<13> Chi sono io?

Scusate per eventuali errori di grammatica e/o ortografia

Sento la bocca secca, gli occhi pizzicano, vorrei urlare ma la mia voce è bloccata.
Mi sento persa.

«D-dov'è Angel?» Chiedo a Sharp anche se sembra più una domanda rivolta a me stessa.
«Non lo so...D-Dark meglio se andiamo.» Come una secchiata d'acqua gelida il tono di voce di Sharp mi fa tornare un attimo alla normalità.
Ha balbettato, anche se impercettibilmente.

Sono rimasta troppo sconvolta sulla mia adozione da non notare che anche lui ha appena scoperto che la sua carriera calcistica si basa solamente su trucchi e sabotaggi.

«S-si.» Inghiotto a vuoto cercando di darmi una calmata e con le mani che tremano prendo più fogli possibili, il rasta mi aiuta, e insieme usciamo dall'ufficio di quello che un tempo consideravo mio padre.

«In tutti questi anni, tutte le mie vittorie, tutti i miei successi... erano solo una menzogna?» Continua a chiedersi sottovoce Sharp.

Vorrei tantissimo contraddirlo in questo momento, urlargli in faccia che si sta sbagliando, ma pure io sto affrontando una crisi esistenziale.

Chi sono io? Chi è la mia famiglia? Dov'è e chi è realmente Angel?

Con tutte queste domande che ci frullano in testa, senza risposte e senza parole di conforto, ci dirigiamo agli allenamenti in un pesante e asfissiante silenzio.

🌪🌪🌪

David esegue una perfetta "Zona Micidiale" insieme a Daniel Hatch e Derek Swing, io e Joe li guardiamo qualche metro più indietro.
«Oggi è venuta meglio del solito.» Commenta Joe.

Rimango in silenzio, la mente piena di pensieri, la persistente voglia di piangere e urlare che mi sto portando dietro da, circa, più di mezz'ora.

«Jude ci sei?» Mi richiama il portiere.
«Ah? Si, stavo pensando ad una cosa...» Rispondo distrattamente non interessandomi neanche a quello che potrebbe pensare del mio comportamento.

Percepisco che Joe abbia capito che non sono molto concentrata e che non lo sto badando più di tanto, ma pur di non far creare silenzio continua a parlare.
«Sta sera ci sarà il festival d'inverno in centro, ci vai?» Chiede guardando verso la panchina.
«Penso di si... non so... forse devo fare delle cose. -Rispondo in modo confuso- Te?»

«Avevo intenzione di chiedere a Emily di venire con me.»
Spalanco gli occhi. La bugia! Me ne ero scordata.
Ma ora che ho scoperto queste cose, che Angel è scomparsa, dovrei dire tutto a Sharp?

«Io dico che fai bene amico!» Interviene David, non so neanche quando è arrivato.
Lo guardo confusa, è un silenzioso consiglio sul continuare la farsa del "voglio trovarmi un ragazzo"?
«Grazie ragazzi, vado a chiederle subito!» Dice il moro sorridendo e andando verso la panchina da cui, per tutto il tempo della nostra conversazione, non ha distolto lo sguardo. Io, al contrario, ho pensato a quanto fossero interessanti i fili d'erba.

David, difronte a me, mi guarda preoccupato.
«Dov'è Angel?» Mi chiede semplicemente.
«Non lo so... temo di non saper nulla.»

Jude pov's

Stringo tra le mani il freddo tablet, lo schermo spento, guardo intensamente la figura che non riconosco come mia da ormai settimane.

Credevo di conoscere le persone che mi circondano, credevo di essere forte, credevo di riuscire a sopportare tutto. Ma questo non lo avevo per niente calcolato.
E tutto il mio castello di certezze, sicurezze, crolla come una comune e fragile torre di carte da gioco.

Potrei andare avanti all'infinito con questi monologhi autocommiseranti interiori, ma la figura di qualcuno mi si posa davanti facendomi ombra.
Alzo lo sguardo e subito lo incrocio con quello di Joe. Ha le guance arrossate.

