In un angolo di me, resta.

Finale

Quando usciamo di casa è mezzanotte passata, fuori sta nevicando ma fa comunque meno freddo di quanto ne avvertissi in quella camera mortuaria, una volta terminato il rituale.

Sogno un Natale con la neve da quando avevo nove anni ma ora non so bene se essere felice o se devo prendermela con l'universo, che per farmi questo regalo ha atteso la mia morte.

Poi rifletto sul fatto che le impronte su questa neve sono le tue e che, quando tutto sarà finito, nessuna orma parlerà del mio passaggio. Forse questo manto di neve scintillante, che attutisce i suoni ed esalta le luci delle luminarie, non è a me che vuole rendere omaggio.

Mi interrogo sul nostro destino e sul motivo per cui lui abbia scelto me, te o le tue amiche o in generale questo paesino sperduto nell'entroterra abruzzese, per manifestarsi. Questa volta il senso di colpa è il tuo, emerge quando entrambi arriviamo alla stessa conclusione: ha rapito mio fratello, ha stretto un patto con me che prevedeva la mia morte, mi ha rivelato il segreto che permette a un'anima di possedere un corpo e quello che permette a delle semplici parole di tramutarsi in sortilegio.

Conduce tutto a me, sussurri nella nostra testa, è colpa mia.

Siamo pari, ti faccio eco, non ti sto certo conducendo a un concerto di Natale. Eppure le mie parole non servono minimamente ad alleviare il tuo dolore.

Abbiamo ancora un po' di strada da fare prima di incontrare il nostro amico, le nostre anime sono ancora scosse per l'esperienza che stiamo vivendo, scavano l'una nel passato dell'altra in cerca di risposte, si intrecciano, si abbracciano, si feriscono, si consolano.

Perché non è venuto a cercarti, se è te che vuole? A questa domanda affiora un ricordo. Ti vedo, hai all'incirca la mia età, stai leggendo il giornale di tuo padre che parla della sparizione di una ragazzina, una tua coetanea. Con i tuoi occhi vedo quella foto e riconosco lo stesso dolore provato per la sparizione di mio fratello. Era tua amica, la riconosco, era sua la festa di compleanno, quella del giorno che ricordi come il più bello della tua vita.
Scopro che è stato anche il giorno in cui lo avete sfidato e sconfitto. Quasi. Avete qualcosa in sospeso. Giusto. Quando lo avete incontrato eravate tutti appena adolescenti. Vero. Perché ha smesso di tormentarti? Non lo so. Quando ha smesso di tormentarvi? Non ricordo.

È vero. Non l'avevo notato prima, ma c'è qualcosa di strano nei tuoi ricordi, qualcosa ti impedisce di vedere tutto chiaramente. Quando con la tua mente penso a questa storia è come se qualcuno avesse intenzionalmente sottratto dei pezzi. Quelle ragazzine che fine hanno fatto? Non lo sai, eppure da quella sera eravate diventati inseparabili. Eravate amici. Come puoi non sapere dove siano ora?

Hai smesso di rispondere, ti fa male pensarci. Ma io devo sapere e mi dispiace, ma vi raggiungo in quella stanza.

Assisto all'aggressione da parte di un mostro ancora più spaventoso del Signor Chi. Ti tiene per il collo, siete faccia a faccia, ti guarda dritto negli occhi e tu vedi nei suoi l'abisso dal quale però ti sottrai, salvato dalle tue amiche. E' per quello che hai visto, che ti vuole morto? Cosa hai visto? Non lo so.

Potrebbe salvarci, no, potrebbe salvare te, ma tu preferisci riportarmi qui, sotto la neve e anzi, acceleri il passo fino a ché non ci fermiamo proprio davanti alla vecchia casa del Signor Chi.

Vaffanculo, se non interessa a te, perchè devo preoccuparmene io. Io sono qui per mio fratello, io sono qui per colpa tua.

Passo sotto ad una trave fissata sullo stipite della porta alla meno peggio per impedire il passaggio, un chiodo sporgente si conficca sul palmo della mano destra e la fitta, il sangue, mi ricordano che qualunque cosa accadrà lì dentro, farà male.

Gli occhi ci mettono un po' di tempo ad adattarsi al buio e io ho il cuore a mille, mi guardo nervosamente attorno e sono convinta di vedere sagome mostruose in ogni maledetto angolo.

Cerco te, chiedo aiuto perché ho paura di andare avanti ma mio fratello deve essere qui e io non posso scappare. Tu vieni in mio soccorso.

- Va tutto bene - dici, la tua voce mi rassicura e questo non va bene. Non devo fare affidamento su di te, lui mi aveva avvisato.

Non devi fidarti, sembrerà che voglia aiutarti, tu non cedere o riprenderà il controllo e tu svanirai nel nulla e non rivedrai mai più tuo fratello.

