Parte III
Due anni dopo
Quei due anni erano volati. Ventiquattro mesi intensi che avevano cambiato molte cose nelle loro vite. Dal momento che Louis era felice con Harry, Lottie aveva deciso di far ritorno in Inghilterra ed iscriversi all'Università di Oxford. Decisione presa anche per essere più vicina a Niall: alla fine Lottie aveva aspettato fino a che Niall non si era deciso a dichiararsi. Ormai stavano insieme da quasi un anno e, siccome il biondo era stato preso nella London Symphony Orchestra, frequentare un college vicino a Londra avrebbe permesso ai due di frequentarsi maggiormente.
Questa era stata un'ulteriore spinta per i due ragazzi a decidere di andare a vivere insieme: Louis si era trasferito a tutti gli effetti nell'appartamento di Harry e, sebbene fu una decisione un po' sofferta, mise in vendita il suo appartamento. Quella era la casa che avrebbe dovuto condividere con Stan e sbarazzarsene del tutto non era stato semplice. Harry non gli aveva fatto pressioni, aveva voluto che Louis fosse sicuro della sua scelta e nei momenti di titubanza gli aveva anche proposto di aspettare a venderlo, tuttavia Louis decise che alla fine quella fosse la cosa più giusta da fare.
La convivenza non era stato l'unico cambiamento, infatti Harry dopo l'estate aveva accettato l'offerta dell'American Ballet, mentre Louis era stato assunto come professore di musica alla Juilliard e, di tanto in tanto, teneva dei concerti da solita presso la Carnegie Hall.
Quel tardo pomeriggio, come sempre, Harry stava lasciando il Metropolitan Opera House al termine delle sue prove di ballo. A breve Louis avrebbe terminato la sua ultima lezione della giornata e Harry aveva deciso che gli avrebbe fatto una sorpresa così da poter tornare a casa assieme.
Provava una sensazione strana ogni volta che rimetteva piede in quella scuola che era stata così importante per lui, i ricordi di quei quattro anni trascorsi lì dentro riaffioravano sempre vividi nella sua mente. Salì le scale raggiungendo l'aula nella quale sapeva avrebbe trovato Louis e che ben conosceva dato che spesso l'avevano usata per le loro prove insieme.
La lezione era appena terminata e un gruppo di ragazzi stava lasciando l'aula. Vide Louis dietro al pianoforte nero intento a sistemare tutti i suoi fogli. Si appoggiò allo stipite della porta incrociando le braccia al petto e le caviglie fra loro «Professor Tomlinson, ne ha ancora per molto?» Louis sorrise con il capo ancora chinato, riconoscendo ovviamente quella voce «È fortunato Styles perché si da il caso che abbia appena finito». Sollevò lo sguardo vedendoselo già arrivare incontro. Erano passati due anni da quando si erano laureati alla Juilliard e iniziato la loro storia, eppure i segni del tempo sembravano non voler accennare a comparire sul volto di Harry: la pelle liscia, gli occhioni verdi e le fossette sulle guance non gli davano affatto l'aria di un ragazzo di ventiquattro anni, per non parlare di quei piccoli brufoli che ogni tanto ancora comparivano sulla fronte, appena sotto la mascella e sul mento. Piccole imperfezioni che Harry non sopportava perché lo facevano apparire ancora un adolescente, ma che Louis invece non perdeva mai occasione di baciare.
«Bene, allora sistema le tue cose così andiamo» lo esortò poi, appena Louis si voltò di spalle, sfilò dalla sua borsa una busta color ocra e la fece scivolare sulla coda liscia dello strumento. «Ho trovato questa tra la posta stamattina» parlò nuovamente, attirando la sua attenzione. Riconobbe immediatamente di cosa si trattasse scorgendo il logo e la dicitura sulla busta. Sospirò pesantemente, rigirandosela tra le mani un paio di volte prima di aprirla e leggerne il contenuto. «È una nuova proposta di lavoro con loro?» domandò, ricevendo in risposta un semplice cenno d'assenso con il capo da parte sua. «Pensi di accettare?» Louis piegò la lettera, infilandola nuovamente nella busta e lasciandola cadere sul pianoforte. «No» rispose secco. Harry chiuse gli occhi, sollevando di poco gli occhiali da vista e massaggiandosi il ponte del naso. Era già la seconda volta che la London Symphony Orchestra gli offriva un lavoro come direttore d'orchestra, ma Louis si ostinava a rifiutarlo. Roba da pazzi, direte voi, ma Louis era stato molto chiaro: finché Harry fosse rimasto a New York, anche lui non se ne sarebbe mai andato.
Sembrava che il discorso che faceva sempre sul fatto che non sarebbe importato se le loro passioni li avrebbero momentaneamente separati, portandoli a lavorare in due città diverse, valesse solamente per Harry. E non era giusto, soprattutto dal momento che Harry sapeva bene che andare a Londra era uno dei suoi sogni. «Lou, non puoi continuare a rifiutare. Potresti pentirtene e quando te ne renderai conto potrebbe essere troppo tardi». «Ne abbiamo già parlato, H. Al momento sto bene così» si avvicinò alla sua borsa «Se riceverai la proposta che sappiamo, allora ci penserò, ma fino a quel momento non ho nessuna intenzione di muovermi da qua». Quello era solamente una parte del vero motivo per il quale Louis rifiutava di trasferirsi a Londra: la verità era che in quei due anni si era completamente innamorato di Harry, nutriva per lui un sentimento che non aveva mai provato prima e l'idea di doversi separare lo terrorizzava. Ero sicuro del legame che li univa, ma la distanza a volte viene sottovalutata e lui aveva paura che riuscisse a dividerli per sempre, non solo temporaneamente. Già così, a causa dei loro lavori, il tempo da passare assieme era poco, se anche solo uno di loro si fosse trasferito Louis sapeva che, per quanto la loro volontà di rivedersi potesse essere forte, sarebbero potuti volerci mesi prima che entrambi avessero del tempo libero per ricongiungersi. Allo stesso tempo, però, non voleva privare Harry della possibilità di vivere il suo sogno e per questo continuava a ripetergli che se gli fosse arrivata la proposta da Parigi avrebbe dovuto assolutamente accettarla.
«Perché non permetti anche me di fare questo ragionamento?» lo incalzò di nuovo «Perché se io dovessi ricevere un'offerta dall'Opéra non potrei rifiutarla come, invece, fai tu? Tu metti sempre me al primo posto, ma non lasci che io lo faccia con te. Mi sembra di essere un egoista e non era così che avevamo deciso sarebbe andata. Avevamo detto che avremmo dovuto valutare ogni proposta e scegliere la migliore per noi e sappiamo entrambi che, per quanto ti piaccia, lavorare qui non è la migliore per te». Sapeva che Harry aveva ragione, che il suo atteggiamento era incoerente con ciò che aveva sempre detto, ma non avrebbe accettato quella proposta. «Non mi farai cambiare idea, Harry, lo sai. E adesso andiamo a casa» gli sorrise flebile, sistemandosi in spalla la sua immancabile tracolla e uscendo dall'aula. Ad Harry non restò altro che seguirlo.
Il broncio che si dipinse sul volto del ragazzo non lo abbandonò per tutta la sera. Harry era distante e non aveva più intavolato alcuna conversazione, limitandosi solamente a pronunciare poche sillabe di cortesia. Ovviamente Louis si sentì in colpa e il suo labbro stava chiedendo pietà dal momento che era da almeno cinque minuti che i suoi incisivi lo stavano torturando, mentre se ne stava seduto con le gambe penzoloni sul bancone della cucina ad osservare la schiena di Harry, impegnato ad asciugare le stoviglie. «Harry...» lo chiamò, senza ricevere nemmeno uno sguardo. Si passò una mano sulla fronte «H» tentò ancora e almeno questa volta riuscì a farlo voltare verso di sé. «Vieni qui, amore» gli allungò una mano per avvicinarlo.
Ovviamente non era la prima volta che lo chiamava in quel modo, ma ogni volta che lo sentiva usare quella parole il suo cuore si scioglieva. Ricordava benissimo la prima volta che entrambi ebbero il coraggio di dichiararsi il loro amore: era successo tutto durante una sera autunnale quando gli aveva detto che nella loro prossima casa avrebbe fatto installare il riscaldamento a pavimento in modo tale che i suoi piedi non sarebbero più stati freddi dal momento che gli piaceva sempre stare scalzo; Louis lo aveva attirato a sé, baciandolo forte per poi lasciarsi scivolare dalle labbra un flebile ''Dio, quanto ti amo'' che lo aveva lasciato completamente senza fiato. Quando Louis aveva notato la sua reazione aveva sorriso, ripetendogli quelle parole nella sua bocca e facendogli capire che non le aveva dette per sbaglio, ma era ciò che provava davvero. Naturalmente Harry non aveva aspettato due secondi di più ad assicurargli che il sentimento fosse più che ricambiato.
Louis aprì le gambe, afferrandolo per i fianchi e incastrandolo tra esse «Non essere arrabbiato, per favore». «Non sono arrabbiato, solo... tutto questo non è giusto» borbottò quello mantenendo lo sguardo basso. «Non devi sentirti egoista. Lo so bene che anche tu rinunceresti a tutto per me, ma non devi farlo perché non mi perdonerei mai di privarti di una cosa che so che desideri da una vita» gli accarezzò una guancia, vedendolo aprire la bocca pronto a ribattere «So anche quello che vorresti rispondermi, ma io voglio che sia prima tu ad arrivare al tuo obiettivo». Harry resse il suo sguardo per qualche istante, poi alzò gli occhi al cielo sbuffando «D'accordo, per questa volta farai ancora a modo tuo. Ma devi promettermi che se tra qualche mese Londra si fa ancora viva, accetterai la proposta. Indipendentemente da quello che starò facendo io». «Ti prometto che nel caso ci penserò» precisò Louis «Basta che ora la smetti di tenermi il muso». Allungò il collo per mordicchiargli il mento e il volto di Harry si rilassò in un sorriso divertito perché era davvero difficile dirgli di no. Era patetico, lo sapeva: per quanto ce la mettesse tutta, ogni volta che avevano una discussione, a cercare di mantenere il punto il più possibile, bastava che Louis gli parlasse con più dolcezza e lo stringesse tra le braccia che tutti i suoi buoni propositi andavano subito a quel paese.
Gli allacciò le braccia al collo, lasciando che quelle di Louis vagassero sotto la sua maglietta accarezzandogli pigramente la schiena mentre gli lasciava baci dovunque la sua bocca riuscisse ad arrivare. «Ti amo» gli sussurrò contro l'orecchio e Harry un po' lo odiava per il fatto che conoscesse benissimo le sue debolezze. «Mmh... io no» scrollò le spalle lui, sottraendosi al tocco della sua bocca. Louis lo guardò scettico, riuscendo a malapena a trattenere una risata «Non sei per niente credibile». «Cosa ti fa pensare che io stia mentendo?» le mani ora posate sulle cosce del ragazzo. Louis avrebbe tanto voluto dirgli che bastava vedere come non riuscisse nemmeno a staccarsi da lui, era ancora tra le sue gambe nonostante avesse ritratto il viso dal bacio, invece decise di stuzzicarlo un po'. «Perché ami il modo in cui passo le mani fra i tuoi capelli, accarezzandoti la cute» cominciò, incastrando le dita tra i suoi ricci. «Ami i massaggi che ti riservo ogni sera per distendere i tuoi muscoli tesi» le mani che adesso si posavano sulle spalle, massaggiandole lentamente, prima di scivolare verso il basso e sollevare i lembi della sua maglietta. «Ami il modo in cui venero il tuo corpo» posò la bocca al centro del suo petto sfiorandolo appena e provocandogli una serie di brividi lungo la schiena. «Ok, va bene» Harry lo afferrò dalle spalle, scostandolo da lui prima che la situazione degenerasse «Hai ragione tu, ti amo anche io». Louis sorrise strafottente, godendo di quell'ennesima vittoria. Lo afferrò per la nuca e «Allora baciami» sussurrò sulle sue labbra, prima che Harry riducesse del tutto la distanza tra loro.