«Ei Emily, ti volevo chiedere una cosa.» Dritto al punto.
«Dimmi.» Cerco di rimanere sicura, non ho voglia di farmi vedere debole da qualcuno e so che neanche Dark lo vuole.

«Questa sera ti andrebbe di venire al festival d'inverno con me?» Chiede arrossendo ancora di più.
Per un istante guardo dietro a lui e vedo David farmi un cenno positivo con la testa, Dark guarda per terra.
Riporto la mia attenzione sul portiere. «Certamente, ci vediamo in centro alle 20?»
«Si! A dopo allora!» E scappa via tutto emozionato.

L'allenamento procede senza intoppi, tranne che per il conflitto interiore che anche la Dark sta avendo, ma nonostante questo sta comunque cercando di rimanere concentrata sull'allenamento.
Concentro tutte le mie attenzioni su di lei: è cambiata, è diventata più forte e riesce ad imporsi rispetto a prima. Io invece? Anch'io sono cambiato, riesco a percepirlo, se bene in minima parte, ma ancora non riesco a definire bene in che cosa...

In una frazione di secondo i miei occhi non guardano più la ragazza intrappolata nel mio corpo, ma qualcuno sugli spalti, dall'altra parte del campo, mi parte un brivido lungo la schiena non appena il mio e lo sguardo del signor Dark si incrociano. Mi alzo di scatto, come se la panchina tutta d'un tratto scottasse e nel giro di un secondo corro fuori dal campo per non guardarlo neanche un minuto di più.

Continuo a correre anche superato il cancello d'ingresso della scuola, non ho intenzione di fermarmi, anche se sento i muscoli delle gambe iniziare a bruciarmi per lo sforzo a cui non sono molto abituati. Sento le lacrime scorrere sulle guance, chiudo gli occhi e nella testa c'è un turbine di pensieri: "Imbroglione", "Non ti sei mai meritato quelle vittorie", "Fallito".

Mi fermo di colpo e riapro gli occhi per vedere, sono arrivata su un ponte, sotto di me sento delle voci familiari che si incitano, ridono e scherzano. Mi sporgo per guardare meglio e vedo la Raimon e Mark Evans allenarsi allegramente.

Osservo tutti: vedo Bobby guardarmi, gli ho parlato molte volte per incaricarlo su alcune cose oppure lo incontravo per ricevere delle informazioni che aveva acquisito.

Pian piano tutti gli altri guardano verso di me e sento anche alcuni commenti non molto carini sul fatto che sia andato lì per spiarli o prenderli in giro per non aver più un allenatore.

Onestamente non mi frega molto se hanno un allenatore o meno.
Inizio a camminare verso la stradina vedendo Mark corrermi incontro, tutti gli altri si limitano a guardarci in silenzio.

«Vorrei scusarmi per la faccenda di Wintersea e anche per quanto riguarda Bobby.» Parlo abbassando leggermente la testa.
«Ah, non preoccuparti Emily. -Dice il castano lasciandomi sorpreso, non solo perché non gli importa della faccenda, ma più per il fatto che mi ha subito riconosciuto non avendo parlato quasi mai- è tutto apposto, e poi Bobby è in gamba, è stato un ottimo acquisto.» Guarda verso i suoi compagni e pure io.

«Non sai quanto ti invidio, tutti quanti. -dico di getto e sta volta a rimanere sorpreso è Mark- Non ti prendo in giro Mark, dico sul serio. Se la Royal continua a stare in testa a tutte le classifiche è solo grazie ai trucchetti di mio padre, non è merito della nostra abilità.» Abbasso lo sguardo e per la prima volta penso che le scarpe femminili siamo veramente interessanti. Mi sto sfogando con lui e non capisco il motivo, ma ho bisogno di farlo.
«Sono un mucchio di sciocchezze.» Interviene Mark.

«Avrei tanto voluto battermi lealmente e avrei anche accettato la sconfitta della squadra se l'avessimo meritata, puoi credermi, ma fino ad ora non abbiamo mai ottenuto una vittoria in modo pulito e senza imbrogli!» Stringo i pungi a causa della rabbia e della frustrazione, mi vergogno di aver giocato un calcio così sporco e disonesto.
«Io non credo a quello che dici, Emily!» Urla Mark.

