Capitolo 21 ― L'addio che non aspettavi.
Andrew era steso sulla schiena, fissava il baldacchino di seta grigia sopra la sua testa. Quel letto massiccio era stato un regalo di alcuni amici di famiglia che, cinquant'anni prima, lo avevano elargito come dono di nozze a suo nonno. Lottava per ignorare il corpo femminile raggomitolato accanto a lui; l'erezione palpitava ancora contro le lenzuola. Roxanne dormiva profondamente, il viso angelico schiacciato contro il suo petto. La guardò. Era bella, al di sopra di tutte quelle con cui era stato o con cui aveva trascorso non più di qualche notte. I capelli gli solleticavano il collo, il respiro gli scaldava il petto, una delle sue gambe era ancora adagiata sopra il suo fianco, impronta dell'amplesso che avevano condiviso fino a solo un'ora prima. Il contatto con lei non gli dispiaceva. Ormai aveva imparato a conoscere il suo corpo, come lei il suo, eppure...
Eppure Andrew si sentiva ancora, incredibilmente, vuoto.
Aveva creduto di poter ritrovare la pace insieme a Roxanne, aveva creduto che sfogare i propri istinti su qualcuna di differente da colei che glieli aveva provocati gli avrebbe fatto dimenticare lei. Ma non era successo, non ancora, per quanto ci avesse provato ininterrottamente. Ogni carezza che aveva fatto a Roxanne era stata, in cuor suo ne era consapevole, destinata a Megan. Ogni bacio impresso sulle labbra di Roxanne era stato concesso con il pensiero di Megan stampato davanti agli occhi. E ogni volta che Andrew aveva raggiunto l'apice del piacere, era stato quel nome, Megan, a formarglisi in testa. Malediva se stesso per questo. Per essere tanto succube da lei, perché sentiva che ogni parte del suo corpo dipendeva da quella ragazza che, nonostante tutto, desiderava ancora con tutto se stesso. Come poteva essere diventato una marionetta nelle sue mani? La parte nera della sua coscienza gli gridava di buttarla fuori da quella casa. Non avrebbe più sofferto, guardandola, e con il tempo quel desiderio famelico sarebbe stato destinato a qualcun altra. Ma la parte pulita di sé gli diceva che, senza Megan, la sua vita sarebbe tornata ad essere vuota e imperturbabile. Quella parte, dannatamente razionale, gli faceva capire quanto avesse bisogno di lei.
Non glielo avrebbe detto, però. Non avrebbe accettato un altro rifuto da parte sua. Adesso c'era Roxanne, e doveva concentrarsi unicamente su quello. Giacere con lei ogni notte avrebbe alleviato il bisogno di Megan. O, almeno, così sperava.
Roxanne, mugolando, sospirò e una gamba gli scivolò dolcemente sopra il polpaccio ispido di peli. Gli ci volle tutta la volontà per non immaginare Megan al suo posto. Chiuse gli occhi, forzatamente, e sperò che la notte terminasse in fretta.
***
―Sei impazzita?―
Lexie le afferrò una mano, tirandola verso di lei. ― Meg?―
Lei non rispose. Guardava Peter che sellava uno dei cavalli, appoggiata contro lo stipite della porta di servizio. Il clima era insolitamente mite, un pallido sole si era alzato nel cielo diffondendo un soffuso manto di luce sul paesaggio.
― Megan― insistette Lexie, strattonandola.
― Non puoi tornare laggiù.―
― Perché no, Lexie?―
Il tono di Megan era colmo di rammarico e delusione. Tristezza e dispiacere si mescolavano in lei, incastrandosi perfettamente alle corde che tenevano ancora uniti i pezzi del suo cuore.
Lexie le rivolse uno sguardo amaro.
Le fece cenno di seguirla fuori e la condusse dietro l'angolo, al riparo dagli sguardi di Peter e gli altri servi.
― Capisco cosa stai provando ― cominciò Lexie con determinazione. ― Il dolore, il rispetto verso te stessa, tutto quanto. Ma, Meg, non puoi arrenderti in questo modo. Non puoi tornare lì.―
― Non voglio più soffrire, Lexie ― sussurrò lei con sincera stanchezza.
