<2> Uno strano incontro
Scusate per eventuali errori di grammatica e/o ortografia
REVISIONATO
Finito di sistemate il campo da calcio vado verso casa.
Non è molto distante dalla Royal Academy quindi ci metto poco per arrivare.
Io e mio padre abitiamo nel quartiere "benestante" della città, si insomma, un quartiere pieno di ville...compresa anche la casa di Sharp.
Ho quattro case di distanza dalla mia casa alla sua, quindi non è una sorpresa se a volte quando vado a scuola lo vedo uscire di casa.
Entro in casa, a quest'ora è l'ora libera dei domestici.
Si, io non so nemmeno pulire e mio padre non è quasi mai a casa quindi ha assunto qualche cameriere e cameriera per mantenere decente la casa.
Salgo le scale e vado in camera mia per togliermi la divisa e posare a terra lo zaino.
Faccio velocemente i compiti per il giorno dopo, anche perché David abita dall'altra parte della città e mi devo muovere se voglio essere puntuale e principalmente perché David è fissato con la puntualità.
Esco di casa e mi in cammino, dopo trenta minuti di camminata veloce sono arrivata.
Salgo le scale per arrivare all'appartamento di David e dei suoi genitori, davanti alla porta n.36 suono subito il campanello e aspetto.
Sento dei strani rumori provenire dalla casa e quando la porta si apre vedo un David intento a massaggiarsi il fondoschiena.
«Ciao Emily, entra.» Mi saluta David spostandosi per farmi entrare.
«Ehm, grazie, ma che ti sei fatto?» Chiedo mentre entro nella casa.
David arrossisce un po' e inizia a grattarsi il retro del collo.
«Per venirti ad aprire ho fatto un volo giù dalle scale.»
«Ti avevo detto di stare più attento.» Sento dire da una voce infondo alle scale
Volto la testa e noto con mio grande stupore che c'è anche Sharp.
«Oh ciao...Sharp.» Dico cercando di calmarmi.
«Ciao Dark.» Risponde con tono fermo, indifferente, come se non gli importasse della mia presenza e sono sicura al 100% che sia proprio così.
Io e Jude non ci siamo mai chiamati per nome, apparte quando ci siamo conosciuti.
Del motivo non lo so proprio, io semplicemente non ci riesco perché lo considero superiore a me, lui non lo so.
«Io e Jude stavamo giocando con la play, vuoi unirti?» Chiede David per alleggerire la tensione che si era creata.
«Va bene.» Rispondo subito.
Saliamo le scale fino a ritrovarci in camera di David.
I due ragazzi si metto a giocare per terra mentre io mi metto seduta sul letto di David, esattamente dietro di loro.
Il mio sguardo è fisso sullo schermo, fino a quando non lo sposto su Sharp.
Perché David non mi aveva detto che c'era anche lui?
L'ha fatto apposta vero? Certo, è ovvio!
Si diverte a farmi soffrire! Che lurido!
A svegliarmi dai miei pensieri/insulti è proprio il diretto interessato.
«Hey, io vado a bere, vuoi qualcosa?» Mi chiede
«Si, un po' d'acqua grazie.»
«Va bene.»
Si alza e se ne va, lasciandomi da sola con Sharp.
Mi alzo dal letto e con tutto il coraggio che ho in corpo, mi siedo vicino a Sharp, prendo in mano il joystick e schiaccio "Play" facendo ripartire il gioco.
Il ragazzo degli occhiali strani non dice niente, anzi sorride, per lo più un sorrisetto, e si concentra sul gioco.
Faccio dei movimenti veloci, a volte titubanti, perché insomma...Ho Jude Sharp vicino! Certe volte mi trovo a schiacciare tasti a caso, ma Sharp è lo stesso più bravo di me e infatti vince.
Poso il controller per terra e sospirando mi volto verso Sharp che mi sta a guardare attraverso i suoi spessi occhialini.
«Che c'è?» Domando.
«Non sapevo che te la cavassi ai videogiochi.»
«Ma hai vinto tu...»
«Vero...l'importante è vincere.» Dice con voce un po' malinconica.
Faccio per parlare ma vengo fermata dalla comparsa di David con un vassoio contenente due bicchieri di succo di frutta, un bicchiere d'acqua e un piatto pieno di biscotti al cioccolato.
«E rieccomi!» Si auto annuncia l'azzurrino, mentre appoggia per terra il vassoio.
Prendo l'acqua e un biscotto.
Finito di bere appoggio il bicchiere sul vassoio davanti a me.
«Avete giocato senza di me? Mi sento offeso!» Dice in modo teatrale David poggiandosi il dorso della mano destra in fronte mentre con la sinistra stringe la maglia che porta, all'altezza del cuore.