«COSA SAREBBE E TU COSA NE SAI?!» Alzo sia la voce e anche la testa per guardarlo dritto in faccia...certe volte la bassa statura della Dark non è molto utile.
«LO SO MOLTO BENE!-urla anche Mark, ma si calma subito- Jude avrà tirato decine di volte in porta e ho preso molti dei suoi tiri, ho scoperto sulla mia pelle -si appoggia una mano sul petto- quanto è grande la forza della Royal Academy.» Sorride.

Spalanco leggermente la bocca non sapendo che dire, ma un sorriso spontaneo nasce subito dopo.
«Ho notato che per voi le partite sono quasi un divertimento.» Commento senza cattiveria.
«Già, anzi, avrai modo di vedere quanto siamo cambiati rispetto a prima.»
«Pensi che riuscirete a giocare la finale?»

«Siamo senza allenatore, ma in qualche modo lo faremo.-dice con l'entusiasmo alle stelle- A proposito ti andrebbe di stare qui ad allenarti con noi?»
Lo guardo sorpreso. «Ma sono la manager della squadra avversaria!»
«Cosa vuol dire che sei un'avversaria? Niente ci vieta di essere amici almeno per oggi, no?» Rimango senza parole e lui allarga un enorme sorriso.

«Magari un'altra volta e porto pure Jude...fidati non sono un bel spettacolo con la palla tra i piedi.» Dico incamminandomi e salutando lo strano portiere.
«CI CONTO EH!» Urla Mark in lontananza.

Mi sento più leggero.

☁️☁️☁️
Emily pov's

«Che succede?» Mi chiede David guardandomi intensamente.
«Perché lo chiedi?» Chiudo il borsone da calcio con un colpo secco di cerniera, non ho voglia di parlare adesso, voglio solo tornare a casa, mettermi sotto le coperte e svegliarmi da questo brutto sogno.

La Fata Turchina mi si avvicina. «Ho visto il comportamento tuo e di Jude non appena siete arrivati, avevate entrambi delle facce sconvolte, Angel non si è mai fatta vedere e... -fa una pausa accennando ad un sorriso- sei nello spogliatoio maschile e non te ne sei minimamente accorta.»
«IO SONO DOVE?!» Strillo attirando l'attenzione di tutti.

Esplodo di vergogna, tanto che penso possa uscire del fumo dalle mie orecchie per il corto circuito interno che sto avendo.
Senza dire nulla afferro il borsone, poi David e come un fulmine esco da quel posto.
«SONO IN ACCAPPATOIO CHE CAZZO FAI?!» Mi urla dietro il Pinguinomade mentre viene trascinato.

Una volta chiusa la porta tiro un sospiro di sollievo, David continua a starnazzare come una gallina.
Mi porto le mani alla faccia e cerco di far passare la vergogna, ma anche per prepararmi a quello che devo dire al Turchese.

«Io e Sharp abbiamo scoperto delle cose... -mormoro riuscendo a farlo zittire- Sono stata adottata e molto probabilmente Angel centra col mio passato, ma è scomparsa...ecco perchè non è qui.»
David non dice nulla, spalanca gli occhi sconvolto.
«David...io non so più chi sono...» Dico togliendomi sia le mani che gli occhialini dal volto mostrandogli le lacrime che fino a quel momento cercavo di controllare e reprimere.
«Emily...» Il ragazzo mi abbraccia e io ricambio, finalmente riuscendo a sfogarmi.

🌧🌧🌧

Dopo un'ora di pianto mi stacco da David, che per tutto il tempo è rimasto al mio fianco.
«Ti senti meglio?» Mi chiede, annuisco tirando su col naso.
«Bene...perchè io mi sono appena accorto che sono rimasto in accappatoio per tutto il tempo e ti ammazzo se mi becco un raffreddore.»
Abbozzo un sorriso, apprezzando il fatto che voglia tirarmi su di morale.

Aspetto fuori mentre lui si cambia, tutti gli altri sono andati via da un bel pezzo.
«Vieni sta sera?» Mi chiede mettendosi in spalla il borsone e incamminandosi verso l'uscita.
«A fare che?» Chiedo confusa.
«Si dia il caso che un certo Joe King, non meno di due ore fa ti abbia chiesto di uscire.» Mi ricorda.

