Parte 16

Amelia.

Cammino lungo il corridoio che mi porta nell'aula di storia. Vedo con la coda dell'occhio i volti dei miei compagni che mi fissano e poi parlottano tra loro, non appena passo oltre.

Mi sudano le mani, le gambe vacillano al punto da farmi inciampare nei miei stessi piedi e finendo di ginocchia per terra.

Mentre sono a quattro zampe sul pavimento vedo tutti i miei libri sparsi intorno a me e mi viene da piangere perché so che tutti mi stanno osservando e ridono alle mie spalle.

Soffoco in gola talmente violentemente i singhiozzi da avvertire la medesima sensazione di bruciore intenso di quando i muscoli della trachea si contraggono per favorire il passaggio alle mie poltiglie gastriche. Mi schiarisco la voce ed avverto il bruciore, che ora si affaccia sulla lingua, affrettandomi a raccogliere tutto prima che suoni la campanella.

«Posso aiutarti?» sento una voce maschile sopra di me che mi fa trasalire.

«No. Grazie. Faccio da sola. È già abbastanza imbarazzante così» non ho animo di alzare la testa per guardare in faccia colui che mi ha offerto il proprio aiuto proprio perché ne conosco l'identità.

Una volta in piedi e con la testa china cerco di incamminarmi nuovamente, ma lui mi ferma aggrappandosi ai miei fragili avambracci che sembrano scricchiolare sotto la sua morsa forte.

«Continuerai ad evitarmi finché non andremo al college?» chiede James spazientito facendomi roteare affinché incontri il suo sguardo.

«Anche per tutta la vita se serve a tenerti lontano da me» gli rispondo alzando finalmente la testa per guardarlo negli occhi.

«Quante volte ancora dovrò chiederti perdono per ciò che è successo quella sera?» ribatte frustrato.

Mi guardo intorno e vedo gli occhi di tutti puntati su di noi.

«Non mi sembra né il luogo, né il momento più adatto, questo, per discutere di certe cose. Basta già la mia goffaggine ad attirare tutto il marcio che c'è in questa dannata scuola» ribatto caustica con un filo di voce e strattonandolo per liberarmi dalla sua presa che sembra, improvvisamente, cedere al proferire di quelle mie parole.

La campanella suona.

«Ma come facciamo a parlarne se tu non mi vuoi nemmeno vedere?» mi urla dietro mentre mi affretto ad entrare in aula.

Entro in classe e trovo tutti seduti ai propri posti mentre Miss Maddison è tutta presa a consegnare i fogli del test.

«Benvenuta Miss Clayton. Quale onore oggi averla finalmente in classe. Il fatto che sia una studentessa modello non le attribuisce il diritto di arrivare a lezione, soprattutto, nel giorno del test, a quest'ora. Ora, prenda posto, cortesemente» ingiunge mordace Miss Maddison.

Mi sistemo nel mio banco ed esco le penne che poggio davanti a me. Che accidenti le è preso stamattina?Normalmente è così carina e gentile.

Quando la professoressa mi mette davanti il foglio con il test trasalisco nel leggere le prime domande.

Alle mie spalle avverto un borbottio ed un vociare che va via, via crescendo man mano che tutti danno un'occhiata al test.

Sembra che solo per me, come sempre, il test sia una passeggiata.

Sospiro, prendo la matita ed aspetto trepidante che Miss Maddison dia il via per iniziare.

«Allora, ragazzi, avete a disposizione quarantacinque minuti a partire da ora» dice e si rimette a sedere dietro la cattedra.

Subito mi chino sul mi foglio ed inizio a barrare con una crocetta tutte le caselle.

Sono totalmente immersa nel mio lavoro e tutto intorno a me sembra scomparire. Esistiamo solo io e quel foglio davanti a me.

Il tempo passa velocemente e la professoressa avverte tutti che dobbiamo riconsegnare il compito.

Mi fiondo alla cattedra per lasciare il mio e vedo sul viso di Miss Maddison un enorme sorriso di compiacimento nei miei confronti che ricambio. Eccola finalmente la mia prof.

Sospiro e ritorno al mio banco per raccogliere le mie cose.

«Ehi. Amelia. Come è andato il tuo esame?» chiede, improvvisamente, Giorgia avvicinandosi a me.

Quella situazione è davvero imbarazzante. Mi verrebbe da risponderle per le rime, anche di picchiarla per ciò che sta facendo a mio fratello, ma sono Amelia e mi limito passivamente a risponderle che è andato bene come al solito.

«Va tutto bene? Ieri sera eri davvero strana» continua facendo l'amica.

Sbuffo infastidita.

«É tutto ok. Ora se vuoi scusarmi ho un'altra lezione» cerco di liquidarla.

Afferro la borsa e mi avvio verso l'uscita.

«Amelia!» mi chiama ancora Giorgia.

Mi blocco sull'uscio della porta.

«Cosa c'è ancora?» chiedo voltandomi verso di lei.

«Mancherà molto anche a me. Intendo, Elliot» dice facendo un sorriso triste.

Come no. Ho visto come ti consolavi ieri sera tra le braccia di un altro.

«Credo che ci farai l'abitudine. Come me, d'altro canto» la saluto e me ne vado.

Attraverso di corsa il corridoio e poi salgo la prima rampa di scale che porta ai laboratori.

Entro nell'aula di Chimica e mi avvio verso l'unico posto libero.

Benone. Stamattina va di male in peggio, a quanto pare.

«Ciao, piccola» mi saluta James facendomi un sorriso che mi fa rabbrividire.

Mi siedo riluttante ed esco dallo zaino il quaderno e la penna.

«Riuscirò a farti cambiare idea sul mio conto» mi sussurra nell'orecchio facendomi sobbalzare.

È vicinissimo a me e questo mi fa avvampare.

«Ma anche no!» ribatto sarcastica ritornando a fissare la lavagna e cercando di cacciare dalla mia mente le immagini di quella sera maledetta.

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