Ridacchio e lo stesso fa Sharp.
Iniziamo a ridere e scherzare, e quasi mi dimentico della mia tensione che provo ogni volta che sto vicino a lui.
Dopo un po' i due ragazzi riprendono a giocare e delle volte facciamo perfino a cambio.
Controllo l'ora sul mio telefono, le 18:00, meglio tornare a casa.
«Ragazzi io vado, mio padre vuole trovarmi a casa quando torna.» Dico alzandomi.
«Ti accompagno.» Il ragazzo coi rasta si alza e viene verso di me.
Io non dico niente, mi sto auto convincendo di rimanere calma e rilassata.
«Okey, ciao ragazzi ci vediamo domani.» Pure David si alza da terra per accompagnarci almeno fino alla porta.
«Ciao David.» Dico io prima che il ragazzo con la benda chiuda la porta; Mr. Martello si è limitato ad un cenno col capo.
Ormai siamo a metà novembre quindi fuori è già buio e fa molto freddo.
Il tragitto è abbastanza tranquillo, sia io che Sharp non parliamo, stiamo in silenzio.
Non so se sia un bene oppure un male.
Se parlassi direi sicuramente qualcosa di stupido e senza senso...ma se invece lui vuole parlare e sta aspettando che inizi io?
CAVOLO CHE ANSIA!
«Dark?» Mi chiama il ragazzo col mantello, anche se adesso non lo indossa.
«Si?» Mi giro subito verso di lui.
«Ti va se prendiamo la metropolitana?» Chiede indicando il cartello col logo della metro affianco a noi.
«Oh, si certo, almeno così arriviamo prima.»
Scendiamo le scale io sto attenta a non scivolare e fare un capitombolo, quindi mi reggo al corrimano freddo come non so cosa, Sharp fa lo stesso ma stando dietro di me.
Per fortuna che ho alcuni yen nella tasca del giubbotto altrimenti non potrei proprio prendermi il biglietto.
«Hai i soldi?» Mi chiede Sharp.
«Certo, e tu?»
«Prima avevo fatto il biglietto per andare da David, ma il treno ha avuto un ritardo quindi me la sono fatta a piedi lo stesso.»
«Ah capisco. Che fortuna eh?»
«Già.» Ride, un risata leggera, ma che a me da gioia lo stesso...insomma...Jude Sharp sta ridendo per qualcosa che ho detto!
Timbriamo i biglietti e dopo due minuti il treno arriva, solo che è stra colmo di gente.
Saliamo e ci facciamo largo nella folla di signori e signore, fino ad arrivare ad un palo libero.
Io e Sharp afferriamo saldamente il palo, per fortuna che dobbiamo solo aspettare due fermate.
«Come mai ci sono così tante persone?» Chiedo a Sharp.
«In genere questo è l'orario in cui si finisce il turno di lavoro negli uffici.»
«Giusto.» Mi limito a sussurarlo non sapendo se il ragazzo vicino a me mi abbia sentito oppure no.
Ad ogni scossa che il treno prende mi fa sempre aumentare la presa sul palo di ferro, fino a quando le mie nocche non diventano quasi bianche...cioè più bianche del solito.
E spero di averlo notato solo io ma...Sharp ha la mano sopra la mia quindi ad ogni sobbalzo il mignolo della sua mano destra sfiora l'indice della mia sinistra.
Finalmente dopo le due fermate riusciamo a scendere dal treno.
Ritorniamo in superficie e continuiamo a camminare verso le nostre rispettive case.
Dopo cinque minuti di camminata siamo finalmente arrivati davanti alla casa di Sharp.
«Bene Dark, ci vediamo domani a scuola.» Il ragazzo con i rasta entra nel suo giardino e chiude il cancello elettronico mentre mi saluta con un cenno della testa.
«A domani.» Scuoto velocemente la mano destra fino a quando lui non scompare dalla mia vista, io rimango in mezzo alla strada come una cretina continuando ad agitare la mano con un espressione da ebete in faccia.
Fino a quando un signore anziano non passa in bicicletta e mi guarda stranito.
«Signorina si tolga dalla strada prima che una macchina la investa!»
Apro e chiudo gli occhi molte volte, rendendomi conto che, effettivamente, sono proprio immezzo alla strada.
Arrossisco per la figuraccia appena fatta e mi in cammino verso casa.
Chiudo alle mie spalle la porta d'ingresso e mi guardo intorno, la casa è davvero silenziosa, non ho la minima idea se mio padre è tornato oppure no.
Salgo le scale fino ad arrivare in camera mia, chiudo la porta alle mie spalle sospirando, mi appoggio alla porta e mi trascino giù fino a toccare il pavimento freddo con il fondoschiena.
