#2 domenica | Reparto Surgelati

E figuriamoci se non mi seguiva pure lui.

«Che stai facendo? Quello sguardo non mi piace.»

«Se non ti piace cosa ci fai qui a rompere il cazzo?»

Mi ha raggiunto in due passi e afferrato per la spalla, il che può contare come aggressione e quindi comunque lo mette in una posizione peggiore della mia. E poi – il gaglioffo! – ha avuto il coraggio di chiedere: «Vuoi rubarlo, vero?»

«Ma cosa ti salta in mente? Voglio comprarlo, proprio come ho detto. Solo che lo comprerò senza che lei se ne accorga.»

«Mh. E che differenza credi che faccia?»

Avevo già intuito che il mio compagno di sventure non era una cima, ma in quel momento ne ho avuto la conferma. «Non so, forse l’equo pagamento in denaro?!»

«Okay, sì, devo ammettere che ha il suo senso.»

«Senti, tu sei carino, ma se stai cercando di mettere le mani sul mio Bimby puoi anche tornartene a casa. Ti autorizzo a seguirmi solo se stai flirtando, giusto perché sono magnanimo.»

Mi è scivolato davanti per fronteggiarmi, a quelle parole si è tutto ringalluzzito. Quanto è facile giocare con gli ormoni di un uomo?

«Grazie del permesso. Com’è umano, lei» ha detto.

E l’ha detto con un sorriso lento, un tono sommesso che potrebbe aver risvegliato la mia attenzione. Del resto, pure io sono un uomo. E i miei ormoni funzionano anche troppo bene.

«Dunque? Mi segui per fare colpo o mi lasci acquistare in pace? Nessuna terza via.»

«Se fossero entrambe? Se volessi prendere il Bimby e anche il tuo numero, me lo daresti?»

Bel tentativo, ma risposta sbagliata. «No, mi dispiace. Ora levati di torno.» L’ho oltrepassato con un’algida espressione di pura indifferenza, ma devo ammettere anche a malincuore. Non sembrava il più sveglio della cucciolata, però carino lo era davvero. E poi c’è una certa magia natalizia nell’essere gli unici due gonzi che non sono riusciti ad acquistare un Bimby prima di Natale.

«Già, peccato che questo è un paese libero e che se voglio restare anch’io al centro commerciale non c’è nessuno che può impedirmi di farlo.»

Ha iniziato a seguirmi a qualche passo di distanza ed ero certo che stesse sorridendo come un infame anche senza voltarmi a guardarlo. «L’ho capito che mi cammini dietro per guardarmi il culo, eh.»

«Lo so che l’hai capito. Sei stupido ma non così tanto.»

Quanto amo i preliminari. Voi no?

Siamo entrati al Sole 365 che la vecchia – ahèm, la dolce nonnina – era appena sparita all’interno.

«Non avevo mai rubato, prima» ha detto. Il che ha dimostrato in modo piuttosto evidente che i suoi scopi erano molto più criminali dei miei.

«Non ruberai proprio niente. Al massimo io acquisterò senza permesso. Ne abbiamo già parlato, stammi sul pezzo.»

Ho iniziato a tallonare il carrello del mio Bimby a distanza di sicurezza, con il mio fattore di disturbo che cianciava scemenze a cui non ho attribuito alcuna importanza.

L’amabile vecchietta si è fermata davanti alle ante dei surgelati e ha adocchiato dei cartoni di pizza Buitoni che mi hanno fatto chiedere perché accidenti avesse comprato un Bimby se cucina la pizza surgelata.

«Magari anche lei deve regalarlo» ha fatto notare il mio improbabile compagno.

«Scusa, ma tu da che parte stai?»

«Dalla mia. A meno che tu non voglia strappare quel Bimby a metà e dividerlo con me come nell’amabile storia biblica.»

«Beh, io non ho fatto il catechismo e non so di cosa stai parlando.»

«Ignorante...»

Il rimprovero del tamarro non riesce a distrarmi dal mio obiettivo. È fatta: la vecchia si è allontanata per osservare le tipiche vaschette di gelato noiose – appunto – da vecchia, tipo quelle alla panna. Chi è che compra il gelato il ventiquattro dicembre? Alla panna, poi.

A quanto pare qualcuno, altrimenti non lo venderebbero.

Mi sono avvicinato di soppiatto al carrello. Nessuno ha fatto caso a me, credo perché i passanti hanno immaginato fosse il mio. Ho preso la scatola del Bimby con entrambe le braccia e non sono riuscito a trattenere una scarica di adrenalina.

Era mio, capite? Avevo vinto! Dovevo solo riuscire a frugarmi nelle tasche per tirare fuori l’assegno e infilarlo con grande destrezza tra i pacchi di pasta.

È successo? No. È ovvio. Non è successo perché, non appena l’ho avuto tra le mani, qualcuno ha avuto la brillante idea di afferrarmi per un braccio e trascinarmi via contro la mia volontà. Che, tra parentesi, in gergo legale si chiama sequestro di persona ed è secondo per gravità solo all’omicidio.

«Che fai?!»

«Andiamo, prima che qualcuno ci veda.»

L’ho visto guardarsi intorno per cercare occhi indiscreti. Ho aperto la bocca per protestare, chiamare aiuto o staccargli il naso con un morso, ma non ho fatto in tempo a fare nessuna di queste cose. Ha spalancato una porticina tra gli scaffali che era evidentemente destinata al personale del negozio, mi ha spinto dentro e poi si è lanciato al mio seguito sbattendo la porta con un bel fracasso.

