Sotto una nuova luce
Twin Towers. L'imponenza dei due edifici gemelli che interrompevano il manto nero del cielo costrinse Erin e Jason a levare il naso all'insù. Si trattava di una coppia di palazzi altissimi in cui erano stati ricavati uffici, negozi e anche centri di ristorazione. La ragazza seguì il suo accompagnatore che scelse l'edificio alla loro destra.
"tua zia è al trentacinquesimo piano" le aveva detto prima di chiamare l'ascensore.
Durante l'ascesa che li avvicinava alle stelle, Jason non aveva distolto lo sguardo dalle porte della gabbia metallica che rappresentava una sorta di prigione momentanea. Più in là con gli anni, Erin avrebbe scoperto che l'uomo era un po' claustrofobico.
Nonostante la preoccupazione mista a rabbia per il comportamento irresponsabile della zia, Erin non potè fare a meno di gustarsi il panorama notturno offerto da Morristown.
Il traffico cadenzato e regolato dai semafori interrompeva la staticità delle luci dei palazzi. Da quell'altezza, la città sembrava così silenziosa, quasi magica.
"dobbiamo cercare un tizio basso e grassoccio" la informò Jason appena le porte automatizzate lo liberarono da quella prigionia.
"è il tuo amico che ti ha avvertito?"
"sì, chiamiamolo così..." minimizzò sbrigativo.
Appena i due avevano messo piede nel ristorante, il concierge si era mosso nervosamente. Quegli ospiti inattesi non si confacevano alla normale clientela che era abituato ad accogliere.
"i signori desiderano?" aveva chiesto con una finta cortesia. Il modo in cui gli si era parato davanti, ostacolando il loro ingresso nella sala principale, era un chiaro messaggio di ostilità.
"ci hanno chiamato perché mia zia sta male. È Pamela Travis" spiegò Erin avvicinandosi al banco di registrazione. La superficie di granito finemente lucidata le permise di intuire il proprio riflesso.
Il concierge la squadrò con sospetto e si spostò a consultare il libro degli ordini.
"sì è qui" fu la sua inutile conferma.
"ci lascia passare o intendere provvedere lei?" sbottò Jason spazientito. Erin si voltò, turbata da quell'esclamazione, così poco consona al personaggio educato e schivo che era il suo vicino. Notò le folte sopracciglia leggermente aggrottate e gli angoli della bocca piegati verso il basso. Ogni muscolo del suo corpo era contratto in modo da manifestare palesemente la sua trepidante preoccupazione.
"potete andare" replicò l'uomo senza abbandonare la sua compostezza e il senso di disprezzo con cui guardava quelli che a suo avviso, non sarebbero mai potuti essere suoi clienti.
Una volta nella sala, Erin si sentì a disagio in quanto circondata dalla crème della società di Morristown. Il cliente meno elegante aveva solo la cravatta leggermente snodata.
Jason però, complice anche il suo sesso di appartenenza, tendenzialmente poco attento al look, sembrava non dar peso alla situazione: il suo unico obiettivo era recuperare Pam e andarsene.
Fortunatamente due uomini vennero loro incontro: come aveva anticipato Jason, uno dei due era basso e corpulento e fu il primo a parlare.
"eccoti qui! Non sapevo chi chiamare visto che l'ho conosciuta appena stasera"
"dov'è ora?" tagliò corto il ragazzo guardandosi attorno con aria furente.
"in bagno con Francis" il tono dimesso e colpevole del suo interlocutore irritarono ancor di più Jason.
"non potevi dirle di smetterla di bere, prima di ridursi a vomitare nella toilette?" sbottò
"c-ci ho provato"
Il balbettio e l'incapacità di sostenere lo sguardo accusatore che gli era stato lanciato, confermarono la colpevolezza dell'uomo. Sapeva di non aver fatto nulla per tutelare la ragazza ma si era limitato ad assecondare il suo amico mentre le riempiva il bicchiere. Quest'ultimo era un uomo molto avvenente, sulla quarantina che ad Erin ricordò un attore inglese di cui però non conosceva il nome.
"per fortuna che all'inizio della serata è saltato fuori che abbiamo te come conoscenza comune sennò non avrei saputo dove riaccompagnarla a casa" continuava a parlare il tizio tarchiato.
"come ti ho già detto Bob, non era un problema portarmela a casa" lo interruppe il sosia dell'attore. Dopo aver pronunciato quelle parole, scoppiò in una grassa risata che non accennava a voler fermare:
"una del genere me la sarei scopata tutta la sera" aggiunse passandosi il dorso della mano all'angolo della bocca per asciugare un rivolo di saliva.
"questa è sua nipote" scandì Jason a denti stretti indicando Erin. Era il modo più diplomatico che aveva trovato per suggerire all'uomo di darsi un contegno. Quest'ultimo spostò la sua attenzione verso quella che, a suo avviso era solo una ragazzina anonima:
"non le assomiglia per niente" biascicò, facendo abbassare il capo alla ragazza che si sentì a disagio.
"Erin, andiamo a recuperare tua zia?" tagliò corto Jason, frettoloso di liberarsi di quell'individuo così squallido. Aveva i muscoli del collo contratti e sentiva il sangue andargli al cervello.
Sulla soglia del bagno, la ragazza si offrì di entrare e l'uomo la aspettò all'esterno, spostando nervosamente il peso del corpo da un piede all'altro.
Trovò sua zia appoggiata sul water e la sua amica che le teneva di lato i capelli.
Doveva essere Francis. La donna aveva i capelli raccolti in uno chignon da cui alcuni ciuffi ribelli erano scappati via durante la serata. Emanava un forte profumo tanto buono quanto costoso. Squadrò Erin dall'alto in basso, come se la sua condizione fosse comunque migliore di quella della ragazzina che aveva davanti a sé. Non aveva gradito quell'intrusione, finchè Erin non si presentò:
"sono sua nipote"
L'espressione della donna allora mutò radicalmente e la fronte si distese nel più completo sollievo.
"per fortuna sei arrivata! È da mezz'ora che sono qua dentro" si lamentò Francis. Erin ignorò quel commento così egocentrico e aiutò Pam a rimettersi in piedi. La zia biascicò qualcosa di incomprensibile ed Erin si limitò a zittirla. Non sopportava di vederla in quello stato. Appena Francis potè scaricare la zavorra sulla ragazza, si affrettò a lasciare il bagno, con la stessa gratificazione di un carcerato a cui viene concessa un'ora d'aria.
Una volta varcata la soglia, fortunatamente Erin potè contare sull'indiscutibile aiuto di Jason: l'uomo provò a sorreggere Pam prendendola per il braccio che era rimasto vacante di sostegno ma la differenza di altezza tra lui e nipote rese l'operazione piuttosto goffa e difficoltosa.
Si frugò allora nella tasca posteriore dei pantaloni e prese il portafoglio che porse ad Erin:
"occupati tu di saldare il conto di tua zia. Chiedi al ragazzo che ci è venuto incontro quando siamo arrivati cosa ha preso Pam. I soldi dovrebbero bastarti. Io intanto la porto in macchina" e senza lasciare ad Erin il tempo di replicare, Jason prese in braccio Pam che, quasi in stato di incoscienza, non reagì minimamente.
