Capitolo 18 ― Ospiti inaspettati.

― Dovete proprio andarvene? ―
La domanda della ragazza risuonò strascicata a causa dal piacere e il risveglio da poco avvenuto.
Le prime luci dell'alba filtravano dalla finestra, riversandosi debolmente sul fianco scoperto della giovane.
Andrew sorrise con un sospiro.
―Mi piacerebbe trattenermi. Davvero ― si passò una mano sul volto, cominciando a sentire i primi sintomi della sbornia.
―Ma ho un palazzo da mandare avanti.―
―Ma è appena l'alba― insistette lei, tirandosi a sedere e stiracchiandosi languidamente. I lunghi boccoli ramati le ricadevano in morbide onde da un lato del collo, donandole un'aria terribilmente attraente. Andrew si sporse verso di lei, baciandola teneramente sulle labbra.
―Vorrà dire che resterò fino a quando le carrozze non cominceranno a circolare per le strade.―
La ragazza lo ricompensò con un sorriso.
― Non so ancora il vostro nome ― sussurrò, passandogli le dita lungo la mascella scolpita e ispida di una leggera barba scura.
―Né io il tuo ― replicò Andrew, osservandola con occhi penetranti.
― Mi chiamo Roxanne.―
Lui le accarezzò una guancia, chinandosi a baciarle un angolo della bocca.
― Sai che io non ti dirò il mio nome, vero?― le mormorò all'orecchio con tono suadente.
Roxanne lo fissò contrariata.
―Ma avevate detto...
Lui la zittì con un bacio, mettendo a tacere ogni protesta. Roxanne si lasciò sovrastare da quel corpo caldo e possente, mentre l'eccitazione tornava, forse con più impeto della notte appena trascorsa.
― Portatemi con voi ― lo pregò all'improvviso quasi con tristezza. ― Vi prego. Conduco una vita infernale, in questa bettola... ―
Andrew si staccò appena per guardarla negli occhi.
Sembrava una bambola di porcellana, innocente e candida, eppure aveva dato prova di una passione fuori dal comune. Doveva avere più o meno l'età di Megan, ma, dallo sguardo fiero, sembrava molto più adulta. Megan. Di nuovo lei. Anche quando era in compagnia di un'altra donna pensava a lei.
― Maledizione! ― sibilò.
― Come avete detto? ― chiese Roxanne con tono interrogativo.
― Nulla ― Andrew scosse la testa. Si sporse oltre la sua spalla nuda per afferrare l'abito sgualcito e glielo mise tra le mani.
― Vestiti ― disse con espressione complice.
― Comprerò la tua libertà.―

***

― Sei sicura che possiamo farlo?― 
Lexie girò la testa verso di Megan, strizzandole l'occhio. La brezza del primo mattino avvolgeva i loro corpi, entrambi minuti, leggera e liberatoria, un manto di freschezza che Megan non avrebbe mai voluto abbandonare.
― In realtà no, ma nessuno dei padroni è in casa― replicò Lexie stringendosi nelle spalle.
― Quindi smettila di farti tutte queste paranoie e partiamo. Il tuo desiderio di cavalcare è tangibile. ― Le sorrise.
Aveva ragione.
Megan aveva provato così tanta nostalgia della sua giumenta, che aveva lasciato alla tenuta del duca, da essere arrivata a bramare le cavalcate più di qualunque cosa. Sospettava che alla servitù non fosse permesso scorrazzare liberamente per i boschi in sella a un cavallo, ma, come aveva detto Lexie, i padroni non erano in casa.
Megan si ritrovò a pensare ad Andrew. A come lo aveva trattato. Al modo, forse troppo sfrontato, in cui gli aveva apertamente detto di non ricambiare il suo desiderio. Si era chiesta, quella notte, che cosa l'avesse spinta a mentire. Poi aveva capito che era stato l'orgoglio a suggerirle di non cedere: conosceva quelle procedure. Un padrone che si invaghiva di una serva poteva farne solo la sua amante, così da soddisfare i propri desideri carnali ogni volta che ne aveva voglia. Megan non era e mai sarebbe stata quel tipo di serva. Non avrebbe più permesso a nessuno di calpestare la sua dignità, anche se di quella sua dignità rimaneva solo qualche brandello, ormai.
Anche se si trattava di Andrew. Era stata sicura, prima che lui le rivolgesse le ultime parole, della sua differenza rispetto agli altri nobili, ma in seguito aveva capito che era pur sempre un uomo e che i desideri di un uomo del suo rango sarebbero sempre stati indifferenti a quelli di una serva. Era inevitabile.
Forse, pensò, una cavalcata l'avrebbe aiutata a dimenticare, a cancellare dalla mente quel desiderio che, sperava, sarebbe sparito presto.

