29. Recita e cortesia

Dopo quelli che sembrarono anni, Juliet e Christopher scovarono la locanda nascosta tra gli alberi. Appariva come un locale fatiscente e malandato, ma per trascorrere la notte sarebbe andata bene qualunque cosa. Juliet sentiva che la stanchezza aveva iniziato a prendere possesso della quasi totalità del suo corpo. Si domandò come invece Christopher ne sembrasse immune. Camminava con passo sicuro, determinato, come se la fame, la stanchezza o il sonno non lo turbassero nemmeno un po'. Juliet si scoprì pressoché affascinata dal suo comportamento; lei, al contrario, sembrava essere pronta a crollare da un momento all'altro. Si erano tenuti a distanza per tutto il tragitto, erano rimasti in silenzio scambiandosi solo qualche commento sul luogo desolato che avevano attraversato, ma in quel momento, quando intravidero la locanda illuminata dalle lanterne sul portico davanti, Christopher si schiarì la gola.

—Ve l'avevo detto che c'era.

Lei annuì. —Sembra...

—Terrificante?— suggerì il duca con un leggero sorriso. —Lo so, non è un posto che ispiri troppa fiducia, ma è comunque la nostra sola possibilità di riposare.

Dunque anche lui avvertiva i segni della stanchezza, si disse Juliet. Questo lo rendeva umano, come se all'improvviso si trovassero allo stesso livello. Come se lui non fosse più un duca e lei non fosse la figlia di un barone che stava cadendo in miseria.

—Venite— disse Christopher tendendole un braccio. —Dovremo fingere che siamo sposati.

—Cosa? Per quale motivo?— Sgomenta, Juliet fissò il suo braccio con disappunto. —Non ho la minima intenzione di attuare una messinscena.

—Dovrete farlo, invece. Se l'oste o chiunque si trovi all'interno saprà che siete mia moglie, nessuno vi sfiorerà nemmeno con lo sguardo, Juliet.

Lei provò un brivido quando Christopher pronunciò il suo nome. Era un brivido di piacere o di diffidenza? Le piaceva davvero che lui la chiamasse per nome? La risposta era già ovvia, considerò, ma si rifiutava di accettarla.

—Perché qualcuno dovrebbe volermi sfiorare?— replicò incrociando le braccia sul petto. Il lieve venticello gelido si abbatté sul suo viso, e quando inspirò le bruciarono le narici. Anche il duca doveva essere dell'opinione che il freddo sarebbe diventato insostenibile di lì a pochi istanti, così, di slancio, le afferrò un braccio costringerla a sciogliersi dalla sua freddezza. —Perché siete una ragazza giovane e bella, e in luoghi come questo quelle come voi sono un bottino più che prelibato per uomini che non vedono una donna da tempo immemore.

Juliet mandò giù il groppo che le ostruiva la gola. Christopher aveva artigliato il suo sguardo e non sembrava intenzionato a lasciarla andare. Si accorse che aveva le labbra aride, così vi passò la lingua sopra.
—D'accordo— mormorò sebbene l'idea non le andasse a genio. —Come si comporta la moglie di un duca?

—Per prima cosa, dovremo condividere il letto— le spiegò lui lasciandole andare il braccio. —Dormiremo soltanto, Juliet, non vi sfiorerei nemmeno con un dito, lo sapete— chiarì quando colse l'espressione sgomenta di Juliet. —E dovrete presentarvi come lady Morgan.

Juliet pensò che non sarebbe riuscita a dire una sola parola, ma non lo mise al corrente dei propri dubbi. Al contrario, si costrinse ad assumere un'espressione pressoché determinata e gli rifilò un tenue sorriso di complicità. —Molto bene, credo di poterci riuscire.

—Lo so— disse Christopher. Allungò di nuovo il braccio e lei lo prese, sgomenta per il calore scaturito da quel semplice contatto. Fu una sensazione che si irradiò in ogni parte di sé, come i fili di una ragnatela o i germogli di un fiore che niente avrebbe più potuto estirpare. Sapeva che cosa significasse, ma ancora una volta era decisa a non cedere.

Sollevando il mento, si costrinse ad apparire tranquilla.
—Vi sentite bene?— le domandò Christopher notando il suo cambio d'espressione. —Sì, sto bene. Andiamo.

Annuendo, il duca cominciò a camminare con lei al passo fino a quando non raggiunsero il portico della locanda e, come se li avesse sentiti arrivati, l'oste non aprì il portone d'ingresso.

Era un uomo basso e tarchiato, dal collo taurino e un paio di occhi talmente stretti da sembrare minuscoli. Lì fissò come se non vedesse degli esseri umani da tempo immemore, con un'espressione così sorpresa che una luce gli illuminò lo sguardo.
—Buonasera. Come posso esservi utile?

—Io e mia moglie siamo rimasti a piedi— spiegò Christopher con un tono di voce tranquillo ma vagamente preoccupato. —È notte fonda e fuori si gela. Non avreste una camera e un pasto caldo per noi, Sir?

