13 - Sala da Ballo
Forse non ci si fa caso, ma quando si tenta di rimanere fermi, immobili,non lo si è mai del tutto. So che è un concetto estremamente semplice che te lo insegnano fin dalla scuola elementare all'ora di scienze, ma è anche un pensiero molto sottovalutato. Nel tuo interno, il tuo corpo è in continuo movimento, come un orologio, con dentro una successione di ingranaggi, alcuni più piccoli e altri più grandi, che ruotano incessantemente spostando i loro fratelli,incastrandosi e girandosi con i loro dentini. L'energia che muove questi ingranaggi sembra infinita, è un energia potenziale che li muoverà finché una rotella non si danneggerà, arrestando per sempre quell'ingranaggio perfetto.
È così che è fatto l'uomo, immobile, ma sempre in movimento, so cheti sei stufato delle mie piccole perle di saggezza, ma non puoi farci nulla.
Penso spesso a questo, soprattutto quando guardo le mie unghie. Beh, perché sono sulle punte delle dita, crescono e si allungano sempre di più e dopo un po' mentre le guardi ti accorgi che sei viva e che il macchinario è ancora in funzione. Tu penserai, Ma sei scema? Tu pensi di essere viva guardando le tue unghie? Ebbene si. Quandomi sdraio sul letto, ferma e immobile riesco a estraniarmi dal mondo,a non sentire nulla ad eccezione del forte battito del mio cuore. In quel momento mi immagino le persone che ho incontrato nella mia vita,fonte della mia ispirazione, elaboro storie ed enigmi, sotterfugi e soluzioni, ma soprattutto colpi di scena. Creare storie è come sognare per me, mentre per gli altri invece sei sveglia a fissare imbambolata il soffitto della tua stanza. Poi riemergo e solo guardandomi le unghie vedo quanto sono cresciute e quanto tempo è passato, ma è talmente impercettibile che solo una pazza come me sene può accorgere.
É una cosa diversa dai capelli; ho letto che i capelli crescono mezzo millimetro al giorno, quindi è una crescita così lenta che te ne potresti accorgere solo dopo più di un mese, mentre le unghie,appunto situate nel punto più importante del nostro corpo, le nostre dita, crescendo, ti rendi conto del tempo che passa e del fatto di essere ancora un meccanismo funzionante. Tra parentesi, odio tantissimo chi non ha rispetto delle proprie unghie e se le mangia a morsichi, quasi non mangiasse da mesi, per me è come se stracciasse la dimostrazione di essere un essere umano,ed in più mi da anche ribrezzo...
Sto di nuovo divagando, scusami. È che vedere quell'orologio che segnava le 9.30, in quel momento mi aveva fatto riflettere. Certo, poteva benissimo essere rotto casualmente in quell'ora, strabiliante coincidenza, ma se non fosse stato così? Ero talmente concentrata sulla situazione che mi circondava che avevo totalmente dimenticato di come stavo io stessa. E se il meccanismo non più funzionante non fosse quell'orologio, ma io stessa? Se il mio orologio interiore si fosse rotto per davvero? Non sentivo né fame né stanchezza né dolore anche se avevo camminato per tanto tempo per quella lunga e buia galleria, o almeno credo, non sapevo quanto tempo fosse passato.L'unica cosa che potesse scandire l'ora erano le metro che correvano di fianco a noi, illuminando altri Vaganti e le spalle larghe di Drufus davanti a me. Le contai, erano passate dieci metro. In quel buio pesto avevo accantonato l'idea di fuggire dal ragazzo per soffermarmi su me stessa. Mentre camminavo chiusi gli occhi, tentando di recepire qualcosa dentro di me, come quando ero sul letto ad estraniarmi dal mondo. Sentì solo un impercettibile suono. Era basso e lento. Due Do in successione e una pausa, era questo il ritmo, ma era molto difficile da captare.
Do Do... Do Do... Do Do...Do Do...Do Do...Do Do...
Solo dopo averlo ascoltato per molto tempo capì che quel suono fragile e caldo era il mio cuore. L'unica cosa che era in vita, e anche se era nel mio corpo, sembrava così distante.
Alla fine della galleria avevamo trovato un'altra fermata e altre scale.Anche qui era tutto grigio, ma non me ne curai molto avendoci fatto ormai l'abitudine. Con la luce in mio aiuto, il mio sguardo si abbassò subito sulle miei mani, sulle punte delle dita. Le mie unghie erano perfette e tonde, con una meticolosa e fine linea bianca, proprio come le avevo lasciate l'ultima volta che le avevo limate. Erano troppo perfette, come se il tempo, come sostenevo prima, non le avesse per niente fatte crescere.