Erin rimase impressionata dalla facilità con cui il ragazzo sorreggeva la zia e lo osservò con ammirazione mentre si dirigeva verso l'ascensore. Non potè fare a meno di notare le occhiate invidiose che alcune clienti dedicarono alla bella addormentata: la donna era, tra le braccia di quello che, presentatosi come uno sguattero, faceva un'uscita di scena da principe.
Una volta raggiunti i due adulti, Erin trovò sua zia accomodata sul sedile anteriore, completamente abbandonata a Morfeo. Jason invece teneva in mano la borsetta di Pam e gliela porse:
"ho visto che la macchina è laggiù" le disse indicando un punto a pochi metri di distanza. Erin la individuò e annuì. Frugò nella borsa e, al contatto con il portachiavi a forma di torre Eiffel, estrasse il mazzo di chiavi.
Salutò Jason e si affrettò a recuperare l'automobile.
Uscita dalla macchina, Erin si prodigò per facilitare il trasporto della zia che era a carico dell'uomo. Jason infatti aveva insistito per non svegliare la donna e si era preso l'incarico di portarla in braccio fino all'appartamento. Alla nipote non rimaneva che l'onere di antecedere la coppia per aprire le porte.
Guidò il salvatore della zia fino alla sua camera. L'uomo adagiò delicatamente Pam sul letto. La donna cominciava a destarsi e ad articolare frasi sconnesse:
"eh sì... sei venuto anche tu... altro che quel viscido... come una biscia... buone le escargot!"
Erin guardò Jason vergognandosi per il comportamento della zia. Per la prima volta, la ragazza realizzò quanto quella donna sempre così spensierata fosse in realtà fragile e volubile.
Solo vivendoci assieme l'aveva capito.
Sua zia odiava l'alcol, del resto era una costante della famiglia Travis reggere poco l'etanolo. Ma se era arrivata a ridursi in quello stato, i motivi potevano essere due ed entrambi penosi: aveva qualcosa da dimenticare oppure il tizio viscido l'aveva condizionata ad ubriacarsi a scopo moralmente discutibile. Mentre Erin contemplava quella visione così poco nobile della zia, Jason aveva un'espressione dolce e comprensiva che la nipote interpretò per indulgenza.
"beh Erin io vado. Non ti preoccupare ha solo esagerato con l'alcol e si vede che lo regge poco. Comunque se hai bisogno, batti un colpo... in tutti i sensi" aggiunse il dirimpettaio sorridendo.
Erin annuì con gratitudine ma prima che Jason abbandonasse la stanza, quest'ultimo si sentì tirare la maglietta. Sia lui che la ragazza si voltarono sorpresi: Pam si era sporta dal letto e, tenendosi saldamente al lembo che era riuscita a afferrare, mormorò:
"resta"
Aveva un filo di voce e non osava guardare un punto diverso dal pavimento della stanza.
I presenti rimasero di sasso. Erin non aveva mai visto sua zia così triste e depressa.
"m-ma zia!" protestò "Jason ha fatto anche troppo per te. Ti stai comportando da"
"resto. Non è un problema" concluse risoluto il ragazzo, sedendosi sul pavimento con la schiena contro il letto. Gli ci erano voluti meno di tre secondi per decidere il da farsi.
"almeno siediti sul letto" obiettò Erin, sempre più in colpa.
Odiava la fragilità della zia. Che ne era del suo orgoglio femminile? Della sua dignità? Supplicare così un uomo.
Erin non si sarebbe mai abbassata a tanto.
"mi piace stare seduto così. Non preoccuparti per lei Erin. La sua è solo una sbornia triste"
Lo sapeva che non era nulla di preoccupante, del resto lei aveva appena diciassette anni, non era estranea a quel genere di scene. Ma non poteva perdonare sua zia per essersi abbandonata così a tutto e a tutti come se non ci fossero conseguenze delle sue azioni.
"la vuoi una tisana?". Era l'unica merce di scambio con cui Erin sentiva di poter in qualche modo ripagare la gentilezza di Jason.
"volentieri" accettò il ragazzo.
In cucina Erin frugò nella credenza alla ricerca dei pregiati infusi che l'amico iraniano della zia le aveva portato tre mesi prima. Prelevò delle foglioline di melissa e mise a bollire l'acqua.
Quando finalmente la tisana fu pronta, Erin sbirciò all'interno della stanza. Jason era nella posizione in cui l'aveva lasciato. Sembrava immerso nei suoi pensieri.
"la tisana è pronta" gli sussurrò.
Si spostarono in cucina, dove Erin aveva sistemato delle tazze. L'orologio segnava che la mezzanotte era passata e un nuovo giorno era ufficialmente iniziato. La prospettiva che fosse domenica fu l'unica consolazione alla stanchezza della ragazza.
"per fortuna che ti ho beccata fuori..." iniziò Jason.
"non so come ringraziarti. Appena la zia si sveglia ti restituirà i soldi"
"non è necessario"
"invece sì! Ha speso esattamente 85,30 dollari. È stupida perché vive al di sopra delle sue possibilità" si sfogò Erin. Pam lavorava come segretaria in uno studio legale ma lo stipendio, seppur sufficiente per pagare l'affitto e i viveri, non era compatibile con gli articoli di lusso e le cene sofisticate che la donna talvolta si concedeva.
"tua zia non è stupida Erin. Semplicemente è insoddisfatta. Magari mi sbaglio, ma ho l'impressione che lei cerchi disperatamente di colmare il vuoto che sente dentro di sé aggrappandosi ai bisogni materiali. C'è qualcosa di triste nel modo in cui si guarda attorno"
Erin rimase basita. Non poteva credere a quanto aveva sentito.
Jason, quel Jason che lei si era sempre divertita a deridere per i modi impacciati e per l'aria poco sveglia, si era rivelato un uomo di grande sensibilità e intuito. In meno di un'ora, Erin aveva cambiato radicalmente l'opinione su di lui: nel momento del bisogno, il ragazzo aveva dato prova di grande maturità e sicurezza. Il modo in cui aveva soccorso Pam, la dolcezza con cui l'aveva trattata, scalfirono la corazza dura di Erin, che era sempre stata disgustata da quelle attenzioni e premure maschili che sottolineavano la vulnerabilità delle donne.
Per la prima volta, desiderò incontrare una persona che riuscisse a capirla come Jason aveva capito sua zia. Una persona tra le cui braccia potesse sentirsi rassicurata e protetta.
"le farebbe bene cambiare un po' aria. O provare qualche attività, che so, un corso di cucina per esempio, per evadere dalla routine"continuava a parlare Jason.
"quello le farebbe bene senz'altro perché è una pessima cuoca!" ribattè Erin deliziata da quella conversazione. Nonostante la stanchezza e il sonno che, come un nemico silenzioso, stava tessendo la sua trappola, la ragazza non voleva abbandonare quella tavola.
Jason rimase in silenzio guardando Erin con uno sguardo talmente dolce che le ricordò Nathaniel.
"che c'è?" gli chiese arrossendo
"te l'hanno mai detto che tu e Pam avete lo stesso sorriso?"
Erin avvampò ancora di più. Nessuno si era mai azzardato a trovare una qualche somiglianza tra lei e la zia. Pam era bellissima. Erin no. Punto.
La ragazza si grattò la guancia, chiedendosi quanto ci fosse di vero in quel complimento mentre Jason si alzava per riporre la propria tazza nell'acquaio.
"tua zia sta dormendo profondamente. Io non ho altro da fare qui. Grazie per la tisana, mi sa che sta sortendo il suo effetto"aggiunge Jason trattenendo uno sbadiglio.
