Capitolo 10 ― Passato e presente.

Megan si destò con un sussulto. Dopo che Hanna le aveva preparato molto premurosamente un bagno caldo, si era allontanata e lei si era addormentata nella vasca. Adesso, l'acqua era quasi gelida.
Rabbrividendo, si mise a sedere e scostò la tenda per prendere un telo. Lo afferrò e si alzò in piedi, uscendo dalla vasca e avvolgendoselo intorno al corpo. Si avvicinò al braciere, sedendosi su uno sgabello e, preso un telo più piccolo, vi avvolse i capelli e cominciò a strofinare.

Mentre si asciugava, ripensò agli ultimi avvenimenti. Ripensò a Victor, a quelle  mani callose che avevano marchiato la sua pelle centimetro dopo centimetro, al suo fiato perennemente fetido di alcol, alle sue gambe strette intorno ai propri fianchi durante gli amplessi...
E poi ripensò al momento in cui il buon senso aveva avuto la meglio sulla sottomissione e le aveva fatto capire che era ora di fuggire. Lo aveva fatto, senza guardarsi indietro.

Lo aveva fatto e si era imbattuta in Andrew. Un conte.
Un altro come lui, ricordava di aver pensato, decidendo poi di prendersi gioco di lui e di scappare di nuovo. Per fortuna, però, il conte non aveva tardato a rincorrerla e così l'aveva salvata da un destino peggiore di quello che avrebbe avuto se fosse rimasta al palazzo del duca.

Tutto quello era successo nell'arco di una serata e una nottata, ma, se non lo avesse vissuto sulla propria pelle, Megan avrebbe giurato che fosse trascorso molto più di un giorno. Non appena aveva incontrato lo sguardo di Andrew le era sembrato di essere investita da una luce nuova, aveva sentito qualcosa ―uno spiraglio nel cuore, forse? ― aprirsi e si era sentita inondare da una boccata d'ossigeno. Aveva respirato aria nuova, aria pulita, per la prima volta nella sua vita, e per un attimo era riuscita a dimenticare tutto; il passato, le angherie, i soprusi.

E adesso eccola lì, in una nuova realtà,  circondata da persone nuove, diverse e, cosa più importante, Victor Wilkins non esisteva più. Nemmeno lontanamente.

Con un sospiro, fissò le fiamme del fuoco che Hanna aveva ravvivato, perdendosi nei giochi di luce di un acceso colore aranciato. Il calore aveva completamente avvolto il suo corpo, donandole una meravigliosa sensazione di benessere, che le era mancata per tanto tempo.

Si passò un'ultima volta il telo sopra ai capelli quasi asciutti e poi lo stese accanto al braciere. Adesso avrebbe avuto bisogno di un pettine; sentiva sotto le dita i nodi intricati dovuti al troppo tempo in cui non le era stato permesso di pettinarli e alla pioggia, che li aveva resi quasi intrattabili.

Allungò una mano dietro di sé, ma tutto ciò che toccò fu aria.

―Hanna! ― provò a gridare, ma le uscì un suono debole dalle labbra che nessuno, a parte lei, avrebbe potuto sentire.
Sospirando, si strofinò il telo intorno alle braccia e poi dietro al collo, lasciando cadere indietro la testa.

―Immagino abbiate bisogno di questo.―

Megan si voltò verso la voce, riconoscendola ancor prima di guardarlo negli occhi.

―Signor... Signor conte.―

Andrew allungò una mano, nella quale stringeva un pettine, verso di lei sorridendole.

Poi, come se ci avesse ripensato, sottrasse il pettine allo sguardo di Megan, le si mise dietro le spalle e disse: ―Lasciate che sia io a pettinarvi i capelli.―

―Io... ―

Megan deglutì, annuendo.
Chiuse gli occhi con un sospiro.
Andrew le chiese di alzare la testa con un gesto gentile e lei obbedì prontamente. Lui le scostò i capelli dal viso e affondò dolcemente il pettine.

―Mi dispiace... ― tentennò Megan, chinando la testa. ―Sono molto aggrovigliati.―

Lui districò i nodi pazientemente, ciocca dopo ciocca, con un'abilità fuori dal comune, come se lo facesse da tutta la vita.

La sensazione di quel movimento nei suoi capelli e la consapevolezza della sua presenza dietro di sé, ebbero su Megan lo stesso effetto rilassante del bagno.

Una volta sciolti tutti i nodi, il pettine scivolò senza ostacoli. Andrew posò l'oggetto sullo sgabello dove lei sedeva, sfiorandole appena il tessuto del telo che le copriva la coscia destra.
Ignorando la sensazione di calore che le si diffuse tra le gambe, Megan deglutì.

―Vi... Vi ringrazio, milord.―
Andrew annuì con un sorriso, indugiando un attimo di troppo sul profilo delle labbra di lei. Si maledisse mentalmente per i pensieri sbagliati che gli attraversarono la mente ―pensieri che volevano indurlo a prenderla tra le braccia e catturarle le labbra in un bacio ― e si schiarì quindi la gola. Il profumo di lavanda del sapone per il bagno lo mandava in estasi, unito alla visione di Megan coperta solo da quel telo morbido.
E all'improvviso si rese conto che quella non era affatto una situazione conveniente. Per nessuno dei due.