Prendi dalla tasca destra il cellulare e sferzi il buio con la torcia. A dieci passi da noi quella cosa appare dal nulla, non è il Signor Chi, non è l'orrore che mi aspettavo di incontrare, non ero preparata e non crollo a terra, non scappo, non urlo semplicemente perché ci sei tu a sorreggermi.

Avanza.

A nove passi dalla fine, intravedo l'oblio in cui hai rischiato di perderti, i suoi occhi sembrano incastonati in orbite troppo piccole per contenerli, sono bianchi e gelatinosi. La bocca enorme è spalancata, pende e oscilla molle, come la lingua di un cane. Le narici sono due buchi circolari e in continua espansione.

A otto passi dalla disperazione, gli urli di fermarsi. Sei tu a parlare, io non ne avrei il coraggio, e mi commuovo perché le tue ultime parole le sprechi per me:

- Dov'è mio fratello?

Hai trovato quella domanda nel profondo del mio essere, era lì soffocata tra la paura e il dolore, l'hai tirata fuori per me.

A sette passi dal rimpianto ha piegato gli angoli della bocca all'insù, imitando malamente un sorriso umano e ti ha guardato incuriosito, piegando la testa di lato, come se ci stesse studiando. Poi ha parlato.

- Tu hai rispettato il patto. Tu me lo hai consegnato. Lui ha appena fatto rientro a casa.

A sei passi dalla vendetta, a cinque passi dal perdono.

A quattro passi dal silenzio, tu mi dici addio e lasci che sia io a fare il resto. La fiamma è spenta e una falena con le ali in salvo non ha più voglia di danzare.

A tre passi dalla rassegnazione, la sua figura è davvero impressionante. È alto più di due metri e mentre avanza il collo continua a protrarsi verso il basso fino a ché il suo viso deforme è all'altezza del suo stesso ventre, per permettergli di guardarci negli occhi.

A due passi dall'inevitabile mi chiedo come posso essere sicura che non tornerà a prenderlo e sei tu, di nuovo, a rassicurarmi. Non potrebbe neppure se lo volesse. Il Signor Chi é la chiave di tutto. È il suo legame con il nostro mondo. Se non ripeterà quella filastrocca, sarà al sicuro.

È la sua presenza ad averti restituito i ricordi?

A un passo dal precipizio gli chiedo cosa ti farà. Lui risponde, ma solo perché sembra nutrirsi della mia ansia e vuole goderne fino alla fine.

Ci attraverserà, passerà da una parte all'altra del tuo corpo e poi svanirà portandoti via con sé e con il suo galoppino.

- Perché hai avuto bisogno di me per portartelo via?

Glielo chiedo quando il suo viso è a pochi centimetri dal tuo. Lui accosta la bocca al tuo orecchio destro e mi sussurra il suo ultimo segreto solo per farmi del male. Ha a che fare con le giovani anime, come lo erano le vostre quando il vostro incubo è incominciato, come lo era la mia, quando sono morta. La mia anima qui dentro è una luce che gli permette di vederti.

Sono io la fiamma, tue le ali destinate a bruciare.

È in quel momento che entrambi lo avvertiamo: la stessa vibrazione provata durante il rituale quando le nostre essenze si sono allineate, quando i nostri gesti erano perfettamente sincronizzati e le parole che mi sono state insegnate, hanno permesso questo legame.

Allora capisci la mia intenzione e che devi lasciarmelo fare: tu devi trovare il modo di fermarli e devi assicurarti che mio fratello, che nessun altro, conosca mai la triste desolazione che io e te stiamo provando.

Perché un rituale abbia effetto, i corpi devono muoversi in perfetta sincronia.

Appartengono a te le labbra che si muovono, ma siamo in due a pronunciare il più triste degli addii.

Perché un rituale abbia effetto, le parole pronunciate devono rispettare regole antiche che hanno a che fare col suono, la fonetica, l'intenzionalità.

- In Lack'ech.

Lui attraversa il mio corpo ma quella luce si è spenta. Così, un attimo dopo, è tutto finito.

***

Mentre percorro a ritroso la strada verso casa, le mie impronte sono ancora visibili e tu ti sbagliavi. Hanno parlato di te, per tutto il tragitto.

Avevo paura di dimenticare tutto, perché è così che è sempre andata, ma questa volta è diverso.

Per molto tempo io e te saremo bambini assieme e tu mi aiuterai a ricordare.

Quando il ricordo farà male, conterai le mie due lacrime e se mai tu dovessi finire in un angolo, sarà in un angolo di me.

Non smettere di danzare intorno alla mia anima, avrò cura di te.

Avrò cura delle tue ali, per sempre.

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