Erin avrebbe voluto chiacchierare ancora, bearsi della compagnia di una persona così piacevole ma fu costretta ad assecondare la volontà dell'ospite.
Lo accompagnò alla porta e non la chiuse finché non fu lui ad entrare nel proprio appartamento sparendo dalla vista della ragazza.
Una volta richiusasi la porta alle spalle, Erin diede un'ultima occhiata alla zia. Anche se era scomposta, con i capelli che le scendevano disordinatamente sul viso, Pam era molto bella.
Erin passò davanti allo specchio del soggiorno e provò a sorridere. Non riuscì a cogliere la somiglianza tra la smorfia che vide riflessa e il sorriso radioso della zia.
Tornò in cucina dove recuperò il cellulare. Sulla schermata apparve un messaggio di Iris:
"mio fratello è stato operato. Ora sta bene. Grazie ancora per il passaggio e per la serata :)"
Il messaggio risaliva a pochi minuti prima. Cercò il numero dell'amica e la chiamò.
Dopo qualche secondo, Iris rispose:
"ehi, pensavo fossi già a nanna"
"è una storia lunga, ti racconto domani. Allora? Adam tutto bene?"
"sì sì. Adesso avrà cinque giorni di degenza poi lo rispediscono a casa"
"mi fa piacere. Tu sei ancora là in ospedale?"
"in realtà no, sto andando a recuperare la macchina al parcheggio per tornare a casa. Mia madre passerà la notte qui e nella fretta, non si è portata nulla per il nostro piccolo paziente"
"beh allora sarà meglio se ci salutiamo. Mi bastava sapere che è tutto ok"
"non pensarla di cavartela così furbetta. Domani mi devi raccontare di Nath!" brontolò allegra Iris.
Anche se Erin non poteva vederla, non faceva fatica ad immaginare il sorrisetto divertito dell'amica dall'altro capo del telefono.
Il lunedì successivo la testa di Erin non poteva fare a meno di ciondolare ad ogni sobbalzo del bus, incapace di opporre una minima resistenza al moto del mezzo. La ragazza aveva troppo sonno per tenere gli occhi aperti.
Gli eventi degli ultimi giorni cominciarono ad affollare la sua mente e la ragazza fu costretta a mettere un po' d'ordine.
Dopo quel sabato notte così turbolento, la domenica successiva sua zia era in uno stato pietoso: vagava per la casa come un zombie, massaggiandosi continuamente le tempie nel vano tentativo di trovare sollievo al mal di testa.
Quando Erin le aveva accennato agli eventi della sera prima, Pam era caduta dalle nuvole. Per quanto si sforzasse di ricordare, aveva solo ricordi annebbiati e immagini sfuocate. Tra queste, il profilo di Jason e la sensazione di essere sollevata dal suolo. Ad Erin tuttavia non aveva riferito di ricordare anche l'odore del suo cavaliere e di quanto quella percezione la avesse rassicurata.
Dopo un pranzo fugace e misero, per non sforzare uno stomaco già provato dall'alcol, Pam aveva passato la giornata distesa sul divano a guardare la TV. Era la prima volta che Erin la vedeva così silenziosa e assorta nei propri pensieri. In due occasioni la zia le aveva chiesto notizie di Jason, ma la nipote non si era rivelata una grande informatrice.
"va a suonare da lui così vedi se è in casa" le aveva risposto con semplicità prima di cercare il numero di Iris nella rubrica del cellulare. L'amica del resto era ancora ignara degli avvenimenti della sera prima e meritava di veder colmata questa sua lacuna.
"tornerà a casa per pranzo no?"
"non è detto. Forse aveva dei programmi per oggi, del resto è domenica" aveva replicato Erin dopo aver avvicinato il telefono all'orecchio.
Mentre era impegnata nella conversazione, Pam udì dei passi in corridoio seguiti da voci familiari:
"ce ne fossero ancora di giovani come te Jason.." stava dicendo Miss Plum, la vecchietta che viveva sul loro stesso piano. Tra zia e nipote ci fu uno scambio di sguardi immediati.
"eheh, si figuri, sono di strada" aveva risposto cordiale l'uomo.
A quelle parole, che valsero come uno sparo in una gara di velocità, Pam scattò in piedi con l'agilità di una gazzella. Il movimento fu talmente rapido che non si accorse che Erin aveva qualcosa da farle presente.
Aprì quindi la porta con foga, esclamando il nome di quella persona che aveva occupato i suoi pensieri nelle ultime ore:
"Jason!"
Sia Miss Plum che il diretto interessato avevano sussultato. In sincrono, dopo aver individuato la fonte di quell'esclamazione, avevano abbassato lo sguardo verso le gambe nude di Pam che, nella foga del momento, aveva dimenticato che stava girando per casa con una maglietta che, per quanto lunga, le copriva a malapena il sedere.
Jason, più per rispetto verso Pam che per celare il suo imbarazzo, aveva distolto lo sguardo, trovando improvvisamente un interesse smodato per i pulsanti dell'ascensore. La vecchietta invece le aveva lanciato un'occhiata di disapprovazione.
Non appena Pam aveva realizzato quale fosse la causa di quella reazione, si era affrettata ad abbassare il più possibile i lembi della maglietta, tendendola al punto che la stoffa rischiava di cedere in un rovinoso strappo.
Sentiva che la testa cominciava a girarle sia per la rapidità con cui era passata da una posizione supina ad eretta, sia per i postumi della sera prima così si era appoggiata allo stipite della porta:
"scusate..." borbottò confusa.
Jason aveva salutato Miss Plum che, senza rinunciare a quell'occhiata carica di disapprovazione verso Pam, era entrata nel suo appartamento. Non faceva mistero della scarsa stima che riponeva nella sua giovane vicina, a suo avviso disinibita e frivola. Aveva avuto un ricambio di uomini che l'anziana giudicava inaccettabile quanto le dimensioni microscopiche dei vestiti che Pam talvolta indossava la sera. Evidentemente di quel fisico mozzafiato serviva a compensare la mancanza di materia grigia. Anche se Pam non immaginava quanto Miss Plum la disprezzasse, non era così stupida da non essersi accorta del modo in cui la donna le si rivolgeva e pertanto cercava di interagire con l'anziana vicina il meno possibile.
Mentre Miss Plum si stava chiudendo la porta alle spalle, la ragazza aveva provveduto a recuperare il trench appeso all'entrata per darsi un aspetto più decoroso. Mettendo da parte il forte disagio che le aveva seccato la gola, cominciò:
"Erin mi ha detto di ieri sera. Mi dispiace di averti creato tutti quei problemi"
Jason era tornato a prestarle attenzione. Le palpebre erano leggermente abbassate e la pelle sembrava meno luminosa. Dava l'impressione di essere un po' debilitato, conferma che arrivò dal profondo sospiro di stanchezza:
"stai bene?" aveva indagato Pam incerta.
"sì tutto ok. Ho solo avuto una giornata pesante, niente di che. Tu, piuttosto... va meglio?" le aveva risposto schivo, recuperando le chiavi del proprio appartamento.
"sì grazie. Grazie davvero... puoi aspettare un secondo che recupero i soldi?"