«Vero! Comunque penso di no, vorrei andare a dormire, troppe emozioni in una sola giornata.» Dico.
«Giusto, allora domani mattina ti chiamo per raccontarti tutto.»
«Grazie mille.»

Usciamo da scuola e ci salutiamo.
Non ho mai amato abitare vicino alla scuola, in genere non si possono inventare scuse sul perchè si è in ritardo, ma in questo momento non potrei chiedere di meglio.
Entro in casa Sharp e senza salutare nessuno vado dritta in quella che provvisoriamente è la mia camera.

«Jude, tra poco inizierà la cena.» Mi avverte il signor Sharp dal salotto.
«Non ho fame.» Dico iniziando a salire la scale.
«Che vuoi dire? E' successo qualcosa agli allenamenti?» Vedo che posa il giornale e si alza dal divano per guardarmi.
«No, sono solamente stanco che mi si diano meriti per delle cose che non mi appartengono e non mi sono guadagnato con le mie forze.» E senza sentire la risposta del signor Sharp mi chiudo in camera.

Mi butto a peso morto sul divano in pelle marrone, con la faccia spiaccicata tra i cuscini e non appena ho bisogno d'aria la giro. I miei occhi vengono catturati dal giornalino calcistico abbandonato sul tavolino di fronte.

Mi sporgo leggermente e lo prendo tra le mani, guardo la copertina, sfoglio velocemente le pagine, poi prendo dal borsone i fogli rubati dall'ufficio della persona che credevo fosse mio padre e inizio a leggerli; accendo pure il televisore mettendo i filmati delle vecchie partite della Royal, giusto per avere un po' di sottofondo, il silenzio amplifica il mio pessimo stato d'animo.

Rileggo così tante volte quei fogli che penso di essermeli imparati a memoria, qualche volta chiamo pure Angel ma rimango sempre senza risposta.

All'improvviso sento le voci nel corridoio, un po' ovattate dalla porta, ma non mi impedisce di sentire chiaramente quello che si dicono.

Velocemente nascondo i fogli dentro la rivista e prendo tra le mani il pallone da calcio abbandonato ai piedi del divano, abbracciarlo mi da un minimo di sicurezza.

«Oggi è strano, mi ha detto che non trova giusto che gli altri gli riconoscano meriti che lui non ha; dopo di che non ha aggiunto altro e si è chiuso in camera sua. Vorrei che ci parlasse per capire che cos'ha.» Sento dire dal signor Sharp.
E poi la sua voce, sentirla mi da la sensazione di un pugno in pieno stomaco.

«Questi brevi momenti di crisi sono normali per un ragazzo. Ora ci facciamo una bella chiacchierata e sistemiamo tutto, va bene?»
Certo, momento di crisi vai sicuro, bugiardo.

«Signor Dark, lo so che non sembra da lui, è molto sensibile.» Dovrei prenderlo come stereotipo sulle ragazze?
«Lo so, non si preoccupi, ci penso io.» Mi irrigidisco e stringo più forte il pallone a me, distrattamente butto un occhio alla rivista calcistica di Sharp rovinata, alla mia sinistra.

«Sono Dark. Sto entrando.» Sento la porta aprirsi e la figura di quello che reputavo un padre entra nella stanza, rimane qualche secondo fermo sulla soglia con una mano sulla maniglia, fa passare velocemente lo sguardo da me al televisore in cui i video di alcune partite della Royal stanno continuando ad essere trasmessi.

Sempre senza dire nulla chiude la porta e si posiziona davanti allo schermo visto che non l'ho degnato nemmeno di uno sguardo.

«Chi sono io? -Questa domanda mi esce di getto, in così poco tempo ho scoperto che la maggior parte della mia vita è un bugia, sono arrivata da sola in questa situazione, nel corpo del ragazzo che mi piace solamente perché non mi sono mai accettata.- Ti prego dimmelo.» Quasi lo imploro e sento gli occhi pizzicarmi.

