31. Non andartene
Juliet sapeva che avrebbe dovuto fermarsi. Che niente dopo quella notte sarebbe più stato lo stesso, che l'ipotesi di chiudersi in un convento non le aveva mai nemmeno sfiorato la mente e che lo aveva detto solo per convincere Christopher. All'improvviso, sentiva di valere di più, perché se un duca l'aveva baciata e stava per fare l'amore con lei allora non era tanto male. Lei non sapeva di preciso come funzionasse, ma aveva assistito all'accoppiamento dei gatti, una volta, e ricordava che la femmina aveva sofferto molto e che più che un atto d'amore era sembrato uno stupro. Lei, che all'epoca aveva undici anni, era rimasta turbata ma non scandalizzata; prima o dopo sarebbe toccato anche a lei.
Eppure, adesso Juliet non provava timore. Sopra ogni cosa sapeva che Christopher non le avrebbe mai e poi mai fatto del male.
Era nudo, dritto davanti al letto. Juliet non poté fare a meno di osservare il suo corpo alla luce flebile della candela che nascondeva purtroppo molto più di quanto lei riuscisse a vedere.
Christopher possedeva il corpo di un dio greco. La barba che non aveva rasato lo rendeva una sorta di guerriero temibile, indurendogli i lineamenti, ma lo sguardo era quello di sempre: dolce, profondo e intenso. Languido anche, e Juliet comprese che quella languidezza era per forza dovuta al desiderio di possederla. Il pene era eretto, lungo e troppo grande, tanto che la sua vista la spaventò e la gratificò allo stesso tempo. Con le gote in fiamme, Juliet si portò le mani alla bocca. —Non credo che...
—Cosa?— le fece eco Christopher avvicinandosi in modo che l'organo le fosse davanti agli occhi. Un'ondata di vergogna la investì. Cosa stava facendo? Come avrebbe fatto a entrare? Ed era davvero sicura che non avrebbe provato dolore?
—Juliet?
—Non credo che entrerà tutto. È...
Enorme, avrebbe voluto dire, ma non era certa che quella parola avrebbe reso il duca felice.
Un sorriso malizioso curvò le labbra di Christopher. —Non preoccuparti— le disse rassicurante. —Non ti farò male, Juliet, te lo prometto.
Christopher le sfiorò la guancia con dolcezza, guardandola così a lungo e profondamente che lei si sentì andare a fuoco anche in parti che non aveva pensato di avere.
E tra le gambe... un fremito la scosse, spingendola a chiedere qualcosa che non conosceva, ma che sapeva l'avrebbe condotta a un'estasi senza fine.
Christopher le prese una mano e la condusse poi nella semioscurità. Juliet tastò qualcosa di duro e morbido al tempo stesso, e prima che potesse rendersene conto si ritrovò a muovere le dita sull'organo del duca. Sembrava un martello avvolto nel velluto. Christopher inclinò la testa all'indietro, all'improvviso cominciò a respirare più affannosamente. Sibili e gemiti gli strisciarono fuori dalla bocca, mentre guidava la mano di Juliet lungo l'asta del suo pene, quasi si stesse sottoponendo a una sofferenza più che a un piacere. Poi, di colpo, la fermò.
—Basta— sussurrò in un filo di voce rauca. —Se continui non resisterò che per qualche secondo.
—Resistere?— domandò Juliet ritirando la mano. —Resistere a cosa?
Era così inesperta, si rese conto lui, lo era davvero. E stava per sottrarle la purezza, stava per condurla verso un cammino da cui non si tornava indietro. Eppure, ormai sapeva che non poteva ritrarsi.
La fece stendere senza risponderle, infilando le mani sotto la camicia da notte, sfiorando la pelle morbida dei fianchi, della pancia, più su, dove si tendeva sopra la cassa toracica. E poi...
Christopher spostò la mano in basso, verso il triangolo di peluria color rame tra le gambe. Istintivamente, Juliet si inarcò sotto il suo tocco, un gemito roco le sfuggì dalla gola. Le mani di lei si artigliarono alle sue in una chiara richiesta. Probabilmente, pensò Christopher, non si rendeva conto di cosa desiderasse in quel preciso istante ma lui, comunque, era deciso a soddisfarla.
Abbassò la testa e sfiorò con la lingua lo spazio sotto l'ombelico, immergendola poi nel ciuffo di peluria. Inspirò forte il suo profumo di donna, chiudendo gli occhi e poi risprendoli quando la sentì gridare.
—Christopher!— ansimò. Aveva gli occhi sbarrati, il respiro pesante, l'espressione turbata. Forse non si era mai resa conto davvero di cosa tutto quello significasse.
—Posso fermarmi se non ti piace— disse lui, nonostante sentisse concretamente che stava per esplodere.
—No...— mormorò Juliet ricadendo con la testa sul cuscino. —Continua, ti prego.
Fu quel ti prego a indurlo a fare quello che in un primo momento non si era aspettato di fare; chinò di nuovo la testa e attorcigliò la lingua sul clitoride iniziando a succhiare e a leccare. Sicuramente la stava scioccando, ma era più che certo che le piacesse perché i suoi gemiti ne erano una prova evidente. Christopher immerse la lingua nell'apertura, imitando il movimento di un amplesso; le mani di Juliet si aggrapparono ai suoi capelli, tirandoli e stringendoli con forza per chiedergli inconsapevolmente di più. Lui non si fermò quando Juliet si inarcò sotto la sua bocca e allargò le gambe, fino a quando qualcosa, dentro di lei, esplose e tutto il suo corpo tremò in preda all'orgasmo. Le tremarono anche le gambe che strinse appena attorno alla testa di Christopher, poi il duca si sollevò e la guardò.