"non serve Pam"
"ma scherzi? Non esiste che dopo tutto quello che hai fatto ci rimetti pure!" aveva protestato la zia. In quel momento Erin, incuriosita dalla conversazione, si era avvicinata alla soglia stando attenta a non farsi vedere dai due. La conversazione con Iris era appena terminata. Aveva solo omesso il "quasi bacio" con Nathaniel ma per il resto aveva esaurito il racconto sull'avventura della zia. Non poteva immaginare che già ci fossero nell'aria nuovi sviluppi da riferire.
"sul serio non serve. Considerala la cena che avrei voluto offrirti ieri".
Il sorriso triste dell'uomo spiazzò Pam che rimase con la bocca socchiusa incapace di replicare
"Ora scusami ma sono proprio stanco. Buona giornata" e detto questo il ragazzo, dopo l'ennesimo sorriso gentile, si era richiuso la porta alle spalle.
Pam era rimasta sulla soglia a fissare la porta che era appena stata chiusa. Quelle parole l'avevano ferita, facendola sentire piccola piccola. I modi di Jason erano stati di una brutale gentilezza che le avevano ferito l'anima con una carezza.
"Considerala la cena che avrei voluto offrirti ieri"
Non poteva trovare formula migliore per congedarsi da lei e concedersi un'uscita di scena in grande stile.
"e secondo te perché si è comportato così?" le chiese Iris al termine della cronaca.
Fortunatamente per Erin il suo viaggio in bus smetteva di essere una corsa in solitario non appena arrivava alla fermata dell'amica. Quando quest'ultima era salita, Erin si era destata dal suo torpore e si era affrettata ad aggiornarla sulle ultime novità.
"semplice: ha aperto gli occhi su mia zia. Lui l'ha sempre idealizzata invece sabato notte si è reso conto che è solo una donna infantile e fragile. Ne è rimasto deluso e quindi ora prende le distanze da lei"
"però non mi sembra che tua zia abbia gradito la sua reazione, anche se ti ha sempre detto che lui non era il suo tipo" osservò Iris.
"penso si siano invertite le parti: ora lei sta cominciando a capire che lui poteva essere quello giusto mentre lui ha capito che mia zia è una donna tanto imperfetta e dbole"
"sei un po' dura con tua zia Erin" puntualizzò Iris con una certa nota di biasimo. Sapeva che l'amica, preferiva esprimere le sue opinioni senza mezzi termini, ma Iris ritenne eccessiva l'asprezza con cui giudicava la zia.
"dico solo le cose come stanno" replicò asciutta la ragazza mentre scendevano dal mezzo.
La prima ora di lezione con il professor Condor non passava mai. Erin ne approfittò per concordare con il suo vicino di banco, nonché compagno di ricerca di scienze, un giorno per svolgere il progetto assegnato esattamente una settimana prima.
Incredibilmente il ragazzo si era presentato alla lezione (che normalmente saltava) e anche se Erin avrebbe voluto indagare sulla causa di quella conversione mistica a studente responsabile, aveva altre priorità.
Dopo una breve discussione, avevano optato per il sabato pomeriggio a casa di Erin.
Una volta venuto meno l'argomento di conversazione, Castiel si concentrò sulla composizione di uno spartito dal titolo "Two chairs" mentre Erin, in mancanza di un'attività con cui far passare il tempo, allungava l'occhio ogni tanto:
"non puoi trovarti qualcosa da fare invece di star lì a fissare quello che faccio io?" aveva sbottato dopo un po' il ragazzo. All'inizio aveva cercato di ignorare quelle occhiate accompagnate dalle buffe smorfie della ragazza finchè non aveva realizzato che il suo obiettivo era proprio attirare la sua attenzione, tanto era annoiata.
"hai qualche attività da suggermi?" replicò Erin tediata.
"prendi appunti così poi me li passi" suggerì il rosso tornando al suo lavoro.
"scordatelo" ribattè perentoria ma dopo qualche secondo si corresse "comunque non hai tutti i torti. Mi metto a far schemi dal libro visto che Condor manco sa di cosa sta parlando"
Castiel si sentì sollevato nel poter tornare a lavorare al suo spartito ma dopo un po' fu proprio lui a deconcentrare la vicina:
"bella scrittura" borbottò con ammirazione.
Erin sollevò la testa meccanicamente, fulminandolo con lo sguardo. Era un dato di fatto che la sua scrittura fosse pessima per cui colse immediatamente del sarcasmo in quelle parole.
"pensa alla tua" lo rimbeccò
"no dico sul serio" insistette il ragazzo con sincerità.
A quel punto la ragazza dapprima lo fissò perplessa poi borbottò:
"non posso credere che il primo complimento che mi fai sia una bugia"
"a me piace"
Erin non lo guardava, ma continuava a tenere gli occhi fissi sul foglio sotto di sé. In qualche modo sperava di ravvisare un qualche motivo per cui il ragazzo potesse apprezzare quella calligrafia così poco chiara. Anche se non ci riuscì, stava quasi per illudersi che le parole di Castiel fossero sincere che questo aggiunse, con un sorriso invitante
"ci studierei quasi volentieri su quegli appunti"
Erin trattene una risata nervosa. Ecco dove voleva andare a parare.
"pensi davvero che ti presterò questi schemi per un misero complimento, palesemente falso?"
"se vuoi qualcosa di più, possiamo parlarne" ribattè prontamente Castiel allargando le braccia in segno della più completa disponibilità.
La replica di Erin fu un dito medio alzato.
Certe volte quella era l'unica risposta alle provocazioni del ragazzo.
Appena la lezione terminò, Kim si alzò agile come un gatto per evadere dall'aula. Detestava stare seduta troppo tempo e, a meno di non essere impegnata in un ripasso disperato in vista di un'interrogazione, era una delle prime ad abbandonare la classe.
"non così in fretta signorina!"
La voce stridula della preside la fece arrestare di colpo. La vecchietta le si era parata davanti impedendole di avanzare ulteriormente.
Tutti gli studenti della 4^ C sapevano (e anche Erin l'avrebbe imparato) che quando la preside si presentava personalmente in aula, allora o c'era qualcosa di grosso oppure qualcosa che non andava, o entrambi. A confermare quel "topos procedurale" furono le parole e il tono di rimprovero in cui vennero pronunciate.
"Sedetevi tutti. Vi ruberò solo due minuti anche perché non lascerò spazio a repliche. Mi è giunta voce del vostro comportamento indecoroso alla piscina comunale la settimana scorsa. Pertanto per questa classe le lezioni in piscina sono annullate e tornerete a fare lezione in palestra come è sempre stato"
Si levarono borbottii di protesta ai quali ovviamente non si aggiunse Kim. Non poteva aspettarsi niente di meglio.
Come aveva assicurato all'inizio della comunicazione, la preside non diede la possibilità agli studenti di difendere le proprie ragioni.
"vi è stata data un'opportunità e ve la siete giocata male. Del resto non è la prima volta che questa classe viene segnalata per problemi disciplinari. Che vi serva da lezione. Al vostro posto andranno due classi della professoressa McGuire"
La donna non aggiunse altro. Si limitò a girare i tacchi lasciandosi alle spalle un crescendo di lamentele che sfociarono in qualche parolaccia e commenti poco lusinghieri alla sua persona.
Durante l'ora successiva, Miss Joplin fece il suo ingresso, puntuale come sempre. Quel giorno aveva i capelli raccolti in uno chignon che le sottolineava il collo lungo ed elegante.