—Oh, io... — L'oste cominciò a farfugliare, torcendosi le mani chiaramente nervoso.

—Siamo i signori di Morgan House— continuò Christopher stringendo Juliet più forte. —Posso pagarvi il triplo di quanto siete solito riscuotere.

Juliet non poté fare a meno di fare una smorfia a quelle parole. Sembrava che Christopher facesse ricorso a tutta la sua fortuna per ammaliare la gente, ma questa, immaginò, doveva essere una prerogativa degli aristocratici.

—Perdonatelo— s'intromise rifilandogli un'occhiata ammonitrice che Christopher accolse con gradita fierezza. —Mio marito non può fare a meno di sfoggiare il nostro denaro, ma in fondo è un brav'uomo.

Allora?

L'oste, visibilmente a disagio, si fece da parte per lasciarli passare.

—Ho una stanza che fa al caso vostro e cena e colazione a vostra disposizione.

Appariva meno teso adesso, e Juliet si congratulò con se stessa per la recita che aveva appena attuato. Tuttavia, il pensiero di come sarebbero andate le cose se fosse stata realmente la moglie di Christopher le attraversò la mente. Avrebbe davvero reagito con tanta spavalderia se non si fossero trovati in un luogo desolato, di notte e in balia del freddo, se invece di un oste si fosse trovata a fronteggiare una folla di aristocratici? Ne sarebbe realmente stata in grado?

Juliet non si sentiva all'altezza di un futuro con il duca di Morgan, e lo avrebbe fatto solo vergognare di una moglie simile. Nonostante il desiderio di averlo e la consapevolezza dei propri sentimenti, le cose andavano bene così come stavano.

Fu obbligata a scacciare immediatamente il pensiero del loro fittizio matrimonio. Non sarebbe mai stata sua moglie, e doveva convincersene. Perché quella era la cosa migliore per entrambi.  

—Molto bene— rispose Christopher con un sorriso di cortesia. —Ve ne siamo molto grati.

Annuendo, l'oste indicò l'ingresso. —Seguitemi— disse. —Da questa parte.

Li guidò lungo un corridoio e poi verso una sala più piccola, dove una donna sulla sessantina stava portando una brocca di vino. Era tarchiata come quello che Juliet immaginò fosse suo marito, ma aveva gli occhi più gentili, come di una madre che non vede il figlio da molti anni.
—Benvenuti— disse con un sorriso che scoprì una fila di denti marci. —Vi ho sentiti parlare con Oscar e ho immaginato che fosse il caso di preparare la cena.

—Grazie— disse Christopher, lasciando il braccio di Juliet. —Siete molto gentile.

Juliet pensò che non fosse dovuto ringraziare più di tanto; in fondo, se non si fossero presentati come i signori di Morgan House, probabilmente l'oste non li avrebbe nemmeno fatti entrare.

—Finisco di apparecchiare e vi lascio da soli— riprese la donna.

Christopher fissò prima Juliet e poi diede un'occhiata alla saletta. Era piccola, ma confortata dal calore emanato dal camino che attraversava metà della parete e un angolo della stanza; in alto, a dei ganci, erano appese le teste di un alce e di un cervo. Era un locale rustico e all'apparenza molto antico, quello che doveva aver sfamato i due coniugi per tutta la vita, e anche se non poteva essere paragonato alle stanze di Morgan House, per quella notte sarebbe andata benissimo.

Juliet sapeva che molto presto la stanchezza avrebbe completamente preso il sopravvento, così si tolse il mantello e lo porse all'oste, traendo un po' di benessere dal calore del fuoco.

—Vi dispiace se mi siedo accanto al camino?

—Fate come se foste a casa vostra, Mrs. Morgan.

Con un sorriso gentile, Juliet afferrò una sedia e la sistemò accanto al camino. Christopher la seguì, sedendosi a sua volta.

—So che siete stanca— disse. —Ve lo leggo negli occhi.

—Suppongo lo siate anche voi— replicò lei con un sospiro. —Spero che questa notte passi in fretta.

Con un'espressione corrucciata, il duca la fissò. —Sono consapevole che non gradite la mia compagnia, Juliet, ma pensò che possiamo essere amici almeno per una notte.

Lei si sforzò di non ridere per il nervoso. —Certamente, e poi possiamo condividere il letto come due amici che si rispettino.

Christopher scosse il capo, come se lei gli avesse appena rifilato uno schiaffo. Avvicinò il volto al suo e le sussurrò all'orecchio: —Sapete bene che vorrei tutto tranne che essere vostro amico, ma per stanotte dovrò fingere che siate mia moglie e mia amica, perciò continuate a recitare come avete fatto prima e tutto andrà per il meglio.

—Sì— fece Juliet rivolgendo lo sguardo al fuoco. —Farò come volete voi.

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