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Alla fine la chiamata da Parigi era arrivata proprio come sempre sostenuto da Louis e Harry non aveva avuto altra scelta che accettarla. Non che la cosa gli dispiacesse, ovviamente, ma aveva bisogno di sapere che Louis avrebbe agito di conseguenza, proprio come gli aveva promesso.
«Allora è deciso. Appena salgo su quell'aereo tu contatti Londra, ok?» Aveva perso il conto di quante volte Harry gli avesse già posto quella domanda nel tragitto da casa all'aeroporto e anche in quel momento, nonostante mancassero pochi minuti all'imbarco e dovesse ancora salutare la madre e la sorella, riusciva a pensare solo a quello. «Ho già sentito Niall, ti aspetta. Non vede l'ora di condividere l'appartamento con te».
«Non preoccuparti, ti ho detto che lo farò. Ora pensa solo alla tua nuova avventura» Era come se Louis, ogni volta, volesse impedirgli di concentrarsi su altro che non fosse se stesso. Aveva sempre desiderato così tanto Parigi, ma ora gli risultava difficile esserne del tutto felice. Tutti i suoi pensieri su come la distanza non fosse altro che una serie di numeri che non avrebbe mai inciso negativamente su qualsiasi sua relazione, ora gli sembravano assurdi. E se il volo Londra - Parigi non era un problema, i ritmi dei loro lavori invece lo sarebbero stati e Harry si sentiva completamente spaventato dall'idea di lasciare Louis.
Gli allacciò le braccia intorno al collo facendo scontrare con forza i loro corpi «Mi mancherai tantissimo». La sua voce tremò appena tradendo il suo stato d'animo irrequieto e Louis dovette chiudere gli occhi e stringere forte la presa attorno al suo busto per evitare di piangere. Le stesse paure che stavano attanagliando Harry le provava anche lui perché erano le stesse che lo avevano tenuto ancora legato alla Juilliard e a New York in quei due anni. E nonostante avesse saputo che quel momento sarebbe arrivato, affrontarlo realmente sembrava essere più difficile di quanto avesse mai ipotizzato. «Mi mancherei anche tu, lo sai» gli confessò, ma non poteva farsi vedere insicuro. Harry doveva partire il più sereno possibile, non con il pensiero di esserselo lasciato alle spalle in pasto alla paura che lo stava divorando vivo. Per questo voltò il capo, nascondendo il viso tra i suoi capelli, lasciandogli un bacio sulla testa prima di scostarsi leggermente, posandogli le mani sulle braccia, e sforzandosi di fargli il più rassicurante dei sorrisi «Ci sentiremo tutti i giorni e, quando sarò a Londra sarà ancora più facile senza il fuso orario. Inoltre sfrutteremo ogni minima occasione per vederci e non ci accorgeremo nemmeno del tempo che passa». Gli accarezzò teneramente le guance «Mandami tante foto di Parigi e tieni a bada i ragazzi francesi». Riuscì a strappargli una leggera risata, poi vennero interrotti dalla voce all'altoparlante che annunciava l'imbarco del suo volo.
Gemma e Anne si fecero avanti stritolandolo in un abbraccio familiare e facendogli mille raccomandazioni, non riuscendo a trattenere le lacrime sia di felicità che di tristezza perché il più piccolo della famiglia ora sarebbe stato addirittura oltre oceano. Poi fu la volta di salutare definitivamente Louis, ma gli bastò incrociare i suoi occhi per scoppiare a piangere. «Harry, no...» Louis lo strinse a sé mentre il ragazzo si portava le mani a coprire il volto singhiozzando forte contro di esse. «Stai andando a Parigi» le mani che accarezzavano lente la sua schiena scossa dagli spasmi, nel vano tentativo di calmarlo. Accanto a loro Anne si era voltata di spalle, incapace a sostenere quella scena. «Non voglio più andarci» la sua voce che sembrava quella di un bambino che non voleva lasciare la madre il primo giorno di scuola. Louis sospirò «Dov'è finito il grande ballerino che non permetteva a niente e nessuno di fermare la sua corsa?» Le mani di Harry liberarono il volto rosso e bagnato stringendo in due pugni la sua t-shirt. «Non aveva ancora conosciuto te» fu la risposta sincera, pronunciata senza alcuna esitazione, che fece stringere il cuore di Louis in una morsa dolorosa. Rafforzò la presa attorno al suo busto, in parte sollevato che anche Harry lo amasse così tanto da soffrire al solo pensiero di doversi separare. «Non lasciarmi andare» lo pregò, il volto premuto contro il suo collo «Per favore, Lou, per favore». «Harry...» cercò invano di farlo ragionare mentre quello si staccava da lui scuotendo il capo «Ho bisogno di te. Non voglio andare a Parigi, non voglio andarci senza di te». Il tono di voce più alto di qualche tono e straziato che attirava su di loro gli sguardi incuriositi dei passanti. «H, è quello che hai sempre desiderato» gli accarezzò i bicipiti «Hai sempre puntato all'Opéra e stai per realizzare il tuo sogno. Non potrei essere più orgoglioso di te». «Andrai a Londra?» gli domandò nuovamente. «Sì».
Chiuse gli occhi prendendo un respiro profondo, per poi riaprirli e «Non ci allontaneranno» mormorare. Louis scosse il capo, sorridendo flebilmente «No. Ci renderanno ancora più uniti». E le labbra di Harry furono nuovamente sulle sue in un bacio disperato, mentre le mani premevano con forza sulle sue guance «Ti amo così tanto». «Anche io» rispose immediatamente l'altro «E adesso va e conquista anche la Francia». Harry si portò la sua mano alla bocca, lasciandovi dei piccoli baci sul dorso «Per te» mormorò. Un ultimo bacio, un nuovo abbraccio alle sue donne e poi si incamminò verso la porta d'imbarco con il bagaglio a mano sulla spalla. Lasciò che la hostess verificasse il suo biglietto aereo, poi si voltò un'ultima volta: gli occhi di Louis erano visibilmente rossi a causa delle lacrime che stava trattenendo dolorosamente da troppi minuti. E mentre la sua mente continuava a ripetere per te, Harry, solo per te e il suo cuore si rompeva in piccoli pezzi dentro di lui, gli sorrise annuendo con il capo per dargli il coraggio di compiere l'ultimo passo e scomparire nel corridoio. Era andato.
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Londra era come tornare a casa, dopotutto Doncaster distava solo poche ore di macchina dalla capitale e questo gli permetteva di vedere spesso la sua famiglia, inoltre era una città che già conosceva quindi non fu difficile ambientarsi. Avere poi qualcuno come Niall a condividere la sua vita lì, non era affatto male. Il biondo lo aveva accolto con grande entusiasmo quando, alcuni mesi dopo la partenza di Harry, Louis si era finalmente deciso a lasciare l'America e adesso erano già quattro mesi che condividevano lo stesso appartamento. Mesi che Louis aveva trascorso ad esibirsi presso la famosa Orchestra e che ora, gli aveva assegnato il concerto solista per pianoforte e orchestra n°5 di Beethoven. Si trattava di una delle opere più famose del grande compositore tedesco e Louis aveva sentito fin da subito una grande responsabilità sulle spalle. Aveva provato e riprovato quel componimento, confrontandosi a casa con Niall e in teatro con il direttore dell'Orchestra; aveva trascorso notti a studiare il pezzo originale per imparare dal grande maestro e captare anche le più sottili sfaccettature che però erano essenziali per rendere maestosa quella composizione.
Buttarsi a capofitto in quello studio gli permetteva di sentire meno la mancanza di Harry. Harry che non vedeva da più di due mesi. Si erano visti solamente due volte da quando era partito per Parigi, in entrambe le quali era stato lui a raggiungerlo nella capitale francese: la prima volta quando ancora era a New York, poche settimane dopo la partenza del ballerino, prendendosi una settimana di ferie; la seconda due mesi prima, dopo essersi almeno sistemato in città e aver avuto modo di stilare le basi del suo contratto lavorativo.
L'Opéra, invece, sembrava non lasciare ad Harry nemmeno un minuto libero per respirare. Aveva dovuto affrontare una serie di provini e venire esaminato dai più alti rappresentati della danza prima di poter entrare a far parte a tutti gli effetti del loro corpo di ballo. Durante uno di questi esami aveva conosciuto l'Étoile italiana Eleonora Abbagnato, che per anni aveva fatto parte di quel corpo di ballo diventandone addirittura Prima ballerina, la quale aveva riconosciuto in lui così tanto potenziale da raccomandarlo alla commissione e offrirgli poi il suo aiuto per prepararlo al meglio. Anche il coreografo Christopher Chevalier sembrava averlo preso a cuore, forse un po' troppo per i gusti di Louis. Se n'era accorto in quelle due occasioni in cui gli aveva fatto visita: gli elogi e gli sguardi che gli riservava erano un po' troppo intimi per un semplice rapporto professionale e il fatto che Christopher fosse gay fino al modello non era di certo d'aiuto. Tuttavia era tranquillo, si fidava di Harry, sapeva che quello che nutriva per il coreografo era solamente stima artistica e nulla più. Nonostante non perdesse comunque occasione per nominarglielo, proprio come in quel momento mentre lo ascoltava raccontargli le prove della giornata.
«Secondo me voleva solo toccarti il culo» commentò Louis, il telefono incastrato tra la spalla e l'orecchio mentre scartabellava con i fogli sparsi sul pavimento. La risata roca di Harry lo colpì così forte che per un istante gli parve di averlo accanto. «Smettila, Lou. È importante che mi corregga la postura. Chris è un grandissimo coreografo». Chris. Erano già arrivati ai nomignoli. Quanto lo odiava quando lo chiamava così. Avrebbe voluto mandargli una foto di se stesso mentre sollevava gli occhi al cielo. «Invece di continuare a parlarmi di quanto è bravo Chris e tutte quelle cose lì, mi confermi che ci sarai venerdì?» «Certo, Lou! Non mi perderei il tuo debutto per nessuna ragione al mondo. Ho avvisato e preso i biglietti per il volo». Louis sorrise, la presenza di Harry lo avrebbe sicuramente aiutato ad affrontare la sua performance più serenamente. Oltre al fatto che finalmente avrebbero potuto rivedersi e stare un po' assieme. Il sesso telefonico a volte poteva essere stuzzicante, ma non era niente in confronto ad avere la persona che ami nel tuo letto.
«Finalmente anche tu conoscerai la mia famiglia. Ti ho prenotato un posto accanto a loro nelle prime file del Barbican» lo informò «Il biglietto d'ingresso ti è già arrivato, no?» Harry annuì «Ho già sentito anche Liam, sono contento di rivedere anche lui». «Non vedo l'ora che tu sia qui» ammise Louis, lasciando andare la schiena contro il divano e sentendo Harry sospirare dall'altro capo del telefono. «Anche io. Ancora pochi giorni, Lou». Louis guardò l'orologio: esattamente trentasei ore e venticinque minuti. Ce la potevano fare.
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Mancavano dieci minuti all'inizio del concerto e dietro le quinte si sentivano solo le frasi concitate di Louis: Harry non era ancora arrivato. Il posto in seconda fila accanto a sua madre e Liam era ancora vuoto. «Mi ha promesso che sarebbe venuto. Magari ha tardato l'aereo, oppure ha trovato traffico in centro». Avevano provato tutto il giorno e la regola stipulata dal direttore per quel giorno era stata: nessuna distrazione. Non aveva permesso loro di usare i cellulari, perciò Louis non aveva nemmeno potuto controllare se Harry gli avesse lasciato qualche messaggio o meno.
«Lou, sono sicuro che verrà» Niall gli posò una mano sulla spalla «Adesso però devi solo pensare a concentrarti e suonare. È il tuo debutto, amico». Si passò una mano sulla fronte esasperato. Niall aveva ragione, non era il momento di farsi sopraffare dal nervoso. Doveva calmarsi e pensare alla musica, altrimenti il suo sarebbe stato il contratto più breve della storia di tutta la London Symphony Orchestra. Ne andava del suo lavoro, ci aveva dedicato anima e corpo a quel componimento e ora era giunto il momento di far accendere i riflettori su di sé. Doveva farlo per se stesso e per la sua famiglia che aveva sempre creduto in lui. Ultimo, ma non meno importante, doveva farlo per Stan. Pochi passi lo dividevano da quello che per molto tempo era stato il sogno di entrambi.