Quella era l'ora che Erin attendeva con più trepidazione, non solo perché adorava quell'insegnante ma anche l'argomento che stavano trattando: la genetica mendeliana.
Erin frugò nella borsa, dapprima con calma ma poi i suoi movimenti diventarono frenetici e affannosi. Per quanto spostasse su e giù il contenuto, non riusciva a trovare ciò che stava cercando:
"l'hai preso tu il mio quaderno di biologia?" si voltò minacciosa verso Castiel.
Il ragazzo,che in quel momento era impegnato a parlare con Trevor, seduto davanti a lui, scrollò le spalle.
"merda! Forse l'ho lasciato al club di musica venerdì!" ipotizzò Erin guardando il compagno di banco che, in tutta risposta la fulminò.
Castiel se lo sentiva che la goffaggine di Erin avrebbe in qualche modo fatto trapelare l'esistenza dei suoi venerdì sera clandestini al liceo. Era proprio per questo che non aveva gradito che la ragazza lo avesse scoperto. La domanda da parte di Trevor intanto era sorta spontanea:
"e tu che ci facevi là venerdì?"
Erin aprì la bocca per parlare, alla ricerca disperata di una scusa valida, ma fortunatamente il suo affanno fu sedato all'istante poiché Miss Joplin richiamò l'attenzione della classe, Trevor compreso:
"correggiamo gli esercizi che vi ho dato la settimana scorsa..." e a cominciò a scrutare tra gli sguardi schivi dei suo studenti alla ricerca della sua vittima:
"Erin! Vuoi cominciare tu?" le disse con un sorriso incoraggiante. La ragazza, poiché ancora assorta nei suoi pensieri, era l'unica in classe che non aveva abbassato il capo. Questo atteggiamento era stato interpretato dall'insegnate come una manifestazione di sicurezza e intraprendenza.
Purtroppo la donna aveva equivocato completamente la situazione ed Erin era tutto fuorchè preparata. Era agitata, nervosa e a disagio: non se la sentiva di ammettere di non avere il materiale poiché Miss Jopin le piaceva molto. Sapeva che quella semplice mancanza l'avrebbe delusa e l'avrebbe fatta dubitare della sua serietà e responsabilità come studentessa.
"passami il quaderno" bisbigliò a Castiel e, senza aspettare risposta dal rosso, lo fece scivolare di scatto sul proprio banco, approfittando di una distrazione dell'insegnante.
Il ragazzo non oppose la minima resistenza ma si limitò a guardare divertito Erin che realizzò troppo tardi quanto poco le sarebbe servito l'oggetto che aveva sequestrato al legittimo proprietario.
Su quel quaderno, infatti, nessun esercizio era stato svolto.
"non li hai fatti!" sussurrò arrabbiata voltandosi verso il ragazzo.
"e ti sorprendi pure" commentò lui tranquillo ammirandosi le unghie.
"allora Erin cominciamo?" la incalzò la Joplin.
La ragazza sospirò e annuì. Ci avrebbe provato.
"leggi il testo dell'esercizio" la esortò l'insegnante appoggiandosi alla cattedra e incrociando le braccia al petto.
"nel primo albero ginecologico-"
La classe scoppiò a ridere.
Erin realizzò la stupidaggine che aveva letto dal quaderno di Castiel che si era unito al resto della classe nella risata collettiva.
"genealogico" si corresse prontamente "hai una scrittura di merda" bisbigliò in direzione di Castiel.
Inutile dire che quell'offesa gli scivolò via come una saponetta sul marmo.
"individuare la modalità di trasmissione della malattia. Dunque... io ho pensato che..." esordì Erin cercando di prendere tempo "dal momento che madri affette hanno sempre figli maschi affetti mentre i maschi malati...non hanno mai figli affetti, dovrebbe trattarsi di un carattere legato all'X"
"molto bene" confermò Miss Joplin annuendo con convinzione mentre tra i banchi si levava qualche vocio:
"ah io pensavo fosse autosomica. Tu cosa avevi messo?"
"io l'ho sparata a caso"
Miss Joplin zittì il brusio tra due studenti e tornò a concentrarsi su Erin.
"e credo sia dominante perché una persona affetta ha almeno un genitore affetto" concluse la ragazza sperando in una conferma.
"tutto giusto. È chiaro per tutti?"
Arrivarono cenni di assenso, così la professoressa esortò Erin a fare anche l'esercizio successivo. La ragazza lo eseguì in modo eccellente come il primo, anche se molti compagni di classe ammisero di non essere riusciti a risolverlo.
Infine mancava solo il terzo esercizio.
Nello scorrere il testo Erin fu assalita dal panico. Dei due precedenti aveva un vago ricordo, ma quello non l'aveva certo risolto venerdì, quando si era messa a farei compiti mentre Castiel e Lysandre suonavano. Avrebbe dovuto improvvisare un ragionamento che si preannunciava più complesso dei primi due.
"prof quello dei fiori era impossibile da fare!" s'intromise Sonia, una ragazza grassoccia e alla sua protesta si aggiunsero cenni d'assenso da parte dei compagni.
Erin nel frattempo continuava a macchinare. Poteva nascondersi anche lei dietro la scusa di non essere stata in grado di risolverlo, ma forse non era necessario.
Castiel nel frattempo la scrutava con la coda dell'occhio, incuriosito dalla piega che avrebbero preso gli eventi.
Non l'avrebbe mai ammesso, ma se c'era un motivo per cui la sua presenza in classe nell'ultima settimana era stata più assidua, quel motivo era proprio seduto accanto a lui.
"nessuno è riuscito a farlo?" chiese Miss Joplin sinceramente sorpresa. Era quel tipo di insegnante che riponeva grande fiducia nell'intelligenza dei suoi studenti che solleticava con quesiti talvolta un po' troppo impegnativi per la loro preparazione scolastica.
Sulla base delle lezioni che avevano fatto fino a quel momento sapeva che non sarebbe stato semplice per loro arrivare alla corretta conclusione, ma sperava che almeno qualcuno avesse provato ad avanzare un'ipotesi.
"io lo so prof!" s'intromise Ambra, soffocando all'istante la delusione della professoressa. Ambra era una delle sue studentesse migliori, se non la più brava. Questo almeno prima dell'arrivo di Erin che in meno di una settimana aveva dimostrato che quanto a ragionamento e intelligenza, non le era seconda. Conoscendo Ambra e la stima che la ragazza nutriva per lei come insegnate, Miss Joplin non faticò a immaginare quanto la bionda studentessa lottasse per mantenere il ruolo di prima della classe nella sua materia. Lasciò quindi che la ragazza illustrasse la sua spiegazione, ascoltandola con attenzione e aspettativa:
"dunque abbiamo un fiore rosso che viene incrociato con un fiore bianco. Nascono fiori rosa. Questo perché la generazione parentale è omozigote dominante rispettivamente per l'allele "rosso" e per l'allele "bianco". La progenie F1 avrà quindi un allele rosso e un allele bianco che combinati danno rosa" concluse soddisfatta la bionda. Dalla classe si levarono cenni d'ammirazione e d'assenso. Il ragionamento filava.