― Andiamo. ―
Accarezzò la criniera grigio argento del cavallo e chinò il busto in avanti per tranquillizzarlo; a quel gesto l'animale scrollò la grossa testa, nitrendo leggermente e sbuffando, ma bastarono ben pochi istanti ad addolcirlo. Megan sorrise sollevando lo sguardo verso Lexie e annuì. Impugnò le redini e lo spronò con leggerezza. Dietro di lei, Lexie fece lo stesso, ma il suo stallone, più irrequieto e giovane, partì al galoppo superandola. Mossa da una sincera adrenalina, Megan piantò i piedi contro le costole dell'animale e, con un grido, lo spronò ad aumentare l'andatura. Il cavallo cominciò a correre, macinando il terreno freddo, zoccolo dopo zoccolo. I capelli di Megan, in principio raccolti nella solita treccia, si sciolsero contro il vento freddo, che le sferzò il volto imporporandole le guance di una autentica adrenalina.
Davanti a lei, Lexie aveva iniziato a ridere, sinceramente divertita, probabilmente perché era già arrivata molto più lontano rispetto a lei.
― È il meglio che sai fare?― gridò voltando appena la testa, in modo che lei vedesse solo il suo profilo.
― Andiamo, Meg! ―
Era una sfida.
Megan sorrise, poi serrò le labbra e parlò al cavallo come se lo stesse facendo con una persona.
― D'accordo, adesso corri. Corri più che puoi, vai!―
Come se avesse realmente compreso quelle parole, la bestia si sollevò sulle gambe posteriori e Megan dovette aggrapparsi con tutte le forze alle redini strette nelle sue mani, per evitare di cadere. Il cavallo nitrì. E poi, piantando gli zoccoli a terra, cominciò a correre, più veloce di quanto avesse fatto in precedenza. Megan percepì il vento tagliente contro la pelle, come un respiro gelido davanti agli occhi, sopra la sua testa, contro le orecchie. Si lasciò avviluppare da quella manifestazione di libertà, alimentata dal ricordo delle giornate trascorse a cavallo in compagnia di Jasper, gettando indietro la testa. Rise, una risata genuina e sincera, e il vento le penetrò nella gola donandole una nuova boccata d'ossigeno, mentre stringeva le cosce fino a farsele dolere. Non le importava di provare fastidio nel compiere quel movimento, tutto ciò che contava era essere lì, e cavalcare libera, spensierata come aveva fatto fino a quando c'era stato Jasper. Le sembrò di rinascere, mentre il cavallo macinava metri su metri di terreno, infrangendosi contro la barriera solida del vento; a un certo punto piegò il busto contro il collo dello stallone e appoggiò la guancia sulla criniera.
Quel contatto fu sufficiente ad infondere un briciolo di benessere nella sua mente e nel suo cuore, arrivò a fondersi con la bestia, e il vento parve aumentare d'intensità, procurandole brividi di piacere lungo la spina dorsale. Si sentì in pace, felice dopo tanto tempo.

Almeno fino a quando non vide Lexie tirare le redini del suo cavallo e fermarlo, mentre, sulla strada opposta alla loro direzione, un altro cavallo avanzava ad un'andatura moderata. In sella c'era Andrew, le braccia strette intorno alla vita di... Una ragazza dai lunghi capelli fulvi gli sedeva davanti, schiacciata tra il suo petto e il collo del cavallo. Si guardava intorno, spaesata, eppure sembrava molto più sicura di sé di quanto Megan non sarebbe mai stata.
Tirò le redini verso il proprio petto con uno strattone, inghiottendo nervosamente, mentre il cavallo di Andrew avanzava lentamente, superando le due ragazze. Quando la vide, il conte le rivolse uno sguardo insolito. Fu come se all'improvviso i suoi occhi si oscurassero. Sembrò sul punto di dirle qualcosa, ma poi le sue labbra si serrarono e spronò il cavallo ad aumentare il ritmo. Megan avvertì un groppo formarsi nella gola quando scorse di sfuggita il sorriso appena accennato della ragazza, e quando lo stallone del conte le fu alle spalle rimase immobile. Lo sguardo fisso davanti a lei, puntato su Lexie che stava facendo voltare il suo cavallo per raggiungerla.
―Stai bene?― le domandò accorgendosi della tensione che velava il suo volto.
―Meg?― Allungò una mano a toccare la sua, sinceramente preoccupata.
―Sto bene ― rispose lei riscuotendosi dai propri pensieri. ―Sì... Sto bene.―
―Sei sicura?― insistette Lexie stringendole la mano. ―È per il conte? È perché c'è quella donna insieme a lui?―
Megan trasalì, e la sue dita fremettero appena nella stretta dell'altra.
Avrebbe voluto dirglielo. Confidare a qualcuno le proprie inquietudini interiori avrebbe allegerito quel peso che era improvvisamente sorto nel suo petto, ma non era certa che Lexie avrebbe compreso. L'avrebbe giudicata, com'era giusto che fosse, e lei si sarebbe sentita ancora peggio.
―No ― scosse la testa costringendosi a sfornare un sorriso. ―Te l'ho detto, sto bene.―
Lexie la fissò per qualche istante ancora, poi le lasciò andare la mano e afferrò di nuovo le redini.
―E va bene― disse con un sospiro. ―Torniamo al palazzo. Non immagino nemmeno cosa ci dirà il conte quando rientreremo.―
Megan annuì distrattamente, mentre faceva girare il cavallo. Sperò stupidamente di vedere in lontananza la schiena di Andrew, ma ormai doveva aver raggiunto casa. Ciò che accolse il suo sguardo fu solo la strada che si estendeva quasi all'infinito, fino a confondersi con l'orizzonte.
Le sembrò di provare nostalgia, quando spronò il cavallo ad avanzare. Lexie la seguì, arrivandole a fianco.
Sto bene, continuava a ripetersi Megan con convinzione.
In realtà non stava bene.
Ma non importava.

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