Quando insieme a tutti i componenti dell'orchestra andò ad occupare il suo posto dietro al pianoforte, si concentrò unicamente su ciò che stava per affrontare. Adagiò gli spartiti sul leggio, controllò che il suo sgabello fosse regolato adeguatamente alla sua altezza e rivolse tutta la sua attenzione al direttore d'orchestra che, dopo aver appurato che tutti i musicisti fossero pronti, diede il via al concerto.
E, come sempre gli succedeva ogni volta che iniziava a suonare, tutta la tensione scemava lasciandolo libero di entrare in quella che era la sua dimensione preferita quando si trovava su un palcoscenico: la musica.
Ce l'aveva fatta. Non solo era stato chiamato a suonare per quell'orchestra così prestigiosa, ma ora stava dando vita ad un concerto solista. Quante volte l'aveva sognato; quante volte lui e Stan avevano fatto battute su chi ce l'avrebbe fatta per primo.
Beh, lui ci era riuscito e sapere che il suo migliore amico sarebbe stato orgoglioso di lui era un motivo in più per essere anche lui soddisfatto di se stesso e chiudere definitivamente con quella parte così dolorosa del suo passato. Aveva raggiunto tutti gli obiettivi che si era prefissato e, doveva ammetterlo, gran parte del merito spettava ad Harry.
Non poteva sapere come sarebbe stata la sua vita senza di lui, poteva darsi che avrebbe comunque conseguito tutti quei traguardi ma, di sicuro, non sarebbe stato felice come lo era da ormai più di due anni.
Harry aveva riportato il sole dove Louis pensava fosse rimasto spazio solamente per le nuvole, dandogli nuovi stimoli e facendogli provare il sentimento più bello e forte che potesse esistere: il vero amore.
Odiava i fari accecanti che non gli permettevano di vedere bene la platea, o meglio che non gli permettevano di scorgere Harry. Non appena aveva terminato la sua performance, la sua mente era tornata alle preoccupazioni che si era lasciato alle spalle prima di salire sul palco. Aveva dato il meglio di sé dietro quel pianoforte e la standing ovation finale, unita agli applausi scroscianti che avevano riempito il teatro, era stata la conferma che tutto fosse andato per il meglio. Un vero e proprio successo e Louis ancora stentava a crederci di aver appena concluso la sua prima esibizione in una delle orchestre più prestigiose del mondo.
Fece un paio di inchini, poi scomparve nuovamente dietro le quinte. Niall fu subito alle sue spalle, sfondandogli la schiena con delle sonore pacche e ridendo sguaiatamente «È sempre bello esibirsi insieme come ai vecchi tempi. Sei stato grandioso!» Il pianista se lo scrollò di dosso ridendo divertito, sfilandosi il papillon e slacciandosi subito i primi bottoni della camicia. Gli anni passavano ma non sarebbe mai riuscito a sopportare quegli abiti formali. «Avevo una paura fottuta, non so come hanno fatto a non tremarmi le mani». «Ti posso assicurare che il tuo corpo non ti ha tradito. Non si è visto per niente che fossi agitato» gli sorrise amichevole passandogli una bottiglietta d'acqua.
Stava ancora rilassando i muscoli del collo quando sua madre e le sue sorelle fecero comparsa dietro le quinte. «Sono così emozionata, Lou. Sembrava solo ieri che giocavi con la tua piccola pianola» lo abbracciò di slancio, mentre Félicité alle sue spalle sollevava gli occhi al cielo. «Ho dovuto trascinarla qui di peso, altrimenti era ancora là fuori a dire a tutti che il pianista era il suo bambino». Louis si picchiò una mano sulla fronte «Mamma» si lamentò. Aveva ventiquattro anni e sua madre andava ancora in giro a chiamarlo bambino. «Cosa vuoi? È la verità» lo abbracciò di nuovo, schioccandogli un bacio sulla tempia. Lottie abbracciò il fratello ma, subito dopo, si gettò fra le braccia di Niall riempiendolo di complimenti.
Vennero tutti raggiunti anche da Liam. Inutile dire che le iridi di Louis saettarono nella sua direzione, allungando il collo per guardare oltre la sua figura, con la sola speranza di scorgere Harry, ma quando l'amico scrollò il capo in segno negativo, con le labbra strette in una linea retta, capì che non si era presentato.
Gliel'aveva promesso, gli aveva assicurato che non sarebbe mancato per nessun motivo al mondo perché lui veniva prima di tutto, e invece non c'era. Anche la più piccola speranza che gli era rimasta di vederlo arrivare all'ultimo minuto era sfumata e il dolore che sentì al petto a quella rivelazione, fu lancinante.
Il cambiamento d'espressione sul suo volto non passò inosservato a Johannah che capì immediatamente che il famoso Harry, di cui tanto suo figlio le aveva parlato e che non vedeva l'ora di presentarle, alla fine non era proprio venuto. Accarezzò la guancia del figlio «Che ne dici di andare a cambiarti? Prima voi due ragazzi vi sistemate, prima potremo festeggiare» sorrise, rivolgendosi anche a Niall. Sospirò afflitta nel vedere Louis appropinquarsi al suo camerino con il capo chino e le spalle curve, ma purtroppo c'era ben poco che potesse fare per aiutarlo.
Naturalmente la prima cosa che Louis fece, una volta nel suo camerino, fu cercare il proprio cellulare. Quattro chiamate perse, dieci messaggi e un messaggio in segreteria. Tutti da parte di un unico mittente: Harry. Stava per aprire la conversazione, ma poi bloccò nuovamente lo schermo. Si cambiò rapidamente, ripose il cellulare nella tasca della giacca e poi si stampò in volto un sorriso di circostanza. Lo aspettava una serata tra amici e parenti e lui voleva solamente bere.
«Sei ubriaco da fare schifo» Niall lo afferrò da sotto le ascelle mentre lui rideva compulsivamente dopo essere caduto sui gradini del loro palazzo. Aveva aspettato che sua madre e le sorelle si ritirassero in hotel per dormire, poi loro tre avevano proseguito i festeggiamenti in un locale scelto da Liam di cui non ricordava nemmeno il nome. Sapeva solo che aveva bevuto come una spugna e ora non capiva più niente.
«Puoi stare zitto? La gente sta dormendo. Questi ci buttano fuori» e il tono di voce dell'amico era davvero serio. Se Louis fosse stato in sé, avrebbe sicuramente taciuto e fatto ciò che gli era stato richiesto, ma non lo era perciò scoppiò nuovamente a ridere. «Secondo te è per questo che Harry non è venuto?» domandò, mentre Niall richiudeva la porta alle loro spalle con un calcio e lo trascinava verso la sua camera «Perché faccio schifo?» «No, Lou. Sono sicuro che ci sia una spiegazione più che valida» gli rispose, ma «Sì, che non gli interessa niente di me» biascicò quello, lasciandosi cadere a peso morto sul materasso. Niall gli sfilò le scarpe, scuotendo il capo: cosa perdeva tempo a parlare con lui che tanto nemmeno connetteva? «Ok, adesso ti metto a letto e dormi».
Louis agitò una mano in aria «Voglio il cellulare» brontolò. «Non è il caso - » «Il cellulare, Niall». Sospirò esasperato, recuperando dalla tasca della sua giacca il cellulare e passandoglielo. Lo vide strizzare gli occhi a causa della luce dello schermo, mentre le dita premevano su di esso con poca grazia. «Puoi leggere domani quello che ti ha scritto» suggerì nuovamente, ma il ragazzo lo fulminò con lo sguardo. «D'accordo, fai come vuoi» sollevo le mani in segno di resa, poi lo lasciò solo scomparendo nella propria stanza.
Louis si rigirò nel letto mettendosi pancia sotto. Non badò nemmeno ai messaggi, preferendo ascoltare direttamente la segreteria telefonica. Allontanò il telefono dall'orecchio quando sentì la voce di Harry risuonargli nel timpano, restando ad ascoltarlo da qualche centimetro di distanza. La faccia spiaccicata contro il materasso.
«Lou, ho provato a chiamarti e ti ho perfino riempito di messaggi ma ho visto che non li hai letti e... Dio, mi dispiace. Lo so che te l'avevo promesso, ma ero quasi arrivato all'aeroporto e sono dovuto tornare indietro. Uno dei ballerini si è ammalato e Chris ha voluto per forza me a sostituirlo». Louis fece una smorfia quando udì quel nome fastidioso, figuriamoci se lui non c'entrava qualcosa. «Ho provato a dirgli che stavo per partire e chiedergli se poteva chiamare qualcun altro, ma ha insistito dicendo che solo io potevo salvargli lo spettacolo e... capiscimi, come potevo dirgli di no? Non posso rendermi già prezioso ai loro occhi, devo essere sempre disponibile. Non sai cosa avrei dato per poter essere stato lì a vederti esibire, sono sicuro che avrai fatto impazzire tutti. E la tua famiglia...avrei tanto voluto conoscere finalmente anche loro. Adesso devo andare ma, ti prego, richiamami quando sentirai questo messaggio. A qualsiasi ora. Scusami, amore. Ti amo».
Fece proprio quello che gli aveva detto: lo chiamò. Uno, due, tre squilli e poi la voce agitata di Harry risuonò dal viva voce «Sei tu, finalmente!» «Sorpresaaaa» riuscì a dirgli prima di scoppiare in una risata isterica «Spero che il tuo balletto sia andato bene e che Chris ti abbia portato a festeggiare, perché io l'ho fatto. Ho bevuto un sacco stasera!» si coprì la bocca con il dorso della mano per soffocare il rutto che uscì dalla sua gola «Lou...» «Il mio concerto è stato un successo, erano tutti in piedi per me! C'era perfino Liam. Ci siamo divertiti tanto stasera anche senza di te, come vedi non avevo bisogno che ci fossi anche tu. Anche perché non ci sei mai».
Restarono per qualche secondo entrambi in silenzio, poi Harry cercò di scusarsi nuovamente «Mi dispiace davvero tanto, io - » «Anche a me. Sai perché? Perché la prima cosa che mi ricorderò di stasera sarà che tu non c'eri» e con quelle parole chiuse la chiamata e spense il telefono gettandolo da qualche parte sul materasso.
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Il giorno successivo Louis lo passò interamente a letto, un po' per il terribile mal di testa a causa della sbornia e un po' perché il suo umore era sotto terra. Ricordava di aver chiamato Harry, ma per quanto si sforzasse non riusciva a riportare alla mente cosa gli avesse detto. Non che avesse importanza, comunque. Non aveva alcuna voglia di ricordare, tantomeno di parlare di Harry. Era anche per quello che non aveva più riacceso il telefono, non avrebbe retto altri suoi messaggi.
Aveva sentito sua mamma entrare in stanza e lasciargli un bacio sulla testa, raccomandandogli di non bere più così tanto e lui l'aveva salutata biascicando qualche parola impastata, poi era tornato a dormire completamente nascosto sotto le lenzuola. E così era passato anche quel giorno, abbandonando il caldo del suo letto solo per andare in bagno quando proprio non riusciva più a trattenersi.
Quando si svegliò nuovamente, la luce che entrava dalle finestre lo colpì in pieno viso facendogli capire che era mattina inoltrata. Si sfregò il viso con le mani, la leggera barba che aveva cominciato a crescere e la sensazione di stordimento che ancora non aveva abbandonato il suo corpo. Corrucciò la fronte quando sentì dei bisbigli provenire dal soggiorno. O Niall aveva cominciato a parlare da solo o qualcuno aveva fatto loro visita e adesso avrebbe avuto l'onore di vederlo in quello stato. Non osò nemmeno darsi un'occhiata allo specchio, certo che si sarebbe fatto pietà da solo, si limitò ad indossare una maglietta sopra ai morbidi pantaloni che già portava e poi uscì in salotto, scompigliandosi ancora di più i capelli.