Sono stanca, troppe emozioni in una volta, ormai sono fatta così.
Sono una ragazza troppo timida e introversa, mi abbatto molto facilmente e non riesco mai a dire tutto quello che penso.
Mi porto le gambe al petto e le abbraccio, per poi appoggiare il mento sulle ginocchia, sospiro sonoramente e apro gli occhi.
Vi assicuro che quel che ho visto dopo, non me lo sono più tolto dalla testa.
Una ragazza, dai corti capelli bianco latte, occhi rossi come due rubini e la pelle davvero pallida, bianca come la neve, è seduta sul mio davanzale e mi sta guardando mentre mangia una barretta di cioccolato.
Indossa una canottiera bianca e pure i pantaloncini sportivi sono bianchi, ai piedi non porta nulla e non so se sembra a me, ma una strana luce bianco-gialla la circonda.
Sembra avere due anni in più di me.
Emetto un gridolino facendo un salto per lo spavento.
«E-e tu chi...chi d-diavolo sei?!» Chiedo per lo spavendo appiattendomi contro la porta e puntandola con l'indice destro.
La ragazza si alza dal davanzale e inizia a camminare verso di me.
«Piacere Angel.» Mi porge la mano.
Non so se avere paura di lei oppure no, cioè potrebbe benissimo essere un'assassina, ma alla fine le stringo la mano, solo per buona educazione.
«Angel...» La esorto a dirmi il suo cognome.
«Solo Angel.»
«Beh, io sono...» Ma non finisco la frase che questa Angel mi precede.
«Si, lo so, tu sei Emily Dark.»
«E tu come fai a saperlo?» Okey, ora mi inquieta.
«Molto semplice, mia cara Emily, io sono il tuo Angelo custode.»
«Eh?» Dire che sono confusa e inquietata è dire poco.
«E secondo te dovrei crederti? Lo sanno tutti che gli angeli custodi come gli unicorni, la fatina dei denti, Babbo Natale e l'uomo nero non esistono.- Mi alzo da terra, già stufa di tutta questa storia. -Se sei veramente un angelo dimostramelo.»
La ragazza non dice niente si volta e sposta i capelli bianchi dalla sua schiena, mostrando due piccole ali.
Spalanco la bocca e credo anche che possa toccare per terra facilmente.
Le ali producono piccoli movimenti dandomi anche la certezza di essere vere.
«Q-quindi...t-tu sei...sei...il mio angelo custode?!» Strillo.
«Yep!»
«E-e p-perché sei qui?» Chiedo ancora sotto scioch.
«Beh, pure in paradiso danno delle promozioni e io ne voglio proprio una, queste piccole alette le ho da una vita, le voglio più grandi capisci?» Mi chiede.
«Veramente no...»
Sospira e si ri-sistema i capelli dietro la schiena.
«Senti, il Capo mi ha detto che se voglio la promozione ti devo aiutare e non causarti sfiga ogni volta che mi annoio.»
Apro la bocca per parlare,ma mi ferma con un gesto veloce della mano.
«A mia difesa: ho una scarsa concentrazione e tu non hai una delle vite più esaltanti che io conosca.»
Ci rinuncio e deciso di cambiare discorso.
«Il Capo? Vuoi dire Dio?» Chiedo, in genere io sono atea non credo nella religione, anzi non mi interessa proprio.
«No, sono stata incaricata dall'Autrice.»
«Dall'Autrice?»
«Si, è lei che ha creato te e me, ha fatto tutta la trama, lei sa già cosa fare, come andrà a finire tutta questa storia, può davvero essere imprevedibile. Ma credo che quest'argomento sia meglio riprenderlo in futuro.»
Annuisco. «Quindi quale sarebbe il tuo incarico?»
«È molto semplice: devo realizzare il tuo più grande desiderio e poi farti capire che in realtà la tua vita va bene così com'è e bla bla bla. -Gesticola per enfatizzare il discorso.- In pratica ti farò diventare come Jude Sharp.» Dice infine facendomi l'occhiolino.
«Cosa? -Chiedo sbigottita.- A-Aspetta! I-io...» Porto le mani davanti a me e le agito a casaccio come per allontanare da me Angel.
L'albina alza gli occhi al cielo e si avvicina a me, mi afferra le braccia facendomi così fermare.
«Rilassati andrà tutto bene.» Dice per poi darmi un bacio in fronte.
L'unica cosa che ricordo è il mio corpo che diventa sempre più leggero e una voce che mi dice «Non fare cazzate.»
Poi il buio.
Holaaaa
Questo era il secondo capitolo, spero vi sia piaciuto.
Angel è l'unico personaggio che sa di far parte di un libro.
Commentate e mettete tante stelline.
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