Due contro due

Prima di congedarsi definitivamente dalla squadra, la preside si era voltata verso Erin. Teneva gli occhi fissi sulla ragazza e la scrutò attentamente.

"signorina Travis. In virtù dell'eccezionalità dell'evento..." Erin trattenne il fiato, incrociando le dita dietro la schiena. Quell'incipit era molto promettente: le avrebbe tolto la punizione per permetterle di cominciare gli allenamenti

"... non pensi che la sua punizione sia annullata" proferì con autorità, spingendo Erin nel baratro della delusione "come da accordi, continuerà ad offrire il suo servizio alla scuola fino a giovedì, e poi potrà unirsi alla squadra" e dopo aver augurato "buon lavoro" si congedò dai suoi studenti.


Erano quasi a fine ottobre e le cinque del pomeriggio sembravano le sette di sera.

Erin abbandonò la propria schiena contro un pilastro all'entrata, vicino al cancello.

Era distrutta.

Tom le aveva prosciugato ogni pensiero felice come avrebbe fatto un Mangiamorte.  Nelle ultime tre ore avevano pulito aule che, nonostante fosse appena il primo giorno della settimana, erano già in condizioni indecenti. Come se ciò non bastasse, aveva fatto da sponda tra il magazzino e i locali della scuola per rifornirli del necessario almeno cinque volte, tre delle quali si erano rivelati viaggi a vuoto per colpa della demenza senile di Tom. Senza contare poi la pulizia dei bagni.

Erin si sentiva uno straccio. Poco prima che la campanella annunciasse la fine della sua prigionia, aveva incrociato Ambra; la bionda era impeccabile: i morbidi capelli erano raccolti in una coda e nemmeno un ciuffo era sfuggito da quella morsa. Le unghie, splendidamente laccate, non davano segno della minima sbeccatura, come se la ragazza avesse passato le ultime tre ore a contare le nuvole in cielo.

Del resto, era troppo prevedibile che Ambra non avrebbe rispettato i termini della punizione che le era stata inflitta. Quando Tom aveva inviato Erin da Patty, la donna che aveva il compito di sorvegliare Ambra, la scena che le si era presentata davanti agli occhi era quasi ridicola: la bionda teneva in mano uno straccio con due dita e con quello sfiorava la superficie di un tavolo.

"hai imparato a pulire così guardando Biancaneve?" la canzonò Erin.

Ambra si era voltata e l'aveva squadrata dall'alto in basso:

"e tu che ci fai qui?"

"Tom ha detto di chiedervi se avete altri stracci"

Prima che Patty avesse il tempo di rispondere, Ambra aveva replicato:

"potresti usare la maglietta vista la dozzinalità del tessuto di cui è fatta"  

Erin inspirò profondamente, storse la bocca alla ricerca di qualche argomento con cui renderle pan per focaccia.

"vedete di darci un taglio voi due... o volete che la punizione venga prolungata?" le minacciò Patty. Probabilmente in quella stanza era la persona a cui più di tutte pesava quella mansione. Da quando la preside le aveva affidato Ambra, rincasava di malumore e con un leggero mal di testa.

Erin si guardò la maglietta. Era vero, il tessuto era piuttosto scadente ma non era tanto ciò a preoccuparla. Estrasse l cellulare dalla tasca dei jeans e cercò di intuire il suo riflesso dallo schermo nero. Quel poco che vide non le piacque: aveva un aspetto orrendo. Stava aspettando una persona che era sempre impeccabile e accanto a lei si sarebbe sentita in netta inferiorità, come un barbone accanto a un regnante europeo. Nathaniel del resto aveva passato tutto il suo tempo in sala delegati, comodamente seduto dietro una scrivania e non aveva le mani che puzzavano da detergente per i bagni. 

Nell'arco di dieci minuti, Erin si era vista passare davanti amici e conoscenti che le avevano rivolto un saluto comprensivo e solidale. Il suo aspetto doveva essere davvero terribile se tutti l'avevano guardata come un caso umano. Tutti tranne Castiel che, passandole davanti aveva borbottato:

"ti manca solo una cassetta per le offerte"

Erin si era limitata ad allungare la gamba destra e il ragazzo, troppo preso per deriderla, non se ne era accorto ed era inciampato, rischiando di cadere a terra.

Si era voltato verso di lei con gli occhi ridotti a due fessure e la ragazza si era limitata ad un'infantile e buffa linguaccia. Il rosso era non aveva saputo trattenere una risatina divertita che aveva contagiato anche Erin. Anche se non volevano ancora ammetterlo, tra di loro si stava creando una sorta di complicità e amicizia che raramente si riscontra tra persone di sesso opposto.


Alle cinque e venti, Erin sentì un dolce tocco sfiorarle la spalla e rabbrividì immaginandosi chi ne fosse l'artefice.

 "stavo perdendo le speranze!" esclamò sollevata.

"a volte esco anche più tardi" rispose il ragazzo, come se la ragazza dovesse sentirsi fortunata per un'attesa che si sarebbe potuta prolungare.

"ma io speravo che avresti accorciato i tempi visto che ti aspettavo". Nel suo commento non voleva esserci nessuna malizia ma dall'occhiata un po' contrariata che ricevette dal volto che faceva capolino dietro Nathaniel, Erin si sentì a disagio. Melody, della cui presenza si era accorta solo in quel momento, la stava osservando.

"ciao Melody" 

La ragazza ricambiò educatamente il saluto e si congedò dal biondo:

"io vado Nathaniel. Ci vediamo domani"

Erin la guardò allontanarsi rimanendo in silenzio. La settimana prima aveva parlato con quella ragazza solo una volta ma si era dimostrata gentile e disponibile nei suoi confronti. In quell'occasione invece, l'aveva trattata con freddezza e distacco. Non le sembrava di averla offesa o di essere stata scortese con lei. Ci fu una sola ipotesi che le attraversò la mente e che uscì dalla bocca:

"Melody è innamorata di te?"

Quella domanda, pronunciata con una sorta di ingenuità spiazzò Nathaniel che reagì arrossendo lievemente.

"non mi risulta. Perché me lo chiedi?"

"non so... ho avuto l'impressione che fosse... gelosa"

Nathaniel si ricompose e lanciò un'occhiata maliziosa ad Erin:

"perché ha qualcosa di cui ingelosirsi?"

La ragazza non seppe cosa rispondere e si limitò a distogliere lo sguardo dal ragazzo. Non si erano più parlati dopo che lui l'aveva riaccompagnata a casa e si chiese se il loro "saluto interrotto" sarebbe stato completato prima o poi. 


Il paesaggio autunnale colorava i viali della città dei toni dell'arancio e del marrone. Come se un pittore rimasto a corto di un'ampia varietà cromatica avesse optato per tinte calde e nostalgiche. Le foglie che ancora resistevano tenaci sui rami sembravano sul punto di cedere da un momento all'altro al minimo soffio di vento. Quelle che ormai si erano arrese, giacevano in silenzio sul marciapiede, appiattite da passi crudeli che le avevano uniformate ad un tappeto umido e scivoloso.

Circondati da un paesaggio così poetico, Erin e Nathaniel camminavano in direzione dell'autobus e una domanda sorse spontanea tra i pensieri della ragazza:

"toglimi una curiosità: perché non ti fai portare anche tu in macchina come fa Ambra?"

"non mi piace ostentare il benessere della mia famiglia. Preferisco comportarmi come qualsiasi altro ragazzo"

"caschi sempre in piedi tu" commentò compiaciuta.

Nathaniel però non seppe se interpretare quella frase come un complimento o come una sottile nota di scherno, così si limitò a non risponderle. Nelle parole della ragazza però non c'era una minima recriminazione o derisione: avrebbe voluto precisare quanto ai suoi occhi egli apparisse perfetto, ma ogni parola nella sua mente, si sarebbe trasformata in un'imbarazzante ammissione dei sentimenti che sentiva crescere dentro di sé.  


Quando arrivarono alla fermata dall'autobus, la trovarono deserta. Il flusso di studenti si era esaurito da almeno un quarto d'ora e per i lavoratori che frequentavano quella linea era ancora troppo presto per uscire dal lavoro. I due ragazzi avrebbero preso due autobus diversi: quello di Erin sarebbe arrivato nell'arc di dieci minuti mentre per il biondo ce n'erano almeno venti di attesa.