«Vuoi sapere chi sei? ...Va bene, ti racconterò una storia che ha inizio molto tempo fa: Io cercavo qualcuno con un talento straordinario, mi ricordo come se fosse ora la prima volta che ti vidi giocare a calcio, avevi solo 6 anni ma possedevi già una perfetta padronanza col pallone. -Si infila le mani nelle tasche dei pantaloni e si posiziona sullo schienale del divano, ci diamo le spalle- Credevo tantissimo in te e per questo ti considero l'erede naturale della Sharp Corporation. Il tuo futuro è assicurato, ti aspetta una carriera brillante, guadagnerai più soldi di quanto immagini, che puoi desiderare di più?»

Sorrido amaramente, ancora una volta Sharp avrà un sicuro più splendente e luminoso del mio, ancora una volta io mi sento inutile e senza prospettiva.
«Giocare a calcio.» Rispondo il più fredda possibile, senza emozioni.
«Nessuno ti ha mai obbligato a giocare, nessuno te lo ha mai impedito, tu sei sempre stato libero. Il calcio è un ottimo esempio, perché in campo sei tu che imposti le azioni, così come tuo padre organizza il suo lavoro. Bisogna pensare a come muovere le pedine...» Continua Dark col suo discorso.

Sposto il pallone dalle mie gambe vicino al giornalino e stringo le mani, quasi conficcando le unghie nel cuoio, sento che, impercettibilmente, Dark mi guarda.
«...E uno sbaglio può provocare un fallimento, ma con le scelte giuste sarai degno di portare avanti il nome della compagnia.» Le sue parole mi danno il voltastomaco.

«Lei si dimentica un piccolo dettaglio: e cioè che non ho mai vinto pulito. Non sta ingannando soltanto me, ma inganna anche gli altri membri della squadra,e pure Emily.» A sentire il mio nome Dark sembra irrigidirsi un attimo, ma si ricompone subito.

«Sai quanto è odiosa la sconfitta...o forse ti piace essere un perdente.» Mentre dice questa frase allunga una mano e cerca di prendere il giornale, ma riesco ad essere più veloce.
«FERMO! NON LO TOCCHI!» Urlo stringendolo al petto e allontanandomi istintivamente di qualche passo verso la porta, non posso permettermi che venga a sapere che abbiamo frugato nel suo ufficio, e poi per Sharp è un oggetto molto importante.

Tiro un sospiro di sollievo vedendo che nessun foglio è caduto, poi vedo Dark rimettersi in posizione eretta, nascondersi le mani in tasca e avvicinarsi lentamente a me.

«Quel giornalino finirà per annebbiarti la mente, buttalo via.»
«No, lei non capisce, io voglio giocare e battermi lealmente, se sarò sconfitto pazienza, ma almeno non avrò rimorsi!» L'ultima parte mi esce di getto.

In tutta risposto l'uomo davanti a me si sistema gli occhialini e sospira.
«Sei tu che non capisci. Non ho ancora risposto alla tua domanda. Poco fa mi hai chiesto di rivelarti chi sei, te lo ricordi? è molto semplice: sei Jude Sharp. Spero che tu lo capisca.» Dice duramente, abbasso la testa e Dark inizia ad incamminarsi verso la porta.

«E di Emily cosa può dire?» Chiedo prima che afferri la maniglia.
Si ferma di colpo, con la mano sospesa nel vuoto.
«Cosa vuoi dire?» Mi chiede facendo finta di niente.
«Ha mentito anche a lei...cosa intende fare?»

«Su questo non ti devi preoccupare, parlerò anche con lei.»
«E le spiegherà tutto?» Continuo a chiedere come una disperata.
«A che cosa ti riferisci di preciso Jude?» Finalmente si gira per guardarmi in faccia.
«Penso che lei sia quella più all'oscuro di tutto.» Inghiotto la saliva, mi sto spingendo un po' troppo in la, ma ho bisogno di risposte.

Dark ridacchia, penso che sappia dove voglio andare a parare, quindi non mi spreco in altri giri di parole.
«Lei non è il suo vero padre, ho ragione?»
«Esatto.» Risponde secco ed è come se una lama mi perforasse lo stomaco. Sapevo già la risposta, ma sentirla dire da lui ha tutto un altro effetto.

