32. Parole non dette

Quando Juliet si svegliò la mattina dopo, trovò Christopher in piedi davanti alla piccola finestra della camera da letto. Sbattendo le palpebre per allontanare il torpore dovuto al sonno e ignorando una lieve emicrania, si tirò su a sedere.
-Christopher? -
Lui non rispose. Non le rispose neanche quando Juliet lo chiamò una seconda volta, e allora lei si alzò e lo raggiunse. Era nudo dal collo alla vita, dove la cintura gli stringeva i calzoni infilati negli stivali. Era nudo, voltato di spalle, e sembrava osservare un punto imprecisato oltre il vetro della finestra.
Juliet aggrottò la fronte. Poi rammentò le parole che lui le aveva detto la notte precedente, e al ricordo un brivido la scosse. "Io credo di amarti" aveva sussurrato, "non andartene come ha fatto lei."

Juliet era rimasta in silenzio per molto tempo dopo quella rivelazione. Immersi nella penombra, i loro corpi nudi e ammantati dall'odore del sesso, c'erano stati un duca e una ragazza di campagna che aveva perduto l'innocenza. Due persone così diverse, eppure che avevano condiviso una tale intimità, che si erano detti tante cose pur non parlando affatto. Ma lei era stata assalita dai dubbi, un tormento che era sembrato non avere mai fine.
Poteva davvero credere che il duca di Morgan amasse la figlia di un semplice baronetto? Era certa che avrebbe usato una parola forte come amare se non la provasse realmente? Tuttavia, continuava a dubitarne. Christopher aveva superato i trent'anni, aveva un'esperienza fuori dal comune e apparteneva a un rango che lei poteva solo invidiare da lontano; Juliet aveva appena compiuto vent'anni e della vita non conosceva che il senso della famiglia impartitole dai propri genitori e da sua sorella. Come poteva esserci speranza di costruire un futuro insieme al duca?

Aveva taciuto, dopo le parole di lui, non aveva chiesto spiegazioni, non aveva preteso di sapere chi fosse la persona che aveva abbandonato Christopher, qualcuno che probabilmente lui aveva amato e che se n'era poi andato. Era rimasta zitta, immobile, poi si era stesa e si era addormentata consapevole che qualunque cosa avesse detto avrebbe fatto a pezzi la magia che si era creata tra di loro. La verità era che non aveva saputo cosa dire, né cosa fare. Per la prima volta nella sua vita, qualcuno le aveva confessato una realtà che a tratti trovava scomoda seppur meravigliosa: aveva fatto innamorare un uomo.
Come? Com'era potuto accadere?
Cos'aveva spinto Christopher a rivelarle una tale verità, seppur consapevole che tra loro non sarebbe mai potuto esserci nulla a parte il contatto fisico?

-Christopher.
Lo chiamò ancora, ad alta voce, perché il suo silenzio la stava uccidendo. -Ti prego, guardami.
-Ti ho distrutto- fu tutto quello che disse lui. Fu il dolore nella sua voce a distruggerla veramente. Quelle parole non avevano un senso logico; lei era stata consenziente, anzi, aveva insistito perché i loro corpi si unissero, quindi perché condannarsi tanto?

-No, non è vero. Mi hai liberata.
-Sei così inesperta, Juliet, così ingenua- replicò il duca con tristezza. Poi si voltò e la guardò. -Tu non ti rendi conto di quello che ho fatto. Non riesci a capire che cosa determinerà la tua mancanza di illibatezza? Sei così piccola...

Strinse gli occhi. Le sue dita lunghe e affusolate seguirono il profilo della bocca di Juliet, degli zigomi, delle sopracciglia. -E così bella- sussurrò quasi con dolore, come se dirglielo gli costasse uno sforzo che non riusciva a sopportare. -Così bella da fare male. Mi fai male, Juliet.