Intavolarono una conversazione dapprima parlando della novità del torneo di basket, passando poi all'imminente gita.

Mentre Erin stava per chiedergli quale fosse la destinazione, Nathaniel le fece cenno di zittirsi e prestare attenzione. La ragazza, non capendo cosa avesse destato il suo interesse, lo imitò e ispezionò l'area attorno a sé.


Miaooooooo


Questa volta l'inequivocabile verso venne udito anche dalla ragazza. I due si alzarono circospetti, cercando di tendere l'orecchio in direzione della fonte.


Miaooooooo


Quella richiesta di attenzione venne ripetuta un altro paio di volte e condusse Nathaniel verso un cassonetto della spazzatura alle sue spalle. Erin lo seguì tenendosi a distanza per non spaventare l'animale. Accanto al contenitore erano ammucchiati vecchi scatoloni e furono questi ad essere i primi candidati come nascondiglio del gatto. Proprio come la natura dell'animale che voleva scovare, Nathaniel si muoveva con passo felpato e lento, calibrando ogni movimento e tenendo gli occhi aperti per intercettare l'eventuale fuggitivo. Erin lo fissava senza parlare e lasciò che ci pensasse lui.

Il ragazzo scrutò l'interno dello scatolone per un istante e poi sorrise, quasi avesse atteso un cenno d'assenso da parte dell'ospite che Erin non poteva ancora vedere.

Allungò lentamente la mano sinistra alla quale venne poi in soccorso anche la destra e insieme sollevarono un grosso gatto. Il pelo era pezzato: su di esso si alternavano chiazze bianche, nere e arancioni. Docile come un agnello, l'animale non opponeva la minima resistenza. Erin osservò il collare, conferma che l'animale fosse addomesticato.

Nathaniel non smetteva di guardarlo con tenerezza e lo appoggiò a terra.

"è un bel gatto, ma mi sembra un po' magretto. Ha sicuramente fame" ipotizzò accarezzandogli il musetto.

"aspettami qui!" si propose Erin scattando verso la strada "corro al supermarket laggiù a prendergli qualcosa" e prima che il ragazzo avesse il tempo di tornare a guardarla, lei era già di fronte alle porte automatiche.


Quando tornò, era carica di cibo in scatola. La borsa ecologica del supermarket sembrava essere sul punto di cedere sotto il peso del suo contenuto.

"ho preso un po' di tutto: tonno, salmone, carni bianche, rosse, questo qua ha anche le carote..." 

"così gli farai venire un'indigestione" rise Nathaniel, affascinato dalla generosità della ragazza. Era rimasto colpito dalla sua impulsività e da come Erin, senza esitare, era corsa in soccorso dell'animale. Il suo modo di fare un po' avventato ma sempre motivato dalla bontà era uno dei pregi che più apprezzava in lei. A volte la invidiava per il suo modo di agire, senza pensare alle conseguenze delle sue azioni.

"ma mica deve mangiarli tutti! Partiamo con il salmone va" e detto questo la ragazza aveva strappato un pezzo di scatolone in cui aveva versato il contenuto della bustina appena acquistata.

Il gatto si fiondò sul cibo non appena quell'odore così pungente gli solleticò il naso, mentre i suoi salvatori lo guardavano soddisfatti della riuscita della loro impresa.

Nathaniel continuava a sorvegliare l'animale come un padre che ammira il proprio figlio mentre si diverte sull'altalena.

 "ti piacciono i gatti?" per quanto scontata, Erin non potè fare a meno di rivolgergli quella domanda.

"li adoro" replicò il ragazzo accucciandosi verso l'animale. Per poter proseguire il dialogo, la ragazza fu costretta ad imitarlo e si portò alla sua altezza.

"anche io" e detto questo Erin si avvicinò ad accarezzare l'animale, che in quel momento era perfettamente indifferente a qualsiasi stimolo diverso da quello organolettico.

"i gatti sono così indipendenti" commentò Erin.

"e liberi da condizionamenti" aggiunse Nathaniel. La nota malinconica non sfuggì ad Erin che spostò lo sguardo verso il ragazzo. Il biondo osservava ora l'animale con aria pensierosa e triste.

"c'è qualcosa di personale in questa osservazione?" gli chiese d'un tratto. Il biondo esaminò la mora con la coda dell'occhio e sospirò debolmente, quasi rassegnato da una verità che non poteva essere negata.

Si rimise in piedi mentre Erin continuava a fissarlo dal basso verso l'alto, rimanendo accucciata all'altezza del micio.

"non è facile essere il primogenito di una famiglia come la mia"

"è molto ricca?"

Erin si pentì istantaneamente di quella domanda. La risposta era talmente ovvia da farla passare per una stupida. Ambra che veniva a scuola in Rolls Royce vestita con abiti che probabilmente costavano quanto un mese di affitto dell'appartamento della zia, aveva extension di capelli naturali... come indizi circa lo status economico dei Daniels non erano poi così oscuri.

"più che altro la vera questione è come tenere in piedi l'intero capitale. Un giorno toccherà a me gestirlo e per poterlo fare al meglio mio padre si aspetti che io faccia delle cose... e che non ne faccia delle altre"

"per esempio?"

La ragazza si sentiva intraprendente e coraggiosa. Piano piano avrebbe cominciato a scavare nella personalità del ragazzo, conoscerne la storia. Non doveva avere fretta e fargli pressioni. Voleva che il ragazzo cominciasse ad aprirsi a lei, a raccontarle qualcosa di sé.

Sulle labbra di Nathaniel si disegnò un sorriso triste:

"musica"

"ti piacerebbe suonare?" indagò Erin. La sua mente cominciò a macchinare freneticamente. Pensava ai venerdì sera a scuola dove Castiel e Lysandre si ritrovavano per le prove. In qualche modo la musica poteva essere la chiave per ricucire un'amicizia che si era strappata.

"ormai ci ho rinunciato" commentò Nathaniel frugandosi nelle tasche. Sotto lo sguardo sorpreso di Erin, estrasse un pacchetto di sigarette Camel.

"non pensavo fumassi" commentò leggermente perplessa. Teneva lo sguardo fisso su quel sottile cilindro che era intrappolato tra le morbide labbra del ragazzo.

Nathaniel scosse il capo come se avesse detto qualcosa di buffo e replicò:

"cerco di non farlo davanti agli altri, per lo meno non davanti a chi non fuma... sai, il fumo passivo... infatti sta arrivando il tuo autobus" indicò un punto in lontananza.

L'imminenza della partenza fece passare in secondo piano la questione a favore di una ben più pressante:

"e il gatto? Che facciamo?"

"non ti preoccupare mi arrangio io" rispose tranquillo il ragazzo avvicinando l'accendino all'estremità libera della sigaretta.

L'autobus si era fermato davanti a loro e la ragazza fu costretta ad affrettarsi. Salutò il ragazzo e scelse un posto da cui potesse continuare a guardarlo.

Nathaniel aveva le spalle leggermente incurvate nel tentativo di accendere la sigaretta e dopo qualche istante la sua tenacia venne premiata. Una tortuosa striscia di fumo cominciò a diffondersi nell'aria mentre il gattone, soddisfatto del pranzo, aveva cominciato a strusciarsi ai piedi del ragazzo.

Erin non dimenticò mai quella scena. In quel momento non poteva ancora capire cosa ci fosse dietro l'amarezza degli occhi di Nathaniel. C'erano ancora troppe cose che non sapeva.


Come ogni volta che rientrava nel suo appartamento, Castiel non potè fare a meno di inebriarsi di quella sensazione di pace che lo circondava. Lanciò lo zaino, troppo leggero per uno studente del liceo, contro il divano e raggiunse la sua stanza. Era il posto che preferiva in assoluto. Era spaziosa e funzionale. Con gli anni l'ambiente si era arricchito di poster dei suoi gruppi preferiti e nonostante l'avanzata irrefrenabile della musica in formato digitale, Castiel vantava una nutrita raccolta di CD.

