Capitolo 4 -Elena-
Quando finalmente raggiungemmo la nostra meta sospirai frustrata, ci era voluta quella che era sembrata un'eternità e non sapevo ancora da chi e dove eravamo precisamente diretti.
Non avrei saputo dire con certezza il nome del paese dove ci trovavamo, molto lontano dalla città e vicino le montagne. Le casette erano tutte in legno e i prati di un verde sgargiante come mai li avevo visti a Roma, si estendevano come panorama al posto dei soliti palazzi. Forse dovevo trovarmi nelle zone del Trentino, quale altro posto avrebbe potuto conservare una bellezza così?
Abbassai il finestrino per lasciar entrare l'aria leggermente fredda, mi godetti quel leggero pizzicore che mi arrivò al naso e alle guance facendomele arrossare un poco. Osservai il cielo limpido e le montagne che sembravano sovrastarlo, trovandole bellissime, imponenti e padrone di tutto. Poi osservai di sfuggita i negozi, tutto mi sembrava meraviglioso e acceso di vita.
«Ci sei mai stata?»
«No, non da queste parti, ma sono stata in montagna un paio di volte» un moto di nostalgia acuta mi colpì, facendomi ritornare alla mia triste realtà. Tentai di mandarlo giù e mi risedetti composta sul sedile dell'auto, prima che la mia malinconia ingrigisse tutto ciò che mi circondava. Avrei voluto continuare a vedere la luce di quel posto nella speranza che un raggio di essa mi illuminasse fin dentro l'anima.
«Andiamo da una mia amica, abita qui vicino.»
Annuii semplicemente. Quando arrivammo William parcheggiò e scendemmo dalla macchina, mi sentivo le gambe indolenzite per l'essere stata troppo seduta nella stessa posizione. Mi stiracchiai facendo qualche passo per risvegliare i muscoli intorpiditi.
William prese la borsa e io lo seguii fin davanti una casetta come le altre, molto graziosa, in legno scuro, il balcone che dava sulla strada di paese era pieno di fiori colorati che davano un'accesa e bellissima nota di colore.
Salimmo i quattro gradini che ci si presentarono davanti, poi William bussò con garbo alla porta.
Io tenevo la mano in tasca per assicurarmi che la lancia fosse sempre lì, e intanto guardavo i fiori, pensando a quanto sarebbero piaciuti alla mamma se solo li avesse visti.
«William?»
Mi girai e vidi sull'uscio della porta una donna, vestita con una semplice tuta grigia e con i capelli biondi costretti e tirati in una coda alta. Il viso tondo e lo sguardo sorpreso, le guance appena rossastre, un colorito a quanto pareva naturale. Guardava William come fosse un fantasma.
«Sì» rispose semplicemente lui, la donna sorrise, quasi in modo affettuoso. Forse era una mia impressione, ma in ogni caso non mi interessava.
«Cosa ci fai qui?» William mi indicò con un gesto della mano e gli occhi castani della donna si posarono su di me. Accennai appena un saluto, mentre la donna mi guardava perplessa. L'ulteriore impressione che mi diede fu che la nostra ''visita a sorpresa'' non doveva averla compiaciuta più di tanto, sembrava preoccupata.
«E lei chi è?» La domanda le fuoriuscì spontanea, possibile che nessuno sapesse di me?
«E' la figlia di mio fratello» William fece un attimo di pausa, poi vedendo che lei non parlava, continuò: «Ci serve un posto dove stare Beatrice, poi ti spiego» la donna annuì e ci lasciò entrare. Anche l'interno della casa era carino, sembrava essere arredata in modo rustico, molto diverso da quello a cui ero abituata, ma mi piaceva. Tutto in quella casa per qualche motivo mi ispirava allegria, soprattutto perché era piena di luce, le finestre erano tanto pulite da illuminare tutto e da permettere ai raggi solari di passare senza intoppi.