Prese un respiro profondo.
― Ero pronta a dirgli la verità. Ero disposta a sacrificare la mia dignità per lui, e sono stata tanto stupida da recarmi nelle sue stanze. Sapevo che c'era anche lei, ma ci sono andata lo stesso, perché dovevo dirglielo. E poi... E poi li ho sentiti. Quegli stessi sospiri che faceva il mio vecchio padrone quando aveva finito con me. Non ce l'ho fatta, Lexie, e non ce la farò più. Sapere che ogni notte, in quella stanza, avverrà quello mi rende schiava di una sofferenza atroce. E mi maledico per questo. Avevo giurato che non avrei più versato una sola lacrima, dopo la morte di mia madre, e non ho saputo tener fede neanche a quella promessa. Hai idea di come mi senta? ―
Lo sguardo di Lexie si era rabbuiato. Le labbra si erano ristrette a una linea sottile, indurita dalla condivisione di quella profonda tristezza che la sua unica amica stava provando.
― Non posso dire di sapere che cosa si provi ― disse sottovoce, lanciando uno sguardo di sfuggita alle sua spalle per sincerarsi che nessuno stesse ascoltando.
― Ma io non... Non posso perderti. E so di essere un'egoista, solo una stupida egoista, ma in queste settimane passate insieme sei stata la mia unica ancora di salvezza, mi sei stata più vicina di chiunque altro e... Non so immaginare la mia vita senza di te, Meg.―
S'interruppe, deglutendo. L'aria di quel mezzogiorno le solleticò la pelle, spostandole i capelli dietro le spalle.
Tornò a rivolgere lo sguardo su di lei.
― Ma se davvero è questo che vuoi, devi andare. Spero... Spero solo che tu non te ne penta.―
Si torturò il labbro inferiore con i denti, e poi, in uno slancio involontario, l'abbracciò. Megan si sentì travolgere da quel corpo tanto minuto quanto il proprio, affondandole il volto nella spalla e inspirando a fondo.
Ricambiò l'abbraccio, circondandole la schiena e chiuse gli occhi.
― Ti voglio bene, Meg ― sussurrò Lexie, staccandosi e scuotendo la testa. Megan lesse le lacrime nei suoi occhi e avvertì un moto di nostalgia, ancora prima che la consapevolezza di andarsene diventasse reale e vivida dentro di lei.
― Anche io te ne voglio. Lexie, devi permettermi una cosa ― aggiunse dopo un po'. ― Non lasciare che quella donna manchi ancora di rispetto ad Hanna. Ti prego, tienile testa come solo tu sai fare.―
Gli occhi di Lexie si illuminarono di fierezza.
― Naturalmente. Dovrà passare sul mio cadavere prima di parlare ancora con quel tono ad Hanna. Te lo prometto, Meg.―
L'altra sorrise, annuendo.
― E per quanto riguarda il conte... ― azzardò Lexie con un sospiro. Megan la bloccò sul nascere.
― Non sentirà la mia mancanza, se è a questo che ti riferivi. Ha altri pensieri per la testa.―
Quando pronunciò quelle parole, avvertì un tuffo al cuore. Tuttavia, afferrando la mano dell'amica e avanzando verso le stalle, in direzione dei cavalli, sapeva che era la verità. Per quanto dolorosa fosse, avrebbe dovuto accettarla.
***
Quando l'aveva vista allontanarsi in compagnia dell'altra serva, Andrew aveva dovuto resistere all'impulso di tirare un pugno contro il muro. Voleva andarsene? Aveva sperato di aver frainteso il contesto e le parole, ma il tono di Megan era stato categorico e senza alcuna ombra di ripensamento.
Lui si era fermato appena in tempo per non essere scoperto ad origliare. Aveva avuto l'intenzione di andare a caccia, ma la caccia, a quel punto, poteva e doveva aspettare.
