34. She's still alive.

— Hanno alloggiato qui?
Andrew incrociò le braccia sul petto, fissando il nerboruto locandiere dall'aria turpe. — Per la seconda volta, signore, non so di chi stiate parlando.
Aveva la voce strascicata, come se fosse intrisa d'alcol, ma lui continuò. Aveva dimenticato di specificare chi stava cercando, rifletté, ecco perché presumibilmente l'altro lo stava guardando come se fosse pazzo. Raddrizzò la schiena.

— Sono il conte Andrew Turner. Sto cercando mio fratello, Philip Turner. Viaggia in compagnia di una fanciulla giovane, dai capelli scuri. È bassa, è... minuta e...
— Nessuno che corrisponda alla vostra descrizione è passato di qui, signor conte — replicò il locandiere, scrollando la grossa testa e inarcando le sopracciglia cespugliose. — Ma se trovate quella ragazza, fatemelo sapere.
Assunse un'espressione lasciva, scoprendo una fila di denti marci e giallastri. Ignorando le occhiate curiose della clientela che occupava i tavoli intorno, Andrew si sporse oltre il bancone e agguantò l'uomo per il colletto, tirandolo verso di sé.

— Non ho tempo da perdere dietro ai tuoi stupidi giochetti, razza di idiota — ringhiò a denti stretti. — Se li vedi passare di qui, voglio che mi avvisi immediatamente. Mi sono spiegato?
L'altro deglutì a fatica, sbattendo le palpebre.
— È chiaro? — insistette Andrew in tono più determinato.
— Chiarissimo — rispose il locandiere a malincuore.
— Molto bene.
Il conte lo lasciò andare con uno strattone, poi estrasse un sacchetto da sotto il panciotto e glielo svuotò sul bancone. — Questi sono per il disturbo. Ce ne saranno degli altri, se mi dirai ciò che voglio sapere.

— Lui non può aiutarvi — s'intromise una voce alle loro spalle. Nel locale, all'improvviso, il tramestio e il brusio di voci cessarono. Andrew soppesò lo sguardo attonito del locandiere per qualche secondo, prima di voltarsi, pronto a mettere a tacere chiunque avesse deciso di intromettersi in una faccenda che, nel modo più assoluto, non lo riguardava. Ma quando si trovò davanti Gladys, avvolta in un mantello di lana che celava quasi interamente la sua figura ingobbita, l'uomo percepì uno strano presentimento. Un brivido, intenso e letale, gli percorse la spina dorsale, scuotendolo da capo a piedi; la donna lo fissava sotto le palpebre socchiuse, senza far altro che incitarlo silenziosamente ad uscire dalla locanda. Per qualche insolita ragione, Andrew considerò che seguirla fuori fosse la decisione più saggia. Senza dire altro né al locandiere, né a qualcun altro, si ritrovò all'esterno, in quel tardo pomeriggio uggioso — la pioggia era tornata ad incombere sul paesaggio senza che lui se ne rendesse conto — e si fermò a pochi passi da lei. L'opinione che aveva sempre avuto di Gladys era che fosse una donna anziana, saggia, meritevole di rispetto, ma che farneticava cose senza senso per il puro piacere di innescare dubbi nelle persone che la circondavano. Ma quella volta, senza sapere perché, lui seppe che non avrebbe inventato nulla di quanto stava per dirgli. Se lo sentiva nelle ossa, nel sangue.

— Cosa vuoi, Gladys?
Lei chinò il capo, poi lo sollevò lentamente. Sotto la pioggia battente, Andrew avrebbe faticato a captare le sue parole, perciò la prese per le spalle e la sospinse gentilmente verso il portico della locanda.
— Lei è al sicuro con vostro fratello — disse Gladys in tono fermo, senza battere ciglio, apparentemente non reattiva alla sua precedente azione. — Voi avete un'altra  questione di cui occuparvi, in questo momento.
Andrew si accigliò. — Non capisco.
— Lo so.
— Non ho tempo da perdere, Gladys — sbottò lui in tono secco. Doveva trovare Megan, doveva prendersi cura di lei, del loro bambino... Non l'avrebbe lasciata andare mai più. Se solo lei avesse  voluto, avrebbero potuto vivere una bella vita, lunga e felice, senza che nessun altro ostacolo interferisse tra loro, senza che la presenza di Philip o di Roxanne potessero avere un ruolo determinante in quella relazione. Avrebbe dovuto convincerla che le cose si sarebbero potute aggiustare. Doveva riuscirci, ad ogni costo. Gladys lo stava solo rallentando, e lui non poteva permettersi di indugiare oltre.