«Ma che cazzo–»

Ha sorriso, un bel sorriso furbo che ha snudato i denti bianchi. E io davvero, ci ho provato a incazzarmi, ma come facevo? Nessuno sarebbe rimasto arrabbiato.

«Ora aspettiamo che là fuori le acque si calmino, e poi io uscirò col mio bottino. Se nel frattempo vuoi darmi il tuo numero, sarò ben felice di sentirlo.»

È allora che la cosa ha iniziato a puzzarmi. «Scusami, tesoro, ma questo è il mio acquisto. Non certo il tuo bottino.»

«Ed è qui che ti sbagli!» ha esclamato tutto felice. Davvero, quello che è successo da quel momento in poi non è più colpa mia. Ero obnubilato dagli ormoni e poi comunque per riparare al danno era troppo tardi. «Perché mentre tu eri impegnato a prelevarlo per me, io completavo la transazione infilando i miei contanti nel carrello. Dunque sono io che ho effettuato l’acquisto, e quel Bimby è ufficialmente di mia proprietà.»

Ci ho messo un attimo a realizzare quello che ha detto. Un attimo in cui sono rimasto fermo col mio Bimby tra le braccia a guardarlo.

Poi mi è scappato di mano e gli sono saltato addosso. «Infame bastardo!»

Ora, comprendo che la frase che ho detto potrebbe risultare fraintendibile a orecchie che non mi conoscono a fondo, perciò permettetemi di riformulare: gli sono saltato addosso perché mi ero stancato di quella situazione ed era tempo di portarla a mio vantaggio. Non perché volevo fargli del male.

L’ho già detto ma lo ripeto, in questa storia io sono la vittima. Insomma, sono pure stato portato al Pronto Soccorso!

Fatto sta che gli sono saltato addosso. E lui ha sorriso e mi ha detto: «Portami fuori a cena, prima.»

Poi, siccome me l’ha servita su un piatto d’argento, ho risposto: «Ti invito da me, ho un Bimby nuovissimo.»

«Solo se c’è anche un dopo cena

«Certo che c’è. E il prima di cena è questo.»

Non ritengo necessario raccontare tutto quello che è seguito nei dettagli... ma dato che siamo in ballo, balliamo. E quindi lo faccio.

Che dire? Potrei averlo baciato. O forse lui ha baciato me. Alla fine che differenza fa? E sì, l'ho fatto perché confidavo che la mia indubbia e referenziata abilità nell’ars amatoria l’avrebbe convinto a rendermi ciò che è mio.

E poi quando ho parlato di avere un Bimby non ha risposto che invece è suo, quindi è come se me l’avesse ceduto.

Ma l’ho fatto anche perché era caldo, e bello, e giuro che quella mezz’ora con lui è stata la mezz’ora più facile della mia vita. Abbiamo... com’è che si dice? Matching energies.

Insomma, non è da tutti decidere insieme di ru–ACQUISTARE CON LA FORZA un Bimby la vigilia di Natale.

Io non so dire di preciso quanto tempo siamo stati nello sgabuzzino del reparto surgelati a limonare e fare petting, so solo che gli ho chiesto il numero di telefono, e lui me l’ha dettato a rate nei momenti liberi in cui tentavamo di riprendere fiato.

E no, prima che possiate chiedermelo: non me lo ricordo. Non me lo sono segnato, e in quel momento avevo altro a cui pensare. Come il turbofregno che mi stava riarrangiando l’anagrafica in uno sgabuzzino gelido, per esempio.

Ma soprattutto, ho avuto altro a cui pensare nel momento in cui il personale ha aperto la porta, ci ha trovati là dentro in un groviglio di arti parecchio creativo, ha requisito il Bimby che la signora ha riconosciuto come suo, e siamo stati buttati fuori dal centro commerciale dalla guardia con l’ordine di non farci vedere mai più.

E ci siamo ritrovati nel parcheggio, stralunati, ancora ansimanti, senza il nostro Bimby, ma soprattutto...

«I soldi te li hanno ridati?»

«Cosa?»

«I soldi. Hai lasciato milletrecento euro alla sciura in contanti nel carrello. Si è ripresa il Bimby, ti ha ridato i soldi?»

«Merda. Il mio stipendio.»

E questo, cari amici, è stato il vero furto della nottata. Ed è perciò che l’accusa di infrazione a mio carico non ha alcun valore. Perché l’unico motivo per cui mi sono introdotto nel domicilio della vecchia senza permesso è stato perché lei aveva rubato milletrecento euro in contanti al mio nuovo, fiammante, tamarro, riccioluto fidanzato di cui non sapevo nemmeno il nome.

Ancora.

Note autrice
Qualcuno ha detto “furto con scasso?” perché qui la nostra fedina penale si sta allungando!
C’è da dire che, in effetti, la vecchia ha rubato i soldi al povero sfigato di cui appunto non sappiamo il nome. In effetti, non sappiamo ancora il nome di nessuno dei due.
Mi chiedo se c’è un motivo :D ;)
Domenica prossima, la terza domenica di avvento, finalmente scopriremo perché il nostro sfortunato protagonista è finito all’ospedale. Sino a quel momento, vi toccherà fare teorie.
Ne approfitto anche per scusarmi, sabato ero al Più Libri Più Liberi a Roma e domenica ero in viaggio di ritorno a casa in Sardegna, dunque non sono riuscita ad aggiornare. Mea culpa!
Mi farò perdonare con i gustosi reati del prossimo capitolo, eheh.

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