33. A un passo dal baratro
—Puoi andare.
—Non volete che resti?
—Potresti recarti dal conte Ferguson, se hai ancora la forza sufficiente a sostenere un altro amplesso.
Edward Blackwood fissò la donna dagli occhi violetti con alterigia. Era bella, nemmeno un cieco avrebbe potuto negarlo. Era bella e doveva averla sfinita con le stoccate con cui l'aveva presa per tutta la notte. Aveva pensato che, una volta che Lily Ferguson fosse diventata sua moglie, avrebbe potuto farne ciò che voleva. Se quella ragazza era bella tanto quanto suo padre la vantava, allora sarebbe stato un piacere giacere con lei; se non fosse corrisposta a quella descrizione, lui l'avrebbe presa una volta solo per generare un erede e poi sarebbe tornato in quella locanda. La compagnia e il corpo di Grace gli piacevano, e non poco. L'eccitazione gli scorreva nelle vene ogni volta che la donna parlava, con aria maliziosa, lasciva. Sapeva il fatto suo, era evidente, una donna che aveva degli obiettivi ben precisi, e in questo si avvicinava molto al suo carattere.
Edward le catturò le labbra piene in un bacio avido, e poi scostò le lenzuola diretto alla finestra. Nudo, completamente, la donna lo osservò leccandosi il labbro superiore. Al contrario di Jack, Edward Blackwood aveva ammirato il suo corpo, spedendola con poche spinte sulle vette di un piacere sconfinato. Jack Sanders l'aveva ripudiata, insieme alla contessa Madylin, che stava intrattenendo, alla veneranda età di quarantotto anni, un ricco rampollo alla fine del corridoio. Madylin ci sapeva fare, come lei. Jack aveva sottovalutato entrambe. Violet gli avrebbe dimostrato che non si scherzava con il fuoco, perché il fuoco, prima o poi, finiva per distruggere ogni cosa. Adesso aveva un'opportunità in più per attuare la sua vendetta. Adesso poteva sfruttare la stupidità di uomini come Richard Ferguson e Edward Blackwood a suo vantaggio.
—Dove siete diretto, milord?— domandò, stirandosi come una gatta in calore.
—Kirkthon Castle— rispose il marchese, girandosi e tornando a letto. Violet osservò ammaliata la virilità che oscillava tra le sue gambe muscolose.
Kirkthon Castle, meditò con occhi scintillanti. Proprio il posto che speravo di sentir nominare. Casa dolce casa.
—E dove si trova?
—A un paio d'ore di cavallo da qui.
—Ma voi non avete un cavallo— osservò Violet, stendendosi sotto di lui e allargando le gambe per consentirgli di sistemarsi tra di esse.
—No— confermò Edward con un sorriso complice. —Ma non importa.
—Mi sembra di aver capito che il vostro accompagnatore si chiami Ferguson.
Edward annuì con aria distratta.
—E cosa ci fate voi in sua compagnia?
—Devo sposare sua figlia, Lily Ferguson— disse lui con noncuranza.
Violet emise una risatina sarcastica. —Temo che siate arrivato tardi, milord. La contessina ha intrapreso una relazione con il padrone del castello, e Dio solo sa se non è già incinta...
—Come fai a saperlo?— la interrogò Edward improvvisamente teso.
—Lavoravo al castello, prima di essere cacciata e costretta a rifugiarmi in un bordello— mentì Violet arricciando il naso. —Il padrone aveva anche detto di amarmi, sapete...
—Mi sono stancato di parlare, adesso.
Violet gli prese un ricciolo scuro in mano, fingendo di non essere contrariata per la brusca interruzione, e se lo attorcigliò tra le dita, eccitata al pensiero che Lily Ferguson sarebbe stata di nuovo tra le sue grinfie entro breve tempo.
—Siete molto bello, milord.
Per tutta risposta, Edward affondò in lei con una spinta decisa, grugnendo.
Violet doveva riconoscere che era davvero un maestro, in fatto di sesso. Non solo possedeva un corpo scolpito e tonico, ma sapeva anche esattamente cosa fare e come agire per far godere una donna. Lily Ferguson sarebbe stata una sciocca a rifiutare un matrimonio con un tipo del genere.
Aggrappandosi alle sue spalle imitò il ritmo del marchese, ansimando e gridando quando il piacere esplose in miriadi di piccole stelle sopra la sua testa.