— Torna al castello — le ordinò, spostandosi il cappotto sopra la testa. — Devo trovare Megan.
— Non è di lei che dovete preoccuparvi, signore — insistette Gladys, bloccandolo per un braccio. A dispetto della sua età possedeva una tenacia fuori del comune. Andrew assottigliò lo sguardo. Che cosa stava farneticando ancora? Si era sbagliato se aveva pensato che gli avrebbe detto qualcosa di sensato; non era da lei.
Gladys intensificò la stretta.
— Elizabeth — affermò, mentre la pioggia si infrangeva al suolo, provocando il suono di tante piccole dita sopra a un vetro. — È di lei che dovete preoccuparvi.

Allora, Andrew avvertì un tuffo al cuore. Elizabeth. Ancora lei. Che cosa c'entrava, Elizabeth, in tutto quello? Sotto la tempesta furiosa, si eresse come un cavaliere antico, vestendosi di un'armatura di rigida moralità. — Cosa diavolo c'entra Elizabeth?
— Lei infesta ancora le vostre notti, i vostri sogni — rispose Gladys; a lui sembrò che la sua voce diventasse più morbida, più sottile. La voce di una madre che cerca di rassicurare il proprio figlio. — E c'è una ragione, per questo. Vi siete mai chiesto quale sia?

Per oltre un anno Andrew si era arrovellato la mente, cercando di capire chi avesse potuto ucciderla, e perché, soprattutto, aveva lottato contro il dolore per la sua perdita, contro i fantasmi del passato che, con i loro sudici artigli, lo riportavano sempre indietro. Ma non era mai giunto ad alcuna conclusione. Elizabeth era morta, e la verità insieme a lei.

— No. — Un suono rauco, doloroso.
La mano di Gladys si spostò più su, gli carezzò il solco della mascella in un gesto materno. — In cuor vostro, voi conoscete la verità. Dovete solo convincervi.
— Convincermi di cosa, Gladys? Beth è morta, morta! — La fissò con occhi serpeggianti di dolore. — E una parte di me è morta con lei.

Gladys lo osservò a lungo, prima di scuotere il capo. Lentamente, poi, lo tirò per la manica verso di sé e, in un sussurro che sfiorò l'inudibile, lo mise faccia a faccia con la realtà.

— No, Andrew Turner. Elizabeth è ancora viva, e vostro figlio insieme a lei. Sono vivi, lo sono entrambi. Ecco qual è la cosa di cui dovete convincervi.

**

— Sta diluviando — le annunciò Philip con un sospiro. Seduta davanti al piccolo camino, Megan mandò giù un sorso del tè che le aveva portato il locandiere. La bevanda le riscaldò lo stomaco, ma non fu sufficiente a placare il proprio fastidio. Avrebbe tanto voluto cancellare gli ultimi avvenimenti. Soprattutto, avrebbe voluto cancellare il piacere che aveva ricavato dalla vicinanza con Philip. Si era sentita al sicuro, protetta, per qualche ora era riuscita a non pensare ad Andrew e a quello che le aveva fatto. Era stato grazie a Philip. Lo sapeva, eppure rifiutava di riconoscerlo. Forse perché, se lo avesse ammesso, le sarebbe sembrato di tradire Andrew. Però avrebbe voluto che Philip la abbracciasse di nuovo, che la allontanasse dal terrore del presente. Era in grado di farlo, pensò, ma lei non poteva chiederglielo. Non sarebbe stato giusto. Lei amava Andrew. Lei lo… amava davvero. E lui aveva dormito con un'altra donna.
Soffocò le lacrime, mandando giù un altro sorso di tè. Che stupida era stata.

— Mi piace la pioggia — mormorò. Philip si allontanò dalla finestra e le sedette accanto.
— A me no. Mi ricorda i tempi bui della mia infanzia — le spiegò, sottovoce. Megan intuì che, come Andrew, anche lui doveva aver sofferto molto. In un gesto spontaneo gli prese una mano che aveva lasciato adagiata sulla coperta. Sotto le sue dita, avvertì una piccola contrazione. Un calore inatteso si sprigionò da quel contatto, e lei fu tentata di ritrarsi, ma non lo fece. — Che cosa ti è successo?
Philip la guardò sotto le ciglia folte, abbozzando un sorriso.
— Sono sempre stato il più immaturo tra i due, Meg. Questa è stata la mia condanna, almeno fino a quando...