Ogni angolo testimoniava l'unico amore corrisposto del ragazzo: la musica. Anche se non lo aveva mai ammesso, aveva talento e non tanto come musicista. Si era molto bravo ma di chitarristi in gamba al mondo ce n'erano troppi e tutti molto più preparati di lui. Ciò che lo distingueva era la sua capacità di scrivere musica, non di suonarla.

Gli capitava di addormentarsi e sentire un motivetto frullargli nella testa. Solo quando si decideva ad alzarsi a trascriverlo su carta poteva dormire sonni tranquilli.

Il suo estro creativo era facilitato dal silenzio di quell'appartamento.

Castiel era legalmente emancipato da due anni: suo padre si era impegnato a sostenerlo economicamente fino al diploma ma nulla di più.  Sua madre si era risposata e aveva tentato più volte di ricucire il rapporto con il figlio ma ogni suo tentativo era stato vano.

Il rosso si gettò pesantemente sul letto: dapprima il materasso rimbalzò per la velocità con cui quel peso morto si era abbandonato su di esso senza ritegno. Quando la sua visione si stabilizzò, Castiel guardò attorno a sé. L'occhio gli cadde sulla chitarra che era riposta con cura all'interno della sua custodia. Si stava ormai consumando, nonostante per quattro anni Castiel l'avesse trattata come una reliquia.

Lysandre gli ripeteva che era arrivato il momento di sostituirla, se non addirittura cambiare l'intero strumento, ma solo Castiel sapeva quanto gli sarebbe pesata quel rimpiazzo. Solo lui. E un'altra persona.


Nathaniel finì la sua sigaretta e la gettò in un tombino. Il lancio attirò il gatto che corse all'inseguimento del missile ma fu costretto a tornarsene deluso dal biondo, con la coda tra le gambe. Saltò sulla panchina e si accovacciò accanto al ragazzo che non potè fare a meno di accarezzarlo. Soddisfatto per il lauto pranzo, l'animale aveva socchiuso gli occhi e sembrava sul punto di addormentarsi.

Il biondo alzò lo sguardo verso il poster di un concerto dall'altro lato della strada. La musica.

Erano passati mesi dall'ultima volta che aveva suonato con la sua band.

La scarica che si trasmetteva dalla mano che impugnava un microfono fino al cuore che batteva a ritmo con la batteria non l'aveva più provata. E ne sentiva una nostalgia immensa. L'oggetto amplificava la sua voce, come se il suo modo di cantare, alto e potente, non fosse abbastanza per gridare tutta la sua frustrazione. Era buffo pensare che tutto era cominciato per caso. Era buffo pensare che un'idea nata per aiutare un amico aveva finito per salvarlo lui stesso.


Quattro anni prima...


"CASTIEL! Non voglio ripeterlo ancora! Sputa quella chewing gum oppure esci dall'aula!" 

"E tanto ci voleva? Poteva dirlo subito" e con non chalance, circondato dalle risate dei compagni, un Castiel quattordicenne si era alzato dal suo posto e aveva preso la strada dell'uscita dall'aula. 

All'epoca, la tempesta ormonale stava lasciando pesanti tracce del suo passaggio: il ragazzino aveva la pelle punteggiata di foruncoli e qualche peletto nero, accenno di una barba poco convinta, facevano la prima comparsa sul suo mento. Non riscuoteva grande successo tra le ragazze della sua età che lo consideravano un immaturo sia sotto l'aspetto fisico che caratteriale. Di ben diverso aspetto era il suo migliore amico: Nathaniel già a quell'età era una garanzia dell'uomo meraviglioso che sarebbe diventato: il suo aspetto, anche se ancora acerbo, tradiva tratti eleganti ma sicuri, il suo rendimento scolastico era ineccepibile e metà classe era innamorata di lui. L'altra metà, essendo composta da maschi, si limitava ad invidiarne l'abbondanza di pregi. 

 I professori si dividevano in due fazioni: coloro che approvavano l'amicizia tra lui e Castiel, confidando sull'influsso positivo che il biondo avrebbe esercitato sul moro e quelli invece che avevano il terrore che tanta perfezione sarebbe stata compromessa dalla pessima compagnia quale era Castiel. Dai ciuffi di capelli neri che gli nascondevano la fronte e talvolta gli occhi, si intravedeva talvolta uno sguardo carico di risentimento.

Nathaniel fece un sorriso furbo all'amico che, uscendo dall'aula, ricambiò.

Si conoscevano da anni e per certe cose non avevano bisogno di tante parole.


Come aveva intuito Castiel, dopo qualche minuto Nathaniel lo raggiunse fuori dall'aula.

"che scusa ti sei inventato stavolta?"

"scusa? Ma non vedi che sono pallido? Non mi sento bene" rise l'amico mentre si incamminavano verso l'esterno.

Passando davanti all'aula di teatro, sentirono qualcuno che brontolava:

"eppure erano qui! Li ho lasciati esattamente su questa sedia!" si trattava di Leigh uno studente del secondo anno. Il ragazzo era dotato di un'abilità incredibile per il cucito di cui dava dimostrazione preparando i  vestiti per il club più prestigioso della scuola. 

"non so cosa dirti Leigh. Forse si è trattato di uno scherzo" cominciò a dire la preside che all'epoca aveva qualche chilo in meno e qualche capello scuro in più  "ma non preoccuparti, andremo in fondo a questa vicenda! ...Aspetta!" e la donna spostò l'attenzione verso la porta socchiusa da cui Nathaniel e Castiel stavano sbirciando la conversazione.

"chi è là?" tuonò insospettita. La donna cominciò ad avvicinarsi a grandi passi verso la porta, determinata a far luce sulla vicenda. Del resto il colpevole torna sempre sulla scena del delitto.

 Castiel arretrò e scappò via come una preda inseguita da un cacciatore lasciando Nathaniel impalato.

"perché scappi?" gli chiese il biondo dopo aver deciso di seguirlo.

"non voglio altre rogne!" gli aveva urlato di rimando l'amico svoltando per un corridoio a sinistra.

Alle loro spalle sentirono la voce affaticata e affannata della preside:

"fermo! inutile che scappi! Mi basterà controllare quali studenti non sono rientrati in aula"

Castiel sentì quella voce farsi più vicina e si nascose nell'aula di musica seguito da Nathaniel. 

"perché sei scappato? Non hai mica fatto niente" obiettò Nathaniel chiudendosi la porta alle spalle e cercando di recuperare un po' di ossigeno da inviare ai polmoni.

"e che importa? Se mi avesse visto, avrebbe dato la colpa a me quella vecchia balena!" brontolò Castiel avvicinandosi alla finestra. Passò il suo sguardo sul cortile deserto, focalizzando la sua attenzione su uno scoiattolo che si stava arrampicando su un albero.

"le avremo spiegato come stavano le cose... che eravamo solo lì di passaggio" 

"la fai facile tu. Con quel visetto venderesti il ghiaccio agli eschimesi" borbottò il moro sempre più di malumore. All'apparenza il ruolo di ribelle, insofferente alle regole sembrava calzargli a pennello ma la verità, di cui solo Nathaniel era a conoscenza, era che l'amico era molto più di quello. Era molto meglio di un ragazzino anarchico e immaturo. Il rapporto con i genitori non aveva mai funzionato davvero e Castiel era cresciuto con la convinzione che tra di loro non ci fosse amore. Suo padre si era trovato incastrato in un matrimonio riparatore con una donna che l'aveva avvicinato solo per i suoi soldi. A quell'epoca i due non erano ancora divorziati, ma vivevano da separati in casa. Il tutto influiva sulla stabilità psicologica del figlio che, chiuso nella propria sofferenza, trovava sfogo nel ribellarsi all'autorità di adulti che non erano capaci di capirlo. 

"che schifo" sputò metaforicamente Castiel dopo un breve silenzio.

"che cosa?"

"la vita! Una merda che non vale neanche la pena essere cagata" sbottò allontanandosi dalla finestra e cominciando a camminare su e giù per la stanza.

"molto raffinato Castiel, complimenti. Questa massima passerà alla storia. Dirò di metterla sulla tua tomba"

Castiel guardò l'amico e provò, inutilmente, a trattenere un sorriso, immaginandosi la scena.

