Capitolo 22 - Ritorno alle origini.
Era una mattina fresca. Natale si faceva sempre più vicino e il freddo diventava ogni giorno più pungente, lambendo le pareti della tenuta e della città di Londra. Quell'anno, in casa Turner, sarebbe regnato il silenzio. La ragazza che aveva ormai occupato un posto nel cuore di tutti gli abitanti se ne stava andando, e non sarebbe tornata, il conte lo sapeva. Quella notte aveva riflettutto a lungo, steso nel letto dopo aver mandato via Roxanne, mentre fissava il buio di quella stanza che era stata incredibilmente vuota dopo che Megan se n'era andata. La mente di Andrew era tornata inesorabilmente ai fatti che aveva giurato di seppellire per sempre. Il ricordo di quando quel suo cuore aveva amato per la prima e vera volta, tanti anni prima, era riaffiorato nella sua mente. Come Megan, anche Elizabeth lo aveva abbandonato. Amare significava soffrire. Lui l'aveva scoperto a sue spese, ma ciò non gli aveva impedito di dare all'amore una seconda opportunità. Aveva promesso di non cedere la propria anima a nessun altra, inseguito costantemente dai fantasmi del suo passato, ma poi il destino aveva messo una ragazza sulla sua strada e da allora tutto era cambiato. L'aveva maledetto, quel destino, in un primo momento. Lo avrebbe fatto cadere in un baratro senza fine, dove non ci sarebbe stato spazio per la felicità. Ma poi, forse più di Elizabeth, Megan gli era entrata nel cuore. Sotto la pelle, nei polmoni, in ogni pensiero e azione che compisse.
Quando l'aveva baciata aveva sentito qualcosa in lui risvegliarsi, qualcosa che era rimasto sepolto per troppo tempo. E adesso lei aveva deciso di partire. Per colpa sua, per gli errori del passato che continuava a commettere. Perché era uno stupido. Se avesse potuto parlarne con Max, l'amico che aveva lasciato solo un mese prima, quel peso sul cuore si sarebbe alleggerito. Ma nemmeno lui era lì.
Si alzò in piedi e uscì dalla stanza, dirigendosi verso le scale che conducevano ai piani inferiori. Era sicuro che Megan non fosse ancora partita: doveva vederla un'ultima volta. Aveva bisogno di guardare per lultima volta la donna che non sarebbe mai stata sua.
Il corridoio era immerso nella penombra, dalle cucine proveniva un mormorio sommesso e bisbiglii udibili a stento. Andrew si accostò alla porta semiaperta, indugiando per contemplarla da lontano. Come si era aspettato, lei era lì. Le spalle erano coperte dal medesimo mantello con cui l'aveva conosciuta alcune settimane prima, intravedeva il colore blu notte della gonna che le arrivava alle caviglie. Era in piedi, davanti ad Hanna che le stava accarezzando dolcemente una guancia. Intorno a lei c'erano gli altri servi, che formavano una sorta di mezzaluna.
Negli occhi di Megan, Andrew colse una profonda malinconia, e immaginò di esserne la causa.
—Prenditi cura di te, bambina. Promettimelo.—
Diceva Hanna tra i singhiozzi.
—Te lo prometto, Hanna.—
Megan si chinò ad abbracciarla, chiudendo gli occhi. L'anziana donna esplose in un pianto ininterrotto, mentre le mani della ragazza le accarezzavano la schiena.
Il conte non l'aveva mai vista piangere prima, forse solo quando sua madre era venuta a mancare, e comprese quanto il legame che aveva stabilito con Megan fosse potente. Provò un tuffo al cuore.
Roxanne, in disparte, gli lanciò uno sguardo sorpreso, ma lui decise di ignorarla.
In quel momento Megan sollevò gli occhi e incontrò i suoi. Quando si guardarono, Andrew fu attraversato da un fremito. Quello sguardo gli diceva di avvicinarsi. Sarebbe stata la prova evidente di ciò che provava per lei, lo avrebbe dimostrato di fronte a tutta la servitù e non gli sarebbe importato, ma quando Megan abbassò lo sguardo lui capì che aveva abbandonato, ormai, ogni speranza. Andrew rimase in piedi sulla soglia della porta, guardandola abbracciare il resto dei suoi compagni. Gli parve di notare una smorfia sulle labbra di Roxanne, che se ne stava in un angolo della stanza appoggiata al muro. Riportò l'attenzione su Megan e fu scosso dall'istinto di dirle qualcosa. Qualunque cosa. Si sarebbe perfino inginocchiato, implorandola di restare, dicendole che portare lì Roxanne era stato solo un maledetto errore, ma sospettava che lei non gli avrebbe creduto. Dopotutto, aveva recitato la parte dell'invaghito di una prostituta fin troppo bene.
Avvertì una presenza alle sue spalle e seppe di chi si trattava, ancor prima che lo sentisse sussurrare.