Erin però aveva corrugato la fronte, non convinta e tale espressione non sfuggì a Castiel. Il ragazzo sorrise divertito aspettando il momento in cui Miss Joplin avrebbe colto anch'essa quell'espressione; la professoressa nel frattempo era impegnata in un dibattito con Ambra:
"quindi la tua teoria Ambra è che venga prodotto un pigmento di colore bianco e uno di colore rosso che negli eterozigoti si combinino a dare come risultato il rosa"
"esattamente come succede quando si mescolano i colori a tempera" spiegò la bionda con orgoglio. La sua presunzione e sicurezza erano tali da impedirle di accorgersi che la professoressa non condivideva quella tesi. La donna spostò finalmente il suo sguardo su Erin, la cui espressione contrariata era rimasta congelata dopo la spiegazione della compagna di classe:
"sei d'accordo con Ambra, Erin?"
A parte il fatto che ad una domanda del genere Erin avrebbe risposto no per principio, a prescindere dal contesto, la ragazza aveva una spiegazione diversa. Miss Joplin aveva capito che non poteva essere diversamente, ma aveva posto la domanda come se non se ne fosse accorta. Intanto Erin aveva cominciato ad esporre la sua tesi:
"non credo che il fiore bianco produca un pigmento bianco. Piuttosto mi verrebbe da pensare quello che Ambra chiama "allele bianco" in realtà sia un allele non funzionante. I fiori bianchi sono tali perché non producono nessun pigmento. Quindi i fiori eterozigoti della popolazione F1 avranno cellule che, rispetto alle rosse parentali, esprimono la metà del pigmento totale ... e quindi appariranno più sbiadite cioè rosa"
La classe rimase in silenzio aspettando che la professoressa, che il quel momento sembrava l'arbitro di un incontro di pugilato, decretasse la vincitrice.
Miss Joplin sorrise in direzione di Erin:
"complimenti Erin. È esattamente come dici tu"
La bocca dell'insegnate era distesa in un sorriso carico di compiacimento e soddisfazione. Non si era sbagliata sul conto di quella ragazza.
I compagni si scambiarono occhiate di ammirazione e stupore mentre Erin restituiva il quaderno a Castiel. Questa volta però non passò inosservata e Miss Joplin pretese immediatamente una spiegazione. Erin rimase in silenzio ma dopo l'ennesima esortazione dell'insegnante fu costretta a confessare:
"la verità è che ho dimenticato il quaderno" si giustificò. Sentiva di dover guardare in faccia Miss Joplin e non poté non notare la rapidità con la quale la donna era passata da un'espressione di stima alla più completa delusione:
"quindi gli esercizi li ha risolti Castiel" dedusse Miss Joplin mal celando una certa perplessità. Spostò lo sguardo verso lo studente più svogliato della sua classe chiedendosi se non ne avesse sottovalutato le doti. Il ragazzo, dal canto suo, sembrava disinteressato all'attenzione che gli era dedicata in quel momento mentre Erin si sentiva in trappola: o rivelava che Castiel non aveva fatto i compiti o gli lasciava prendersi ogni merito. Del resto non era colpa del ragazzo se lei aveva perso il quaderno.
"ah, io non ci ho nemmeno provato. Ha risolto tutto a mente"
Erin si voltò sorpresa verso il compagno di banco che aveva appena parlato.
Una volta tanto, la sua strafottenza le risultò persino affascinante. Evidentemente aveva sopravvalutato l'importanza che Castiel poteva dare alla sua reputazione scolastica, o per lo meno non era l'immagine dello studente in gamba quella che voleva dare.
"davvero l'hai risolto adesso su due piedi?" chiese conferma Miss Joplin, tornando a concentrarsi su Erin. La donna, anziché essere offesa, dimostrava di essere sorpresa. Piacevolmente sorpresa
Erin annuì e la donna si limitò ad un cenno di soddisfazione. Senza aggiungere altro, Miss Joplin aggirò la cattedra, tornando ad occupare il posto che le spettava come insegnante e aprì il libro pronta a spiegare un nuovo argomento.
"avessi visto Violet come ci siamo rimasti tutti" stava raccontando Iris all'amica artista.
L'immancabile trio era seduto al solito posto per pranzare, abitudine che ormai, a distanza di una settimana dall'arrivo di Erin al Dolce Amoris, era ormai assodata.
"non esagerare Iris" minimizzò Erin, arrossendo lievemente.
"nessuno era riuscito a farlo quell'esercizio e tu l'hai risolto in quattro secondi!" puntualizzò l'amica con ammirazione "Ambra che è sempre stata la più brava l'ha addirittura sbagliato!".
"sei portata per la genetica Erin" commentò dolcemente Violet.
"se ci sono portata non lo so, ma mi piace molto" ammise Erin "vorrei solo sapere che fine ha fatto il mio quaderno. Prima sono tornata al club di musica ma non c'era più" disse sconsolata.
"tranquilla, ti presto i miei appunti della scorsa settimana" la tranquillizzò Iris.
"non credo sarà necessario"
Le tre ragazze si voltarono verso un'unica direzione, trovandosi di fronte uno dei ragazzi più eccentrici e affascinanti dell'istituto. I capelli chiari riflettevano la luce solare che li rendeva ancor più brillanti e argentei.
"Lysandre!" esclamò Erin contenta. L'occhio le cadde immediatamente sull'oggetto che il ragazzo teneva tra le mani:
"è il mio quaderno!"
"l'hai lasciato venerdì al club di musica ma dopo averlo preso mi sono dimenticato di rendertelo" spiegò il ragazzo porgendoglielo.
Erin afferrò il quaderno, sperando che né Iris né Violet facessero domande sul perchè l'oggetto fosse stato smarrito al club di musica.
"grazie. Vuoi pranzare con noi?"
Lysandre sorrise gentilmente e replicò:
"volentieri" però anziché sedersi accanto alle ragazze sulla scalinata, si appoggiò su una sorta di muretto ad un metro da loro.
"Lysandre, ti presento Iris che è in classe con me, e lei invece è Violet"
"molto piacere" rispose il ragazzo ricambiando gli sguardi timidi delle due ragazze con un'espressione carica di fascino e carisma.
In particolare fu Violet a calamitare l'interesse del ragazzo: l'artista infatti, dopo aver consumato un fugace pranzo, stava dedicando quell'intervallo di tempo al suo amato album da disegno. Quando Lysandre aveva interrotto la loro tranquillità, la ragazza aveva smesso di disegnare, imbarazzata dalla presenza di un estraneo. Lei aveva difficoltà a concentrarsi sul proprio lavoro quando era tra persone che non fossero quelle con cui aveva più confidenza. La sua scarsa autostima e l'abbondante insicurezza la rendevano particolarmente vulnerabile alle critiche, anche a quelle più neutrali.
Tutto questo Lysandre non lo sapeva ancora così, staccatosi dal muretto, si sporse a sbirciare l'oggetto che Violet teneva appoggiato sulle gambe.
Istintivamente l'artista si affannò a proteggere fisicamente la sua opera, sollevando verticalmente l'album in modo da precludere la vista del disegno.
"n-n-no è ancora finito" balbettò arrossendo.
"non posso vederlo lo stesso?" patteggiò il ragazzo. Quegli occhi così magnetici e particolari inchiodarono sul posto Erin ed Iris. Nessuna di loro avrebbe saputo dire di no in quel momento.
Violet invece, che a mala pena era riuscita a guardarlo in faccia, teneva il capo chino e sbirciava incerta il soggetto ritratto.