«E-e perchè l-l'ha adottata?» Chiedo balbettando.
«Vedilo come una specie di esperimento fallito.»
«Esperimento fallito?»
«I suoi genitori lavoravano per me, erano scienziati che stavano lavorando una sostanza di doping di cui avevo bisogno.»
Senza ombra di dubbio si riferisce a quella famosa cartella del "PIANO B".

«Tutta la famiglia è stata coinvolta in un incidente automobilistico, i genitori morti sul colpo, ma lei e la sorella sono miracolosamente sopravvissute.» Stringo ancora di più la rivista al petto frenando l'impulso di non buttarmi a terra e urlare.
«Dovevi vederla: una ragazzina di 4 anni, sperduta, spaventata e con una mentalità completamente malleabile. Avevo grandi progetti per lei.»

«Che tipo di progetti?»
«La volevo plasmare a mia immagine e somiglianza per lasciare un degno erede per i miei beni e unire le famiglie Dark e Sharp in un'unica.»

Spalanco gli occhi e nel giro di pochissime ore il mio colorito diventa quello di un pomodoro.
«Vedo che hai capito che cosa intendo.» Sogghigna sadico, poi si rigira per uscire.
Scuoto velocemente la testa ricordandomi di una cosa fondamentale.

«Lei ha detto che è sopravvissuta pure la sorella!»
Dark si ferma di nuovo.
«Dalle poche informazioni che ho ricevuto e da quel che mi ricordo: Emily è riuscita a cavarsela con poche ferite, la sorella invece è entrata in coma, secondo i medici ha fatto da scudo a Emily. Non so più nient'altro, potrebbe essere ancora in stato vegetativo. Se hai finito con le domande me ne andrei.» Non rispondo e lui se ne va.

Rimango a fissare il muro davanti a me. Un pensiero mi passa per la testa: "Devo parlare con Sharp" .

Sento che Dark è al piano di sotto che parla col signor Sharp, non voglio far vedere che esco, si creerebbero troppe domande o cercherebbero di fermarmi, quindi opto per calarmi dalla finestra.

Per fortuna vicino alla finestra c'è un trespolo di edera rampicante abbastanza robusta, mi calo giù senza nemmeno prendere il giubbotto. Appena posati i piedi a terra inizio a correre verso il centro.

Dalla tasca dei jeans estraggo il telefono e chiamo David, mi risponde dopo pochi minuti.
«Ei, com...» Lo interrompo subito.
«Dov'è Sharp?!»
«Per tua informazione ci sono pure io con loro...» Risponde offeso.
«Non è vero, li stai spiando.»
«Dettagli, comunque lui e Joe stanno andando verso il parco giochi sulla collina per vedere i fuochi d'artificio.»
«Sto arrivando.»
«Oh, hai cambiato id...» E per la seconda volta lo interrompo riattaccandogli in faccia il telefono.

Accelero la corsa, svolto in qualche stradina, supero la gente, non sento nemmeno la fatica per tutta l'adrenalina che mi sta scorrendo in corpo.

Finalmente arrivo alla collina, i fuochi d'artificio iniziano illuminando quel parco quasi del tutto inghiottito dall'oscurità.
Mi fermo accanto a David, che è accucciato dietro allo scivolo, Sharp e Joe sono sopra ad una strana struttura dove in genere i bambini si arrampicano.

Ritorno a respirare, ma un altro fuoco d'artificio illumina non solo il paesaggio che ci circonda ma anche il bacio che Joe da a quella che dovrei essere io.


I'M BACK, BIG MAC

no oggi faccio la seria.
Vorrei dire tantissime cose, ma penso che mi sia già espressa bene sull'argomento sia qui su Wattpad che su Instagram (per informazione...andatemi a seguire grazie, il nome è lo stesso di Wattpad ;) ).

Concentrandoci sul capitolo... è stato un parto.
Però comunque mi piace, mi dispiace solo che sia tornata con un capitolo così deprimente ahahah.
Vi avviso di prepararvi psicologicamente per i prossimi perché saranno belli carichi.

E detto questo... -2

Se il capitolo vi è piaciuto commentare e lasciate una stellina💫💕

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