Eravamo saliti su un piano per trovare subito dopo un ascensore. Dovevo distrarmi, o le mie unghie mi avrebbero fatto impazzire.
"È proprio strano questo posto." Dissi mentre avevamo preso l'ascensore, anche se ero un po' contrariata dato che l'ultimo ascensore che avevo preso non aveva portato nulla di buono. Drufus aveva premuto un pulsante qualunque, tutti uguali per me dato che non erano numerati, per non dir poi che di quei pulsanti ce ne erano fin troppi, tanto da occupare tutta la parete dell'ascensore.
Continuai, "Abbiamo percorso un'intera galleria, eppure ci troviamo ancora in questo edificio. Non mi sembrava così grande dall'esterno." Anche se era più che evidente che parlavo con lui, essendo gli unici dentro l'ascensore, lui non mi rispose né diede cenno di voler continuare quella conversazione. Era davvero antipatico.
Da dietro continuavo a guardare le sue spalle e anche se erano incurvate erano comunque grandi. Forse aveva fatto molto sport, forse piscina o palla a nuoto, dedussi studiando per bene la sua schiena.
"Dimmi la verità," continuai imperterrita. Se non voleva fare conversazione, lo avrei costretto ad allontanarlo a suon di fastidiose domande.
"Sono tinti i tuoi capelli vero? Vero?" Riuscì a farmi notare e si voltò verso di me. Mi guardò per un secondo e disse, "Sai, il silenzio ha delle qualità molto sottovalutate." E si rivoltò fissando la porta dell'ascensore. Antipatico.
Prendendola come una sfida, continuai. "Scommetto che ti sei tinto perché faceva tanto trasgressivo a scuola tua. Sicuramente vieni da un liceo artistico, di quelli che sono famosi sul giornale solo per la quantità di ragazzi che hanno arrestato per possesso di droga. Sai,è per gente come te che adesso sottovalutano questi istituti che alimentano la creatività e l'arte. Facevi di tutto invece di studiare e con quel tuo atteggiamento antipatico che ti ritrovi poi..." Iniziai una parlantina che poteva stendere chiunque,basata su stereotipi e maldicenze popolari. Sinceramente, volevo farlo innervosire per staccarmelo di dosso, ma non funzionò,sembrava immune a tutte le mie parole come se di nascosto si fosse messo dei tappi per orecchie. Arrivati al piano niente lo aveva scalfito né innervosito. Uscì per primo dall'ascensore seguito poi da me, e si voltò all'improvviso facendomi prendere un colpo.
"Vengo da un liceo scientifico e alla maturità ho preso il massimo dei voti." Disse nel modo più apatico possibile, come se non volesse alcuna soddisfazione per quello che aveva detto o fatto, era solo una semplice informazione.
"Stai mentendo, non ti credo." Gli risposi.
Lui scrollò le spalle, "Io dico sempre la verità. Al contrario di qualcun altro."
Non colsi subito l'ironia di quella frase e anche questa sembrava più un informazione che un affermazione. "E allora dimmi dei tuoi capelli." Lui chiuse la conversazione facendomi cenno di tenere chiusa la mia boccuccia, ma naturalmente feci tutt'altro.
"Almeno mi vuoi raccontare la tua storia? Come ci sei finito qui ad In Mezzo?" Camminando per un altro lungo corridoio grigio con seminate miriadi di porte tutte uguali, lui fece uno scatto in avanti e lo interpretai come un tentativo di evasione dalle mie domande. Io ero insistente, finché non ci fermammo davanti una grande porta di metallo grigia che portava in una enorme sala da ballo, ma io ancora non lo sapevo, anzi, mai avrei sospettato che ci fosse una stanza così allegra in un luogo tanto lugubre.
Davanti a quella porta chiusa lui si era di nuovo voltato verso di me,"Perché dovrei dirti certe cose? Non mi fido di te." Disse senza mezzi termini. Forse era la sua più grande dote non avere peli sulla lingua; o diceva quello che gli passava per la testa o se ne stava zitto da una parte.
"Perché si!" Insistetti, "Si chiama pura conversazione, ne hai mai sentito parlare? Se devo avere una balia per lo meno voglio parlare o chiacchierare, sai, un botta e risposta. E poi io te l'ho raccontato come ci sono finita qui."
"Non è vero."
"Cosa non è vero?"
"Non l'hai mai detto come ci sei arrivata qui Melania, hai mentito prima."