"verrebbe una tomba molto figa" commentò il moro riacquistando il buon umore. In momenti come quello, i suoi occhi tradivano quanto fosse legato all'amico. L'amicizia con Nathaniel era quanto dipiù prezioso gli fosse stato concesso dalla vita e avrebbe fatto qualsiasi cosa per non rovinarla. Si fidava ciecamente di lui ed era incredibilmente felice che quella fiducia fosse reciproca. Il biondo era l'unica persona che era riuscita a vedere qualcosa di buono in lui ed  aveva la capacità di zittire quella vocina interiore che lo istigava a deludere gli altri. 

"non dovresti reagire così. La prossima volta che capita, invece di arrabbiarti e scappare..." cominciò a dire Nathaniel

"sentiamo Freud" lo interruppe l'amico con tono scherzoso "come consiglia di procedere?"

Nathaniel si guardò attorno in cerca di un valido consiglio. Aveva cominciato la frase senza sapere dove andare a parare. La reazione di Castiel era più che giustificata. Se il mondo ti volta le spalle, tu girati dall'altra parte. Non c'era modo di arginare la rabbia e la frustrazione che il ragazzo sentiva dentro di sé. 

Improvvisamente un luccichio metallico solleticò l'occhio del biondo. 

La sua attenzione venne calamitata da un oggetto che giaceva silenzioso in un angolo. 

Castiel intanto continuava a parlare.

"è facile parlare per te. Sai controllarti. Io invece sento il sangue andarmi al cervello e mi viene voglia di spaccare tutto!" tuonò, battendo il palmo della mano contro la parete "mi viene voglia di prendere qualcosa tra le mani e-"

"allora suona questa" 

Castiel si voltò sorpreso verso l'amico: Nathaniel reggeva in mano una chitarra acustica e lo guardava con aria di sfida. 

"quella va bene per  le suore" disse Castiel, guardando l'oggetto con un misto di disprezzo e curiosità.

"tu prova a suonarla. Hai studiato chitarra per tre anni, ti ricorderai qualcosa no? O ti sei già dimenticato tutto?" insistette il biondo, facendo leva sull'orgoglio del moro.

Castiel prese lo strumento tra le mani. Il contatto con le corde lo riportarono indietro di due anni quando ancora era iscritto ad un concorso di musica. 

Il suo insegnante gli piaceva perché gli aveva insegnato a suonare alcune canzoni dei gruppi che avrebbero poi caratterizzato la sua adolescenza, primi tra tutti i Nirvana. Il loro grunge depresso e di denuncia per una realtà disillusa e amara si sposava perfettamente con la visione della vita dell'adolescente.

"vediamo se la indovini" disse lanciando un sorrisetto di sfida a Nathaniel, che esultò interiormente vedendo l'effetto positivo della sua idea.

Le prime note, dapprima un po' incerte non furono sufficienti a riconoscere la canzone. Castiel ogni tanto scrutava l'amico aspettandosi di sentire il titolo della canzone dei Nirvana. Il biondo non poteva non riconoscerla visto che era stato proprio lui a fargli conoscere quel gruppo.

Nathaniel rimase in silenzio i primi trenta secondi poi, anziché aprir bocca per parlare, cominciò a cantare a tempo con la musica:

"My heart is broke

But I have some glue

Help me inhale

And mend it with you

We'll float around

And hang out on clouds

Then we'll come down

And have a hangover ...

Have a hangover

Have a hangover

Have a hangover"


"ehi Nath!" lo interruppe il moro sorpreso " dobbiamo creare un gruppo! Tu canti e io suono!" esclamò entusiasta Castiel drizzandosi in piedi. I capelli si erano scostasti dal viso, permettendo agli occhi neri di brillare di una nuova luce. L'eccitazione e l'entusiasmo che pervasero il ragazzo erano uno spettacolo insolito. Troppo bello per non farsi contagiare.


Diavolo. Non fosse stato per lui, chissà quando avrebbe scoperto che la musica era il suo mondo.

Questo era solo uno dei pensieri che assediavano la mente di Castiel quando lasciava che i ricordi prendessero il sopravvento.

Gli eventi dell'ultimo anno avevano distrutto irrimediabilmente la loro amicizia, ma c'erano troppe cose per cui il ragazzo ancora la rimpiangeva. Una su tutte era la consapevolezza di quanto fosse stata preziosa per non farlo precipitare nel baratro della solitudine e dell'autocommiserazione.


Anche per Nathaniel il ricordo di quel giorno era nitido e impresso a fuoco nella sua memoria. La gioia di Castiel quando aveva scoperto un insospettabile amore per la musica, il luccichio di passione nei suoi occhi. Per la prima volta in vita sua, Nathaniel si era sentito davvero utile a qualcuno. Aveva illustrato a Castiel la strada per la sua realizzazione personale, gli aveva dato un motivo per sentirsi orgoglioso di se stesso. Per sentirsi libero.

Mentre in Nathaniel aveva accentuato la consapevolezza di essere prigioniero delle volontà altrui.


Il pomeriggio stava ormai esaurendo il tempo a sua disposizione per lasciare il posto alla sera. Castiel rimise in un cassetto cerebrale i suoi ricordi e lo serrò. Non era il caso di riaprirlo poiché avrebbe solo finito per pentirsi del suo orgoglio e della sua testardaggine.


"allora la notte ti ha portato consiglio?" chiese Pam versando del latte nella scodella della nipote "hai pensato a chi potrebbe subentrare nel club di basket?"

Il giorno precedente la nipote era tornata a casa con una grande notizia: la sua scuola avrebbe partecipato al campionato studentesco di basket che coinvolgeva tutte le scuole della nazione.

La sua squadra era molto determinata e sicura di sé finchè non aveva scoperto che il regolamento prevedeva la presenza in campo di almeno una ragazza. Inoltre all'interno dei membri della squadra, Erin non poteva essere l'unico elemento femminile. Bisognava trovare un'altra ragazza.

"e come faccio? Sono in quella scuola da poco più di una settimana. Non conosco tante ragazze. Iris mi ha già detto di no. A Violet non lo chiedo nemmeno..." cominciò a lamentarsi Erin. Provò ad immaginare lo sguardo spaurito di Violet in campo e non potè fare a meno di sorridere.

"lo so, lo so me l'hai spiegato ieri sera"

"dovrà pensarci il resto della squadra" concluse la ragazza con una scrollata di spalle. Masticava rumorosamente il suo biscotto al cioccolato e intanto fissava la zia.

Pam aveva un'aria assorta.

"che hai?"

Pam sembrò destarsi.

"niente. Mi chiedevo solo che fine avesse fatto Jason. Ieri non l'ho visto per tutto il giorno..."

"e come mai questo improvviso interesse?"

"non è interesse! è una semplice constatazione" scattò sulla difensiva Pam "e poi è stato talmente gentile con me, che mi sento in colpa ad averlo sempre trattato con sufficienza. Non se lo meritava"

"questo è vero" confermò Erin aspirando ciò che rimaneva nella tazza.

"comunque sabato pomeriggio verrà qui Castiel..."

"oh, il tuo vicino di banco?... sono proprio curiosa di conoscerlo" commentò Pam con un sorriso esagerato.

"non se ne parla! Non potresti lasciarmi la casa libera?" scattò Erin sulla difensiva. La zia sbarrò gli occhi ed esclamò titubante:

"e come mai tutta questa privacy? Erin! Non vorrai mica..."

"ma sei matta?!" urlò Erin avvampando. Lei e Castiel. Rabbrividì all'idea.

"perché? È brutto?"

"no anzi..." ammise Erin figurandosi mentalmente l'immagine del ragazzo. No, Castiel poteva anche avere tanti difetti, ma non era brutto. Aveva invece un bel viso, dai tratti più marcati e mascolini rispetto a Nathaniel e proprio per questo era affascinante. Tale flusso di pensieri si arrestò improvvisamente. Erin scosse la testa quasi a voler far uscire quelle riflessioni dalla sua testa. Ma che le era preso? Si trattava solo di... Castiel.

"dobbiamo solo preparare quella relazione di scienze" tagliò corto alzandosi dal suo posto per impedire alla zia di vedere il rossore che aveva invaso il suo viso.

