Parte 38

Esco di casa alle prime luci dell'alba. Sfinita da un sonno agitato ho deciso di uscire a sgranchirmi un po' le gambe, sperando di cacciar fuori, col sudore, anche tutti i miei dubbi, grazie ad una ritemprante corsetta.

Il sole sta appena sorgendo sull'oceano e la vista, da qui, è da mozzare il fiato.

Respiro a fondo chiudendo gli occhi affinché tutte quelle sensazioni mi riempiano donandomi la serenità tanto anelata.

Da quant'è che non correvo? Forse secoli, perché dopo, qualche metro le gambe iniziano a farmi davvero male.

La vista di quell'alba, però, mi stordisce al punto da non farmi sentire più il dolore. Mi fermo qualche instante china con le mani sulle ginocchia per riprendere fiato e cogliere l'occasione di ammirare tale spettacolo della natura. Improvvisamente, mentre sono assorta nei miei pensieri, avverto due mani coprirmi gli occhi facendomi sobbalzare per lo spavento. Ho il cuore che va a mille e la paura prende il sopravvento quando una voce alle mie spalle inizia a parlarmi.

«Buongiorno» dice quella voce fin troppo familiare.

Mi rimetto in posizione eretta cercando di  strapparmi quelle mani dal viso quando me lo ritrovo davanti.

«Che vuoi?» rispondo acida.

«Parlare un po' con te. Lo so che devo starti lontano o Meg se la prenderà nuovamente con te ma, in fin dei conti, qui siamo soli e lontani da tutto e, soprattutto, da lei. Vorrei solo che tu mi concedessi la possibilità di spiegare e magari potrei anche sperare in un tuo perdono» dice fissandomi come se mi stesse vedendo per la prima volta.

Sono confusa ed uno strano sentimento, al quale non so ancora dare un nome, si fa largo lentamente nel mio cuore.

Credevo di amare James Mcdowell. Sembrava una bella favola in cui la dolce, imbranata ed insignificante ragazza s'innamora, ricambiata, del ragazzo più carino della scuola. Cos'altro potevo chiedere di più? Era tutto fantastico, lui lo era ed io non potevo che essere al settimo cielo. Finalmente avevo al mio fianco il ragazzo più venerato della scuola, che cosa potevo desiderare di più. Sarei anche potuta andare al ballo di fine d'anno avendo lui come accompagnatore. Ricordo ancora il suo sguardo carico di ammirazione nei miei confronti, quando mi vide scendere le scale di casa, per raggiungerlo al piano di sotto, quella sera.

Il vestito azzurro di taffettà che aveva delle sfumature pastello color fuxia e giallo mi cadeva a pennello, soprattutto, perché corredato da delle eleganti decoltè trasparenti tempestate di swaroski. Mi sentivo davvero Cenerentola ed il cuore mi batteva a mille nel petto, per l'emozione.

Mi aveva aiutata nonna Amelia a sceglierlo durante una mattinata di shopping selvaggio per le vie di Seattle.

Era tutto fantastico ma come tutte le cose belle anche quella era destinata a finire prendendo una piega che mai avrei immaginato.

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