La famiglia del Mulino Bian... ah no.
Mi rendo conto che detto così sembra tutto zucchero filato ed unicorni rosa che volano liberi in un cielo privo della benché minima perturbazione, la cui sola idea è così stucchevole da farmi venire il mal di pancia... Invece, dalla nascita di Marco, le cose hanno iniziato a complicarsi terribilmente, sia per noi coppia che per noi quartetto in generale. Nell'ordine abbiamo dovuto lottare contro notti insonni seguite da giornate lavorative intensissime, Davide preda della gelosia con punte di capricciosità che principessa sul pisello spóstate che sei una dilettante, i conti da far quadrare, una casa che era divenuta piccola, ma non per questo meno impegnativa da gestire, il rapporto di coppia ben al di sotto del minimo sindacale, tanto che a volte per parlarci senza essere interrotti dovevamo aspettare di essere al lavoro e telefonarci nelle pause, oppure uno dei due doveva uscire di casa e l'altro fingere di andare in bagno, altrimenti in sottofondo ci sarebbe stata una cacofonia in crescendo che avrebbe impedito un qualsiasi dialogo.
Bella, bellissima la genitorialità, ma ogni tanto bisognerebbe pure dipingerla per quanto estenuante e problematica sia, invece no! Per paura di dire la verità e passare per ingrati verso il Fato ma, soprattutto, per non farci micronizzare i cosiddetti fino alle dimensioni del particolato dando al contempo ai moralizzatori la possibilità di partire con una insopportabile filippica, facciamo finta che sia tutto accessibile.
Eppure, non dimenticherò mai quando, una volta durante l'anticamera dal pediatra, ho incrociato lo sguardo di due genitori alle prese con due gemelli terribili: i figli li tenevano in ostaggio minacciando urla disumane se non fossero entrati subito, la stanchezza aveva cerchiato di rosso i loro occhi, l'aspetto sconvolto... Ci guardammo e con gli occhi ci dicemmo un "Ti capisco, ti sono vicino, fatti forza, fino ad ora ci hanno mentito questi bastardi della lobby dei genitori felici, maledetti!".
Anche il diventare genitori è una tappa, non obbligatoria, del percorso di crescita ma quando accade se non si cresce insieme, nella stessa direzione, coalizzandosi contro l'imprevisto, si inizia ad andare prima a due velocità e poi i percorsi, non so come, non so quando si spostano su binari paralleli: noi cademmo nel cliché per il quale il diventare genitori soppiantò tutto il resto, facendoci cadere in una spirale pericolosa anche per i rapporti più consolidati, la coppia non esisteva più, esistevano solo i ruoli conseguenti a quella.
In breve, ci siamo allontanati progressivamente, io troppo presa dai bambini trascuravo Ale e me stessa, abbrutendomi al punto far perdere le mie tracce all'estetista e al parrucchiere e da andare al lavoro troppo trasandata anche per una contabile che non sta a contatto col pubblico, ma non è colpa mia se persino fare una doccia era diventata una impresa dal sapore epico, che gettava nel panico la mia prole manco ci fosse un varco dimensionale nel bagno; lui, all'inizio mi cercava, mi reclamava, pretendeva la sua parte di attenzioni e provava a darmene, ma a furia di essere messo da parte, talvolta ignorato volutamente da me che ero proiettata solo verso il benessere dei miei figli, beh ad un certo punto si è arreso e ha lasciato andare la barca dentro alla tempesta con me che non ero in grado di governarla. Abbiamo iniziato a vivere separatamente pur sotto lo stesso tetto, nel senso che ognuno badava ai propri interessi senza condividerli con l'altro, non si progettava, non si faceva insieme, persino i litigi non c'erano più e, di conseguenza, neppure la porta del terrazzo veniva più aperta.
Dove erano finiti quei ragazzi che cercavano la mediazione, disposti a venirsi incontro perché si erano riconosciuti tra la varia umanità di cui erano circondati? Onestamente, non lo so.
Vivevamo in parallelo, senza scambi se non quando di trattava dei bambini; per il resto, io non sapevo dove e come passasse le sue serate, nè lui si premurava di chiedermi come mai all'improvviso avessi ricominciato a prendermi cura di me. Oddio, forse ritornare al livello del minimo sindacale non era proprio prepararsi per un concorso di bellezza, ma riemergere dalla fase Neandertal fu un'impresa non da poco, soprattutto perché prima del declino mi ero sempre curata, preparata, "abbinata" per cui la differenza era lampante.
Il senso di disagio derivante dall'essere ignorata da Ale era troppo latente e troppo represso dal resto, tanto che non mi obbligai a tornare alle mie fattezze umane per avere un riscontro da lui, ma perché mi guardavo allo specchio e mi facevo pena/schifo: forse, se l'avessi fatto per lui più che per me, mi sarei accorta della sua cecità?
Chi lo sa, però mi sarebbe dovuto tornare in mente che "gallina che non becca, ha già beccato".
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