33

I giorni passarono, Elena e Giorgio decisero che al momento non avrebbero denunciato nulla; non dovevano farsi prendere dal panico, si erano fissati una data di scadenza di due settimane, altrimenti sarebbero subito corsi in centrale. Arrivò l'epifania e durante la notte la neve scese fitta e coi suoi fiocchetti trasformò Roma in una fantastica città di panna bianca.

Tirava un vento fortissimo che faceva tremare la baracca in cui Gaudenzio giaceva. Si era svegliato per il forte ululato della brezza che sembrava non accennare a diminuire. Aveva mal di testa, non vedeva nulla e sentiva freddo.

Torino gli mancava terribilmente tanto; la sua casa, Elena, Giorgio e soprattutto ritrovare Patrizio visto che, a quanto pare, era riuscito a evadere.

Tastò un po' attorno ma la sua mano non toccò nulla. Allora si mise a pensare a tutti i suoi bei ricordi; quando era piccolo e la notte dell'epifania aspettava la vecchia che volava per il cielo con la sua scopa e che gli avrebbe portato dolcetti o carbone, a seconda di come si era comportato durante l'anno. Poche volte ricevette dolci, era sempre il solito carbone quello che usciva dal sacco. Con il tempo e diventando più grande, l'attesa della befana si spense fino a quando all'età di undici anni smise di crederci. Non era più un bambino, al padre serviva un aiuto nei campi e lui era quello migliore.

Diventando più grande e acquisendo più coscienza del mondo attorno e di se stesso aveva deciso di abbandonare la periferia ed entrare più nel dettaglio di quella città sconosciuta che era Torino e che, pur vivendoci, non aveva visitato tanto. Mentre pensava a questo, la porta cigolò. Alla pancia lo colpì un sentimento di panico e ansia che non aveva mai provato prima, le gambe avevano iniziato a tremare. Chi, se non Jacobi, era pazzo a venire a quell'ora della notte?

Il vento entrò con tutta la sua prepotenza, era gelido e il solo cappotto di Gaudenzio non bastava a coprirlo. La tempesta di neve entrò nella stanza imbiancandola mentre una figura spingeva contro la porta per entrare. Era oscurata ma era ben visibile un cappotto che ondeggiava liberamente assieme a una folta chioma di capelli che sembravano attirati tutti verso una sola direzione. Gaudenzio la guardò meglio; non era Jacobi, ma una donna.

Quale pazza si sarebbe sognata di affrontare una tormenta come quella? Era una vagabonda? Mentre la figura cercava di entrare, Gaudenzio capì chi era: Giulia!

Finalmente la donna riuscì a entrare e a chiudere la porta lasciando fuori il gelo e la neve. Sbuffò tre volte di seguito e mormorò qualcosa a proposito di una candela che si sarebbe dovuta trovare lì. Gaudenzio non vide nulla di quello che fece ma una piccola luce iniziò a diffondersi per la stanza rendendo tutti i contorni più chiari. La cosa che lo colpì maggiormente fu il fatto che Giulia avesse un paio di occhiali da sole. Per il resto non gli sembrò cambiata dall'ultima volta che l'aveva vista. Portava i capelli sciolti e indossava un lungo cappotto marrone che le arrivava fino alle ginocchia, da lì vi erano le sue nude gambe. Vedendo Gaudenzio sorrise.

"Tu che ci fai qui?" chiese fievolmente. Non sapeva se essere felice che si trovasse lì o rammaricato perché era la donna di Jacobi.

"Potrei farti la stessa domanda" rispose lei seria. Posò la candela sul cassettone e si tolse gli occhiali.

Nonostante la luce non splendesse completamente su di lei Gaudenzio notò un particolare; aveva delle zone sotto gli occhi di un colore viola tendente al nero. Sicuramente non erano effetti di una pessima dormita ma di qualcosa ben più peggiore.