Non sei arrivata tu. Non sarebbe riuscito a dirlo. Non lo avrebbe mai fatto, per rispetto di suo fratello. Andrew, che aveva spezzato il cuore della donna che lui amava. Contrasse la mascella; Megan lo notò. — Almeno fino a quando?
Philip scosse la testa. — Quando ho conosciuto Abigail sono diventato un uomo. E diventando un uomo, ho acquisito la mia maturità.

Lei sorrise, malgrado tutto. Abigail aveva lasciato Philip perché li aveva scoperti nelle cucine della servitù, mentre lui la baciava, ricordò. Sembrava essere accaduto tanto tempo prima, ma era passata solo qualche settimana. Se si concentrava, Megan poteva ancora percepire il sapore di lui sulle proprie labbra. Non ci aveva più pensato fino a quella mattina. Ricordava di averlo trovato un bacio piacevole, dolce, a dispetto della foga con la quale lui glielo aveva strappato. Il calore della mano di Philip aveva risvegliato in lei quella sensazione, una sensazione sbagliata, che andava debellata… Come fosse una malattia. Una morsa le serrò lo stomaco. Bruscamente, appoggiò la tazza sul comodino, facendo versare qualche goccia di tè. — Mi dispiace — mormorò con un lungo sospiro.
— Non è niente. — Philip le sorrise. Lei notò che la barba gli stava ricrescendo, donandogli un tratto selvaggio, quasi esotico. Non aveva mai visto quel dettaglio su Andrew. Indurì le labbra.

Philip si alzò in piedi prima che la tristezza diventasse troppo evidente. Sapeva che lei lo stava fissando senza capire, ma lui non poteva darle spiegazioni. Durante la notte, i suoi capelli si erano sciolti, e adesso le ricadevano dietro le spalle, come un manto di stelle d'ebano. Era la creatura più bella che avesse mai conosciuto. E non sarebbe mai stata sua. Lui era sbagliato, e lo era anche Andrew. Lo sarebbe stato chiunque. Megan era un fiore raro e prezioso, che andava custodito, preservato dai mali del mondo.

Ma Dio, era così difficile starle lontano, fingere che non ci fosse nulla tra di loro, che ogni volta che la guardava o che lei gli sorrideva, il suo cuore accelerava il ritmo. Accadde anche quella volta. Ma lui fu lesto a darle le spalle, così che Megan non potesse accorgersi del suo cambio di umore. Avrebbe voluto stringerla tra le braccia. Assaporare ancora le sue labbra. Proteggerla. Amarla. Come avrebbe potuto vivere con il pensiero constante che il cuore di lei, nonostante tutto, sarebbe sempre appartenuto a suo fratello?

— Posso farti una domanda, Philip?
Si riscosse dalle sue divagazioni mentali quando lei gli pose quella domanda. Non aveva paura di quello che avrebbe potuto chiedergli; con lei sarebbe stato sempre sincero. — Cosa vuoi sapere?

Seguì un silenzio carico di dolce tensione.

— Sei mai stato innamorato?

Era una sciocca, null'altro che una sciocca. Aveva quasi ufficializzato il fidanzamento con Abigail, naturale che lui l'avesse amata. Non sapeva nemmeno perché gli avesse domandato una cosa simile. Avrebbe dovuto trattenersi, ma qualcosa, dentro di lei, le aveva strappato quella domanda dalla bocca.
Lo vide irrigidirsi; all'improvviso lei si alzò in piedi e lo raggiunse.
— Una volta — rispose Philip, voltandosi lentamente. Megan lo fissò senza riuscire a distogliere lo sguardo, il cuore che aveva preso a battere seguendo un ritmo sfrenato. Il dolore allo stomaco parve scemare altrove, nel giro di un istante. — Una volta sola…

Le sfiorò una guancia con il pollice, e lei fremette sotto quel tocco delicato ma che fu in grado di far scatenare un incendio sulla sua pelle. Nemmeno allora, Megan si tirò indietro.
Avrebbe dovuto farlo. Lo sapeva. Sapeva che lui avrebbe cercato di baciarla, ma non lo fece. Una forza sconosciuta le intrappolò le caviglie, le impedì di muovere un passo. Philip si chinò verso di lei e le appoggiò dolcemente le labbra sulla fronte, sfiorandola appena.
— Una volta sola — ripeté e quelle tre parole risuonarono, nella mente di Megan, come l'eco remota di una musica dolce e tristissima.

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