"sarà ma io non mi prendo responsabilità con tuo padre"

Erin sollevò gli occhi al cielo e impungnò la borsa pronta ad iniziare una nuova giornata.


"a uno sconosciuto?" ripetè Erin incredula.

Durante una delle pause, Nathaniel l'aveva raggiunta e le aveva raccontato che mentre aspettava l'autobus era passato un uomo che aveva dimostrato interesse per il gatto.

"mi ispirava fiducia. Ha detto che gli è morto da poco il suo e che, se non avevo nulla in contrario, l'avrebbe preso lui"

"e di cosa è morto il suo gatto precedente?" indagò Erin sospettosa.

"vecchiaia" rispose prontamente Nathaniel mentre la ragazza indagava l'espressione del suo volto.

"mi stai mentendo" 

Nathaniel sollevò le mani in segno di resa.

"okok, lo ammetto. Non gliel'ho chiesto. Ma com'è che fai a capire quando ti racconto una bugia?"

"intuito femminile" replicò Erin con un certo orgoglio.

Nathaniel sorrise e le diede un leggero buffetto sulla fronte. Erin sorrise di rimando, arrossendo leggermente.


La giornata passò tranquilla, finchè arrivò l'ora di pranzo.

Con sorpresa, quando Erin raggiunse Violet, la trovò impegnata in una conversazione con Lysandre, mentre Iris e Castiel soggiunsero più tardi:

"hai pensato a chi chiedere?" si rivolse Erin in direzione di Castiel.

"no. Non credo ci siano ragazze che se la sentono di entrare nel club"

"non fatico a immaginarlo. Con i tuoi modi da doberman, hai fatto scappare tutte le aspiranti cestiste dell'anno scorso" s'intromise Lysandre.

"il fatto che ci abbiano rinunciato così facilmente dimostra che non erano all'altezza" minimizzò Castiel masticando rumorosamente il panino.

"allora il fatto che Erin sia riuscita ad entrare nel club le rende particolarmente onore" s'intromise Violet lanciando una timida occhiata all'amica, strappando un debole sorriso all'interessata.

"questa tappa qua l'hanno ammessa solo perchè ha fatto pena al resto della squadra" ribattè Castiel.

"in effetti la sua performance è stata abbastanza deludente" confermò Iris

"forse non è proprio portata per questo sport..." aggiunse Lysandre.

"povera Erin" sospirò Violet.

"EHI! Guardate che sono ancora qui, la finite di prendermi in giro?" sbottò la ragazza, strappando una risata ai presenti.


Il giorno successivo era il penultimo giorno di punizione per Erin: Tom ormai riponeva in Erin la massima fiducia e, dopo averle dato le istruzioni circa le sue mansioni per la giornata, l'aveva lasciata da sola a sbrigarsela. Le aveva assegnato un'aula e lasciato tutto il materiale per pulirla. Prima di uscire, le aveva raccomandato di passare i vetri delle finestre poiché erano particolarmente sporchi.

La ragazza si avvicinò alla finestra e cominciò il suo lavoro. Il fatto di essere lasciata da sola la mise di buon umore: tirò fuori il suo iPod e scelse dalla lista l'ultimo album dei Linkin Park.

Avvicinò un banco al davanzale e lo usò come supporto per raggiungere ogni punto dell'ampio vetro. Sistemò il detergente sul piano di lavoro e un paio di stracci.

Mentre era concentrata sul suo lavoro, sentì la porta alle sue spalle che veniva aperta con violenza. Si girò di scatto e si trovò davanti Kim. La ragazza era entrata come una furia e, dopo averle fatto segno di tacere, si nascose dietro la cattedra.

Erin la guardò interrogativa mentre Kim sussurrò:

"io non sono qui"

Erin non riuscì a replicare poiché soggiunse una seconda ragazza. Sostò un attimo sulla soglia della porta e concentrò il suo sguardo verso Erin. Aveva i capelli corti con delle meches blu ed aveva una divisa con la scritta "Athletic Club Mason High School" :

"per caso hai visto Kim? È una ragazza di colore con la divisa del club di atletica" esclamò trafelata. Era a corto di fiato e parlò alla velocità della luce.

"so chi è ma.... Mi dispiace di qui non è passata" disse Erin, cercando di non tradire il suo nervosismo. Fortunatamente la sua performance come attrice non doveva essere prolungata ulteriormente. La ragazza schizzò via e sparì con la stessa fugacità con cui era comparsa.

Kim si guardò attorno furtivamente, prima a sinistra poi a destra e cercò lo sguardo di Erin.  La compagna di classe le fece un cenno rassicurante e la ragazza si alzò in piedi.

"fiuuu. Grazie"

"Figurati" replicò Erin e poi tornò ad suo lavoro. La sua indole la spingeva a chiederle spiegazioni di quello strano comportamento ma ormai stava imparando a conoscere Kim: Erin non si aspettava una risposta diversa da "fatti i cazzi tuoi"

Sorprendentemente però Kim non era intenzionata ad andarsene. Si avvicinò ad Erin, sedendosi sopra un banco e si mise ad osservare il diligente lavoro della ragazza:

"e così sei in punizione"

"fino a giovedì" specificò Erin.

"per lo scherzo ad Ambra?"

"e tu come lo sai?"

"lo sanno tutti bella!"

"ah" si limitò a dire Erin tornando a fissare la finestra. Notò un punto che le era sfuggito e si prodigò per renderlo impeccabile.

"mi passi quel detergente?" chiese dopo un po', indicando un erogatore appoggiato sul davanzale.

Kim eseguì docilmente quella richiesta. Vederla così domabile e docile era qualcosa di nuovo per Erin.  Quasi quasi valeva la pena fare un tentativo e provare ad instaurare un dialogo.

"niente club di atletica oggi?"

Kim si sgranchì la schiena e commentò:

"hai presente la tizia di prima? Quella viene dall'altro liceo della città. Poiché qui abbiamo delle strutture migliori, ha il permesso della preside di venire ad allenarsi con noi una volta alla settimana... e ogni volta che viene vuole sfidarmi in qualcosa! Oggi voleva fare i mille metri e non ne ho nessuna vogliaaa" si lamentò la velocista reclinando il capo.

"non le puoi semplicemente dire che non ti va? E poi non mi sembri una che si fa tanti scrupoli quindi non capisco quale sia il problema..."

"fidati, quella non sa cosa sia la rinuncia. È talmente insistente che l'unico modo per farla stare zitta è assecondarla"

"o nascondersi sotto una cattedra" concluse Erin sorridendo.

"ti giuro non la sopporto più" ammise Kim prendendo dalle mani della compagna un pezzo di scottex che aveva finito di usare. Erin le fece segno di andare a buttarlo nel cestino in fondo all'aula. Kim però lo arrotolò tra le mani dandogli la forma di una pallina.

"mi verrebbe quasi voglia di cambiare club per un po'" confessò lanciando l'oggetto e centrando il cestino.

La mora tornò a guardare Erin, che dall'alto della sua posizione la guardava sbigottita.

"che hai? Sembri spiritata" commentò Kim interdetta.

Erin saltò giù dal banco e la afferrò per un braccio.

"vieni con me!" esclamò la ragazza trascinandosi dietro Kim. Quest'ultima, contro la sua natura, si lasciò guidare per i corridoi finchè Erin la condusse in palestra.


La ragazza varcò la soglia con foga interrompendo la squadra che era impegnata negli allenamenti:

"ho trovato la seconda ragazza!" esultò.

I ragazzi guardarono le due con curiosità e il primo a parlare fu Trevor, rivolto verso Kim:

"ehi Kim, quando te l'ho chiesto io mi hai detto di no!" sbottò offeso.

"aspettate un attimo!" protestò Kim rivolgendosi verso Erin "tu vuoi farmi entrare nella squadra di basket??"

"Ah-ah" annuì la ragazza giuliva.

"non se ne parla!" 

"perché no? Scommetto che hai un'ottima mira. E poi sei atletica"

"non mi interessa" tagliò corto Kim facendo dietro front e apprestandosi ad uscire, sotto gli occhi attenti della squadra.