Sollevando il mento, la schiena eretta e rigida, camminava avanti e indietro per la sua stanza, aspettando l'arrivo di Megan. L'aveva mandata a chiamare e si aspettava che avrebbe obbedito, anche se aveva l'intenzione di andarsene. Era pur sempre, ancora, il suo padrone.
Quando alcuni colpi leggeri risuonarono contro la porta, Andrew chiuse le dita intorno alla colonna del baldacchino.
― Entra ― disse con un tono di voce piuttosto alto. ― E chiudi la porta.―
Sentì la sua presenza alle sue spalle ancor prima di sentire il rumore dei suoi passi o il suo respiro.
― Mi avete fatta chiamare ― disse lei, più come affermazione che come domanda.
Andrew alzò il mento.
― E così vuoi andartene. ―
C'era una punta di amarezza nella sua voce. Si voltò, lentamente, e vide che Megan aveva abbassato lo sguardo. Indossava un abito che le arrivava alle caviglie, alcune ciocche ribelli erano sfuggite alla solita treccia che li teneva quantomeno sempre ordinati.
― Come lo avete... scoperto?― tentennò lei senza guardarlo.
― Ti ho sentita mentre ne parlavi con quella serva.―
― Si chiama Lexie ― precisò Megan, serrando poi le labbra. ― Milord.―
Andrew la fissò con serietà.
― Non mi interessa il suo nome, Megan. Voglio solo sapere perché. Perché vuoi andartene. ―
Megan rimase immobile e in silenzio per alcuni istanti. Poi, finalmente, sollevò la testa e lo guardò. Andrew ebbe un tuffo al cuore, perdendosi nel verde di quegli occhi e osservando ogni anfratto di quel viso che ormai aveva imparato a memoria.
― Forse ti ho fatto mancare qualcosa? Il cibo non è sufficiente? Non ti trovi a tuo agio con la servitù?―
Sembrava terribilmente angosciato, e Megan indietreggiò appena. Scosse la testa.
― No, signore.―
Fu poco più che un sussurro.
― Megan, dimmi perché ― insistette Andrew avvicinandola e sovrastandala con la sua statura imponente.
― Merito delle spiegazioni, non credi? Ti ho accolta in casa mia, ti ho salvata dalla strada, ti ho dato un tetto sopra la testa e un lavoro. E tu saresti partita senza neanche avvisarmi. Sono il tuo padrone, maledizione!―
Si trattenne dal gridare. Megan trasalì, emettendo un suono strozzato.
― Naturalmente vi avrei avvisato, signore― rispose cercando il suo sguardo e trovando due tizzoni luminosi al posto degli occhi. Quello sguardo la spaventò più di quanto avrebbe creduto possibile.
― Allora dammi le tue spiegazioni. Adesso, Megan― insistette con un tono più condiscendente.
Sentire il proprio nome pronunciato dalle sue labbra le procurò un brivido infuocato lungo la schiena, ma al contempo si irrigidì.
Prese un respiro profondo e lo guardò con intensità.
― Me ne vado perché non voglio più soffrire. E so che voi non potete comprendermi, signore, ma è la decisione migliore per me. ―
L'espressione di lui divenne confusa, contorta.
― Soffrire? ― ripeté, scrutandola con occhi penetranti.
Megan deglutì nervosamente, fissandolo con rammarico.
― Vorrei davvero spiegarvelo. Credetemi, è la cosa che vorrei di più al mondo, ma so che non capireste.
―Provaci― sussurrò lui, incitandola con lo sguardo.
―Sembri così spaventata... ―
Ci fu una pausa in cui il silenzio parve squarciare il dipinto della notte.
Il respiro di Megan parve aumentare di frequenza, il cuore cominciò a martellarle nel petto, il panico le bloccò il fiato in gola.
― Vi amo.―
Due solo parole. Due suoni sottili e sussurrati che sembrarono tagliare il silenzio di quella notte opprimente.
L'aria si riscaldò di un odore dolce e leggero. Andrew si immobilizzò, la schiena rigida.
