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Sembrò che le parole che Gaudenzio aveva pronunciato in quella calda serata di inizio maggio si avverarono esattamente una settimana dopo.

Gaudenzio si ritrovò, da un giorno all' altro, dalla mattina alla sera, sommerso da un insormontabile debito che aveva da ben sette anni con quel dannato sistema di governo.

Torino era sommersa dalle macerie, tranne che per una piccola parte del centro storico. Ebbene, trovandosi in questa situazione, Gaudenzio avrebbe dovuto recarsi in banca, prelevare quel poco che aveva guadagnato in guerra tramite svariati lavori, e recarsi a Roma, dove risiedeva un suo cugino da cui aveva preso i soldi.

Dopo il bombardamento che colpì la sua casa, nel '43, trovò un alloggio, temporaneo, presso una casa di certi suoi zii defunti, nell'estrema periferia torinese. Anche la casa era stata sfiorata dalle bombe senza subire troppi danni.

Così il 15 maggio, l'aria fuori era estremamente calda, del resto tra poco più che un mese, sarebbe arrivata l'estate, Gaudenzio si svegliò, come era solito fare, al canto del gallo dei vicini. Dopo essersi lavato, sbarbato e fatto colazione si accorse che ancora era troppo presto per recarsi in banca. Ma decise lo stesso di uscire per una passeggiata. Dopo qualche minuto in cui si rilassava, si sentì chiamare alle spalle. Si voltò.
Verso di lui, veniva un uomo, che dimostrava un anno in più di lui, con indosso un cappello di feltro grigio. Si riuscivano ad intravedere dei baffetti fatti da poco.

" Ci conosciamo?" Gli chiese Gaudenzio, con semplice e genuina curiosità.

" Si" ora, l'uomo, che fino a un secondo fa appariva abbastanza fifone, rispose con estrema serietà. Il suo sguardo si fece duro, i baffetti si alzarono come chi nota qualcosa di strano.

"Ci siamo conosciuti" continuò l'uomo  "nel '31. Entrambi eravamo all'università in giurisprudenza".

" Ho lasciato l' università l'anno dopo" affermò Gaudenzio.

" Già, e io quattro anni dopo ottenni la cattedra di letteratura al posto del prof..."

" Grillini!" urlarono all' unisono
Gaudenzio strabuzzò gli occhi : "allora tu devi essere..."

" Patrizio Zani!" Esclamarono all'unisono.

I due si abbracciarono calorosamente, la poca gente che passava in quella che per loro fu una normalissima prima mattinata, divenne una cosa assurda vedere due persone che si rincontrano.

" Ma che ci fai qui?"

" Mi sposo"

A questa affermazione Gaudenzio si rabbuiò, divenne un poco rosso e si girò un po'verso il viale alberato che costeggiava la parte opposta della strada.

" C'è qualcosa che non va?" La voce di Patrizio si fece più morbida, quasi un sussurrio impercettibile.

Gaudenzio abbassò un poco gli occhi verso le sue scarpe di cuoio marrone. Poi, deciso, rialzò la testa.

" Mia moglie è morta" fu questa la sua secca e diretta risposta.

" Mi dispiace... se non sono indiscreto... come è successo?"

" Colpita dai bombardamenti. Un anno fa" questa fu la sua triste, amata e dura risposta.

Stavolta i due, passati dall'euforia del ritrovo, si ammutolirono in un silenzio tombale.

"Basta parlare di queste cose" a Gaudenzio uscì una piccola lacrima, chiara e limpida che gli scese per la guancia "la guerra é finita"

" Hai ragione. Perciò permettimi di offrirti un caffè"

" No, grazie, ma ora non ne ho proprio voglia" rispose Gaudenzio, estraendo un fazzoletto di stoffa verde con cui si asciugò la lacrima debole.
Tra i due, Patrizio era quello più socievole, amichevole, colui che nei momenti più difficili era il più dinamico degli altri. Non che non lo fosse neanche Gaudenzio, ma dopo la guerra aveva perso tutto.

" Allora, Be... Ti saluto" questa risposta fu abbastanza amara.

Patrizio attraversò di tutta corsa la strada fino a svoltare e scomparire dalla vista di Gaudenzio, l'uomo che finalmente aveva rivisto dopo tutti quegli anni.

Gaudenzio rimase immobile nella stessa posizione per un paio di minuti. I ricordi , specialmente i più  difficili che aveva vissuto dopo aver lasciato l'università, affollavano uno sopra l'altro altro la sua già fragile mente. Fu come se tutto il corpo sentisse il dolore dei ricordi e arrivò una terribile fitta nel fianco. Gaudenzio lo strinse, stringendo i denti, con la mano. A poco a poco, sembrò che il dolore andava scemando. Si sentì sciocco: si trovava in una prima mattinata torinese in mezzo a un marciapiede, intralciando il corso della gente che camminava e che lo guardava stranamente, alcuni scuotevano la testa in segno di dissenso, altri facevano una faccia terribilmente schifata.
 
                                *****
Erano quasi le dieci e mezza. Gaudenzio si ritrovò a passeggiare per la via su cui era sita la banca. Prima dei bombardamenti si trovava nella parte nord di Torino, poi la spostarono in un edificio più piccolo in una via del centro storico. Quando Gaudenzio vi entrò, nella saletta aspettavano già cinque persone. Una donna anziana, due uomini molto giovani visibilmente eccitati; uno stava leggendo un libro e un vecchietto sembrava stesse sonnecchiando. Gaudenzio si accomodò vicino l'anziana signora credendo che fosse una persona dolce. Lo guardava con aria di sfiducia e di rassegna. Gaudenzio, allora, capì che, come lui, aveva perso qualcuno di molto caro. I minuti passarono lenti, tutti erano lì per prelevare dei soldi, fatta eccezione per i due ragazzi, che si scoprì che si trovavano lì solo perché non sapevano che fare. Arrivò il turno di Gaudenzio.