Era raffigurata una ragazza dai lunghi capelli corvini che si intrecciavano con l'intricata meccanica di un macchinario alle sue spalle che sembrava tessere quelle ciocche. La ragazza era in una posizione poco consona ad una donna: era seduta al contrario su una sedia con le gambe a cavalcioni. Gli arti superiori erano lassamente appoggiati allo schienale e la colonna vertebrale era curva ad assecondare quella posizione.
"da quello che ho intravisto, sembra interessante" insistette Lysandre. Quella confessione fu sufficiente a convincere l'artista circa l'inutilità di continuare a proteggere la sua opera.
Girò lentamente il foglio, mostrandolo ai presenti.
"è molto bello. Mi piace lo steampunk" commentò il ragazzo compiaciuto.
"davvero?" chiese Violet speranzosa e gratificata.
"beh guardami" replicò il ragazzo indicando il suo abbigliamento. Tutto ciò che fosse in qualche maniera ricollegato all'epoca vittoriana lo affascinava incredibilmente.
"sei nel club di disegno quindi?"
"no, in quello di giardinaggio"
Lysandre cercò lo sguardo delle altre due ragazze presenti che ricambiarono la sua espressione perplessa con una leggera scrollata di spalle e un sorriso rassegnato.
"è un peccato. Ho visto le opere degli studenti di quel club e ti assicuro che non hai niente di meno di loro" commentò il ragazzo.
"grazie" replicò commossa Violet.
In quel momento, sentirono una vibrazione e Lysandre estrasse il cellulare.
Il contrasto tra l'aggeggio tecnologico che teneva in mano e i suoi abiti era così lampante e stridente quanto può esserlo l'immagine del Dalai Lama con una camicia hawaiana; il ragazzo digitò freneticamente sullo schermo e se lo ripose in tasca.
Istintivamente Erin pensò ad Emma, la donna con cui il ragazzo aveva una relazione. Lei stessa l'aveva definito un toy boy quando l'aveva scoperto. La cosa l'aveva un po' scioccata, soprattutto perché nella sfera delle relazioni personali si sentiva ancora troppo immatura e infantile rispetto ai suoi coetanei.
"tu Lysandre invece in che club sei?" gli chiese Iris.
Quello fu il La per l'inizio di una conversazione piacevole, dove persino la timidezza di Violet trovò il suo ruolo. Lysandre era un abile oratore, calamitando su di se l'attenzione ma capendo anche quando fosse giusto concederla alle sue interlocutrici. Il suo modo di parlare, così calmo ed educato, era ammaliante. Dopo un po' Violet, incoraggiata dai presenti, ritornò al lavoro abituandosi gradualmente alla presenza di Lysandre mentre disegnava.
L'armonia che si era instaurata tuttavia non era destinata a perdurare:
"eccoti finalmente!"
Il tono di voce, lievemente scazzato poteva appartenere ad una sola persona: Castiel. Il rosso avanzava con passo sgraziato e baldanzoso.
"che ci fai qui?" gli chiese rivolto verso l'amico dai capelli argentei.
"sono venuto a restituire ad Erin il suo quaderno"
"è la prima volta che sei tu a trovare qualcosa che qualcuno ha perso" commentò Castiel, sedendosi sopra il muretto e accendendosi una sigaretta. L'accendino tardò un po' a passare dalle misere scintille alla fiamma continua.
"ogni scusa mi è buona per venire a trovare Erin" commentò malizioso Lysandre anche se i presenti colsero la vena scherzosa con cui parlava.
"comunque impara a scrivere Castiel: leggere i tuoi messaggi è un insulto alla lingua inglese"
"perché?" commentò Erin divertita.
"oh, lo scoprirai quando avrai la disgrazia di ricevere un suo messaggio"
"non è folpa mia. È ella merda di corretoe aufomafico" si giustificò Castiel a bocca piena
"a proposito Castiel... dobbiamo scambiarci i numeri" disse Erin cercando di richiamare la sua attenzione
"finalmente me l'hai chiesto eh Rapunzel?" replicò gonfiandosi come un galletto nel pollaio e passandosi la mano tra i capelli, in un gesto caricaturalmente vanitoso.
"non montarti la testa. È per il lavoro di scienze" lo smontò Erin.
Castiel ricambiò lo sguardo severo della ragazza con un'occhiata di disapprovazione.
"allora se devi rompermi per questo, non te lo do" tagliò corto.
"nessun problema Erin. Te lo do io" tagliò corto Lysandre mentre l'amico opponeva una inutile resistenza a quell'invasione della sua privacy. Del resto alla fine avrebbe dato il suo contatto alla compagna di classe, ma voleva solo divertirsi un po' a tormentarla.
Erin nel frattempo aspettava che Lysandre ricacciasse fuori il telefono per scorrere la rubrica ma il ragazzo non fece nulla di tutto ciò; fissava Erin aspettandosi che fosse lei a dimostrarsi pronta a memorizzare il numero.
"568 666 912" recitò a memoria il ragazzo lasciando basiti i presenti.
"lo sai a memoria" commentò Iris sorpresa mentre Castiel lo guardava perplesso.
"non so perché ma è l'unico numero che riesco a ricordare" ammise Lysandre con fare metadibondo "chissà, forse nel mio inconscio sono attratto da te" aggiunse serio rivolgendo un'occhiata all'amico che rabbrividì all'istante.
Le ragazze scoppiarono a ridere, prendendo la battuta per quello che valeva mentre il rosso, permaloso fino al midollo, non tollerò quella presa in giro e rispose con un insulto.
"pensavo di vederti al Black Drop sabato" disse Erin rivolgendosi a Lysandre.
"ci sei andata? Allora avrai trovato mia sorella" la informò il ragazzo. Erin assunse un'espressione interrogativa poi spostò la sua attenzione su Iris che non sembrava condividere la sua perplessità:
"ma sì Erin. Non ti ricordi che abbiamo incontrato Rosalya?"
Erin sgranò gli occhi.
"tu e Rosalya siete fratelli?" esclamò in direzione del ragazzo.
"perché ti sorprendi? Eppure tanti dicono che ci somigliamo" commentò Lysandre perplesso, portandosi una mano sotto il mento.
Poiché era l'unica ad essere rimasta sorpresa dalla notizia, la ragazza commentò:
"ero l'unica a non saperlo?"
"sei l'unica che è in questa scuola da una settimana" fu la sagace puntualizzazione di Violet.
"giusto" concordò Lysandre.
Castiel si frugò nelle tasche, controllando l'ora sullo schermo del cellulare:
"ehi, Rapunzel. Dobbiamo andare"
Le ragazze lo guardarono confuse e perplesse, mentre Lysandre era perso a contemplare il profilo definito di un albero ormai priva della sua chioma.
"ti ricordo che non posso venire al club. Sono in punizione" gli ricordò Erin amareggiata.
"lo so. Ma venendo qui prima ho incrociato la preside e mi ha detto di dirti di passare prima in palestra. Ha qualcosa da dire a tutta la squadra"
"di che si tratta?" chiese Iris con curiosità. Violet, che nonostante l'arrivo di Castiel, aveva proseguito a disegnare, fu costretta a interrompersi e seguire meno passivamente quello scambio di battute (del resto il rosso non aveva manifestato il minimo interesse verso di lei che si era così sentita libera di proseguire indisturbata).
Alla domanda di Iris, Castiel aveva scrollato le spalle:
"non ne ho idea"
Quando Erin e Castiel varcarono la soglia della palestra, trovarono tutta la squadra riunita. La presenza di Erin fu sufficiente a strappare qualche sorriso e cenni di saluto più cordiali della sorta di muggiti afoni che i maschi si scambiavano tra di loro.