Io,la racconta storie, mi ero ammutolita. Non potevo crederci. Non ero riuscita a contenere la mia sorpresa, avevo gli occhi spalancati e la bocca mezza socchiusa, ma dovevo riprendermi o glie l'avrei data vinta e questo di certo non lo volevo.
"Io non ho mentito, ho detto-"
Mi zittii indicando una parte del mio viso e disse, "L'hai rifatto."
"È da maleducati indicare le persone," mi stavo innervosendo. Davvero quel ragazzo sapeva che avevo mentito? Nessuno mi aveva mai scoperto.
Continuai, "E poi, cosa avrei rifatto?" Lui con ancora frasi corte, ferme e sicure, mi spiegò molto grossolanamente, "Ogni persona lo fa in modo diverso. Tu sbatti le ciglia due volte prima di dire una bugia."
"Non è vero."
"L'hai appena rifatto."
Diamine, "Ti dico di no, tu adesso stai mentendo!"
"Io dico sempre la verità." Ripeté.
Mi stavo veramente arrabbiando. Quel ragazzo, in un primo momento,pensavo fosse arrabbiato per le menzogne che avevo raccontato, ma non era così. Guardandolo meglio non sembrava adirato, ma divertito! Ero io quella infuriata e presa in giro come una ragazzina!
Davvero sbattevo le ciglia due volte prima di mentire? Non me ne ero mai accorta prima di allora. E poi lui non mi sembrava il tipo che faceva caso a certe cose così sfuggenti come un battito di ciglia.
"La tua recita era abbastanza convincente, devo ammetterlo, hai una gran fantasia, ma è stato del tutto inutile. Hai mentito ad Altea e gliel'ho detto. Noi non ci fidiamo di te, ma a me servi. Quindi seguimistando buona e zitta." Sottolineo l'ultima frase con un gesto deciso della mano, come se questo mi facesse per davvero chiudere la bocca. Pensava che il discorso fosse chiuso, che mi avesse addomesticato con la sua aria prepotente che in parte lo rendeva anche più bello... si l'ho detto. Lo trovavo carino, era un bel tipo dopotutto e il fatto che mi tenesse gli occhi addosso per paura che scappassi, lo trovavo comunque terribile, ma non del tutto.
Finalmente stava per aprire la porta e si spaventò perfino lui. Nel suo viso senza espressioni gli occhi si sbarrarono alla vista dell'enorme sala con più di cento Vaganti al centro che danzavano a ritmo di valzer e altrettanto ai lati che aspettavano in massa il loro turno,canticchiando e parlando. Era sorpreso e io non feci a meno di dire,"Alla faccia dell'attenzione."
Lui tentò di giustificarsi, seriamente preoccupato da quella situazione.
"Non ci doveva essere Mr. Walnut adesso..." Disse a voce alta fra se ese, come se questo Mr. Walnut, di cui avevo già sentito parlare molte volte, fosse la causa di quella festa e che fosse un enorme problema per lui. Io ne approfittai.
"Beh, che disdetta, non trovi mio caro Drufus?" Dissi mentre scattai inavanti facendo sorprendere ancora di più quel Drufus. Tentò di prendermi, ma era troppo tardi. Ero riuscita a scappare da quell'antipatico.
Per passare tra la folla davo senza esitazione spallate e gomitate, ma questi erano così assorti dalla musica da non notarmi nemmeno anche se gli pestavo un piede. Non ero arrivata a metà sala che mi voltai per vedere il mio inseguitore, ed ero felice di non trovarlo fra la folla. Ricominciai a scappare e in fondo alla sala c'era una porta che dovevo assolutamente raggiungere, anche a costo di nuotare attraverso quella massa di gente grigia. Vicino alla porta, poco più a destra c'era un palcoscenico con dei Vaganti che suonavano i loro strumenti bianchi e lucenti; fra questi c'era un enorme pianoforte a coda al centro del palco che diffondeva una musica allegra e frizzante, proprio l'opposto di quel luogo e quasi stonava nel contesto, ma era così gioiosa che poteva rianimare per davvero quel posto.
Mentre continuavo a spostarmi fra la folla, con ormai Drufus disperso,volevo vedere chi avesse un'anima così allegra per far ballare tutte quelle persone che avevano ormai perso la speranza e accettato la morte. Era un uomo vestito elegantemente e con un completo grigio acceso, camicia, scarpe lunghe e un bastone nero appoggiato al pianoforte. Aveva una singolare particolarità quell'uomo alto perfino da seduto, che lo contraddistingueva da tutti quei Vaganti, e io lo conoscevo, e come!
Era Mr. Walnut, la prima persona che incontrai in questa folle avventura.
Eral'uomo senza testa della metro, il signor Bizzarro!
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