I


Dormire non è mai stata la prerogativa di chi osa sognare. Dormire è solo per coloro che hanno certezze, solide conclusioni di un processo naturale come il raccontarsi.

La notte, al contrario di quanto si pensa, non è il regno dei sognatori ma quello degli ingenui.

Questo pensava, avvicinandosi al bagnasciuga.

Una sottile striscia di sale secco correva irregolare sulla sabbia bagnata fino a perdersi oltre la curva della spiaggia. Le onde lasciavano piccole cicatrici argentate laddove il loro bacio accarezzava il confine del loro dominio, come una promessa di pace o un richiamo all'incompletezza.

Un piccolo paguro camminava lateralmente sfuggendo alla risacca. Marina lo guardò in silenzio – se di silenzio si può parlare quando si è al mare – e affondò le dita dei piedi nella sabbia. Il calore della giornata era rimasto incastrato qualche centimetro sotto la superfice e la ragazza tirò un sospiro di sollievo, sentendo che la morsa del vento le abbandonava la pelle.

Respirò a fondo l'aria umida e si spostò una ciocca dal viso, cercando attorno a sé una sdraio dove potersi sedere. Quando l'avvistò, la prese e la posizionò proprio dove la sabbia bagnata iniziava a perdere la sua compattezza per lasciare spazio all'irregolarità della parte asciutta. Si sedette e guardò il mare placido e scuro con aria di sfida. Quella sua indifferenza la sconcertava e la incuriosiva al tempo stesso. Quasi senza accorgersi, la ragazza cercò nella sua borsa un blocco di fogli e un carboncino tutto consumato.

Marina adorava disegnare al buio. Da quando era andata con suo fratello minore dall'oculista e aveva sentito parlare dell'astigmatismo, la notte le sembrava il momento migliore per disegnare senza creare confini netti. Tutto, nel buio, perdeva i contorni. La regolarità precisa del mondo la turbava se pensava a quanto imperfetti potevano essere gli esseri umani, con le loro sagome goffe e le loro approssimazioni comportamentali.

Una striscia scura macchiò il foglio bianco e la polvere del carboncino riempì piano piano tutte le irregolarità della carta, facendosi spazio anche là dove il profumo degli amanti lontani non riesce ad incastrarsi.

Gli occhi grigi della ragazza sfioravano appena la superficie sopra la quale disegnava: il suo sguardo era catturato da qualcosa d'altro. Qualcosa di indefinito, come il mare. Studiava il suo profilo e ne catturava ogni minimo movimento in sfumature dettate dal crescere e dal calare delle onde. In quel torpore che incastra la notte prima del sorgere della luna, Marina strinse gli occhi cercando di immaginare come potesse vedere suo fratello. Il bordo dell'orizzonte si caricò di venature argentee che permettevano alla ragazza di distinguere il sopra dal sotto. Il mare rifletteva con nitidezza il cielo opaco e questo l'aiutò a scegliere quando dare lucidità al disegno e quando lasciare indistinte le sagome delle stelle.

Nessun colore. Nessun calore.

Sapeva bene che essere astigmatici non comportava vedere solo bianco e nero, però era convinta che il mondo fosse già abbastanza incasinato anche solo cercando di cogliere tutte le sfumature di grigio. Per questo preferiva la notte per disegnare: i colori sono belli ma complicano solo le cose, rischiano di farci perdere in una foresta di emozioni che alla fine non riusciamo a distinguere.

Marina guardò il risultato della sua nottata e sospirò un po' delusa.

- Ho visto tante cose accadere su questa spiaggia, ma mai ho visto qualcuno disegnare di notte.-

La voce la colse alla sprovvista. Era profonda e calda, con un accento leggermente cantilenante. Questi dettagli evitarono di spaventarla troppo. Si girò a guardare chi si era avvicinato così in silenzio da non farsi notare.

Una figura slanciata si stagliò contro le luci lontane della strada. Camminava piano, a piedi nudi. Una maglietta bianca a maniche corte e dei pantaloncini ricoprivano una corporatura sottile ma nerboruta. Le braccia lunghe terminavano in delle mani grandi e affusolate, abbandonate attorno ai fianchi che ondeggiavano appena seguendo i passi. Le spalle larghe si stringevano attorno ad un collo alto ed elegante, il quale sorreggeva una testa proporzionata che quasi disegnava un ovale perfetto.

Lo sconosciuto le tese una delle sue mani enormi e sorrise.

- Piacere, sono Marco.-

Una striscia di denti bianchissimi si disegnò sul volto scuro del ragazzo e Marina abbassò gli occhi imbarazzata, prima di osservare le dita lunghe che le arrivavano quasi al polso, senza essersi accorta di aver istintivamente ricambiato il gesto di saluto.

- Marina...- sussurrò.

- Allora, cosa stavi disegnando?- chiese il ragazzo con disinvoltura, sedendosi con un gesto elegante sulla sabbia accanto alla sua sdraio.

La ragazza lo osservò qualche secondo prima di rispondere. La pelle color ebano del ragazzo contrastava con il bianco brillante della maglia, ed il suo profilo secco lasciava intravvedere i muscoli di braccia e gambe.

- L'orizzonte... credo.- rispose Marina, chiudendo di scatto il quaderno senza guardare la sua opera.

Marco rise discretamente ed incrociò le gambe, respirando a pieni polmoni l'odore del sale.

I due rimasero lì, in silenzio – se di silenzio si può parlare quando si è al mare – per almeno un'ora, senza guardarsi mai direttamente. Il ragazzo si domandava cosa chiedesse quella strana creatura al mare, mentre lei cercava oltre l'orizzonte una risposta allo sguardo del suo accompagnatore improvvisato.

L'occhio le cadde all'improvviso sull'orologio: erano le quattro di mattina.

- Scusa, ma è tardissimo e devo andare!-

Marina si alzò di scatto dalla sdraio e si strinse al petto il quaderno iniziando a camminare verso la strada in fondo alla spiaggia. Marco si alzò e la guardò allontanarsi senza capire, poi si risedette sulla sabbia e urtò contro qualcosa. Tastò con la mano il terreno e trovo lo zaino della ragazza, che nella fretta si era dimenticata di prendere.

Sorrise e se lo mise in spalla, continuando a camminare lungo il bagnasciuga. Il mare non da mai risposte, ma ascolta tutte le domande. E crea situazioni. 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top