Attese che si placasse, che il respiro di lei tornasse alla normalità, che Juliet gli dicesse qualcosa. Che quello che le aveva fatto le era piaciuto, che avrebbe voluto rifarlo, che era pronta per qualcosa di più. Ma Juliet rimase in silenzio per quello che sembrò un tempo interminabile senza accennare alcun movimento. Christopher temette di averla sconvolta con la sua bramosia, che a stento adesso stava contenendo, ma non poteva forzarla ad andare oltre. Forse sarebbe stato meglio fermarsi lì.
—È stato bellissimo— disse lei alla fine, tornando a guardarlo. Lui si era steso accanto a lei e la guardava poggiando il peso del corpo su un gomito, la guardava con estrema preoccupazione, ma poi, quando lei parlò, la sua tensione si sciolse. —Puoi... potresti...
Christopher la fissò in attesa che concludesse la domanda. Poi, capì cosa intendesse. Tutti i suoi dubbi svanirono.
—Vuoi che continui?
La stanza era immersa nel silenzio, così, anche quando Juliet sussurrò, sembrò che avesse parlato ad alta voce. —Sì.
—Sei sicura, Juliet?
Lei lo fissò determinata. —Sì.
Christopher allungò la mano e le accarezzò teneramente il viso, come per imprimersi nella memoria ogni angolo, ogni sfumatura, la morbidezza della pelle, e poi le passò le dita lungo l'arcata delle sopracciglia. Pensò che quella visione, Juliet che restava immobile sotto il suo tocco, Juliet che inconsapevole gli stava sorridendo senza sottrarre le proprie nudità al suo sguardo penetrante, lo avrebbe accompagnato fino alla tomba. Perché fu certo, in quel momento, che non l'avrebbe mai dimenticata. E che, in un modo o nell'altro, che lo avesse previsto o no, che lo desiderasse o no, si era innamorato di lei.
Christopher le si stese sopra, facendo leva sui gomiti. Juliet lo guardava come se da lui dipendessero la vita e la morte insieme, ma lui sapeva che non aveva paura.
—Ti prego— gli disse. Glielo disse senza vergogna, forse anche senza pudore, perché il bisogno che esprimeva con quelle sue due parole andava oltre tutto.
Lui la baciò. La baciò come se fosse l'ultimo suo giorno sulla terra, come se l'indomani sarebbe morto, perché desiderava fondersi con lei, sentirla, percepirla, viverla almeno per quella notte. La baciò e nel contempo, scivolò dentro di lei, accedendo alle pieghe della sua femminilità.
Juliet emise un gridolino quando Christopher la penetrò, ma ciò durò solo qualche istante, perché poi lui la sentì aprirsi, sciogliersi, e cominciare a muoversi adeguando i movimenti ai suoi. Si sollevò ancora muovendosi dentro e fuori, lentamente, dolcemente, ammirando i suoi occhi, le sue labbra, il velo di sudore che le aveva imperlato la pelle fino a renderla lucida.
Juliet aveva gli occhi fissi nei suoi, e quando lui accelerò i movimenti la bocca si spalancò senza emettere alcun suono, e all'improvviso la guardò ancora più a fondo. Sembrò che volesse scrutarle nell'anima, come se oltre alla carne desiderasse unirsi a lei anche con la mente. I tendini del collo si tesero mentre si muoveva sempre più forte, eppure gentile, come se non ne potesse più ma lo facesse con delicatezza.
D'un tratto Juliet comprese cosa stava per accadere. Ma il dolore iniziale era stato superato e adesso esisteva solo quel piacere intenso che la stava pervadendo, che aveva preso anche lui, che la stava portando lontano, in un posto che non aveva mai conosciuto prima...
—Sto per...
—Fallo— gemette lei, quasi disperata. Non voleva che la abbandonasse adesso, voleva che continuasse, perché temeva che avrebbe sofferto se lui si fosse allontanato. —Fallo, Christopher.
Allora, Christopher gettò indietro la testa e chiuse gli occhi mentre rilasciava il suo seme dentro di lei. Perfino mentre compiva quel gesto, Juliet si rese conto di quanto fosse virile. Gli accarezzò i muscoli tesi delle spalle, della schiena e infine gli conficcò le unghie nei glutei. E alla fine anche lei esplose, e si sentì catapultata in paradiso. Sentì di appartenergli, di essere sua, sentì di essere felice e serena, senza più alcun pensiero, senza più dolore o ricordi. Si sentì protetta. Christopher era crollato sopra di lei, ansimava con la testa abbandonata contro la sua spalla. Pian piano, gli spasmi incontrollati del corpo di entrambi si placarono e lui scivolò fuori, sollevandosi a sedere. Le scostò i capelli dalla fronte, là dove alcune ciocche si erano attaccate, e la guardò come se fosse la cosa più bella e più terribile del mondo.
—Io penso... — cominciò, ma la voce gli si ruppe come un'onda che si infranga contro uno scoglio. Allarmata dal suo tono, Juliet trasalì. —Cosa?
Christopher era impallidito. Lei non se lo spiegava. Aveva forse commesso un errore? Non era stata all'altezza? Decine di dubbi la assalirono, e si sentì morire. Che cosa aveva fatto?
D'un tratto le lacrime le salirono agli occhi.
—No, non piangere— sussurrò Christopher d'improvviso. Le prese il viso tra le mani e abbassò la bocca sulla sua, senza baciarla, sfiorandola soltanto con il respiro. La guardava intensamente, come se stesse per rivelarle qualcosa che probabilmente l'avrebbe sconvolta.
—Io penso di amarti, Juliet— mormorò. La sua voce era calda e rauca, e le provocò un brivido di piacere lungo la schiena. —Ma ti supplico, ti imploro, non andartene come ha fatto lei.
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