui è in possesso, ricordandosi della sua fuga della sera prima.
«Perché avremmo dovuto? È sempre rimasta nel suo letto, per tutta la notte.»
La sete continua a divorarla e questa risposta la manda ancora più in confusione di quanto già sia, inoltre, la voce del gioco rimbomba tra le pareti pure e immacolate della stanza.
«Questa è la tua seconda possibilità: uccidi.»
La ragazza continua a scuotere la testa, portando anche le mani a tapparle le orecchie, in un ridicolo tentativo di fermare quella voce che vuole portarla a compiere un gesto terribile.
«Uccidi!»
I castani capelli di Sandra le coprono il viso e lei inizia a mormorare una sfilza di no che confonde l'infermiere, il quale si avvicina per cercare di capire che cosa succede alla paziente.
«Stammi lontano!»
Lei grida, ma l'uomo non la ascolta, poggiando anche una mano sulla spalla della ragazza; allo stesso tempo, la voce si fa più vicina, più forte.
«Se lo uccidi, cibandoti di lui, tutti i tuoi problemi svaniranno.»
Ormai è troppo tardi per potersi tirare indietro, i canini sembrano sul punto di squarciare le sue stesse labbra pur di trovare anche una minima goccia di sangue e la sua gola non smette di ardere, come se dentro scorresse della lava, mentre il profumo del sangue dell'infermiere è ormai a pochi centimetri di distanza.
«Mi dispiace.»
È l'unica cosa che Sandra riesce a mormorare, prima di alzare gli occhi in quelli dell'uomo e fiondarsi sulla sua carotide senza neanche dargli il tempo di gridare.
«Alessio, noi stiamo andando da tua sorella. Sei pronto?»
Il ragazzo, privo di appuntamenti per quella mattinata, è ancora seduto sul letto, dentro la stanza che ha condiviso per anni con il fratello e osserva il muro, coperto dalle foto dei due innamorati, come se esso contenesse tutte le risposte ai misteri dell'universo.
Al suono della voce della madre, il ragazzo si spettina i capelli neri, spostandoli dalla fronte, esce dalla stanza e le chiede di aspettare cinque minuti. Lei sbuffa, commentando la sua capacità di essere sempre in ritardo per potersi ammirare sempre allo specchio, ma questa volta lui decide di sorvolare ed evitare di rispondere. Ha una missione da compiere.
Si posiziona di fronte alla porta della camera della sorella e la apre, prima di perdere tutto il coraggio; entra, chiudendosela alle spalle e inizia a vagare con lo sguardo tra le quattro mura. Cerca qualunque cosa abbia potuto causare una ferita del genere sul collo di Sandra, ma non riesce a trovare niente, così comincia a muoversi all'interno, toccando tutto quel che è sempre appartenuto alla più piccola di casa.
Una lacrima scorre sul suo volto senza che lui si precipiti ad asciugarla; lì è solo e può lasciarsi andare e dimostrare di non essere così forte come cerca di mostrare sempre a tutti. Ha sempre voluto un gran bene a Sandra ed è stato lui a proteggerla sempre, anche dai bulli che volevano rovinarle la vita.
È tutta colpa mia.
Il ragazzo continua a ripeterselo, finché non tocca la tastiera del computer assemblato della sorella e delle scritte bianche su uno sfondo totalmente nero; vengono richieste le proprie generalità.
«Ma che diavolo?»
Le parole gli sfuggono di bocca in un sussurro, poco prima che sua madre riprenda a chiamarlo a più non posso; Alessio lancia un'ultima occhiata a quello che il computer gli mostra, poi si volta, uscendo da quella stanza per raggiungere sua sorella in ospedale.
Eppure, quella schermata continua a tornargli nella mente, chiamandolo e sussurrando il suo nome, come se essa gli appartenesse.
*Frase tratta dal videogioco "Legacy of Kain: Soul Reaver 2"
Buongiorno vampiretti,
lo so, il capitolo è un po' corto, ma poi sarebbe divenuto esageratamente lungo e mi stuzzicava l'idea di lasciarvi con un capitolo così, per vedere le vostre reazioni.
Per sapere le vostre idee e per capire se qualcuno pensa di sapere il motivo per cui vi ho lasciato proprio lì 😈
Ovviamente, c'è sempre un motivo dietro a tutto quello che scrivo, quindi non dimenticatevi nulla di quel che è stato detto fino a ora. Potrebbe anche risultare importante più avanti 😈
Bene, il capitolo era un po' di passaggio, ma spero che vi sia piaciuto comunque perché continueranno a succederne delle belle nei prossimi capitoli, tenetevi stretti!
Al prossimo capitolo 🧛🏻♀️
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