— Philip.—
— E così se ne sta andando — mormorò il fratello, sollevando la testa. Megan non stava guardando nessuno dei due, intenta ad abbracciare quella che la sera precedente aveva definito come Lexie. La ragazza non piangeva, ma anche nella sua espressione Andrew intravide una lunga scia di emozioni che andavano dalla tristezza all'angoscia.
— Se ne sta andando — confermò in un sussurro, senza staccare gli occhi da Megan. — E non credo tornerà indietro.—
Sentì la spalla di Philip, a stretto contatto con la sua, irrigidirsi. In quel momento cominciò a capire. Ma era troppo concentrato su Megan per cercare un dialogo con lui e, conoscendolo, non si sarebbe aperto tanto facilmente.
— E tu la stai lasciando andare.—
C'era una profonda amarezza nel tono di Philip.
— Anche tu la stai lasciando andare— obiettò con un sospiro. Philip sogghignò, scosse la testa e incrociò le braccia sul petto.
— Non essere stupido, Andrew. Hai già dimostrato abbastanza stupidità fino ad ora. —
Andrew serrò le labbra, voltandosi verso di lui per rifilargli una risposta adeguata ma poi sentì Megan dire qualcosa e distolse l'attenzione dal fratello.
— Addio, Lexie — sussurrò, si chinò ancora e le sfiorò la guancia con le labbra.
— Prendetevi cura l'uno dell'altro. —
— Buona fortuna, Meg. —
Lexie le strinse la mano.
Il pugno di Andrew si serrò lungo il fianco. Quando Megan sollevò lo sguardo verso di loro, Philip annuì nella sua direzione e le rivolse un sorriso delicato, in netto contrasto con la barba ispida che gli ricopriva la parte inferiore del viso.
— Qualcuno dovrebbe accompagnarti, Megan — suggerì alzando la voce.
Tutte le teste si voltarono verso l'origine di quella voce, Megan lo osservò in silenzio.
— So cavarmela da sola, signore. Vi ringrazio. —
Philip affrontò un solo istante di esitazione, poi allargò le braccia e annuì. Andrew cercò lo sguardo di Megan, ancora una volta, ma lei lo guardò solo per la frazione di un secondo.
— Meg, il cavallo è pronto — annunciò Peter avvicinandosi. Lei annuì, cercando di nascondere la sua espressione affranta, e sorrise abbassando lo sguardo. Poi lo sollevò, scuotendo lentamente la testa.
— Addio. —
Fu poco più che un sussurro, pronunciato a fior di labbra, prima di stringere un'ultima volta le mani di Hanna e di allontanarsi con Peter.
Non si guardò indietro.
Andrew provò l'impulso di gridare.
Philip rimase a fissare il punto in cui era sparita per i successivi cinque minuti. Tutti tacquero, fino a quando la voce di Roxanne non spezzò il silenzio.
— Ora possiamo tornare a svolgere le nostre mansioni, non trovate? —
***
La rugiada inumidiva ancora l'erba. Megan, seduta sulla groppa del cavallo che aveva cavalcato in compagnia di Lexie, pochi giorni prima, assottigliò lo sguardo per scorgere qualcosa oltre il proprio naso. Il paesaggio era grigio e desolato, le carrozze non avevano ancora cominciato ad animare le strade, un vento freddo lambiva la pelle del suo volto. E lei pensò ad Andrew, al modo in cui l'aveva guardata prima che se ne andasse, al coraggio che lei aveva tirato fuori mettendo a nudo se stessa rivelandogli i propri sentimenti. Non le era sembrato indifferente come aveva creduto, ma non aveva fatto comunque niente per fermarla. E a lei, dopotutto, andava bene così.
Ci sarebbe voluto del tempo, ma sarebbero stati entrambi meglio, sarebbero tornati ognuno alle proprie vite ed entrambi avrebbero dimenticato quel poco tempo in cui si erano conosciuti.
Megan non seppe mai come si ritrovò ad imboccare la radura. Persa nei propri pensieri non si era accorta di aver preso una strada diversa. Con aria smarrita, si irrigidì sulla sella, e smontò. Il cavallo ne approfittò per brucare l'erba e lei si strinse le braccia intorno alla vita guardandosi intorno. Era capitata in una piccola valle nella foresta, all'apparenza tranquilla e silenziosa. Ma quel silenzio venne presto spezzato da un rumore.
Il cavallo sollevò il muso, rizzando le orecchie.
Le fronde degli alberi si mossero, attirando la sua attenzione dietro di lei. Fece appena in tempo a voltarsi per incontrare gli occhi scuri di Victor Wilkins. Il cuore perse un battito. Il respiro le si mozzò in gola, mentre sul volto del duca compariva un'espressione di stupore che si trasformò, poco a poco, in un ghigno.