Il salone era arredato in modo semplice, con il divano di un rosso scolorito e un tappeto marroncino, qualche mobile in legno con su delle foto incorniciate che non mi misi a osservare. Ma ciò che più mi piaceva era il caminetto posto attaccato al muro, in uno spazio tutto suo, dove si trovava una poltrona. Mi immaginavo quanto doveva essere bello stare lì seduti con il fuoco a scaldarti.
«Cos'é successo?»
Io mi limitai a riportare lo sguardo sulla donna per studiarla, mentre William rispondeva.
Aveva le labbra carnose, un naso piccolo e leggermente all'insù. Nel complesso era una bella donna.
«Beatrice, mostra la camera a Elena, poi parliamo» tagliò corto lui e la donna bionda non si ribellò, anche se leggermente confusa. Potevo vedere la curiosità celata che le si stava accendendo nello sguardo mista a un velo di preoccupazione.
Le andai dietro giungendo all'interno di una camera piccola ma accogliente, la ringraziai velocemente, andandomi a sedere sul letto mentre lei usciva per tornare da William.
Quel momento in cui rimasi sola ne approfittai per tirare fuori la lancia dalla tasca, che sembrò luccicare sotto la luce.
La osservai in silenzio, mi sentivo di nuovo vuota, il che era terribile, ero una ragazzina di quindici anni alla quale era stato tolto tutto da esseri mistici e che era ormai nulla. Come se la vita le fosse stata tolta, quello era peggio di tutto.
Sentivo di tradire i miei genitori dato che non stavo più piangendo per loro, non stavo rendendo onore al loro ricordo, non stavo facendo niente per vendicare la loro morte, mi stavo lasciando andare agli eventi.
Mi strofinai la faccia per provare anche solo ad allontanare un minimo da me quei pensieri, ma inutilmente. A distrarmi invece fu una piccola scossa proveniente dalla lancia nella mia mano.
Li per lì non ci feci molto caso, se non per il fatto che percepii una strana sensazione, non era legato a niente che mi fosse successo, sentivo come se qualcosa di grande stesse per succedere, come se tutto si fosse bloccato per un secondo, persino il tempo... e in quel secondo mi sembrò di scorgere la terra tremare.
Mi guardai intorno. Le pareti tremavano in maniera impercettibile, era come percepire il movimento delle molecole, il loro vibrare l'unasu l'altra, ma ciò era impossibile... e nell'esatto momento in cui un'ulteriore scossa provenne dalla lancia e il tremore aumentava d'intensità... tutto cessò, lasciandomi nella statica che caratterizzava ogni cosa.
Mi ripresi subito, scuotendo la testa e guardando le lenzuola bianche del letto.
«Sto andando fuori di testa» borbottai contro me stessa senza biasimarmi troppo, uscendo poi dalla camera alla ricerca di William o della donna, non volevo parlare, volevo solo la compagnia di qualcuno. Sentii le loro voci provenire da dietro la porta accostata di quella che doveva essere la cucina, mi avvicinai per aprirla, ma mi bloccai sentendo il tono di voce della donna.
«Quella ragazza è sconvolta, non ha spiaccicato parola William! E poi il suo sguardo era completamente assente, vuoto.»
Era forse preoccupazione quella nel suo tono?
«Sì che è sconvolta! Beatrice, le sono morti i genitori davanti! Non posso chiederle di comprendere tutto ora, né scaricarle addosso i pesi della nostra famiglia! Non più di quanto già le ricadano sulle spalle» il suo tono era serio, mi accostai alla parete senza far rumore, per continuare ad ascoltare.
«Ma non capisci quanto è importante?! Delle conseguenze che tutto questo può comportare?»
«Mio fratello non era stupido! Aveva nascosto bene la lancia e ora è Elena ad averla,è nascosta da una ben fitta protezione, ne sono stato deviato anch'io... mi appariva come un semplice bastone. Mio fratello non sifidava di occhi indiscreti se non di quelli all'interno della sua casa. Nemmeno dei miei» respirò affondo. «L'ha affidata a Elena.»
Era forse un leggero sentore di colpa il suo? Ma scagliato contro chi?
«È troppoper lei... ma se così deve essere solo leistringerà la lancia. Deve averla involontariamente riattivata col suo sangue.»