"eddai Kim, si tratterebbe solo di quattro mesi... solo finchè c'è il campionato... Trevor aiutami a convincerla visto che siete amici"lo supplicò Erin, trattenendo Kim per un braccio.

"amici un corno" borbottò la ragazza, liberandosi della presa. Ecco cosa succedeva ad abbassare la guardia e mostrarsi un po' più gentili. Al diavolo Iris e tutti i suoi discorsi sull'essere più disponibile verso gli altri.

"ohoh, ce l'hai ancora per quella storia della piscina? Mica sapevo che andavi a fondo come un sasso" rise Trevor, sottovalutando l'effetto delle sue parole.

"non mi sei d'aiuto così" commentò acida Erin zittendo il cestista.

"senti perché non provi a giocare una partita?"  

Tutti si voltarono verso il ragazzo che aveva preso parola. Dajan si era staccato dal gruppo e aveva avanzato qualche passo in direzione di Kim. La ragazza in tutta risposta, aveva cambiato espressione e aveva uno sguardo meno duro e ostile. Ciò non sfuggì ad Erin, la cui mente cominciò a fantasticare sulla piega che avrebbero potuto prendere gli eventi.

"a meno che tu non sia troppo codarda per provare" la stuzzicò Castiel.

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Chi meglio di Castiel, orgoglioso fino al midollo, sapeva come convincere una come Kim a sottoporsi alla sfida. Negli occhi della ragazza infatti cominciò a brillare la fiamma della competizione. Poteva anche essere piuttosto scarsa con lo studio ma se c'era un settore in cui Kim era imbattibile quello era lo sport. Non si era mai cimentata seriamente negli sport di squadra, il suo talento l'aveva sempre dimostrato nelle competizioni individuali. Era arrivato il momento di mostrare a tutti di che pasta era fatta.

"d'accordo. Ci sto" affermò spostandosi verso il centro campo.

"per rendere equa la cosa direi che si potrebbe fare una sfida due contro due" propose Trevor "sarai in squadra con Castiel mentre l'altra squadra potrebbe essere formata da Dajan ed Erin"

"eh?" esclamò la ragazza allarmata "io devo tornare a fare le pulizie" si giustificò, trovando per la prima volta un lato positivo nella sua punizione. La figuraccia che aveva fatto nella sfida contro Castiel aveva minato seriamente la sua autostima e la ragazza non poteva fare a meno di temere il momento in cui avrebbe dovuto misurarsi nuovamente con il basket.

"Trevor non ha tutti i torti Erin. Devi cominciare a giocare e ad allenarti anche tu perché sei un caso disperato" commentò Patrick, un altro elemento della squadra, ottenendo qualche cenno di assenso.

"sei molto incoraggiante Patrick" commentò la ragazza, consapevole che del resto, avevano ragione loro.


Al fischio d'inizio, Patrick lanciò la palla in aria: per un pelo, Dajan riuscì a soffiarla a Castiel. Se anche Erin avesse provato a saltare sarebbe arrivata sì e no all'altezza dei gomiti dei due ragazzi.

Anche Kim era rimasta lievemente impressionata da quella dimostrazione di abilità fisica ma cercò di rimanere concentrata sul gioco. Erin la imitò: questa volta non si sarebbe fatta distrarre. Convinse se stessa che la sua vergognosa performance era dovuta al fatto che aveva avuto la testa da un'altra parte. Se si fosse impegnata sul serio, avrebbe potuto ottenere un risultato diverso.

Dajan palleggiò e non appena vide un'apertura passò la palla ad Erin. La ragazza riuscì ad intercettarla facilmente poiché il passaggio era pulito e preciso. Palleggiò in direzione del canestro avversario. Castiel le si parò davanti ed Erin tentò di passare la palla al compagno ma il rosso fu più agile e intercettò il passaggio. Avrebbe dovuto essere più scattante e imprevedibile.

Il rosso, che aveva il numero 9,  passò la palla a Kim che, con l'agilità di una gazzella, schivò Dajan e scattò in direzione di tiro. Sotto gli occhi sorpresi del pubblico, il tiro andò a segno.

"grande!" esclamò Matt.

"pazzesco!" esultò Patrick.

Erin era rimasta senza parole. Con quell'azione Kim confermava il suo talento e il fatto che Erin era decisamente l'elemento più debole della squadra.

"siamo appena all'inizio" 

Erin si voltò verso il compagno di squadra. Dajan le aveva lanciato un sorriso di incoraggiamento carico di fiducia.Ciò fu sufficiente a iniettare in Erin la carica di cui aveva bisogno. Recuperò la palla e questa volta riuscì a valutare il momento migliore per passare la palla a Dajan, tanto che Castiel non riuscì ad intercettarla.

"ottimo passaggio Erin!" si complimentò Steve, che era il più alto della squadra.

"grazie Steve" rispose Erin contenta, distraendosi un attimo per guardarlo. Quell'istante fu sufficiente per impedirle di vedere la palla che stava arrivando a tutta velocità nella sua direzione.

"ERIN!" la richiamò Dajan. La ragazza si voltò di scatto e la palla le arrivò in pieno viso.

"possibile che tu non abbia ancora capito che la devi prendere in mano e non in faccia?" la derise Castiel approfittando di quell'opportunità per recuperare la palla.

Differentemente dalla settimana prima, questa volta il naso della ragazza non aveva cominciato a sanguinare.

"tutto bene?" le chiese Dajan preoccupato avvicinandosi a lei.

Erin annuì anche se aveva ricevuto una bella botta. Si tastò il naso e le sembrò che fosse  tutto regolare. Incrociò lo sguardo di Kim e si accorse che le aveva lanciato un'occhiata dura e ciò bastò a confermare i suoi sospetti.

"e così siamo gelose di Dajan" pensò divertita Erin. Non immaginava che una come Kim potesse provare dei sentimenti verso qualcuno. La novità la mise di buon umore poiché era un'inguaribile romantica e fantasticava sul fatto che come coppia erano ben assortiti. I modi un po' bruschi ma sinceri di Kim si sposavano perfettamente con il fare amichevole ma sicuro di sé di Dajan.

La palla nel frattempo era passata a Kim che si apprestava a tirare. Erin scattò e vedendola arrivare la mora non riuscì a prendere bene la mira. Lanciò la palla e, come previsto, questa non andò a canestro. Si precipitò a recuperarla ma Erin fu più agile e gliela soffiò da sotto il naso.

Rimontò cominciando a palleggiare. Intercettò Dajan, fermò il palleggio e si preparò a lanciargli la palla ma le si pararono davanti Castiel e Kim. Erin allora riprese a palleggiare ma Trevor urlò:

"infrazione!"

"che ho fatto?" chiese Erin perplessa mentre Dajan si grattava la fronte divertito.

"doppio palleggio" rispose Trevor in veste di arbitro.

"e allora?" chiese Erin portandosi le mani sui fianchi.

" e allora?" le fece eco  Castiel "senti un po' Rapunzel, toglimi una curiosità: le conosci le regole di questo sport?"

Erin lo guardò con determinazione:

"no" ammise candidamente mentre tutti scoppiavano a ridere.

"TI SEI ISCRITTA AD UNO SPORT DI CUI NON CONOSCI NEMMENO LE REGOLE? MA SEI PROPRIO CRETINA ALLORA!" sbottò Castiel perdendo la pazienza.

"quindi non posso palleggiare, smettere di palleggiare e poi tornare a palleggiare giusto?" tagliò corto Erin.

"sì è così" confermò Dajan, senza smettere di sorridere "passa la palla a Castiel e torniamo a giocare".

Il gioco riprese ma il clima era diverso: tutti, dai giocatori agli spettatori si stavano divertendo. Tra le figuracce di Erin e il suo stile un po' improvvisato, si trovava sempre qualcosa su cui ridere insieme.

Dopo dieci minuti di gioco, sia Erin che Kim sembravano entrate nell'ottica della sfida. Kim si stava rivelando una formidabile giocatrice poiché, pur non avendo nessuna preparazione in quello sport, aveva una mira precisa e una velocità incredibile. Anche Erin era stata una piacevole sorpresa poiché sembrava un'altra persona rispetto alla sfida con Castiel. Seguiva il gioco in modo molto più attento ed era recettiva ai movimenti del compagno di squadra con il quale era sempre in sincronia. Rispetto a Kim, Erin era sicuramente molto meno prestante, ma se non altro aveva rivelato del potenziale nascosto.