Dietro di lui comparvero alcuni uomini, vestiti di tutto punto, che le puntarono contro un paio di occhi arcigni. Megan passò in rassegna ognuno di loro indietreggiando fino a toccare con la mano la coda del cavallo. Il duca la stava fissando come se avesse appena ritrovato il suo tesoro prezioso.
— Finalmente. —
Victor schiuse le labbra, incrociando le braccia sul petto. Lei si accorse che qualcosa, sul suo viso, era cambiato. Sembrava più giovane, forse a causa dell'assenza di barba, e negli occhi serpeggiava una luce minuscola.
Strinse le labbra, indietreggiando ancora.
— Che cosa ci fate, voi, qui? — sussurrò con il cuore in gola. Alla sua domanda seguì un brusio sommesso da parte degli uomini —un paio — che accerchiavano il duca.
Megan li ignorò.
Le labbra di Victor si incurvarono in un sorriso.
Prese a scrutarla con occhi penetranti, come faceva anche prima che lei fuggisse, ma non riuscì a metterla a nudo. Non aveva più quel potere. C'era solo una persona in grado di farlo, e adesso non era lì.
— Potrei farti la stessa domanda, Megan — replicò l'uomo facendosi ancora più vicino. Come tutti gli uomini che aveva incontrato, anche lui sembrava schiacciarla con la sua statura imponente.
— Anzi, te la faccio: che cosa ci fai, tu, qui? — domandò imitando lo stesso tono che lei aveva utilizzato qualche secondo prima.
Megan gli piantò addosso un paio di occhi folgoranti.
Sollevò il mento in segno di sfida.
— Non sono affari che vi riguardino. Niente di quello che faccio vi riguarda più. —
Non le importava che la sua intenzione fosse stata quella di tornare da lui fin dall'inizio; trovarselo di fronte, adesso, le stava facendo capire quanto sbagliata fosse stata quella decisione.
Victor la fissò in silenzio per qualche istante, poi gettò la testa indietro ed esplose in una risata sardonica.
Quando si fu calmato le premette con forza le mani sulle spalle, chinandosi verso il suo viso con alterigia.
Il suo sguardo, adesso, era diventato severo. Familiare, proprio come lo ricordava lei.
Megan sostenne quello sguardo tenendo la testa alta, ma le gambe le tremavano e temeva che avrebbero potuto cedere da un momento all'altro.
— Tu mi appartieni, Megan — sibilò a un centimetro dal suo naso. La sua voce risultò così seducente che lei avvertì un brivido lungo la schiena; si sentì la bocca secca mentre lui si avvicinava ancora di più.
— E mi apparterrai sempre. Una parte di te è incisa dentro di me, e solo io posso decidere se lasciarla libera o meno. Il fatto che mi sia sfuggita sotto al naso non ha alcun significato per me. Lo ha, invece, essermi imbattuto in te, oggi. Lo chiamo destino. Non sei d'accordo?—
Megan deglutì nervosamente.
— Vi sbagliate — sibilò piantandogli le mani contro il petto e tentando di spingerlo lontano. — Io non vi appartengo più. Non a voi. —
Il corpo di Victor non si mosse di un millimetro. Il suo sorriso divenne affilato.
— Devo dedurre che ti sia concessa a qualcun altro. — Ghignò.
— Ci sei andata a letto? Ti ha mai trattata come facevo io? Tutte le… attenzioni che riuscivo a darti io? —
Megan impallidì. Il cuore cominciò a pompare a un ritmo sfrenato, mentre il volto del duca assumeva una piega soddisfatta.
— Certo che no — riprese. — Solo con me provavi certe cose, vero? —
Megan colse un lampo di sfida nei suoi occhi, e si disse che se lo avesse assecondato l'avrebbe lasciata in pace una volta per tutte.
Schiuse le labbra, sperando che la voce non tradisse l'inquietudine che le stava lacerando la gola.
— Su questo avete ragione, signore. —
Gli occhi di Victor si assottigliarono, e lei vi lesse riflesso il proprio turbamento. Tuttavia, alcuni istanti dopo, il suo viso si distese e un sorriso malizioso apparve sulle sue labbra.
— Ne ero sicuro, Megan — sussurrò afferrandole un polso e tirandola verso di sé. — Andiamo a ricordare i vecchi tempi. —
Megan spalancò gli occhi, atterrita, mentre Victor la trascinava con violenza in un punto ombreggiato della radura.
— Voi due — apostrofò con tono categorico gli uomini al suo seguito, che scattarono immediatamente sull'attenti.
— Prendete il suo cavallo e poi tornate all'accampamento. Non lasciate entrare nessuno, fino al mio ritorno. —
Poi si rivolse a Megan, che tentava disperatamente di divincolarsi dalla sua presa salda gemendo e puntando i piedi contro l'erba umida. Il modo in cui la guardò desiderò farla sprofondare sotto terra.
— Ci sarà da divertirsi. —
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