«Niall, ma che diavolo - » si bloccò di colpo quando, sollevando il capo, i suoi occhi intercettarono la figura di Harry seduta sul divano accanto al biondo. Le sue iridi verdi lo squadrarono da capo a piedi, rivolgendogli poi un'espressione dispiaciuta mentre Niall si schiariva la voce e «Vi lascio soli, ragazzi. Ci vediamo più tardi, Lou» diceva, sorridendo al ballerino e uscendo dall'appartamento.
Non appena la porta si chiuse, Harry balzò in piedi, passando accanto al divano e gettandogli le braccia al collo. «Ho preso il primo volo che sono riuscito a trovare. Mi dispiace così tanto» gli rivelò concitato mentre lo stringeva forte tra le braccia. Era talmente preso dal poterlo finalmente rivedere dopo tante settimane che ci volle qualche istante prima che si rendesse conto che il suo abbraccio non era ricambiato. Louis era rimasto ghiacciato sul posto, le braccia tese lungo i fianchi. Si staccò allora da lui, pronto ad affrontare quell'inevitabile chiarimento.
«Hai sbagliato giorno» lo superò. «Louis, non avevo alternative» tentò di spiegargli, ma la voce fredda e astiosa del ragazzo lo bloccò ancora «Chris non ha avuto nulla da ridire questa volta? Non vorrei mai portargli via il suo unico salvatore». «Lou, ti prego, non fare così» gli occhi di Harry erano tristi su di lui, ma quello non gli impedì di perdere la pazienza. «E cosa dovrei fare?» sbottò, allargando le braccia «Accoglierti a braccia aperte e dirti che non è successo niente, che non è niente di grave? Alla fine di cosa si trattava? Solamente di un cazzo di concerto da solista per l'Orchestra dei miei sogni!»
Il suo tono di voce si alzò notevolmente, rimbombando tra le pareti di quel piccolo appartamento. Il viso stanco e gli occhi pesanti segnati da due profonde occhiaie. Non aveva la minima intenzione di nascondere la delusione e la rabbia che provava nei suoi confronti. Non gli interessavano gli occhi dispiaciuti di Harry perché lui non si era interessato di come sarebbe stato nel non vederlo tra quel pubblico. Proprio lui, l'unica persona la cui presenza era quella che gli interessava maggiormente. «Hai ragione, ma la mia non è una scusa patetica, lo sai. Tu dovresti essere quello che più mi capisce» si passò una mano fra i capelli, avvicinandosi a lui di qualche passo. «Io so solo che a parti invertite, non sarei mai mancato». «Non puoi dirlo. Se l'Orchestra necessitasse di te, non potresti lasciarla». «Invece sì, perché tu sei più importante!» urlò ancora, scuotendo poi il capo e sorridendo stizzito «E... cazzo, l'ho fatto per due anni. Per due fottuti anni ho rifiutato questo lavoro per poter stare vicino a te». «Tu hai rifiutato perché volevi - » «Ho rifiutato perché volevo stare con te, Harry. Se non ti avessero mai chiamato da Parigi, non avrei mai accettato di venire qui».
Quella verità lo colpì dritto in faccia. Harry fremette impercettibilmente, gli occhi sgranati e la bocca schiusa. Si fissarono per qualche istante, poi Louis abbassò il capo coprendosi gli occhi con una mano.
«In aeroporto...» riprese parola Harry pacatamente «In aeroporto ti avevo chiesto di non lasciarmi andare senza di te. Saresti... non lo so, saresti potuto venire con me, allora». Le iridi azzurre che si sollevarono a guardarlo erano di ghiaccio e Harry rabbrividì. Odiava vedere Louis così arrabbiato. Odiava vedere Louis così arrabbiato con lui. «Avrebbe voluto dire rinunciare definitivamente a Londra. Come l'avresti presa? Saresti stato contento?» la voce ormai ridotta ad un sussurro. Harry abbassò il capo, il labbro inferiore martoriato dai suoi incisivi. No, non lo sarebbe stato. Avrebbe passato tutto il tempo a considerarsi egoista, a sentirsi inevitabilmente in colpa per aver privato Louis della possibilità di lavorare in quella grande orchestra, come se gli avesse tarpato le ali sul nascere.
«Esatto» proseguì Louis, conoscendo chiaramente quali fossero i pensieri che stavano affollando la sua mente «Ci tenevi così tanto che io accettassi quell'offerta, non potevo lasciare che tu ti sentissi in colpa inutilmente. Ma non hai capito che in questi due anni la mia priorità non era più raggiungere questo obiettivo, bensì vedere te conquistare il tuo». Gli occhi di Harry luccicavano a causa delle lacrime che stavano affogando le iridi smeraldine, mentre la consapevolezza che Louis lo amasse così tanto, a tal punto da rinunciare a quello che da sempre era stata la sua più grande aspirazione, si faceva strada in lui.
«Mi dispiace» tirò su con il naso, sfregandosi un pugno contro l'occhio «Io volevo solo tu fossi felice. Non volevo rimanessi indietro per me». «Non era un rimanere indietro, Harry. Era un andare avanti con te» specificò esausto.
«Avevo così tanto bisogno di te l'alta sera» lo incalzò di nuovo «Poteva mancare chiunque e mi sarebbe dispiaciuto, sì, ma bastava sapere che tu fossi lì. E invece non c'eri, Harry». Si fermò a prendere un respiro profondo, asciugandosi con il dorso della mano le guance bagnate. «Vedevo le sagome delle persone in piedi e tutto ciò che riuscivo a pensare era ''Ti prego, fa che lui sia tra quelle'' e tu non c'eri» ripeté «Sei venuto perché io non mi sono fatto più sentire, ti rendi conto? Da quando sei partito non hai mai potuto venire qui nemmeno una volta. Ci voleva questo per trovare del tempo per me, Harry?» Non si accorse nemmeno di aver alzato la voce e in un gesto di stizza afferrò il cuscino del divano e lo scaraventò a terra. Il petto che si alzava ed abbassava velocemente, mentre cercava di inspirare profondamente per ritrovare la calma. I suoi occhi bruciavano sulla pelle del ballerino.
«Perché non me ne hai mai parlato? Avresti dovuto confidarti con me, sono il tuo ragazzo e... in una relazione si affrontano insieme le cose, no?» La piega che tutta quella conversazione stava assumendo non gli piaceva affatto. Percepiva chiaramente un senso di nausea nascere nel suo stomaco. «Lo so, hai ragione, ma sai bene che non sono un tipo che si confida. Ho difficoltà ad aprirmi completamente e... non lo so, speravo che il mio compagno fosse in grado di capirmi anche senza bisogno di parole». Si passò le mani fra i capelli spettinati mentre cercava di mettere insieme i suoi pensieri guardando oltre la grande finestra presente nel soggiorno. Anche quella mattina minacciava di piovere e Louis avrebbe tanto voluto che quelle nuvole si liberassero del peso della pioggia, almeno anche lui si sarebbe sentito meno solo a piangere.
«Avevo così tanta paura della distanza, Harry» mormorò improvvisamente «In due anni i miei sentimenti per te erano diventati talmente forti che temevo di non riuscire a sopportare di non vederti più ogni giorno e adesso... adesso posso solo dire che la mia paura era fondata» gli si incrinò la voce mentre pronunciava quelle ultime parole che provocarono una scossa al petto di Harry. «Cosa - cosa stai cercando di dirmi, Louis?» domandò allarmato «Vuoi... tu... oddio, mi stai lasciando?» Il ragazzo non rispose, si limitò solamente ad abbassare il capo e chiudere gli occhi. «No, Lou, ti prego non puoi farlo. Ti prego» le braccia di Harry si aggrapparono al suo busto con così tanta forza da farlo quasi soffocare, ma era il dolore nella sua voce ciò che faceva più male «Mi dispiace, io... sei sempre la mia priorità, lo sai. Ti prego. Ti prometto che farò in modo di vederci più spesso, ma ti prego non lasciarmi. Ti prego, ti prego, ti prego» il volto completamente premuto contro la sua schiena.
«Non riuscirei mai a dirlo ad alta voce, Harry» parlò allora il pianista, voltandosi nella sua stretta «Ma non riesco più a continuare in questo modo, aspettando che arrivi finalmente il giorno di vederti e poi rimanerne sempre deluso». Già, perché in quei mesi Harry ci aveva provato a partire alla volta Londra per non far andare sempre Louis da lui, ma entrambe le volte aveva dovuto rimandare per contrattempi dell'ultimo minuto e alla fine a Londra non aveva mai messo piede. E Louis non glielo aveva mai rinfacciato, non si sarebbe mai permesso, perché appunto capiva la sua situazione. Ingoiava il nodo in gola e aspettava con ansia la prossima opportunità di vedersi, ma questa volta era diverso. Questa volta Harry era mancato dove proprio la sua presenza era ciò che più contava al mondo.
«Lou, per favore» Harry gli racchiuse il volto tra le mani «Noi ci amiamo». Le mani nodose di Louis gli circondarono i polsi abbassandogli le braccia «Siamo su due binari completamente diversi adesso e... dobbiamo tirare dritto senza troppe aspettative d'incontro perché» il respiro tremò «fa più male averti, aspettarti e non vederti mai arrivare anziché avere la certezza che stiamo andando avanti da soli».
Aveva ragione, si amavano. Si amavano da morire e l'avrebbero sempre fatto, ma così non si poteva più andare avanti. «Ti auguro il meglio a Parigi, lo sai. E so che a qualsiasi cosa punterai nella vita, la conquisterai sempre» gli sorrise flebile, accarezzandogli un braccio. Poi «Buon viaggio, Harry» mormorò, superandolo e dirigendosi verso la propria stanza.
«Ho una prima tra due settimane» sputò quello, così velocemente col solo ed unico intento di fermarlo. Successe. Louis si bloccò sul posto e tornò a guardarlo confuso. «Sono venuto qui anche per dirti che tra due settimane sarò il protagonista de ''Il Lago dei Cigni'' e... sarà la mia prima volta come tale. Christopher pensa che io sia pronto per una parte principale, fuori dal gruppo» spiegò allora «Niall mi ha già detto che sarà presente. Ci saranno anche mia madre e Gemma, e Liam e - » «Non chiedermi di prometterti che ci sarò» lo gelò. «No, non lo farei mai» soffiò sincero Harry «Ma mi farebbe piacere tu ci fossi. È...» si fermò, lasciando morire sulla lingua la parola importante perché adesso capiva perfettamente come si era sentito Louis. Lui alla sua serata importante non si era presentato. E infatti «Anche per me lo era» rispose il pianista, abbassando il capo e chiudendosi nella propria stanza.
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Se fino al giorno prima di quella discussione Harry si sentiva pronto e sicuro della sua esibizione, lo stesso non si poteva dire durante quelle due ultime settimane: non riusciva a concentrarsi, sbagliava in continuazione il portamento adeguato da assumere nelle varie pose e attaccava in ritardo i passaggi presenti nel balletto. Insomma, non era mai riuscito a portare a termine l'intera coreografia in modo pulito e ciò si riversò anche sul resto del corpo di ballo che confidava a Christopher il timore che Harry, in realtà, non fosse pronto come lui credeva. Non potevano di certo permettersi di fare una brutta figura.
Tuttavia Christopher non l'aveva sostituto perché credeva fermamente in lui, però non lo risparmiò dalle critiche. Lo teneva in sala prove fino a quando non lo vedeva proprio stremato, ripetendo come un disco rotto sempre le solite frasi:''La danza viene prima di tutto'' era ovviamente la prima regola che esigeva all'interno della sua compagnia; ''La vita privata va lasciata fuori da qui. Mai mischiarla con il lavoro''; o ancora ''Quando balli la tua mente deve pensare solo a ciò che devi comporre con il tuo corpo''; ''Hai una prima all'Opéra tra pochi giorni, Harry, se ti presenti così nessuno ti chiamerà più''. Terminava le lezioni esausto, con le ginocchia che non reggevano più il peso del suo corpo, le dita dei piedi sanguinanti e la testa piena di tutte quelle frasi che ben conosceva ma che non riusciva più a seguire alla lettera.
