18. Rosalind Daniels
—Aiuto, aiutatemi!—
Le grida di un uomo dall'esterno e un incessante rumore di colpi alla porta svegliarono Rose Daniels dal suo stato di pseudo dormiveglia. Non era riuscita a chiudere occhio per tutta la notte, così aveva deciso che, invece di prendersela con Joshua, il suo bambino nato da poche settimane, doveva imprecare contro il suo amabile amante che l'aveva abbandonata subito dopo la nascita di Joshua.
—Vi prego!— La voce maschile tornò di nuovo, con più irruenza e disperazione di prima. Rose sospirò, fece scivolare le gambe fuori dal letto e si alzò in piedi. Afferrò la vestaglia da notte e se la infilò, controllando lo stato di Joshua. Si era finalmente addormentato. Riposava dentro la culla che zia Josie le aveva gentilmente fatto in dono quando la notizia della sua gravidanza clandestina aveva fatto il giro dei sobborghi di Londra, e la giovane Rosalind Emmeline Daniels era stata obbligata ad abbandonare la casa paterna per finire in un tugurio nel bosco insieme al suo amante. Nemmeno sua zia Josie, vecchia e bonaria, aveva mosso un dito per far desistere suo padre dal cacciarla. Disonore sulla nostra famiglia, sul nostro nome! Ricordava precisamente le parole furiose di lord Ashton il giorno in cui aveva perduto la sua famiglia. Nessuno, nel corso delle nostre antiche generazioni, ha mai osato compiere un gesto simile. È un affronto, un abominio. Una svergognata, ecco cosa sei. Un fallimento.
Rose ricordava di aver pianto quel giorno, di aver implorato zia Josie di fargli cambiare idea, ma lord Ashton era stato irremovibile, la mente accecata dall'odio verso sua figlia e verso il disonore che gli aveva arrecato. Rose non si era mai pentita di aver amato Dwight Daniels, il medico dei poveri che non possedeva un quattrino ma che aveva regalato alla ragazza attimi di eterna felicità. Il pentimento era giunto in seguito, quando Dwight si era invaghito di una sguattera e aveva abbandonato Rose con tre semplici parole: non posso farlo.
Rose era una ragazza forte, ma con un figlio a carico e una fattoria da mandare avanti da sola, non vedeva un futuro roseo davanti a sé. Ciò nonostante si era rimboccata le maniche e aveva accettato la situazione con parsimonia, senza rancore, ma con tanto pentimento per non aver dato ascolto a suo padre.
Depose un bacio leggero sulla testa di Joshua e prese una candela per illuminare il tragitto fino all'ingresso. Poi aprì la porta. Davanti a lei si ergeva una sagoma indistinta, composta da un uomo che sorreggeva una bambina. No, guardando meglio, Rose comprese che si trattava di una ragazza e a giudicare dal viso doveva avere più o meno la sua età.
E sembrava svenuta. Il terrore sul volto dell'uomo si sarebbe potuto tagliare con un coltello. Allarmata, Rose gli fece spazio per entrare e richiuse pesantemente la porta dietro le loro spalle. Osservò il taglio degli abiti e dedusse che, nonostante fossero logori e sporchi, quello che aveva davanti era un uomo di alto rango.
—Cosa vi è accaduto, milord? — domandò in tono urgente. Appoggiò la candela sul mobile accanto alla porta d'ingresso e gli fece cenno di stendere la ragazza sul giaciglio dove Dwight, di solito, amava riposare la sera dopo cena. L'uomo adagiò delicatamente la ragazza sopra le coltri e si passò una mano sul viso. Era stanco, Rose poteva giurare che non dormisse da parecchio. Aveva occhiaie che gli bucavano la pelle al di sotto degli occhi, una barba sottile segno che gli stava ricrescendo, e il respiro affannoso come se fossero trascorsi giorni anche da quando non beveva.
Una parte del cuore di Rose si incrinò. Doveva aver attraversato chilometri prima di arrivare da lei, e sapeva che la sua era l'unica fattoria nel raggio di altrettanti chilometri.
—Milord?