—Portatemi insieme a voi— ansimò mentre Edward si muoveva dentro di lei con movimenti magistrali e sapienti. —Voglio andarmene da questo posto e... Ah!
L'ultima spinta la catapultò in una dimensione di pace e godimento che la scossero da capo a piedi. Leccandosi le labbra, Edward affondò volto nell'incavo della sua spalla e crollò sopra di lei.
—Una persona in più non sarà un problema, suppongo...
Esatto, marchese, si congratulò Violet sorridendo internamente. Era proprio la risposta che mi aspettavo.
Quando, dopo un paio d'ore, Edward e Violet, che lui continuava a chiamare Grace, emersero dall'uscita della porta d'ingresso, Richard Ferguson inarcò le sopracciglia.
—Che ci fa lei qui?
—Ho pagato adeguatamente il locandiere per la sua libertà— rispose Edward, pacato.
Richard osservò Violet, che lo guardava con aria di superiorità malcelata.
Il viso del conte si rilassò.
—Mi sembra un'ottima idea, marchese. Finalmente mostrate un po' di spina dorsale.
—Sempre avuta— lo corresse Edward con un sorriso smorfioso. —Vogliamo andare?
—C'è stato un cambio di programma— li avvertì Richard posando la grossa mano sulla spalla muscolosa del marchese. —Mi sono procurato dei mantelli e due maschere nere. Mia figlia uscirà da quel castello, prima o poi. E quando lo farà, voi la rapirete e la porterete nelle cucine, mentre io mi occuperò del caro signor Sanders.
Violet aprì la bocca ma, prima di parlare, dovette attendere che l'occhiata arcigna del conte si placasse. —Ebbene?
—Vostra figlia ha amiche anche nelle cucine, milord— disse, ponendosi le mani sui fianchi morbidi. —Sarebbe più prudente trascinarla nello scantinato fino a quando non avrete finito il vostro lavoro con il signor Sanders.
Richard la scrutò con perizia, poi aggrottò le folte sopracciglia che andavano ingrigendosi. —E perché dovrei dar credito alle parole di una misera sgualdrina?
—Lavoravo al castello, milord— rispose Violet, ignorando l'insulto. —Conosco ogni angolo di quel posto.
—Ci saranno utili le informazioni che Grace ci sta dando, conte Ferguson— si intromise Edward, accarezzando con dolcezza la guancia serica di Violet. —Che cosa ne pensate?
—Penso che sia ora di partire— disse Richard in tono impaziente. —I nostri abiti sono nascosti lungo il sentiero. Affrettiamoci.
***
Mentre imboccava il sentiero che conduceva al campo di grano, con le gonne sollevate di mezzo palmo, Lily meditava su come fosse cambiata la sua vita nel giro di un paio di mesi. Prima di fuggire dalla casa dei Ferguson era stata una ragazzina ribelle e testarda, niente più che una bambina rinchiusa nel corpo di una donna. Aveva deciso di sfidare l'autorità di suo padre in memoria degli insegnamenti di sua madre, e il destino le aveva riservato una sorte migliore di quella che si sarebbe mai aspettata: le aveva fatto conoscere Jack, sebbene in circostanze pessime, e l'aveva portata a innamorarsi di un uomo tanto diverso da lei che era entrato nel suo corpo anche con l'anima. Lo stesso uomo che aveva scelto di abbandonare, per sposarne uno ben lontano dal suo cuore, che le avrebbe riservato una vita colma di infelicità. Lily si morse il labbro inferiore, convincendosi che lo stava facendo per Jack, perché lo amava e pretendeva di salvaguardare la sua incolumità.
Avanzò lentamente sotto il sole cocente di quella mattina di maggio. Jack doveva essere sceso al campo, e lei era grata che l'incendio non avesse distrutto nemmeno un singolo pezzo di terra. Il campo sarebbe stata l'unica salvezza per procuarsi il cibo per l'inverno, dato che la maggior parte delle provviste era bruciata tra le fiamme. Lei non aveva ancora saputo chi era stato l'artefice di un tale scempio; Jack non glielo aveva detto. Ma un dubbio le si era insinuato nella testa e, a meno che non fosse avvenuto qualcosa che le avesse fatto cambiare idea, era più che convinta che fosse stata opera di Violet Milton.