Non aveva più sentito Louis, nonostante ogni sera, quando si buttava sul letto stanco morto, gli inviava un messaggio vocale lungo minuti interi in cui gli raccontava la sua giornata: quello che aveva fatto, come si sentiva, insomma qualsiasi cosa gli avrebbe raccontato se fossero stati ancora insieme. Non aveva mai smesso di farlo, nemmeno vedendo come da parte di Louis non arrivasse mai alcuna risposta. Alla fine inviargli quei messaggi lo facevano sentire ancora vicino a lui, e quello, al momento, bastava.
Ciò che non sapeva, però, era che a circa 500 km di distanza da lui Louis quei messaggi li ascoltava tutti, ci piangeva sopra e poi si buttava nel lavoro. Il dolore che vivevano era lo stesso, ma i modi di affrontarlo erano completamente opposti. Proprio come lo erano i loro caratteri.
Una cosa però li accomunava: nessuno dei due voleva parlare della situazione con i loro amici. E Liam e Niall rispettarono i loro voleri, almeno fino a quando il giorno della Prima non arrivò e l'appartamento londinese era in subbuglio per la partenza del biondo.
Tastò le tasche del suo giubbetto: cellulare, chiavi di casa, biglietto dell'aereo... ok, c'era tutto. Il resto era sicuro di averlo messo tutto nel bagaglio a mano. «Allora io vado» lanciò uno sguardo a Louis, comodamente seduto sul divano «Sei sicuro di non voler venire?» «Sicurissimo» rispose immediatamente il ragazzo. Niall alzò gli occhi al cielo: meno male che Lottie non era testarda come il fratello. «Senti, fai come vuoi. Però sappi che ci sono ancora posti disponibili per il volo delle 15 che è l'unico che potresti prendere per arrivare ancora in tempo» disse, sistemandosi sulla spalla il suo borsone. Louis si voltò a guardarlo con un sopracciglio alzato e un sorriso divertito in volto. «Potrei aver controllato il sito della British Airways anche pochi minuti fa» si strinse nelle spalle Niall «Sai, nel caso non mi volessero far salire sul mio» ammiccò nella sua direzione, poi lo salutò. Non vedeva l'ora di arrivare a Parigi.
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«Harry, otto minuti» lo avvisò Christopher facendo capolino con la testa all'interno del suo camerino. Gli sorrise in risposta, annuendo e cercando di apparire il più rilassato possibile. In realtà non era mai stato più agitato in vita sua. Stava per seguirlo quando udì il suono del cellulare avvisarlo dell'arrivo di un messaggio. Non ci pensò due secondi a infilare le mani nel suo borsone e recuperare l'iPhone da sotto tutti i suoi vestiti.
Louis.
Sentì il cuore perdere un battito quando lesse quelle poche righe:
''Sali su quel palco e balla per te stesso, Harry.
Se sei arrivato fin lì è solo perché te lo meriti.
Io credo in te. Sempre.
In bocca al lupo.''
Chiuse gli occhi e strinse il cellulare al petto. Avrebbe ballato anche per lui quella sera. Chissà, magari Louis sarebbe riuscito a sentire i suoi sentimenti anche da quel piccolo appartamento inglese.
Le gambe avevano tremato al momento di salire sul palco ma, come sempre, gli era bastato compiere il primo passo a ritmo di musica per acquisire la sicurezza necessaria, entrare nella parte e ballare come era in grado di fare.
Il sipario nero si chiuse mentre, posizionato al centro del palco, roteava insieme alla sua partner. Corsero ai lati del palco, aspettando che le ballerine di fila del corpo di ballo si posizionassero sul palco in attesa che il sipario si riaprisse per accogliere lo scroscio di applausi che si alzarono nell'intero teatro. Entrò poi il secondo gruppo di ballerine, seguite dai due ballerini che rivestivano rispettivamente i ruoli del mago e del giullare. Lui entrò per ultimo dal lato destro, incontrando a metà strada la sua co-protagonista e avanzando fino alla fine del palco prima di inchinarsi e prendere tutti gli applausi meritati. Aspettarono che il sipario si chiudesse nuovamente, sfoggiando i loro migliori sorrisi e altri due profondi inchini quando questo si riaprì per l'ultima volta. Dopodiché, secondo l'ordine prestabilito, tutti quanti lasciarono il palco e solo in quel momento si permise di rilassare tutti i muscoli e inspirare profondamente.
«Siete stati bravissimi! Ekaterina, eri meravigliosa» Christopher l'abbracciò di slancio, facendola volteggiare appena, poi abbracciò anche Harry «Sapevo che non mi avresti deluso, ragazzo. Come ti senti?» Harry si passò una mano sulla fronte sudata «Non mi sembra vero. So che potevo dare di più, ma ci ho messo davvero tutto me stesso». «E io sono soddisfatto, quindi devi esserlo anche tu. Abbiamo tutto il tempo per perfezionarti sempre di più» lo rassicurò, stringendogli le spalle «Ora vai a divertirti. È la tua serata, goditela».
Si salutarono un'ultima volta poi, quando Harry fece per incamminarsi verso gli altri ballerini, sentì qualcuno schiarirsi la voce alle sue spalle «Posso farti anche io i complimenti?»
Sbarrò gli occhi, fermando improvvisamente il passo e trattenendo il fiato. Il cuore che aveva iniziato subito a battere all'impazzata perché quella voce l'avrebbe riconosciuta anche in mezzo ad altre mille. Si voltò piano, quasi avesse timore di essersi immaginato tutto, ma quando i suoi occhi catturarono la figura di Louis, vestito di tutto punto con un mazzo di rose rosse fra le mani, i suoi polmoni ripresero ossigeno e un sorriso illuminò il suo volto.
«Sei venuto». Louis gli sorrise di rimando, avanzando verso di lui «Come sarei potuto mancare?» Harry afferrò le rose, annusandone il profumo e aggrottando le sopracciglia quando ne notò una bianca e una blu «E queste due?» «Blu perché azzurre non ci sono, ma tanto mi dici sempre che il colore dei miei occhi è inimitabile, quindi...» scrollò le spalle «E bianca perché è speciale, unica e pura. Proprio come te». Harry lo attirò a sé, posando la fronte contro la sua e sfiorando con i polpastrelli della mano libera la linea della sua mascella ricoperta da della barba incolta. Gli era mancato così tanto sentire il suo profumo, percepire il suo alito caldo sulla pelle, poter annegare in quegli zaffiri ghiacciati.
Accarezzò le sue labbra sottili mentre Louis «Eri stupendo là sopra» gli diceva «Non ho mai visto niente di più bello». «Hai visto tutto?» «Non mi sono perso nemmeno un minuto, H» gli assicurò, vedendolo chiudere gli occhi e stringere le labbra fra i denti.
«Oddio, in realtà stavo rischiando di arrivare in ritardo perché dovevo trovare un fioraio decente e non pensavo che il traffico di Parigi sarebbe stato quasi peggiore di quello di Londra» confessò col solo scopo di farlo sorridere e parve proprio funzionare perché una leggera risata lasciò la sua bocca e le due fossette sulle guance tornarono ad incorniciargli il viso. Fece per rispondergli che sarebbe potuto arrivare anche solo durante gli ultimi minuti e gli sarebbe andato comunque bene, soprattutto visto che lui non si era nemmeno presentato. Ma vennero interrotti da uno dei ballerini che «Noi stiamo andando, vi volete unire?» domandò rivolgendosi a Harry che, a sua volta, riportò lo sguardo su Louis. «Se tu vuoi andare con i tuoi compagni, non c'è problema. Abbiamo tutto il tempo per stare soli, più tardi» lo rassicurò il ragazzo, ma Harry scosse il capo. «No, per stavolta passo. Voglio stare solo con una persona» spiegò all'amico, ricevendo in cambio una pacca sulla spalla e ancora i complimenti per l'esibizione.
«Io andrei a cambiarmi, questa calzamaglia sta diventando irritante» borbottò, guardando Louis con fare mortificato. «Non preoccuparti, vai pure. Io ritorno dagli altri» si sollevò appena sulle punte per lasciargli un bacio sulla guancia «Ci vediamo fuori».
Andarono tutti a cena in un ristorante poco lontano dal teatro. Sua madre non aveva smesso un attimo di dirgli quanto fosse stato bravo e come fosse super orgogliosa di lui. Gemma, invece, non si era risparmiata le battutine sulla calzamaglia e sulla famosa conchiglia proteggi pisello - come la chiamava lei - mentre Harry le ripeteva all'infinito che il termine tecnico era sospensorio. Liam gli chiedeva informazioni su Ekaterina, decisamente intenzionato a conoscerla. Solamente per complimentarsi con lei, naturalmente. Non aveva secondi fini. Niall e Lottie, invece, sembravano sempre più affiatati: il biondo la ricopriva continuamente di attenzioni e lei, com'era sempre stato, non aveva occhi che per lui.
Ma tutto ciò che gli importava era avere Louis accanto a sé dopo quelle due lunghe settimane di separazione. Posò il capo sulla sua spalla, sorridendo per la mano del pianista che subito si strinse attorno alla sua coscia, mentre ascoltava le persone a lui più care conversare amabilmente fra loro. Sì, loro erano indubbiamente tutto ciò di cui Harry avesse bisogno nella vita.
Al termine della cena, salutata la sua famiglia e i due amici che avrebbero raggiunto l'hotel prenotato, Harry e Louis presero un taxi che li avrebbe accompagnati all'appartamento del ballerino situato vicino ai Giardini della Tuileries.
Harry posò accuratamente il mazzo di rose sul sedile posteriore e si strinse al corpo di Louis che gli cinse le spalle con un braccio facendogli appoggiare il capo sul suo petto. L'altra mano che non smetteva un attimo di accarezzargli lo scalpo.
«Temevo non ti avrei più rivisto» mormorò flebile il ballerino chiudendo gli occhi e percependo il petto di Louis sollevarsi maggiormente mentre prendeva un profondo respiro. «Sarò sincero. Fino a questa mattina, quando Niall è uscito di casa chiedendomi se avessi cambiato idea, ero convinto di non voler venire». La stretta di Harry attorno al suo busto si fece automaticamente più salda a sentire quelle parole, come per impedire che il ragazzo potesse andarsene da un momento all'altro «Ma, più il tempo passava, più il mio pensiero era fisso unicamente su di te e sul fatto che mi sarei perso la tua Prima e... non ce l'ho fatta. Ho messo da parte il mio orgoglio e sono corso all'aeroporto». Harry lo baciò al centro del petto «Grazie per averlo fatto. Davvero». «Non me lo sarei mai perdonato» Louis gli passò le mani sui capelli ancora raccolti dal bun alto, mentre Harry giocava nervosamente con uno dei bottoni della sua giacca.
«Per caso... ecco, tu... ci hai ripensato? Su di noi, intendo» domandò, gli occhi fissi sulle sue dita. Louis serrò momentaneamente gli occhi, voltando poi il capo verso il finestrino e scrutando le luci esterne della città. «Lou...» lo richiamò Harry con un accenno di paura nella voce, che nel frattempo si era scostato da lui per guardarlo dal momento che non aveva ricevuto risposta in cambio. Le iridi azzurre del ragazzo erano ancora perse verso l'esterno mentre «Vorrei solo godermi il tempo che abbiamo, stasera» mormorava. Un'improvviso velo di tristezza ad avvolgergli il volto. Si girò a guardarlo, la testa inerme contro il poggiatesta «Lasciamo tutti i chiarimenti a domani, ti va?» le nocche delle dita ad accarezzargli la guancia. Harry annuì, fermando poi le carezze della sua mano portandosela alla bocca e lasciandovi sopra morbidi baci.
