9. Una visita inaspettata

Londra, novembre 1837 

Era trascorso quasi un mese dal loro ultimo incontro, eppure Juliet continuava a pensare al modo sfrontato in cui Christopher aveva cercato di baciarla e dio solo sapeva cos'altro avesse avuto intenzione di fare. Aveva passato le ultime settimane preda dei ricordi e dello sconforto perché, deliberatamente, aveva scelto di non recarsi più a Morgan House, decisa a non rivederlo per non cadere vittima del suo sguardo, dei suoi modi, del piacere quasi malsano che aveva provato quando lui l'aveva stretta a sé. Mai nella sua vita aveva percepito una sensazione simile, tanto intensa quanto inquietante, tanto bella quanto spaventosa. Non sapeva che cosa significasse. Soprattutto, non sapeva perché ogni fibra del suo corpo tremava al solo pensiero di Christopher Morgan. Era una sensazione pericolosa, di quello Juliet si era resa conto fin dall'inizio. Ma come sarebbe riuscita ad allontanarla se, nonostante le settimane trascorse, il suo pensiero volava sempre a lui? Aveva accantonato perfino le sue poesie; ogni volta che provava a rileggerne una o a scriverne una, puntualmente la mente le giocava il brutto scherzo di farle ricordare la fisionomia del volto del duca di Morgan. E così si bloccava, ferma nel viale dei ricordi dei pochi attimi che aveva vissuto in sua compagnia. Non lo sapeva, Juliet Palmer, che presto avrebbe conosciuto il lato oscuro della Londra in cui era nata e cresciuta e che Christopher Morgan sarebbe stato una parte fondamentale delle notti più buie che avrebbe mai attraversato nella sua vita.

***

—Mi sono accorto che hai smesso di leggere— proruppe suo padre quel pomeriggio, in salotto. Il temporale era cominciato il giorno prima verso l'ora del tramonto e non aveva accennato a placarsi. La pioggia batteva feroce sui vetri delle grosse finestre rettangolari; il vento, anch'esso dei più violenti, sembrava voler spazzare via le querce cresciute negli anni nel giardino antistante la vecchia dimora. Juliet osservava con lo sguardo perso nel vuoto le gocce che rigavano il vetro, rigirando tra le dita la stoffa del suo abito quotidiano.
—Sì— mugugnò sottovoce.

Supponeva che sir Palmer fosse grato di ciò. La sua passione per la lettura era sempre stata un freno nella fioritura del loro rapporto, anche se Juliet non riusciva a comprenderne il motivo. Era un uomo rigido, lui, non ancora arrivato alla cinquantina, che aveva amato godersi la vita sempre nei limiti permessi dalla sua condizione, e aveva sposato sua madre solo per un accordo stipulato tra le loro antiche famiglia quando entrambi erano poco più che bambini. Non c'era mai stato amore tra loro, e sia Juliet che sua sorella Anne erano cresciute con il dogma che l'amore non era necessario affinché un matrimonio funzionasse. Era sufficiente che marito e moglie collaborassero e andassero d'accordo, senza che l'uno prevalesse sull'altro. A differenza di molti nobili, sir Palmer aveva sempre rispettato sua madre e, almeno di quello, Juliet poteva e doveva essergli grata. Non sapeva nemmeno se Anne amasse il suo sposo, anche se lo sperava; aveva sempre desiderato un matrimonio fondato sull'amore, nonostante gli insegnamenti dettati dai genitori.

—Sei stata molto taciturna negli ultimi tempi— continuò sir Palmer soffocando un colpo di tosse. —Ti è successo qualcosa, Juliet?
Lei si limitò a scuotere la testa. Non poteva metterlo al corrente della sua infatuazione per un duca che, mai e poi mai, sarebbe stata ricambiata e tantomeno non era sicura di potergli confidare le sue più intime reazioni al tocco di un uomo più grande.
—Credo che la poesia sia ormai passata di moda, padre— disse alla fine. —Vorrei iniziare a dedicarmi ad altre passioni.
Non era la verità, ma perlomeno non avrebbe destato sospetti nel genitore. Tuttavia sapeva che suo padre era molto intelligente e intuivo, e presto sarebbe giunto alla conclusione che le poesie, ormai, non avevano nulla a che vedere con il cambio di umore di sua figlia.
—Hai preso in considerazione l'idea del matrimonio?—
Juliet quasi sussultò. —Come dite?—
—Il matrimonio, Juliet— ribadì suo padre in tono fermo —l'ultima volta che sei stata a un evento tua madre mi ha detto che hai fatto una conoscenza un po' insolita con il duca di Morgan. —
Lei fece per parlare ma le parole le morirono in gola. Avrebbe dovuto immaginare che sua madre gliel'avrebbe raccontato, dato che i suoi genitori si confidavano ogni cosa. In qualche modo, il fatto che anche sir Palmer fosse a conoscenza del suo incontro sfrontato con Christopher la rendeva nervosa.
—Io, ehm... — Deglutì per ingoiare il groppo che alle chiudeva la gola. —Sì, ho conosciuto il duca di Morgan, ma non ci siamo scambiati che qualche parola di circostanza— mentì.
—Tua madre mi ha raccontato una versione un po' diversa— replicò l'uomo incrociando le braccia sull'ampio petto. Lei prese a mordicchiarsi un labbro nel tentativo di placare l'agitazione.

Suo padre la scrutava con i suoi occhi scuri, ben consapevole del fatto che Juliet non riuscisse a nascondergli niente. —E va bene — cedette alla fine. —Il duca mi fissava come se volesse raggirarmi e io mi sono innervosita. Così l'ho affrontato dicendogli che mai più avrebbe dovuto permettersi di ridere di me, che io sarei stata la prima a non permetterglielo. —
Sir Palmer tacque per alcuni istanti, durante i quali Juliet non provò il solito istinto di fuggire via, come spesso le capitava sotto il suo sguardo accusatorio.
—Ti rendi conto della gravità di quello che hai fatto?— disse l'uomo con un lungo sospiro. —È un bene che il duca non abbia preteso le tue scuse.
—Non gliele avrei mai porte— replicò lei serrando le labbra. La rabbia ricominciò a montare dentro le sue vene al ricordo di come Christopher l'aveva umiliata. —È trascorso quasi un mese, comunque. Probabilmente avrà già dimenticato l'episodio.—
E anche il suo tentativo di baciarmi gli sarà già passato di mente.

—Non sai proprio startene al tuo posto, Juliet... — sospirò sir Palmer. —Da chi avrai mai ripreso?—
Juliet aprì la bocca per ribattere quando, nel salotto, si fece strada un leggero e sonoro bussare di nocche. —Avanti— disse suo padre ad alta voce senza staccarle gli occhi di dosso. Il valletto più anziano della dimora, Richard di cui tutti ormai avevano dimenticato il cognome, comparve sulla soglia della porta. Era rasato, basso e segaligno come al solito, ed era sempre stato un caro amico per le sorelle Palmer. —Milord, c'è una visita per voi— ingiunse chinando appena il capo. Sir Palmer aggrottò la fronte perplesso. Di rado capitava che qualcuno venisse a fargli visita. —Di chi si tratta?—
—Il duca di Morgan — rispose Richard. —È qui, zuppo fino al midollo, e chiede di parlare con miss Palmer.

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