Decisero che il canestro successivo sarebbe stato quello decisivo: Castiel prese la palla e si apprestò a lanciarla a Kim.

In quel momento però la porta della palestra si aprì. Il rosso fu l'unico a non accorgersene e lanciò la palla alla compagna di squadra ad altezza viso mentre lei era distratta a vedere chi fosse entrato.

"attenta Kim!" la avvertì Erin che era diventata una specialista in pallonate in faccia.

Come un fulmine Dajan, che era a pochi passi da lei, scattò in avanti facendole da scudo. L'azione fu talmente improvvisa che il ragazzo non fece in tempo ad accogliere la palla tra le mani e questa lo centrò in pieno petto.

Kim rimase bloccata, fissando le spalle del ragazzo che si era parato davanti a lei.

Intanto una voce dietro di loro gridava:

"signorina Travis! Si può sapere cosa ci fa qui? Dovrebbe essere a fare le pulizie!" 

Il viso paonazzo della preside fece tremare la ragazza che si affrettò ad abbandonare il campo da gioco, avvicinandosi alla donna.

"stavo solo"

"non voglio sentire scuse! Ha un impegno da portare a termine. Da venerdì potrà tornare al club"

Erin annuì. Era sudata e non aveva nulla con cui cambiarsi. Le sarebbe toccato rimanere in quelle condizioni pietose tutto il giorno.

"preside abbiamo trovato anche la seconda ragazza per la squadra. Può ufficializzare la partecipazione del liceo al torneo!" esclamò Dajan trionfante, massaggiandosi il petto. Kim intanto lo guardava di sottecchi, colpita da come il ragazzo non aveva esitato a proteggerla da una sicura pallonata in faccia. Perché con Erin non l'aveva fatto?

 "sul serio?" chiese la donna, osservando Kim. La mora però era talmente persa nei suoi pensieri che manco si accorse che la preside si aspettava una sua conferma. La donna allora commentò:

"molto bene signor Brooks. Vedo con piacere che avete preso molto seriamente questa competizione"

"eh già... il problema è che Erin avrebbe bisogno di molto allenamento per essere pronta" aggiunse il ragazzo con un sorriso.

La donna lo guardò sospettosa.

"mi sta suggerendo di sospendere la punizione della signorina Travis?"

"non sarebbe male" ammise Dajan. Il suo sorriso caloroso e bianco avrebbe potuto incantare chiunque. Tranne la preside:

"non se ne parla! Del resto alla signorina Travis rimane un solo giorno di punizione. Sarei una pessima educatrice se facessi marcia indietro. Comincerete oggi la preparazione senza di lei"

Dajan sollevò le mani in segno di resa e si voltò verso Erin quasi a volerle dire "io ci ho provato".


Dopo che la preside se ne fu andata, la squadra si riunì:

"quindi Kim sei dei nostri" commentò compiaciuto Trevor.

"ormai l'avete detto alla vecchia, mi avete incastrata... allora a chi devo chiedere per la divisa?"

A quelle parole, tutta la squadra, ragazze escluse, puntò gli occhi su Castiel:

"te l'avevamo detto..." commentò Matt con una nota di biasimo.

"che cosa?" chiese Erin senza capire.

"è il capitano della squadra che si occupa di ordinare le magliette. Il regolamento della scuola vuole che si scelga tra le ditte che producono anche la versione femminile delle divise ma il genio qui ha pensato bene di sceglierne una che producesse solo quelle maschili"

"che ne sapevo io che sarebbero entrate delle ragazze?" si difese Castiel "e comunque per Erin il problema non sussiste: può usare la nostra divisa tanto è talmente piatta che sembra un uomo" il rosso non poté aggiungere altro poiché gli arrivò un pugno in pieno addome da parte della donna-uomo.

"allora che si fa? Il regolamento del torneo dice chiaramente che ogni squadra deve avere una divisa identificativa. Non possiamo ordinarle nuove anche quest'anno, la vecchia ci ammazza!" brontolò Patrick.

"si metteranno queste" semplificò Castiel. Le due ragazze guardarono con orrore la profonda scollatura a V della divisa dei ragazzi: perfetta per mettere in evidenza dei pettorali maschili e altrettanto per quelli femminili.

"metteremo un'altra canottiera sotto" propose Kim.

"look molto convincente" replicò Trevor con sarcasmo.

"sei diventato un esperto di moda adesso?" lo rimbeccò l'amica.

"senti Kim facciamo così: prendiamo la taglia più piccola che hanno e ci mettiamo sotto un top sportivo" propose Erin. Anche optando per una S, sapeva che la maglia sarebbe comunque risultata molto larga sopra i loro corpi minuti. Erin poi che era anche più bassa di Kim avrebbe avuto un'aria quasi tenera anziché da professionista.

Kim ci pensò un attimo e poi acconsentì. L'idea d'insieme non era male e in ogni caso non c'erano alternative migliori.

"adesso c'è un'altra cosa da dire: tenendo conto che siamo a fine ottobre, ci rimangono meno di tre mesi per prepararvi come si deve al torneo. Inoltre dobbiamo allenarci tutti quindi non sarebbe male se voi due vi allenaste anche durante il weekend, al sabato per esempio" propose Dajan.

"sono d'accordo" confermò Patrick.

"potremo allenarci insieme" propose Erin guardando Kim. La mora sembrava condividere quell'idea ma Dajan si intromise:

"io pensavo piuttosto che vi alleniate separate con uno di noi. Del resto manco conoscete le regole di questo sport e ci vuole qualcuno che vi insegni tutto" 

Anche se quell'osservazione era per lo più riferita ad Erin, Kim non ebbe nulla da ridire. Nemmeno lei del resto conosceva il regolamento della pallacanestro e non poteva certo vantare una grande preparazione atletica. Era veloce e scattante ma non era allenata sulle dinamiche del gioco e questo durante la competizione avrebbe penalizzato la squadra.

"sì sono d'accordo, visto che sei stato tu a proporre la cosa, ti offri come insegnante?" esclamò Trevor rivolto verso Dajan.

"nessun problema" replicò il ragazzo scrollando le spalle.

Un sorriso furbetto si impadronì delle labbra di Erin. In veste di Cupido, esclamò prontamente:

"allora Dajan tu potresti allenare Kim. Io mi prendo Castiel visto che non abita distante da casa mia" commentò soddisfatta della piega che stavano prendendo gli eventi. Kim era straordinariamente mansueta e sembrava troppo presa a trovare un modo per non guardare in faccia Dajan. Faceva quasi tenerezza come cercasse di celare il suo imbarazzo.

"eh cosa? Mica sono un cane!" protestò immediatamente il rosso "non ho nessuna intenzione di allenarti!" 

"allora ci penserò io. Passeremo molto tempo insieme Erin" si intromise Trevor con un sorriso invitante. Cinse le spalle della ragazza e la avvicinò a sé, lasciando senza parole Erin.

"sei un pessimo insegnante tu. Arriverebbe a febbraio più impedita di quanto non lo sia ora" borbottò Castiel dandogli un pacca sulla nuca"d'accordo Rapunzel. Ti allenerò io. Sabato mattina al campo sportivo vicino al Mc Donald. Non osare fare tardi"


Una volta arrivata a casa, Erin trovò la zia intenta a leggere una rivista. Era comodamente distesa sul piccolo divano rosso e aveva i piedi scalzi:

"sbaglio o torni a casa sempre prima da lavoro?"

"e tu non torni a casa sempre più tardi da scuola?"

Erin appoggiò la borsa sul divano e scrutò il viso della zia.

Decise che non era il caso di intraprendere una conversazione perché Pam sembrava proprio di cattivo umore.


Durante l'ora di cena, dopo aver passato le ultime ore rinchiuse nel proprio religioso silenzio, Erin osò chidere:

"novità con Jason?"