«Non mi hai ancora baciato» soffiò, sfregando nuovamente la guancia sul dorso di essa. Louis sorrise «Nemmeno tu». Harry si sistemò meglio sul sedile, una gamba piegata sotto l'altra e la mano ad accarezzare delicatamente il volto del ragazzo mentre si chinava sempre più vicino a lui. Sfiorò con i polpastrelli la sua fronte, il naso e gli zigomi, delineando poi il contorno della sua bocca sottile. Louis abbassò le palpebre sotto i suoi tocchi gentili ed era così in attesa di un suo bacio che Harry trattene malamente una piccola risata. «Quindi?» lo esortò Louis aprendo un solo occhio. E allora lo baciò.
Morbide carezze tra labbra umide che finalmente si incontravano di nuovo, mentre una mano del pianista si allungava a massaggiargli il fianco al di sopra della maglietta che stava indossando. Quelle labbra rosse e carnose non mancavano mai di creargli subbugli interiori. Le famose farfalle nello stomaco non erano niente in confronto alla tempesta che Louis percepiva dentro di sé ogni volta che Harry lo baciava. Si stavano baciando in un normale taxi eppure c'era qualcosa di magico in quell'incontro. Forse perché semplicemente si trovavano nella città dell'Amore per eccellenza; forse perché bastavano solo loro due per elevare allo straordinario qualcosa di così ordinario e banale.
«Mi sei mancato così tanto» mormorò nella sua bocca Harry, lasciandosi sfuggire un piccolo gemito quando Louis gli succhiò avidamente il labbro inferiore, rendendolo ancora più gonfio di quanto già non fosse. «Anche tu» gli confidò Louis, la presa più stretta attorno alla sua maglietta e gli occhi a specchiarsi in quelli del ragazzo «Davvero tanto».
No, Harry non voleva più lasciarselo scappare.
Si fiondò nuovamente sulla sua bocca ma, a causa della macchina che rallentava e della voce del tassista che li informava del termine della loro corsa, dovettero staccarsi.
Harry pagò l'uomo, scendendo poi dall'auto e posando una mano alla base della schiena di Louis che si guardava attorno con occhi luminosi e la bocca schiusa «Wow. Tu... tu vivi qui adesso?» «L'appartamento di prima era solo provvisorio. Mi sono trasferito qui da circa un mese» gli spiegò «Ovviamente mi è stato messo a disposizione dall'Opéra. Non potrei mai permettermelo». Quello attorno ai Giardini della Tuileries, non era di certo un quartiere umile. Niente a che vedere con quello che lui e Niall condividevano a Londra.
Gli occhi di Louis restarono maggiormente stupiti quando entrarono nel loft al settimo piano. Arredamento ultra moderno e vista mozzafiato. La Tour Eiffel completamente illuminata, che si scorgeva dalle finestre, era stupenda. Ma ciò che rendeva quell'ambiente una casa a tutti gli effetti per Harry, erano le numerose foto di loro due sparse ovunque. Foto di tutti i momenti che in due anni avevano condiviso e che scaldarono il cuore di Louis.
Il ragazzo posò a terra lo zaino che si era portato come unico bagaglio a mano e si avvicinò ad una cornice che racchiudeva una foto che ricordava essere stata scattata da Liam: lui mordicchiava il naso di Harry e quest'ultimo rideva così tanto da strizzare gli occhi e mostrare le sue meravigliose fossette. Era la sera che avevano invitato i due amici a cena per festeggiare l'inizio della loro convivenza.
«A cosa stai pensando?» Harry l'aveva raggiunto dopo essersi premurato di sistemare le rose in un vaso con dell'acqua sul mobile del soggiorno. «A come è cambiata la mia vita da quando ti conosco» soffiò piano, passando i polpastrelli sulla foto. «A come sono cambiato io. Mia madre è tutta felice, dice che finalmente ha riavuto indietro il suo Louis».
Harry strofinò il naso contro il suo collo, mentre lo abbracciava da dietro, respirando a pieni polmoni il profumo della sua pelle «E io sono felice di aver potuto conoscere questo Louis. Devo dire che inizialmente eri un po' inquietante». Sorrise quando Louis gli pizzicò un braccio fintamente offeso da quella confessione «Mi tenevi a distanza e più ti conoscevo più mi incuriosivi. Avevo capito che avevi tutto un mondo dentro da scoprire e speravo di riuscire ad ottenere la tua fiducia per poterlo fare». Louis si girò tra le sue braccia «A quanto pare ci sei riuscito piuttosto bene» rispose ovvio, appoggiando la fronte contro la sua. «Già» mormorò Harry socchiudendo gli occhi e baciandolo piano sulle labbra.
Fu soltanto un tocco fugace perché Louis si scansò guardandolo divertito per l'espressione palese di delusione che comparve sul viso del ballerino. «Non mi mostri il tuo nuovo super appartamento?» gli chiese sollevando le sopracciglia e ridendo sotto i baffi. Harry lo guardò incuriosito riducendo gli occhi ad una fessura: quello sguardo lo conosceva bene, Louis lo faceva ogni volta che aveva una delle sue idee un po' pazze. Lo prese per mano accompagnandolo per le varie stanze della casa e chiedendosi cosa avesse in mente quella volta e se avesse dovuto preoccuparsi.
«E questo è il bagno» quando Harry gli aprì la porta, Louis si ritrovò davanti il bagno più grande che avesse mai visto, dotato sia di doccia che di una splendida vasca da bagno. «Alla faccia del bagno. Sembra di essere in un centro benessere» «Già. È fin troppo grande. L'intero appartamento è troppo grande e tutto da pulire» borbottò il ballerino stancamente. «Non hai preso nessuno per aiutarti con le pulizie?» Harry scosse il capo «No. Sai che non mi va. Preferisco pensarci io così faccio le cose come mi piace siano fatte». Louis annuì perché sì, lo sapeva bene. Ancora si ricordava la sfuriata che Harry gli aveva fatto quando si era offerto di aiutarlo una volta, quando ancora vivevano a New York. Aveva avuto da ridire su tutto e l'aveva fatto sentire talmente incapace che non aveva più osato prendere in mano l'aspirapolvere.
Si voltò nuovamente in direzione del bagno aprendo le sue labbra in un sorriso soddisfatto. Quello che aveva davanti era molto più di ciò che osava sperare. Poi tornò a prestare attenzione ad Harry «Hai mantenuto l'abitudine di concederti un bagno dopo ogni spettacolo?» gli chiese, ricevendo un assenso come risposta. «Bene. Allora preparalo, io vado a spogliarmi da questi vestiti e poi ci rilassiamo assieme». Harry fece appena in tempo a percepire un piccolo bacio all'angolo della bocca, prima di vederlo scomparire verso la camera da letto.
Sorrise scuotendo la testa e, dopo aver socchiuso la porta, si avvicinò alla grande vasca. Tappò lo scarico e aprì i rubinetti regolando la temperatura dell'acqua. Guardò nel cestino contenente i bagnoschiuma profumati optando alla fine per quello alla vaniglia.
Sì, si sentiva estremamente romantico quella sera.
Fece sciogliere le perle profumate nell'acqua facendo così formare della soffice e bianca schiuma, poi si apprestò a spogliarsi. Appoggiò gli abiti sullo sgabello e appese due morbidi asciugamani puliti al gancio posizionato di fianco alla vasca. Immerse una mano costatando che l'acqua fosse alla giusta temperatura e la spense.
«Lou, l'acqua è pronta» lo richiamò spostandosi poi a ridosso della vasca e sfilandosi anche l'intimo. Quando Louis rientrò nuovamente nel bagno, fece appena in tempo a vedere la figura slanciata di Harry che, dandogli le spalle, si immergeva nell'acqua calda. Richiuse la porta dietro di sé in modo da non raffreddare la temperatura che si era creata nella stanza, appoggiò a terra, vicino alla vasca, i due oggetti che aveva portato con sé e si apprestò a raggiungerlo. Godette degli occhi lussuriosi di Harry fissi sul suo corpo seminudo e sorrise soddisfatto nel notare il suo sguardo scivolare lungo tutto il corpo e posarsi all'altezza della sua intimità ancora coperta dai boxer neri. Infilò i pollici oltre l'elastico e li abbassò lasciando che cadessero ai suoi piedi. Sfilò prima un piede e poi l'altro ed infine entrò nella vasca. Si sistemò nella parte opposta a quella dove si era sdraiato Harry, aprendo le gambe e posando la testa e le braccia sul bordo. Chiuse gli occhi e aspettò che la sua preda facesse la prima mossa.
Ci volle davvero poco prima che Louis percepisse l'acqua muoversi e sentisse le mani di Harry, che si era avvicinato posizionandosi tra le sue gambe, accarezzargli le cosce.
«Non è il caso di stare così distanti, non credi?» gli sussurrò all'orecchio il ballerino prendendo a lasciargli poi languidi baci lungo la linea del collo. Louis inclinò il capo permettendogli un migliore accesso e sorridendo soddisfatto per aver ottenuto la reazione che voleva. «Hai ragione. Anche perché...» si sporse oltre il bordo della vasca recuperando i due oggetti che precedentemente aveva posato sul pavimento. «Cosa - oh» la bocca rossa e carnosa di Harry aveva assunto la forma di una perfetta O e i suoi occhi si erano spalancati guardando cosa Louis aveva tra le mani.
«Che ne dici se giochiamo un po'?» Evidentemente Louis non la pensava come lui circa la serata romantica, dal momento che gli stava sventolando davanti agli occhi quelli che erano decisamente dei giochini erotici.
«Non sapevo che fossi un amante dei Sexy Shop» lo prese in giro il ballerino facendolo ridere divertito.
«Ho dovuto accompagnare Niall circa un mese fa e non ho saputo resistere. E no, non ti dirò ora cosa ha comprato. Non ho voluto saperlo nemmeno io e non voglio neanche immaginare cosa lui e mia sorella possano fare quando sono da soli» Harry richiuse subito la bocca arricciandola in un adorabile broncio. «Questo è il nostro momento e non lo voglio rovinare parlando di Niall» lo baciò sulle labbra.
«Bene. Allora vediamo cosa hai comprato tu» asserì curioso. «Questo credo proprio di sapere cosa sia» disse, indicando il giocattolo costituito da sfere di diverse dimensione in silicone rosso. «Ma questo...» storse la bocca, osservando l'oggetto che Louis stringeva nella mano sinistra. «È un anello... un anello magico» sorrise malizioso, mentre Harry continuava a guardarlo titubante «È da indossare attorno al pene quando è in erezione. Serve per mantenerlo duro il più a lungo possibile e ad impedirti di venire». Harry deglutì a vuoto, mordendosi nervosamente il labbro inferiore e sfilando l'oggetto dalle mani del pianista per studiarlo attentamente. «Se non te la senti, non sei obbligato a metterlo. Possiamo farne a meno. Lo regalerò a Niall». «No, no. Va bene» acconsentì «Voglio provarlo». E Louis avrebbe voluto urlare un sì, cazzo perché, da quando li aveva comprati, non vedeva l'ora di usare quei giocattoli su Harry. Tuttavia si morse la lingua e cercò di mantenere un contegno perché prima doveva assicurarsi che il ragazzo fosse davvero pronto e sicuro di ciò che stavano per fare.
Posò gli oggetti sul piano di marmo che univa la vasca all'angolo della stanza, dopodiché avvicinò maggiormente a sé il ragazzo. Lasciò scivolare la mano lungo la sua schiena ampia, sfiorando languidamente ogni centimetro di quella pelle bianca «Vediamo di prepararti al meglio, mmh?» si puntellò sulle ginocchia, spingendolo verso il lato opposto della vasca e facendogli appoggiare il collo contro il bordo freddo. Sgusciò tra le sue gambe, accarezzandogli le cosce e risalendo sugli addominali scolpiti, attorcigliando poi le dita attorno ai pochi capelli dietro la nuca che erano sfuggiti dal bun ormai disordinato. «Credi che ti facciano legare i capelli quando balli altrimenti saresti troppo peccaminoso?» «Mi obbligano a portarli così per impedire una tua possibile irruzione sul palco» sorrise, mentre Louis scioglieva l'elastico stretto attorno ai suoi ricci «Lo sanno tutti quanto ami tirare i miei capelli lunghi quando facciamo l'amore». Louis glieli strattonò di riflesso, costringendolo ad inclinare appena la testa «Ah sì? Tu vai in giro a raccontare queste cose?» Harry liberò un gemito, socchiudendo appena gli occhi, senza però smettere di provocarlo «Sì. Mi piace che tutti sappiano che appartengo già a qualcuno». La bocca di Louis raggiunse il suo orecchio «Oh beh... se le cose stanno così» sussurrò piano, prima di mordergli il lobo e dare il via ad una lunga serie di morsi sul suo collo.