Strinsi la lancia nella mano maledicendola nella mia mente, tutto girava intorno a quella. Attivata col mio sangue? Possibile? Mi ciero punta una sola volta il polpastrello dell'indice... che fosse stata quella sola e unica goccia di sangue?
«Va bene, ma devi stare attento. Quell'oggetto attirerà l'attenzione di molti demoni... erano secoli che non correvamo un rischio del genere» il tono della donna era seriamente preoccupato,ma dubitavo che fosse per la mia incolumità. Non era assolutamente soddisfatta della situazione.
«Il consiglio dei dieci...»
«Beatrice il consiglio dei dieci è morto secoli fa. Siamo allo sbaraglio, la città deve essere riorganizzata. Lo sai » tagliò corto lui. Il rumore di una sedia che veniva scostata coprì le parole di risposta della donna.
«Penserò io a questo, ho il dovere di proteggere Elena, e lo farò, l'ho promesso a mio fratello e non infrangerò la promessa proprio ora che è morto. Farò ciò che devo.»
Quella frase non fece altro che darmi conferma di ciò che già pensavo, sì era mio zio, ma nessun legame affettivo mi legava a lui, solo una promessa. Alla fine era come se fossi rimasta sola.
«Restate quanto serve, io proverò a localizzare la posizione di Horatium attraverso le cartine. Non ti prometto niente, ma lì sarete quanto meno più al sicuro.»
«Sono i Raven a comando del consiglio, e ciò va a significare che non possiamo sapere quanta protezione riservi Horatium per noi Morgan» la sua era una frase di chi rasentava la disperazione dinanzi a delle opzioni prive di una seconda scelta.
Mi allontanai dalla porta in silenzio tornando nella mia camera. Mi stesi semplicemente sul letto rannicchiandomi su me stessa.
Emisi un profondo sospiro, socchiudendo gli occhi e aspettando l'arrivo delle tenebre, non sapevo più se temerle o agognarle con tutta me stessa.
«Mamma, papà, mi mancate così tanto, con tutto quello che sta succedendo ho paura e vorrei avervi qui, mi avete sempre preparata a tutto questo ed è grazie a voi che sono forte... ma mi fa così male non avervi qui. Mi fa così paura lo stare sola» sussurrai pianoquelle parole, rivolta a loro come fossero lì con me. Quei pochi mormorii detti a voce e non lasciati nel mondo dei pensieri mi diedero un minimo sollievo, con cui mi cullai nel sonno.
I primi giorni passarono normalmente, non parlavo quasi con nessuno dei due e restavo chiusa in casa per tutto il giorno. Il passare delle ore mi era infinito.
Ma cominciavo seriamente a stufarmene, sarei impazzita ancora dentro quelle quattro mura dedite ai silenzi dinanzi le mie domande, così un giorno chiesi a William di poter uscire, lui mi scrutò con aria di negazione, era ovvio che a quella mia richiesta per lui vi sarebbe stata una sola risposta. Per mia fortuna quella donna, Beatrice, si intromise sostenendo che uscire mi avrebbe fatto bene,così riuscimmo a convincere William, ma me lo permise solo a patto che io uscissi con Beatrice affianco a me.
Accettai senza problemi, infondo mi dissi che avevo bisogno di qualcuno o mi sarei persa.
Naturalmente mi coprii bene, lasciai i capelli sciolti e lunghi ricadenti sulle spalle, mentre indossavo un nuovo paio di lenti sempre verdi, il cappuccio in testa e i vestiti leggermente larghi, sicura che non avrei attirato l'attenzione di nessuno, sarei passata inosservata, ero un fantasma.
Girovagammo un po'per il paesino, il panorama era grazioso e fresco nel mezzo di tutti i suoi colori, il cielo risplendeva nel più intenso degli azzurri e i raggi solari lo accendevano della giusta luminescenza d'orata, che si rifletteva sulle gocce di rugiada andatesi a creare sui fili d'erba che risplendevano come gemme, sui vetri delle macchine e sui fiori posti nei vasi sui balconi, allegri in tutti la loro moltitudine di sfumature, la loro fragranza si disperdeva nell'aria riempiendo i polmoni di vita.