Senza staccare gli occhi dal piatto, mentre era intenta a sminuzzare la bistecca, Pam replicò atona:

"ha una ragazza"

Erin rimase con il boccone a mezz'aria.

"stiamo parlando di Jason il nostro vicino?"

"e chi sennò?" sbottò Pam lievemente irritata per la domanda della nipote.

"non può essere. Sono passati appena tre giorni da quando ti ha invitato a cena"

Pam si limitò a scrollare le spalle. Non voleva dire nulla quell'invito. Come evidentemente non voleva dire nulla il modo in cui il ragazzo le si era rivolto negli ultimi due anni. Non era innamorato di lei. Altrimenti non gli sarebbe bastato così poco per dimenticarla.

"te l'ha detto lui?" indagò Erin poco convinta.

"no. Però oggi mentre stavo rincasando ho visto una donna uscire dall'appartamento e questa ha detto – guarda che mi aspetto che mi chiami- e lui le ha risposto – come potrei non farlo?-"

Pam teneva lo sguardo fisso sul piatto in cui spostava a caso gli avanzi di cibo.

Erin stava per dirle che poteva trattarsi benissimo di un'amica ma il telefono di casa la precedette.

Scambiò una rapida occhiata con la zia, in una mutua conversazione che avrebbe stabilito che tra le due era la prescelta per alzarsi da tavola e impugnare la cornetta. Alla fine prevalse la pigrizia e il malumore di Pam, per cui fu la nipote a dover avvicinarsi all'apparecchio:

"Casa Travis" 

L'espressione cordiale di Erin mutò rapidamente:

"ciao mamma...sì io bene... tu?... e papà?....mi fa piacere. Sì a scuola tutto bene... te l'ha detto la zia? Eh sì un campionato a livello nazionale...già... immagino immagino..."

Pam distolse l'attenzione dai suoi problemi per ascoltare la telefonata. Quando telefonava Susy, sua cognata, ogni altro pensiero passava in secondo piano.

Dopo un lungo silenzio Erin chiese:

"come sta?"

Erano mesi che non pronunciava il suo nome. Ogni volta che la madre chiamava, la domanda di Erin era sempre la stessa: "come sta". Il soggetto di quella frase era sottointeso e ogni membro della famiglia lo conosceva per cui nessuno sentiva la necessità di pronunciare quel nome.

Erin annuì anche se la madre non poteva vederla.

"lo so..... ti passo la zia" e detto questo, Erin consegnò nelle mani della zia la cornetta.

Pam la seguì con lo sguardo e la vide sparecchiare una tavola in cui non avevano ancora finito di cenare. Ultimata la conversazione, Pam abbassò la cornetta e accese la TV.

Lei ed Erin fecero finta di guardare il talk show ma in realtà tutte e due stavano pensando alla stessa cosa. In quel momento Pam sapeva che la ragazza voleva essere lasciata sola nella sua tristezza.


Improvvisamente il cellulare di Erin si illuminò e il tavolino di vetro amplificò il rumore della vibrazione.

La ragazza allungò l'occhio e con sorpresa trovò un messaggio da parte di Castiel.


CASTIEL: "hai fregato mio quaderno di matematica?"


Erin lesse due volte quel messaggio, sorpresa dall'assoluta assenza di una grammatica corretta.


ERIN: "scrivi come un analfabeta...cmq no, non ce l'ho io"


CASTIEL : "controlla"


Erin sollevò un sopracciglio lievemente irritata. Prepotente e maleducato anche nei messaggi. Non c'era bisogno di memorizzare il numero di Castiel in rubrica. Avrebbe riconosciuto il suo modo di parlare in qualsiasi situazione.

La ragazza si alzò e frugò nella borsa. Dopo una sommaria ricerca, digitò:


ERIN: "ti ripeto che non ce l'ho io. Non dare la colpa a me se perdi le tue cose!"


CASTIEL: "no ho perso. Non sono mica Lysandre"


ERIN: "come mai ti affanni tanto? Non è da te :-/".


CASTIEL: "c'era dentro uno sparviero"


ERIN: "e come hai fatto a mettercelo dentro? XD"  

chiese Erin deridendo l'errore di battitura del ragazzo.


CASTIEL: "*spartito...  sto cazzo di correttore di merda!"


Erin sorrise e ciò non sfuggì alla zia.

"è Iris?"

"no, non è lei... E' Castiel"

"e riesce a farti sorridere così?" commentò Pam compiaciuta.

Erin ammutolì, non sapendo come replicare a quell'osservazione finché il cellulare vibrò nuovamente:


CASTIEL:  "trovato"


ERIN: "dov'era? Aspetta non dirmi che ti ci eri seduto sopra! XD"


CASTIEL :"te loggia detto. Non sono mica Lysandre"


ERIN: "magari lo fossi, almeno sapresti scrivere! Analfabeta, guarda come hai scritto "l'ho già! -.-''"


CASTIEL : "non rompere. Commettere errori è un diritto di tutti"


ERIN: "sì ma tu ne approfitti ;)"


Si stava divertendo a stuzzicare il ragazzo che per cinque minuti non diede più segni di vita finché finalmente non riapparve:


CASTIEL:  "immaginati di vedere il mio dito medio alzato"


ERIN: "ti ci sono voluti cinque minuti per ideare questa risposta geniale?"

e al messaggio Erin fece seguire tre simboli di mani che applaudivano.


Dopo quel messaggio, Castiel non rispose più. Arrivarono le undici e la ragazza fu costretta a chiedersi se non si fosse offeso o semplicemente si fosse rotto della loro conversazione. Nel dubbio però decise di fare un tentativo:


ERIN:  "sul serio, dove era il quaderno?"


Dopo venti minuti arrivò la risposta:


CASTIEL : "il quaderno boh, ho trovato lo sparviero"

A conferma di quanto immaginava Erin, al ragazzo non importava niente del materiale scolastico.


ERIN "sta attento che non voli via un'altra volta :)"

scherzò Erin.


CASTIEL "ah-ah simpatica"


Erin rimase un attimo immersa nei suoi pensieri poi scrisse:


ERIN: "me la farai sentire quella canzone venerdì?"


Ci sperava davvero. Era curiosa di sentire qualcosa scritto da Castiel perché dopo la serata di venerdì aveva intuito che il ragazzo componesse musica interessante. Sarebbe stato un modo per conoscerlo meglio. Per conoscere una parte di lui.


Castiel rilesse il messaggio di Erin. Si chiese se la sua fosse una proposta fatta tanto per, oppure se ci tenesse davvero. Alla fine optò per una risposta che più si confaceva al suo modo di fare, sostenuto e un po' arrogante:


CASTIEL: "se proprio ci tieni..."


Erin si distese sul letto, sorridendo come una scema. In appena dieci giorni da quando si era conosciuti il loro rapporto stava migliorando sempre più. I sentimenti di amicizia che nutriva per lui, nonostante il suo atteggiamento, erano sempre più concreti. Decise che era arrivato il momento di salutarlo.


ERIN: Buonanotte ^^)


CASTIEL: notte


Quest'ultimo messaggio non soddisfò Erin.


Dopo essersi lavato i denti, Castiel tornò in camera sua dove vide un altro messaggio di Erin:


ERIN: potresti usare qualche smile ogni tanto >:(


La ragazza stava quasi per addormentarsi quando sentì il cellulare vibrare. Pigramente allungò la mano e sulla schermata dei messaggi era evidenziata l'icona degli MMS.

Quando la aprì trovò una serie infinita di faccine, tanto che il semplice SMS si era convertito in MMS. Subito dopo arrivò un messaggio di testo:


CASTIEL: Merda! si è convertito in MMS


ERIN: spero tu abbia speso soldi per inviarlo ;-)

Commentò perfida la ragazza


Poiché la risposta di Castiel non arrivò immediata ed Erin non vedeva l'ora di addormentarsi, lo anticipò:


ERIN: che c'è? Non sai come replicare?


CASTIEL: sto cercando tra le faccine che ti piacciono tanto se c'è un dito medio


Erin sorrise e visto che il ragazzo non poteva vederla, si limitò a mandargli un messaggio:


ERIN: :)


Castiel si distese sul letto, sorridendo tra sè.

Non valeva la pena aggiungere altro.

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