Harry era completamente abbandonato ai suoi tocchi, pesanti sospiri che fuoriuscivano dalle sue labbra e occhi chiusi mentre le dita delle mani lasciavano dei lenti e delicati grattini lungo la schiena di Louis. Sollevò istintivamente il bacino non appena percepì la mano del ragazzo toccare il suo sesso e cominciare ad accarezzarlo lentamente. La devozione che mostrava sempre per il suo corpo non mancava mai di lasciarlo senza parole ed Harry era certo non si sarebbe mai abituato a tutto il desiderio che ogni sua carezza, bacio o sguardo che fosse, gli trasmetteva.
«Ricordi in che stato ero dopo averti visto ballare i pochi minuti di quella variazione che tanto amo? Quella volta a casa tua» sollevò il capo a guardarlo, il volto girato di lato e così rilassato grazie alle sue attenzioni. Harry mugugnò un mmh distratto, ma ricordava bene gli occhi febbricitanti di Louis mentre si massaggiava il cavallo dei pantaloni appoggiato alla parete di specchio. «Allora puoi immaginare lo stato in cui ero stasera dopo averti visto ballare per più di due ore» rafforzò la presa attorno al suo membro facendolo piagnucolare. Sfregò il naso contro la sua guancia «Ti voglio così tanto, Harry. Tu mi vuoi?» passò il pollice sulla sua punta rossa. Harry sussultò, spalancando gli occhi e permettendogli così di rivedere quelle iridi smeraldine «S-sì. Sì, ti prego» boccheggiò, premendo i palmi contro la sua schiena. Louis gli lasciò un soffice bacio all'angolo della bocca, mentre la sua mano lasciava la presa dal suo sesso. «Ma abbiamo detto che prima giochiamo un po', no?» sfiorò con i polpastrelli i suoi testicoli, facendosi strada fino al suo orifizio. «Tutto quello che vuoi» snocciolò rapidamente, scivolando maggiormente nell'acqua, in trepidante attesa di sentire le dita di Louis dentro di lui. Louis lo stuzzicò per qualche secondo, guardandolo eccitarsi sempre di più sotto di lui, poi si staccò per recuperare le sfere.
Quando posò nuovamente lo sguardo su di lui, Harry aveva cominciato ad accarezzarsi. «Riesci a resistere dal toccarti?» gli domandò, fermando i movimenti della sua mano. Harry lo guardò supplicante, così bisognoso di darsi sollievo. Louis si chinò a lasciargli un soffice bacio «Fallo per me, amore» soffiò. La mano di Harry liberò immediatamente la presa al solo udire quel nomignolo. Due settimane intere senza più sentirglielo pronunciare era stato decisamente troppo. Dovette mordersi con forza il labbro inferiore per impedirsi di venire solo per avere sentito uscire quella parola dalla sua bocca.
Louis ghignò soddisfatto, riportando l'indice verso la sua apertura e insinuandolo piano oltre il primo strato di muscoli stretti. Roteò un paio di volte il polso per far cedere le pareti resistenti e avanzando al suo interno sempre un po' di più fino a riuscire ad arrivare a fondo con il primo dito. Le mani di Harry che arpionavano le sue cosce per cercare di resistere alla tentazione di toccarsi. Tentazione che aumentò quando Louis cominciò ad inserire anche un secondo dito. Miagolò, respirando in affanno e inarcando la schiena, gettando maggiormente all'indietro il capo contro il bordo della vasca. Louis aggiunse un terzo dito, stavolta lasciando da parte la delicatezza usata fino a quel momento e premendolo con foga tra la sua carne calda. Harry urlò, guardandolo poi sconvolto e paonazzo perché era riuscito a toccare la sua prostata. Bellissimo, era tutto ciò che la mente di Louis riusciva a formulare nel vederlo così distrutto.
Stava ancora muovendo le dita dentro di lui quando sentì la mano di Harry sfilare dalla sua le sfere e avvicinarsi il giocattolo alla bocca. Louis si era già premurato di bagnarlo tenendolo nell'acqua, ma evidentemente Harry aveva pensato di lubrificarlo ulteriormente solo per il gusto di farlo infiammare. Lo osservò con le pupille dilatate e la bocca leggermente schiusa mentre tirava fuori la lingua per leccare sfacciatamente le sfere mantenendo gli occhi fissi sul suo viso. Peccato che Louis non riusciva assolutamente a ricambiare lo sguardo, troppo catturato dalle labbra rosse e peccaminose che adesso cominciavano ad avvolgere l'oggetto e dalle guance che si incavavano oscenamente. Sibilò a denti stretti, dandosi un paio di stoccate prima di strapparglielo con forza dalla bocca «Basta così. Girati, adesso» lo esortò.
Harry non perse tempo a voltarsi mettendosi sulle ginocchia e posando le braccia al bordo della vasca in modo da far fuoriuscire il sedere dall'acqua. Girò la testa guardando verso Louis da sopra la sua spalla che gli accarezzava la natica per poi schiaffeggiarlo sonoramente. Harry liberò un verso sorpreso ritirando il bacino che fu però subito riportato in posizione da Louis «Non scappare, principino» lo canzonò facendo riferimento alla parte che aveva interpretato nel balletto, premendogli poi un bacio sulla pelle arrossata e trattenendo malamente una risata.
«Sei pronto?» «Pronto» assicurò Harry, trattenendo immediatamente il respiro non appena percepì il silicone premergli contro la pelle. La mano di Louis che gli accarezzava dolcemente la base della schiena in rassicurazione, cercando di distrarlo da quella violazione. Massaggiò la sua apertura con il pollice un paio di volte, poi cominciò a premere il giocattolo in lui. Le prime cinque sfere erano di dimensione piccola quindi, grazie alla precedente preparazione che Louis gli aveva riservato, scivolarono dentro di lui con facilità. Louis scostò la mano libera dalla sua schiena, immergendola nell'acqua e sfregando poi le dita attorno ai muscoli stretti del ragazzo per farli cedere maggiormente in modo che anche la sesta sfera riuscisse a superarli. «Se ti faccio male, dimmelo» si premurò di dirgli «Basta che mi chiami e mi fermo immediatamente. Hai capito?» Harry annuì «Per ora va bene» lo rassicurò e allora Louis cominciò a fare nuovamente pressione con il giocattolo. Il ragazzo lasciò crollare la fronte contro le braccia incrociate sul bordo freddo della vasca mentre anche la sesta sfera spariva oltre la sua carne. «Ah..» gemette piano «Ancora Lou, ancora» lo pregò, accettando anche la settima sfera praticamente della stessa dimensione della precedente.
«Sei bellissimo» Louis si protese a baciargli la spalla e subito Harry voltò il capo in cerca delle sue labbra. Le loro lingue si attorcigliarono immediatamente assieme mentre la mano di Louis, agganciata attorno al cerchio finale del giocattolo, cercava di spingerlo ancora più a fondo. Harry sibilò, strizzando gli occhi e spezzando il contatto delle loro bocche. «Riesci a prenderlo di più?» gli domandò Louis, baciandogli la tempia. «Quante... mmh» rilasciò un gemito basso e roco nel momento esatto in cui cercò di allargare la sua apertura con un dito «Quante sfere mancano?» «Solo tre». Solo. Dio, stava morendo. E la sua erezione pulsante, dalla quale già era cominciato a gocciolare il liquido pre-seminale, non era affatto d'aiuto.
«Solo un'altra» gli intimò. Louis drizzò nuovamente la schiena, allargando meglio la natica di Harry e ruotando lentamente il giocattolo che si muoveva al suo interno stimolandolo ulteriormente. Ritrasse due sfere per un paio di volte, continuando a ruotare con attenzione il giocattolo per poi reinserirle di nuovo fino ad arrivare all'ottava sfera. Un lamento fragoroso uscì dalla gola del ragazzo quando la sua carne risucchiò completamente anche quella sfera e il petto di Louis fu subito premuto contro la sua schiena. «Sei stato bravissimo» gli baciò la mascella, estraendo appena il giocattolo lasciando che la sfera restasse a metà nella sua apertura, col solo fine di allargarlo maggiormente. Gli accarezzò un fianco, lasciando poi scivolare la mano fino alla sua erezione rossa e calda. Harry chiuse gli occhi, sospirando di sollievo e cominciando a spingersi nel suo pugno, convinto che tutta quella stimolazione lo avrebbe portato presto al limite. Gli aveva concesso otto sfere e quelle erano state. Ora voleva solamente godersi delle attenzioni riservate al suo sesso, rimasto per troppo tempo inosservato.
Gli si spezzò il fiato in gola quando, con un colpo secco Louis, anziché sfilare il giocattolo, lo spinse nuovamente al suo interno facendogli accogliere non solo la nona sfera, ma anche la decima che era della stessa dimensione. Il giocattolo era completamente inserito dentro di lui e aveva sbattuto con così tanta violenza contro la sua prostata che Harry non era più riuscito a trattenersi, riversandosi in acqua e nel pugno stretto di Louis che continuò a pompare il suo membro accompagnandolo nell'orgasmo. Gli sfilò lentamente tutte le sfere, gettando il giocattolo sul pavimento e sedendosi sul fondo della vasca «Sei stato così bravo» se lo portò in grembo, scostandogli i ricci umidi attaccati al viso. Harry si accoccolò esausto al suo petto, mentre lui gli schioccava soffici baci sul capo e accarezzava la sua schiena per farlo calmare.
«Come è stato?» Avere dentro di sé delle sfere di silicone non era minimamente paragonabile ad avere le dita o, meglio, il pene di Louis. Tuttavia doveva ammettere che era stato comunque piacevole. «Strano» soffiò piano «È una sensazione diversa dal solito, però ogni tanto si può fare». «Allora non lo do a Niall?» Harry scoppiò a ridere, premendo il viso nell'incavo del suo collo «No. Assolutamente, no». Gli lasciò dei piccoli baci contro la pelle sensibile, beandosi delle sue carezze e della sensazione di appagamento che invade il corpo subito dopo un orgasmo. Abbassò lo sguardo quando percepì qualcosa premergli contro la coscia. «Non sei venuto» constatò, accigliandosi. Aveva giocato con lui, l'aveva visto accogliere dieci sfere - dieci - venire violentemente alla fine, eppure tutto quello non era stato sufficiente a portare all'apice anche lui.
Louis distese la piega che gli si era formata tra le sopracciglia con un dito «C'è voluto molto autocontrollo, ma lo sai... solo dentro di te». E il cipiglio scuro di Harry scomparve all'istante. Si drizzò, posando le ginocchia ai lati delle sue cosce e allacciandogli le braccia al collo «Dobbiamo rimediare, allora». Louis gli prese il mento tra pollice e indice facendo scontrare le loro labbra «È proprio ciò che ho intenzione di fare, dato che...» si sporse a recuperare l'anello sventolandoglielo davanti agli occhi «Non abbiamo ancora finito di giocare».
Harry deglutì a vuoto stringendo di riflesso i capelli alla base della nuca di Louis: si era completamente dimenticato di quel dettaglio.
«Non preoccuparti, ti farò piacere anche questo» lo rassicurò accarezzandogli una guancia. Notò il corpo del ballerino venire scosso da dei brividi e una leggera pelle d'oca ricoprire la sua pelle, accorgendosi quindi che l'acqua si era ormai praticamente raffreddata. Lo fece alzare in piedi riuscendo così a recuperare uno dei due asciugamani appesi al gancio e posizionandolo sul piano di marmo.