― Avete sentito? Io vi amo. E sì ― continuò Megan avvicinandosi. ―Tutto questo mi spaventa.―
Allargò le braccia, stringendo le labbra.
―Volete sapere perché?―
Andrew inghiottì nervosamente.
Chiuse gli occhi, voltandosi verso di lei.
―Megan, non devi... ―
― Perché questo sentimento è la cosa più vera che abbia mai provato nella mia vita.―
I suoi occhi sembravano mandare scintille. Aveva la luna incastonanata nelle pupille, il fuoco le illuminava quelle iridi verdi. Andrew si sentì terribilmente perso. Il modo in cui lo stava guardando, l'autenticità delle parole che gli stava rivolgendo lo sconvolsero, mandandolo fuori di testa.
― Io vi amo ― ribadì Megan. ― Ma è proprio per questo che devo andarmene. Se continuassi a restare qui, l'unica cosa a cui andre incontro sarebbe soffrire. E io non... non voglio più soffrire. ―
Chiuse gli occhi, riaprendoli solo qualche secondo dopo.
― Perciò vi prego, non rendete tutto più difficile di quanto già non sia. ―
Andrew la stava guardando con occhi penetranti, mentre cercava di metabolizzare le sue parole.
Aveva detto di amarlo.
Lo aveva detto davvero, e non si era trattato di un'allucinazione.
Ma come poteva essere certo che fosse la verità? C'era un solo modo.
―Signore?― lo chiamò Megan cercando il suo sguardo.
Prima che la ragazza se ne rendesse conto, lui la zittì appoggiando le labbra sulle sue. Dopo un iniziale attimo di sorpresa, sentì la bocca di Megan schiudersi in un chiaro invito per la sua lingua.
Ricambiò il bacio, circondandogli il collo con le braccia, aggrappandosi a lui come fosse stato la sua ancora di salvezza. La sentì inspirare e gemere contro la sua bocca, e seppe, in quel preciso istante, che aveva detto la verità. E quel bisogno di averla sbocciò, prepotente come la prima volta che l'aveva vista, rischiando di soverchiare qualunque altro pensiero o sensazione.
―Megan... ― sussurrò staccandosi appena dalle sue labbra. Lei lo guardò con lo sguardo velato di passione, poi strinse le labbra e si allontanò lentamente.
In quel momento si udirono altri colpi contro la porta, che fecero sussultare entrambi.
―Signore?―
Era la voce di Roxanne.
Andrew vide il volto di Megan sbiancare, una smorfia amara deturpare le sue labbra gonfie e di un rosa talmente acceso da sembrare rosso.
―Signore, posso entrare?― continuò la voce dall'altra parte della porta.
Megan abbassò lo sguardo, il cuore che le martellava senza freno nel petto.
Andrew desiderò prendere a pugni qualcosa, qualunque cosa.
Come aveva potuto essere tanto stupido da non ricordarsi di Roxanne? Come aveva potuto pensare di sostituire Megan con lei? La rabbia fu talmente potente da soppiantare il senso di colpa. Allungò una mano verso quella di Megan, ma lei si sottrasse alla sua presa prima che le loro dita si sfiorassero.
C'era una profonda tristezza nei suoi occhi.
Andrew desiderò urlare.
Ma non ebbe occasione di dire niente. L'unica a parlare fu lei, fiera e orgogliosa come l'aveva conosciuta.
―Siete desiderato, signor conte.―
Sollevò il mento.
―Parto domani mattina, comunque. Torno da dove sono venuta.―
Poi, senza che Andrew avesse il tempo di trattenerla o di dire qualunque cosa, Megan corse verso la porta e la spalancò.
L'espressione estasiata di Roxanne si spense non appena la vide. Megan sostenne il suo sguardo di ghiaccio con tutta la dignità rimastale, poi strinse le labbra e la superò.
Lasciandosi alle spalle l'uomo che amava e quella parte di lei che era e sarebbe sempre rimasta con lui.
Fu in quel momento, quando vide la sua chioma corvina scomparire dietro l'angolo, che Andrew seppe, con assoluta certezza, di amarla.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top