—Ci hanno rapiti— disse lui con un sospiro lungo. —È scoppiato un incendio e lei era dentro la stanza da sola... non lo so perché l'istinto mi ha suggerito di entrarci, ma quando l'ho vista così mi sono sentito morire, capite? L'ho portata via in tempo, ma ha inalato una gran quantità di fumo.
Tesa, Rose esaminò il corpo della ragazza. Le era già accaduto, a causa del lavoro di Dwight, di assistere a casi come quello e per fortuna quella giovane donna aveva solo bisogno di qualcosa di caldo e di essere spogliata. Quel dannato abito era troppo stretto. —Toglietele il vestito. Il corsetto, soprattutto. È un miracolo che respiri ancora.— Con la fiammella della candela accese la fiamma nella lanterna dell'ingresso così che la stanza fosse un po' più illuminata.
—Non temete— tentò di rassicurare l'uomo stringendogli la spalla in maniera affettuosa. Sperò che non lo considerasse un gesto troppo intimo ma non ritrasse la mano. —Si riprenderà. Ha solo bisogno di mangiare e di riposare.
Rose si diresse verso una porta adiacente a quella di servizio. —Preparo un po' di brodo caldo. Accomodatevi, servirà anche a voi.
L'uomo annui. —Vi ringrazio.
Lei gli sorrise rassicurante. —Mi raccomando, milord: l'abito. Toglieteglielo. Io tornerò con un vestito più comodo e caldo, dovrebbe avere la mia taglia, le starà a pennello. Ma ora dovete farla respirare. E se si sveglia, cercate di tranquillizzarla. È importante che resti calma.
L'uomo annuì di nuovo, ma Rose scorgeva ancora la preoccupazione sul suo volto. Doveva tenere molto a quella ragazza, considerò, e lei doveva ritenersi fortunata. Non accadeva a tutte le giovani donne di essere il frutto della preoccupazione di un uomo. E se lui era talmente preoccupato, c'erano i sentimenti di mezzo.
Rose si sbagliava di rado. Ripensò a Dwight mentre entrava in cucina per preparare il brodo, e a quanto lui, nonostante le promesse d'amore e di un futuro meraviglioso, non ci avesse pensato troppo prima di lasciarla per un'altra. Aveva perso tutto. Una famiglia, l'amore, una rendita. Adesso viveva di lavoro e viveva per suo figlio. Considerò che quella ragazza, di cui Rose in fondo non poteva essere gelosa, avrebbe avuto di sicuro un futuro migliore di quello che si prospettava per lei. Ciò che sperava era che fosse in grado di rendersene conto.
Riempì una bacinella con dell'acqua e la mise a scaldare sul fuoco, poi cominciò a pelare le patate mentre si rendeva conto che fuori il vento aveva iniziato a soffiare più forte. Probabilmente era in arrivo un temporale, ma lei sperava il contrario. Il suo piccolo orto ne aveva già risentito a sufficienza. Le patate erano l'unico ortaggio ancora commestibile che si fosse salvato dalla furia dei precedenti temporali. Per il resto, Rose viveva di uova e maiale. E quelli erano anche gli unici cibi che poteva offrire ai suoi ospiti.
Lei non si rammaricava della sua condizione, ma sapeva che presto avrebbe dovuto trovare un marito che potesse prendersi la responsabilità di un figlio non suo e che fosse in grado di coltivare la terra, di badare a una piccola fattoria. Rose dubitava che ne avrebbe trovato uno. Nessuno avrebbe voluto una come lei, una donna di non ancora vent'anni che era stata disonorata con la nascita di un figlio illegittimo, e che viveva in una campagna desolata senza alcun aiuto.
Magari qualcuno avrebbe provato pena e l'avrebbe sposata per divertimento, o lei e Joshua sarebbero morti prima della fine dell'inverno. Il pensiero la terrorizzava. Forse avrebbe dovuto trovare il modo di andarsene da lì, cercar fortuna altrove, trovare lavoro come istitutrice, magari. Ma era una prospettiva che, al momento, mentre Rose pelava quelle dannate patate, sembrava un sogno già infranto sul nascere.
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