Si alzò molto riluttante, non sapeva che fare, da quando era cominciata la guerra non era più entrato in una banca. Si appostò al bancone
Da una porta uscì una donna, si mise dal lato del prelievo: era Elena, la donna con cui aveva avuto uno strano quanto imbarazzante incontro.

" Oh" civettò " lei deve essere..." Si morse il labbro per ricordare come si chiamava quell'uomo.

" Gaudenzio" rispose lui con voce dolce.

" Oh, si,si. Mi ricordo di lei. Ha bisogno di qualcosa?"

" Un prelievo" rispose con semplicità.
Gaudenzio gli dette la somma e in pochi minuti tutte le procedure furono sbrigate. Poco prima che si allontanasse dal bancone, Elena gli sussurrò:
" Sa, lei mi é simpatico. Mi aspetti fuori da qui verso le due. Va bene?"
Gaudenzio sorrise. Che si stesse innamorando di nuovo, pensò.

                                *****
Vennero le due. Le ore passarono molto lentamente, e a ogni minuto l'ansia di Gaudenzio cresceva sempre di più. Non sapeva se comprare dei fiori, o almeno qualcosa per non farle pensare che era un gran maleducato. E invece non acquistò nulla. Del resto aveva poche lire, e quelle che aveva prelevato prima non poteva spenderle così.

Aspettava seduto in una panchina di fronte la porta. Finalmente Elena uscì. Si alzò di scatto.

" Ehm... Posso offrirti il pranzo?"

Elena lo scrutò da capo a piedi
" Vuole forse portarmi in un ristorante?"

" No... A casa mia... se non è un problema"

Elena si avvicinò a lui e sussurrò:
" E cosa mangeremo?"

Gaudenzio divenne rosso e disse imbarazzato:
" So preparare solo degli spaghetti in bianco"

" Vada per gli spaghetti" Elena si stampò un gran sorriso in faccia.

Pochi minuti dopo si ritrovarono nella casa di Gaudenzio. Il salotto e la cucina erano in un unica stanza. Era buia, ma il buio era dovuto ai colori dei mobili: Sofà bordeaux, cassetti, tavolo in legno. Anche la cucina era buia: bianca ma molto sporca.
Elena si tolse il cappotto e lo appoggiò delicatamente sul sofà.

" La aiuto io"

" Non se ne parla. Lei è mia ospite. Ci metterò pochi minuti"

E in effetti Gaudenzio tenne fede alla promessa. In quasi dieci minuti erano già in tavola a mangiare.

" Sa, lei sa cucinare bene"

Gaudenzio abbassò la testa:
" Non esageriamo..."

" Dico sul serio" e dalla sua bocca uscì una piccola risata isterica.
Per parecchi minuti mangiarono in silenzio. Poi Elena prese la parola. Prima guardò fisso Gaudenzio.
" Lei sembra un uomo così triste"

A quella frase, Gaudenzio trasalì.
" In effetti è così. Ma come l'ha capito?"

" Le sembrerà surreale, ma l'ho imparato da mia nonna"

Gaudenzio era confuso.

" Si, quando i miei emigrarono, mi lasciarono con mia nonna. Mi insegnò a leggere le persone. A capirle. A fare uscire i loro dolori."

" Mi sta prendendo in giro?"

" No"

Gaudenzio sospirò
" Scommetto però che sua nonna non gli ha insegnato a conoscere le vicende della gente"
" Esatto"

Gaudenzio sospirò:
" È una storia che non racconto a nessuno. È se mi capita, cerco di mantenere una certa riservatezza" Elena si sistemò meglio nella sedia "nel '31 lasciai l'università in giurisprudenza: mi ero innamorato di una ragazza. Ci frequentammo e un anno dopo ci sposammo. Furono gli anni più felici della mia vita" la voce di Gaudenzio diventava sempre più rotta, parola dopo parola " Nel '41 nacque il nostro bambino. Lo chiamammo Cesare. L'anno scorso entrambi morirono in un bombardamento"

Elena abbassò la testa, incominciarono ad uscirci delle lacrime. Anche Gaudenzio stava per scoppiare

" Non ho mai più ritrovato i loro corpi. Non per dargli un ultimo saluto, non potevo. Solo per poterli seppellire. Mentre tutti correvano verso il rifugio, mi affannaì a cercarli per la casa che già era crollata. È nel frattempo il cielo era pieno di bombardieri."

Stettero zitti per molto. Entrambi piangevano in silenzio, non si guardarono negli occhi, ma entrambi riuscivano a capire il dolore.

" É triste..."

Gaudenzio si asciugò le lacrime.

" Mi dispiace. L'ho invitata a casa mia per mangiare e invece la tiedo con la mia vita."

" La prego, non parli così. Non é colpa sua..."

" Non ho potuto fare nulla" incominciò di nuovo a piangere " mi sento inutile"

Elena si alzò e andò verso Gaudenzio ad abbracciarlo.

Verso le tre Elena se ne andò.
" Spero che avremo occasione di ritrovarci" gli disse Gaudenzio davanti la porta

"Anch'io lo spero"
"Allora...ciao"

" Ciao"

Elena attraversò la strada fino a scomparire.

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