"E quelli?" chiese, sempre debolmente come se Jacobi avesse potuto fare irruzione da un momento all'altro.

Giulia se li massaggiò.

"Se li tocco mi fanno ancora male" disse con un sorriso amaro.

"Come te li sei fatti?" gli domandò nuovamente stavolta mettendo più prepotenza nella frase.

"C'entra Jacobi" rispose abbassando il capo.

Gaudenzio digrignò i denti e con la bocca mimò la parola bastardo."che è successo?"

"Il nostro rapporto sta andando sempre più male ..."

Si concesse una lunga pausa in cui Gaudenzio credette che lei stava per rivelargli una verità inconfessabile.

"Abbiamo dei problemi" ammise alla fine "lo voglio lasciare ..."

"Cosa ti ha fatto?"

"Mi picchia e basta. La situazione va avanti da tre anni ma non ho ancora avuto il coraggio di fuggire" disse per poi girare il capo verso un altro punto della stanza, cercando di nascondere le lacrime che forzavano l'argine imposto alle proprie emozioni.

"Cosa farai ora?"

"Scapperò ... ho un treno che parte tra un po' di ore, vado a Parigi" rispose girandosi nuovamente con le lacrime agli occhi che le deformò la voce. In quel momento Gaudenzio ebbe la conferma che Jacobi era un uomo violento fino all'osso.

"Ho sempre avuto il sospetto che Bruno avesse un'amante. Non sono sua moglie ma ho sempre messo in conto quest'eventualità. Ed è per questo che un giorno ho iniziato a frugare tra la sua roba, non sapevo esattamente cosa cercare, forse una prova o qualcosa. Ho visto tutti i suoi affari sporchi, un quaderno in cui segnava nomi e cognomi di quelli a cui faceva prestiti ma la cosa che più mi sconvolse furono alcune lettere in cui, tra le mille parole romantiche, si rivolgeva a una certa Rosa" disse con una voce rotta che cercava di apparire arrabbiata per quello che Jacobi le aveva fatto.

"Ma dimmi, come hai fatto a trovarmi?"

"Non è stato difficile, Jacobi ha parlato ai suoi amici di te, ovviamente non ha fatto il tuo nome ma non mi è stato difficile capire che eri tu e dov'eri, questa stanza è il suo ripostiglio" rispose con gesto della mano a indicare la baracca.

"Sei qui per farmi uscire, è così?"

"Ovviamente" replicò lei prendendo da una tasca un coltellino "dobbiamo aspettare l'alba e sperare che la tempesta si sia placata"

Quindi si alzò e con un paio di colpi liberò Gaudenzio dalla corda che gli teneva imprigionate le gambe; non era ancora uscito da lì ma sentiva che mancava pochissimo. E allora si che l'avrebbe fatta in barba a Bruno Jacobi!

Due ore dopo smise di nevicare e i due, dopo aver dormito, decisero di uscire. Inizialmente incontrarono un paio di difficoltà poiché la porta era bloccata dalla troppa neve. Una volta fuori videro il meraviglioso spettacolo che la neve aveva portato quella notte; una lunga e liscia distesa di bianco aveva cosparso le strade, i tetti delle case, gli alberi ... era uno spettacolo vedere tutta quella bianchezza che sembrava panna montata. Venti minuti dopo Giulia e Gaudenzio arrivarono alla stazione dove, altre due ore dopo, lei avrebbe preso il suo treno diretto in Francia.

"E la tua valigia?" chiese.

"Non ho avuto tempo di prepararla" rispose distrattamente lei "ho un paio di soldi che mi basteranno"

Si diressero verso la sala d'attesa, a pochi passi da delle grandi porte che li separavano dalle partenze dei treni. Si sedettero su una panchina.

"Cosa farai a Parigi?"