Vari negozi con articoli maggiormente di alpinismo e vestiti pesanti circondavano le vie, dunque dovevo trovarmi in una zona particolarmente dedita al turismo, e nonostante mi piacesse ciò che mi circondava non mi concentrai né osservai niente in particolare, i miei pensieri erano fissi su tutte le notizie che avevo del mondo in cui ero stata catapultata, mi chiedevo come Beatrice o William fingessero la normalità.
Mentre camminavo almeno avevo altro su cui concentrami, come il semplice movimento delle gambe, l'evitare di sbattere addosso a qualcuno, e ciò bastava a farmi apparire occupata.
Con in mente quei pensieri provai la spiacevole sensazione di essere osservata, mi guardai intorno, in cerca di qualcuno che avesse puntato il suo sguardo su di me, ma non c'era nessuno che mi osservasse con insistenza, proprio come speravo che fosse nessuno mi dava attenzione, nessuno mi degnava di un secondo sguardo e forse nemmeno di un primo. Così tornai a fissare la strada e i miei piedi che si muovevano.
Poco dopo provai di nuovo quella sensazione sgradevole, come se un'ombra oscura mi stesse seguendo da dietro qualche angolo, ma girandomi di nuovo, seppur di scatto, non scorsi nessuno alle mie spalle.
E non capivo perché una tale impressione dovesse seguirmi in un posto tanto acceso e luminescente di vita.
«Elena, tutto bene?» mi voltai subito verso Beatrice, annuendo troppo vigorosamente.
«Sì.»
Lei sorrise e tornò a chiacchierare, provò a inserirmi varie volte nel suo discorso che stava intrattenendo praticamente da sola, forse per farmi sentire partecipe, ma non avevo alcuna voglia di parlare di argomenti a mio avviso certamente inutili.
Mentre camminavamo dirette verso casa, riuscii a intrattenere una breve conversazione con lei, come avevo immaginato decisamente su argomenti futili. Sapevo che lo faceva per me, ma ciò mi irritava soltanto.
Per un momento si allontanò da me, affrettando il passo per salutare qualcuno di conosciuto che aveva intravisto.
Mentre camminavo per raggiungerla col mio solito passo un poco oscillante, qualcuno mi sbatté contro facendomi quasi cadere a terra.
«Ei!» esclamai indignata, voltandomi per guardare chi era stato a urtarmi la spalla e non si era nemmeno degnato di scusarsi, potevo passare inosservata ma non ero di certo del tutto invisibile.
Osservai il volto del ragazzo che avevo davanti, doveva essere molto più grande di me, i suoi occhi azzurri mi studiarono con freddezza, i lineamenti della mandibola erano marcati e coperti da una lieve barbetta bionda. Tuttavia non riuscii a osservare molto altro di lui, la scintilla luminosa dei suoi occhi mi attrasse in modo quasi innaturale.
«Vogliate perdonarmi.»
Notai nella sua voce una leggera nota di divertimento che mi innervosì. Sentii il suo tono rimbombare nella mia testa senza capirne il motivo, ma prima che potessi dire qualsiasi cosa per ribadire, lui si girò e sparì tra la folla, la sua testa bionda si perse tra tutte le altre e il suo corpo si disperse tra la confusione. Non indossava nemmeno vestiti che potessero essere localizzabili, jeans e maglietta grigia a maniche lunghe, niente di più semplice.
«Chi hai visto?» Beatrice comparve accanto a me, facendomi sussultare appena.
«Quel ragazzo, mi è venuto addosso... e ora è scomparso.»
Continuai invano a scrutare la folla, allungando quanto più potevo lo sguardo per individuarlo.
«Quale ragazzo?»
«Non lo so era biondo e...» vedendo la faccia confusa di Beatrice scossi la testa come se niente fosse, era forse meglio lasciar perdere.
«Comunque nulla di importante» sentenziai dandogli poca importanza con un'indifferente alzata di spalle e insieme ritornammo verso casa in silenzio.
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