―Megan ― disse in un sussurro, facendola voltare. ―Dovreste rivestirvi. Tra poco verrà servita la colazione.―

―Certo, milord.―

Gli sembrò che le sue guance si tingessero di rossore, ma non poté sincerarsene perché lei tornò a rivolgere lo sguardo al fuoco e si alzò, stringendosi di più nel telo.

―Posso farvi una domanda? ― gli chiese all'improvviso.

―Ma certo ― rispose lui con gentilezza.

―Perché mi trattate come se fossi una vostra pari? Perché mi date del voi, e perché mi invitate alla vostra tavola se non sono altro che una serva? ―
C'era una certa amarezza nella sua voce.

―Voi non sarete una serva, qui ― rispose lui, allargando le braccia. ―Non ho idea del tipo di vita che avete condotto fino a ieri, ma, Megan, io non ho alcuna intenzione di sfinire una mia dipendente. Lavorerete sì, ma come cameriera, e vi sarà riconosciuta la degna dose di riposo. Vi offrirò un salario adeguato e non vi farò mancare nulla. Vi tratto come una mia pari, sì, perché siete degna di rispetto quanto me. ―

Gli occhi di Megan brillavano, Andrew ne colse la lucentezza quando lei si girò a guardarlo. Avrebbe giurato che sarebbe potuta scoppiare a piangere da un momento all'altro, ma non lo fece. Abbassò il mento, le dita che stringevano saldamente i lembi del telo.

―Siete la persona più altruista che abbia mai conosciuto.―

Andrew sorrise, rivolgendole un cenno del capo e voltandosi per andarsene.

Prima che lo facesse, la voce delicata di Megan gli arrivò alle orecchie.

―Dunque avete un fratello ― disse, avvicinandosi lentamente.

Andrew tornò a guardarla, e annuì.

―Sapete, io ne avrei tanto voluto uno... Lo avevo, forse, si chiamava Jasper e non era proprio mio fratello... Beh, lui e io avevamo un legame molto profondo ma non... ― s'interruppe, scuotendo la testa.

―Mi dispiace ― si lasciò andare a una risata nervosa, ―parlo troppo, come al solito, e a sproposito.

―È un piacere ascoltarvi ― replicò lui, fissandola con intensità.
Megan si sentì avvampare, e voltò la testa di lato.

―Che fine ha fatto vostro fratello? ― le chiese per rompere l'imbarazzo della frase spropositata che le aveva rivolto.

―Oh, lui è... In realtà non ne ho idea. Una mattina mi sono svegliata e lui era sparito. Ho chiesto molto in giro per la tenuta, ma nessuno ha mai saputo darmi una risposta. È successo due anni fa. Sembrava che all'improvviso, di Jasper, non importasse più nemmeno a sua madre, che lavorava nelle cucine. Ricordo che il giorno precedente mi aveva portato al laghetto delle ninfee e avevamo cavalcato insieme... Era un ottimo cavallerizzo, sì, lo era davvero... Gli volevo molto bene.―

Megan abbassò lo sguardo, per timore di non riuscire a reggere lo sconforto. Jasper le mancava, davvero tanto. E lei non aveva realmente idea del motivo per cui si stesse confidando con un perfetto sconosciuto.
Probabilmente perché Andrew era il primo individuo di cui sentiva di potersi fidare davvero. Non aveva mai avuto la possibilità di confidare nulla a nessuno, alla tenuta di Victor, e si era sempre sentita imprigionata, rinchiusa in una bolla invisibile e opprimente, convinta che non esistesse altro mondo all'infuori di quello creato dal duca. Andrew si stava rivelando l'unica persona disposta ad ascoltarla realmente.

―Vi manca molto, questo Jasper ― commentò Andrew, in tono comprensivo.

―Mi mancano molte persone, milord.―

Scosse la testa, sospirando.

―Io dovrei... Dovrei andare a cambiarmi. Dovrei cercare Hanna... ―

―Certo, Megan. Andate pure. ―

Lei indugiò un attimo, poi chinò la testa e lo superò lentamente. Sulla soglia della porta, però, andò a sbattere contro un petto ampio e muscoloso.

Sussultando, sollevò la testa.

―Perdonatemi. Io non vi avevo... ―
―Non c'è problema ― disse il nuovo arrivato, con un sorriso vagamente sensuale sulle labbra. Megan notò che era appena più basso di Andrew, i capelli dorati ricordavano fili di grano. Le sembrò che la stesse esaminando con lo sguardo azzurro e si sentì improvvisamente a disagio.

―Philip Turner ― si presentò l'uomo, inchinandosi. Fece per prenderle una mano, ma si accorse che le dita di lei tenevano strette i lembi del telo.

―Per servirvi.―

―Lasciala andare a vestirsi, Philip.―

La voce di Andrew risultò stranamente minacciosa.

Megan abbassò lo sguardo, ricordandosi che, sotto il telo, non indossava niente.

―Io, sì... Sì, dovrei andare a... ―

―È stato un piacere fare la vostra conoscenza, milady ― la interruppe Philip, sollevando un sopracciglio come per sfidarla.

Mentre Megan chinava ancora la testa e lasciava la stanza, Andrew rivolse uno sguardo quasi ostile al fratello, poi avanzò rapidamente verso di lui.

―La colazione verrà servita a breve. Meglio salire.―

Aveva uno strano sguardo, si rese conto Andrew Turner.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top