Nessuno sapeva con precisione cosa volesse da loro la preside, e ciò dava spazio ad ipotesi poco rassicuranti:
"che abbia scoperto che abbiamo rotto noi il rubinetto dello spogliatoio?" si chiese Trevor con una certa apprensione. Normalmente il ragazzo non dava troppo peso alle conseguenze delle sue (sconsiderate) azioni e nella maggior parte dei casi tendeva a minimizzarle. In quel caso però, il fatto di dover fronteggiare la preside lo rendeva nervoso.
"noi?" sottolineò Matt, uno del quinto anno "semmai TU HAI rotto"
Come in un film dell'orrore, dopo che si era creata una certa suspense, la maniglia si abbassò lentamente, cigolando.
La preside fece il suo ingresso in palestra tenendo in mano dei fogli.
I ragazzi si ricomposero all'istante: chi era seduto sul pavimento si alzò in piedi mentre altri come Castiel che si erano messi a tirare a canestro per ingannare l'attesa abbandonarono la loro attività.
"bene, mi pare ci siate tutti" commentò la preside contandoli uno per uno, soffermandosi in particolare su Erin.
"veniamo al dunque. Mi è arrivata questa mattina una comunicazione. Per la prima volta è stato organizzato un campionato scolastico nazionale di basket..."
A quelle parole, gli atleti cominciarono a gasarsi.
Dajan aveva gli occhi che mandavano scintille mentre Trevor saltellò nervosamente sul posto.
Patrick cominciò a sfregarsi le mani in trepidazione mentre altri come Matt si limitarono a versi di eccitazione.
Erin scrutò l'espressione di Castiel. Ricordava quello sguardo: glielo aveva letto in faccia durante la loro sfida della settimana prima. Il rosso fissava la preside ma non era veramente concentrato sulla donna.
Poche cose riuscivano ad eccitarlo e coinvolgerlo e la competizione era sicuramente una di queste.
"...come potete quindi immaginare, si tratta di un evento importante. L'iscrizione è aperta a tutte le scuole dello stato che abbiano un club di basket che abbia vinto almeno tre competizioni a livello statale negli ultimi cinque anni. Fortunatamente" e nel dire queste parole la bocca della preside si distese in un largo sorriso d'orgoglio "la squadra del nostro liceo, con le sue sette vittorie negli ultimi cinque anni, è più che qualificata per parteciparvi".
"e parteciperemo!" esclamò Trevor con l'entusiasmo che in quel momento era comune tra tutti i presenti.
"mi fa piacere che siate così entusiasti. Anche perché il primo premio non è affatto male: si tratta di un viaggio a Berlino di una settimana per tutta la squadra"
"andremo in Spagna?!" esultò Patrick guadagnandosi una terribile occhiata dalla vecchietta.
"veda di vincere allora signor Reeve: così almeno imparerà dove si trova Berlino" lo rimproverò la preside, irritata da quell'ignoranza.
Patrick si voltò verso Trevor che scosse la testa, sconcertato dalla carenza del compagno di squadra.
"glielo vuole dire lei così almeno vediamo di recuperare questa vergognosa lacuna?" lo esortò la preside intercettando l'occhiata.
Trevor però, che era uno specialista nel cercare di camuffare la propria impreparazione scolastica, in realtà manco lui aveva idea di dove fosse Berlino. Fissò la preside e sollevando leggermente le spalle, sparò a caso:
"è in Russia?"
La donna si portò la mano alla fronte e sospirò, incapace di arrabbiarsi. Sapeva di aver di fronte alcuni tra gli studenti i cui risultati scolastici era discutibili e per questo conosceva i nomi della maggior parte dei presenti. Del resto però si trattava di ragazzi con una grande prestanza fisica che, negli ultimi anni, erano riusciti a risollevare la reputazione del club di basket del liceo, ottenendo ottimi risultati nelle competizioni interne.
Tutto sommato, era davvero orgogliosa di loro anche se avrebbe voluto che si applicassero altrettanto nello studio.
"è in Germania, nel centro Europa. Comunque... in aggiunta al viaggio ci sarà un assegno per la scuola vincitrice pari a cinquantamila dollari"
"e per i secondi e terzi?" chiese Matt.
"per i secondi classificati l'assegno sarà di ventimila dollari e un viaggio di una settimana a Toronto e per i terzi un assegno di dieci mila dollari e una vacanza alle Bahamas"
"quando cominceranno le partite?" tagliò corto Castiel. Era totalmente disinteressato dal valore dei premi.
"dunque, dovrebbero cominciare l'anno prossimo, a fine febbraio e si concluderanno a fine marzo. Avete circa quattro mesi di tempo per prepararvi adeguatamente anche perché..."
La preside si zittì e tornò a parlare appena fu sicura di aver calamitato completamente l'attenzione dei presenti:
"hanno imposto una regola alla quale non si può trasgredire. La squadra deve essere mista"
"e che problema c'è? Siamo a posto con Erin in squadra" obiettò Dajan.
"punto primo: la signorina Travis non può limitarsi a stare in panchina. Deve giocare"
A quelle parole i ragazzi sbiancarono. Le loro espressioni, fino a pochi secondi prima sicure e determinate, caddero nel panico più totale. Tutti ricordavano la pessima figura che Erin aveva fatto durante la sfida con Castiel appena una settimana prima. Era sì entrata nel club ma il suo ruolo come giocatrice non era previsto. Ora invece si pretendeva che scendesse in campo... e vista l'eloquente occhiata che la preside aveva lanciato alla squadra, la donna dimostrò di essere al corrente delle discutibili capacità della ragazza in quello sport.
"punto secondo: Erin non basta...nella squadra ci devono essere almeno due ragazze e hanno imposto che ad ogni partita almeno una sia presente in campo"
I ragazzi rimasero ancora più basiti. Non solo era loro richiesto il miracolo di trasformare Erin in una cestista accettabile, ma dovevano anche cercare un'altra ragazza in cui ripetere quella magia. Durante i provini degli anni precedenti, nessuna delle poche aspiranti aveva dimostrato di poter uguagliare la preparazione atletica dei ragazzi e l'atteggiamento duro e arrogante di Castiel in primis aveva scoraggiato molte altre dall'idea di tentare l'accesso al club. Tutto ciò aveva agito come la falce della selezione naturale, selezionando accuratamente una squadra molto forte ma al contempo rischiava di precludere la partecipazione di quei ragazzi all'evento scolastico più importante dell'anno.
"m-ma come faremo? Dovremo trovare un'altra studentessa?" balbettò sconfitto Trevor.
"proprio così. E vi consiglio di darvi una mossa perché la scuola ha bisogno di quei soldi" concluse la preside.
Aveva pronunciato quelle parole con un tono quasi minaccioso che ad Erin ricordò quello di un mafioso italoamericano. La donna aveva aspettative molto, forse troppo, alte vista la portata dell'evento.
I ragazzi ancora non potevano immaginarlo, ma quella donnina così piccola e avanti con gli anni, era più eccitata di loro all'idea di vedere la squadra della sua scuola in una competizione nazionale: già si immaginava sugli spalti a tifare. Non poteva fare a meno di gongolare immaginando le finanze della scuola rimpolpate dal sostanzioso assegno del primo premio.
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