Con una smorfia di disprezzo, Lily continuò a camminare, calpestando breccia e terra secca, fino a quando un movimento alla sua destra, proveniente dai cespugli, non attirò la sua attenzione. Smarrita, si voltò per controllarne la fonte ma, non vedendo nessuno, scosse la testa e seguitò a camminare.
Con un sorriso di trepidazione, scorse la sagoma di Jack in lontananza. Era a torso nudo, inginocchiato lungo il terreno e saggiava la consistenza con le dita. Non l'aveva ancora vista, presumibilmente perché si trovava troppo lontano dal punto in cui era lui.
Lily affrettò il passo per raggiungerlo.
Ma non riuscì nell'intento.
Una grossa mano fredda si chiuse sopra la sua bocca, mentre un corpo solido e robusto si spingeva contro la sua schiena e la serrava in una morsa famelica. Lily si sentì invadere dal panico. Il cuore cominciò la sua corsa sfrenata nel petto, il sangue prese a pulsarle nelle tempie. Senza dire una parola, l'uomo la trascinò rapidamente indietro fino a sparire tra i cespugli, dove la sagoma di una donna alta apparve davanti agli occhi atterriti di Lily.
—Risalite la roccaforte— disse senza ombra di umiltà. —C'è un'entrata secondaria dietro il castello, imboccate un piccolo corridoio e scendete le scale che conducono al seminterrato. La chiave è proprio dietro alla porta, se volete essere più sicuro e bloccare la serratura.
Riconoscendo la voce, Lily si sentì cedere le ginocchia. Violet. Quella strega era tornata e con lei, in quel momento, c'era una minaccia ben peggiore. Non riusciva a respirare, sotto le dita serrate dell'uomo alle sue spalle. In preda all'angoscia avvertì chiaramente qualcosa di grosso premere contro le sue natiche.
—Dì al conte Ferguson che il tipo che cerca si trova laggiù, al campo. Intanto mi occupo della deliziosa contessina, io.
Violet annuì, senza degnare Lily di uno sguardo, e si sollevò le gonne sparendo nel folto della piccola radura che costeggiava il sentiero.
Lily era impietrita. Era sicura che il cuore le sarebbe esploso nel petto se non si fosse calmata. Suo padre. Con loro, con i due farabutti, c'era anche suo padre. Non si aspettava che sarebbero giunti tanto in fretta e in modo così violento, e...
E se suo padre non era quello che la teneva prigioniera, allora doveva trattarsi di...
Edward Blackwood. Il suo promesso sposo.
Data la corporatura massiccia e solida, lei faticò ad identificarlo come un uomo in avanzata età e con i denti giallastri.
Anche la sua voce non sembrava quella di un uomo anziano. No, sembrava quella di un uomo come Jack.
Jack.
Il pensiero che suo padre potesse fargli del male la fece fremere di terrore. E il tipo dietro di lei cominciò a trascinarla indietro, l'ombra dei cespugli le impedì di vedere il sole e, quando fece per scalciare contro le ginocchia dell'aguzzino, Edward Blackwood si sporse verso il suo collo e le ringhiò contro l'orecchio: —Non provateci mai più, ragazzina.
Lei avrebbe voluto urlare, sputargli dritto in faccia anche se non aveva idea di che tipo di faccia avesse quel tipo. Sapeva solo che era un farabutto e che mai e poi mai lo avrebbe sposato. All'improvviso divenne estremamente consapevole del tipo di vita che avrebbe condotto se si fosse sottomessa a quell'uomo. Non gli avrebbe permesso di piegarla.
Ma le sue braccia erano troppo forti, troppo robuste, e la sua mano premuta sulla bocca la stava soffocando mentre il rigonfiamento dei pantaloni si induriva ogni istante di più.
Lily venne trascinata ancora indietro, i granelli di terra le si insinuarono nelle scarpine di raso e il sudore le attaccò i capelli alla fronte e al collo.
Ma Edward Blackwood non si fermò, fino a quando non ebbe raggiunto la porta che consentiva l'ingresso posteriore al castello. Per sua fortuna, nel piccolo borgo non c'era nessuno e poté agire indisturbato.
—Fate silenzio, maledizione!— sibilò quando Lily mugolò dal dolore per la posizione. E poi imboccò la scalinata che conduceva allo scantinato, dove nessuno avrebbe potuto sentirla.
Né lei, né i suoi gemiti, né le sue grida.
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