"Mia sorella vive lì con suo marito da un paio di anni. Stanno bene economicamente, pure io sto bene e in fatto di soldi non mi sono mai lamentata, i miei genitori me ne hanno sempre dati tanti, ma sicuramente lì troverò più fortuna, non solo in amore. Mi piacerebbe trovare un lavoro che mi soddisfi ma che sia collegato agli studi che ho fatto"

"All'università il tuo sogno era quello di andare in America"

Rise "all'epoca ero più ingenua, credevo di avere il mondo a portata di mano. Credevo che si trovasse dietro l'angolo" Passarono un paio di minuti. Gaudenzio si accorse di puzzare, dopo quei giorni rinchiuso lì era normale. Giulia si lisciava il cappotto e si sistemava i capelli.

"Ora che cosa farai?" domandò lei.

"Jacobi è la fuori e può ancora cercarmi ..."

Lo interruppe "Bruno è solo fesso. Non mi ha detto esplicitamente che eri sotto la sua pressione ma mi ha raccontato di Patrizio come se stesse raccontando una favoletta per bambini. Non è mai stato uno attento a nascondere certe cose, ovviamente dipende con chi parlava. Io non conoscevo Patrizio ma ha fatto un errore a parlarmene poiché poi l'ho incontrato. No, le cose che si teneva per se, ovviamente, riguardavano la sua amante e i suoi affari"

"Potrà essere arrestato?"

Giulia si alzò raggiante in viso e si posizionò di fronte a lui "prima di venire da te, sono andata a denunciare il tuo rapimento e i suoi affari. La polizia non ha iniziato subito le ricerche perché è codarda e sa che Bruno è uno pericoloso, ma vedrai che alla prima occasione lo acchiapperanno e allora sarà costretto a sputare il rospo su tutto"

"E secondo te quando questo avverrà?"

Si strinse nelle spalle "molto presto, secondo me. Veramente molto presto"

Gaudenzio non aspettò l'arrivo del treno, lasciò Giulia lì. Poco prima di congedarsi, si diedero un lungo abraccio, si strinsero forte; non si abbracciavano come quella volta dai tempi dell'università.

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Quando arrivò di fronte il portone di casa si fermò. Elena, come il cugino, aveva pensato a quei pochi giorni senza di lui; senza sentire il suo calore a letto; senza sue certezze; i baci; gli abbracci e tutto quell'amore che era nato da un incontro casuale di fronte a un chiostro a Torino, alla fine della guerra. Avevano avuto tanto tempo per accorgersi che quello era un vero e proprio colpo di fulmine, un amore tenero che sarebbe durato in eterno; la loro relazione sembrava una rifioritura della bellezza dopo le crudeltà del conflitto, i bombardamenti; il non avere un tetto sotto la testa, vagare alla ricerca di gentilezza e bontà che non sembravano esistere più. Bussò e attese qualche secondo. La serratura si aprì. Elena portava la solita camicia da notte, i capelli arruffati e due grandi occhiaie; segno che durante quelle notti non aveva chiuso occhio. Si mise lentamente una mano per coprire la bocca dallo stupore.

"Gaudenzio ..."

Lui sorrise e subito si trovò avvolto da lei che iniziò a baciarlo sul collo e a d accarezzargli i capelli.

"Quanto mi sei mancato ... oddio, mi sei mancato ..." mormorò in continuazione lei.

Entrarono nel piccolo appartamento, per Gaudenzio fu come vederlo per la prima volta.

"Cosa è successo?" fu la prima domanda che sentì da Elena, sapeva che gliel'avrebbe chiesto, era inevitabile. Si vedeva che aveva costantemente pensato a lui.

Gli raccontò tutto, da come lo prese Bruno, al bugigattolo in cui stette, il come jacobi avesse incontrato Gemma, fino a quello che era successo poche ore prima. Una volta che finì di parlare, Elena lo abbracciò.

"Sono contenta che tu sia qui ... ho creduto di perderti"

Ecco cos'era la vita. Con i suoi alti e bassi, le emozioni al massimo, la tristezza, il dolore e subito quell'immensa felicità. 

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