Lei scosse la testa, una ridda di emozioni che le affluiva nell'anima. Gli afferrò la mano e se la portò sul petto nudo, il palmo gettò calore sul capezzolo e lei ricominciò a vibrare piano. -Non mi hai affatto distrutta, Christopher- mormorò. Sembrava che la voce le tremasse, quasi avesse timore di dirgli che quello che avevano condiviso per lei valeva più di qualunque cosa fosse mai contata prima, e che non c'era cosa più concreta che avesse mai pensato.
-Io voglio ringraziarti.
Le sopracciglia di Christopher si incurvarono l'una verso l'altra, mentre lei sentiva le sue dita irrigidirsi. -Juliet, non sai cosa stai dicendo.
-Ti ringrazio per avermi fatto provare tutto questo. Per avermi regalato attimi che non dimenticherò mai, per avermi fatto diventare una donna.

Lui lasciò andare un sospiro triste.
-Eri già una donna prima che io mi prendessi la tua innocenza- replicò. -A volte non serve fare l'amore per rendersi conto di essere donne.
Juliet lo fissò da sotto le folte ciglia scure.
-Lo so- disse. -Non era questo che intendevo, appunto. Ma tu mi fai sentire... fin dalla prima volta che ti ho visto, Christopher, mi hai fatto sentire come se io potessi valere davvero qualcosa. E in tutta la mia vita non avevo mai capito che in fondo, forse, posso davvero apprezzarmi. Ed era come se in me esistessero due persone diverse, due Juliet che si contrapponevano, e la cosa mi spaventava, avevo così paura di lasciarmi andare, di vivere quello che volevo vivere, di crescere e rendermi conto che potevo provare dei sentimenti veri e reali, perché li provavo, Christopher, e li provo tutt'ora e continuo ad avere paura ma tu... tu...

Christopher le posò le mani sulle spalle e si chinò sulle sue labbra, in un gesto rapido ma denudato di ogni tristezza precedente. Al contrario, adesso c'era un piccolo, abbozzato sorriso che gli curvava la bocca e lei si sentì esplodere il cuore di gioia. Pian piano, si rendeva conto di quanto desiderasse veder comparire quel sorriso sul suo volto ogni istante di ogni giorno.

-Se non la smetti di parlare, piccolo cerbiatto, sarò costretto a zittirti con un bacio- sussurrò dolcemente. Juliet, tuttavia, sapeva che le sue parole erano guidate dalla rabbia repressa verso se stesso, a cui era unito il senso di colpa per averle sottratto la verginità e che la dolcezza del suo tono di voce era minima al confronto di ciò che realmente provava. Ma sentirsi chiamare con quel tenero appellativo la rese di nuovo docile e desiderosa di lui, di ogni parte di quel corpo, di qualunque angolo della sua mente, e quindi gli sorrise timidamente, come se non sapesse se fosse o no la cosa giusta da fare in quel momento. -Allora continuerò a parlare fin quando avrò fiato in gola.

Christopher sorrise a sua volta, un sorriso condito d'amarezza. -Quello che ti ho detto ieri notte... tu non sei come lei, Juliet. Sei diversa, ma puoi farmi male perché ne hai tutte le possibilità. Non voglio soffrire ancora.
- Ammetterlo dovette costargli un grande sforzo, perché la sua mandibola si era irrigidita e gli occhi erano diventati lucidi a causa dei ricordi. Juliet poteva percepire tutto il dolore che lui doveva aver attraversato, e che ancora non riusciva a lasciar andare, probabilmente. Ma ferirlo era l'ultima delle cose che lei voleva.

-Io non so cosa ti abbiano fatto, Christopher- gli disse sollevando il capo in alto, così da sfiorargli le labbra con le proprie. -Ma non ti farei del male, non lo farò mai. Sei la cosa più bella che mi sia capitata nella vita...

Le parole le morirono in gola, e il senso di tutto il resto si perse nel silenzio, nei loro occhi intrecciati, nelle bocche che non seppero cos'altro dire ma che si dissero tanto altro pur senza proferire nessun suono.
Tutto quello che Christopher fece fu baciarla, piano e teneramente, consapevole che di lì a poche ore il loro viaggio sarebbe continuato e che i fantasmi del passato potevano continuare a restare nel passato, almeno per un altro po'.

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