«Vieni» gli porse una mano accompagnandolo a sedersi su di esso e inginocchiandosi tra le sue gambe. Gli accarezzò una coscia, mentre ricopriva l'altra di baci bagnati fino a raggiungere il suo pube. Sfregò il naso contro il suo inguine, afferrando alla base il suo membro e inchiodando gli occhi ai suoi. Lo sfregò contro la sua guancia ricoperta dal leggero strato di barba, lasciando poi dei teneri baci sulla cappella e lungo tutta l'asta. Si umettò le labbra, lasciando che il glande scivolasse nella sua bocca ruotando poi la lingua attorno ad esso e prendendo a massaggiare delicatamente i suoi testicoli, mentre le mani di Harry gli accarezzavano le braccia. Stuzzicò con movimenti rapidi della lingua il frenulo, costringendolo a gettare il capo indietro contro la parete e spalancare la bocca per prendere profondi respiri. «Sì, Lou...» gemette, incastrando le dita tra i suoi capelli «Così. Continua così». Louis dovette massaggiarsi ancora la propria erezione mentre la voce roca di Harry gli provocava un brivido lungo tutta la colonna vertebrale.
Prima di fargli indossare l'anello doveva assicurarsi che il suo membro fosse completamente eretto e non sarebbe stato troppo complicato visto che già il suo sesso si stava risvegliando dal torpore dell'orgasmo precedente. Percepì il sapore del bagnoschiuma sulla lingua che gli fece storcere leggermente il naso, ma non lo fermò assolutamente dal continuare il suo lavoro, succhiando con vigore, facendogli sfregare la punta contro la sua gola e sentendolo indurirsi sempre di più. Si staccò quindi da lui con uno schiocco rumoroso e sorridendo soddisfatto di se stesso nel vedere l'erezione di Harry incurvarsi sul suo ventre.
Infilò l'anello, facendolo scorrere fino alla base del pene e regolandolo in modo che si adattasse giustamente alle sue dimensioni. Harry sollevò le gambe, posando i piedi sul marmo e scivolando sulla schiena, pronto per accogliere finalmente Louis. «Se sentirai di non riuscire a tenerlo fino alla fine, dimmelo che ti libero. Non preoccuparti di sforzarti per resistere troppo tempo, a me andrà bene qualsiasi cosa farai» lo rassicurò, chinandosi a lasciargli un bacio sulle labbra. Lasciò che Harry lo baciasse quanto volesse, dopodiché si risollevò, afferrando il proprio membro e allineandolo con l'apertura del ragazzo. Non trovò troppa resistenza ovviamente; le sfere lo avevano già allargato al meglio. Aspettò comunque di ricevere il solito cenno d'assenso, dopodiché cominciò a muoversi fuori e dentro di lui, reggendogli le gambe da sotto le ginocchia.
Harry iniziò a capire cosa avesse inteso Louis dicendogli che quell'oggetto aveva lo scopo di amplificare le sensazioni. Era già sensibile per il primo orgasmo e ora, con la costrizione di quell'anello, si sentiva già esplodere nonostante avessero appena iniziato.
Dovette appoggiare i palmi delle mani contro il muro, sentendosi scoppiare così come il proprio pene, le cui dimensioni erano leggermente aumentate e la punta era diventata rossa all'inverosimile. A dire il vero era più tendente al viola. Letteralmente.
«Lou, mmh...» boccheggiò, girando la testa e appoggiando la fronte contro il braccio. «Devo togliertelo?» domandò il ragazzo col respiro affannato, mentre continuava a muoversi sempre più velocemente dentro di lui. Harry scosse il capo «No, io - ah» gemette ad alta voce, stringendogli una mano «Solo... baciami» lo supplicò, allungando il collo per velocizzare lo scontro delle loro bocche che diedero vita a un bacio disordinato. Le labbra rimanevano spalancate facendoli ansimare l'uno nella bocca dell'altro e le lingue sgusciavano di tanto in tanto alla ricerca dell'altra, mentre Louis si spingeva in lui colpendo ripetutamente il suo punto di massimo piacere.
Ci volle ancora poco prima che le sue spinte si facessero più sconclusionate, finché il calore che partì dal basso ventre irradiò tutto il suo corpo facendolo riversare tra la sua carne con un urlo poderoso. Si protese nuovamente a baciare Harry, poi questo «Ti prego... ho - ho bisogno di venire...» lo pregò. Non appena gli sfilò l'anello e si spinse ancora una volta dentro di lui, il suo seme gli schizzò sul petto, mentre il corpo di Harry tremava sotto di lui. La mano di Louis si strinse attorno al suo membro che non smetteva di pulsare continuando a riversare sperma. Harry non sapeva di poterne avere così tanto. «Oddio...» annaspò il ragazzo «Io... oddio». Louis ridacchiò, mollando la presa e lasciando che le ultime scosse facessero vibrare violentemente il suo corpo.
Harry era un disastro: le guance paonazze, i capelli scompigliati e aggrovigliati tra loro, la testa appoggiata al muro, gli occhi serrati, la bocca spalancata e il petto arrossato che si alzava ed abbassava senza sosta. Louis gli posò una mano sulla guancia «Sei stato perfetto, amore. Perfetto» lo baciò sulla sua bocca schiusa, prima di uscire lentamente da lui provocandogli un ulteriore subbuglio. «Mmh... ah» miagolò nuovamente, mordendosi il labbro inferiore. Louis si lasciò cadere sulle ginocchia, appoggiando il capo sulle sue gambe. «Sei ancora sensibile» gli sfregò la barba contro la coscia bianca. «È stato così... così intenso» sospirò pesantemente, allungando una mano per accarezzargli lo scalpo «Pensavo di non finire più». Louis sorrise, voltando appena il capo e schioccandogli un bacio sulla pelle candida. «Coraggio, schizzetto, usciamo da qui o ci prenderemo un raffreddore» gli porse la mano, beccandosi una linguaccia e una sberla sul braccio per averlo preso in giro con quel nomignolo.
Louis si sciacquò il petto sporco, avvolgendosi poi in uno dei morbidi asciugamani e attirando a sé anche Harry. Gli sfregò la morbida spugna sulla pelle, asciugandolo «Ti aspetto di là, ok?» Harry annuì, lasciandogli un bacio a fior di labbra «Sarò rapido». «Oh, non ho dubbi» ghignò Louis, avvicinandosi alla porta e ricevendo in testa l'asciugamano.
Louis raggiunse la camera da letto con un sorriso appagato in volto e aria sognante: erano mesi che non si sentiva così bene e non perché aveva avuto uno dei migliori orgasmi della sua vita, ma perché quella sera era stata solo l'ennesima conferma di come non avrebbe mai potuto fare a meno di Harry.
Harry che era la parte migliore di lui.
Indossò un paio di boxer puliti, poi si infilò sotto le coperte del grande letto matrimoniale non vedendo l'ora che Harry lo raggiungesse per tenerlo stretto a sé tutta la notte.
Dovette aspettare più di dieci minuti prima di vederlo comparire all'interno della stanza e stava per fargli notare la sua scarsa rapidità, ma si bloccò nel notare il suo volto preoccupato.
«Hey, che succede?» Harry aveva le guance rosse e si pizzicava le labbra con le dita mantenendo il silenzio. «H, va tutto bene? È successo qualcosa?» si allarmò allora, mettendosi seduto sul materasso. «Io... non so come dirlo» mugugnò a bassa voce «Mi vergogno». Louis gattonò fino alla fine del letto, sollevandosi sulle ginocchia e accarezzandogli i fianchi «Non ti devi vergognare con me. Sai che puoi dirmi tutto» gli sorrise incoraggiante. Harry si torturò il labbro inferiore visibilmente combattuto, poi aprì l'asciugamano che aveva stretto in vita: il suo membro era ancora duro e la punta, rossa e lucida, era bagnata dal suo umore. Louis si coprì la bocca con una mano non riuscendo però a trattenere la risata divertita che subito riempì la stanza. «Non c'è niente da ridere. Continuo a rimanere eccitato e fa male» si imbronciò.
Gli afferrò le mani, portandolo con sé sul letto «Ci penso io» ammiccò. Si sedette appoggiando la schiena contro la testiera del letto, guidando Harry tra le sue gambe che si abbandonò completamente al suo petto, posando la testa sulla sua spalla. Gli passò la mano destra tra i ricci, accarezzandolo dolcemente, mentre con la sinistra tornò a masturbarlo. Era veramente eccitato, quindi bastarono pochi tocchi ben assestati per farlo venire una terza volta e privarlo di qualsiasi forza gli fosse rimasta in corpo. Settimane intense di prove, più di due ore di balletto e tre orgasmi violenti erano troppo perfino per un fisico allenato come il suo. «Shhh» soffiò contro la sua tempia, raccogliendo con le labbra le lacrime salate che gli erano sfuggite per l'incapacità di reggere oltre quegli sconquassi fisici.
Louis aspettò che si fosse completamente calmato, poi lo fece distendere e asciugò velocemente le nuove gocce di sperma che avevano sporcato la sua pancia. Notò che il suo membro si era finalmente spento, permettendogli di rilassarsi una volta per tutte. Pensò che magari per l'anello avrebbero potuto far passare un po' di tempo prima di utilizzarlo di nuovo e, perché no, forse quella volta lo avrebbe provato lui.
Non appena si infilò sotto le coperte, Harry gli si accoccolò vicino sfregandogli stancamente il naso contro il collo «Mi hai proprio sfinito». «Spero tu ti senta anche soddisfatto, oltre che sfinito» commentò Louis, facendolo sorridere. «Decisamente sì» non esitò a rispondere, passandogli le dita tra la rada peluria sul petto.
Calò il silenzio nella stanza, mentre entrambi si godevano la semplice presenza dell'altro accanto a sé. Adesso, con Louis lì presente, quell'appartamento non sembrava più così tanto grande.
Fu proprio quest'ultimo a riprendere la parola. «Li ho ascoltati tutti» soffiò, facendo sollevare appena il capo ad Harry che lo guardò accigliato. «I tuoi messaggi vocali. Li ascoltavo ogni sera» spiegò allora. I suoi occhi verdi erano visibilmente stupiti e la bocca a cuore leggermente schiusa per la sorpresa. «Avevo capito che me li avresti inviati ogni sera e io passavo le giornate ad aspettare solo quel momento». «Non mi hai mai risposto, però» il tono di voce improvvisamente triste nel ricordare quelle ultime due settimane.
«No» sospirò Louis «Ti avevo detto che dovevamo andare avanti senza troppe aspettative e risponderti avrebbe significato contraddirmi. Però non potevo fare a meno di ascoltarti». «Per me era un modo per sentirti più vicino. Non riuscivo ad accettare la tua decisione, non potevamo lasciarci» un piccolo broncio si formò sulle sue labbra e Louis adagiò le proprie sulla sua fronte. «No, infatti. Sono così felice di essere qui, adesso» ammise Louis, il cuore gonfio d'amore per il ragazzo stretto tra le sue braccia. Harry allungò leggermente il capo incontrando le sue labbra per un morbido bacio. «Ti amo, Lou» lo guardò negli occhi «Ti amo da morire». «E io ti amo da vivere» lo baciò nuovamente, prima di scivolare maggiormente sotto le coperte e crogiolarsi insieme nel tepore di esse.
••••
Non esisteva nulla di più bello che dormire senza sentire l'altra metà del letto fredda, ed Harry lo sapeva bene. Avere il corpo di Louis stretto al suo per tutta la notte era qualcosa che amava e che gli era mancata terribilmente da quando era giunto a Parigi. Sentire le sue braccia stringerlo forte, il suo respiro caldo sulla pelle, le sue labbra lasciargli stanchi baci se si svegliava durante il sonno, erano tutte cose che lo rilassavano, facendolo sentire protetto, al sicuro e amato.
Il suo sonno tranquillo, venne disturbato da un brusio in sottofondo. Si rigirò nel letto intenzionato ad attaccarsi al corpo di Louis come un piccolo koala, imbronciandosi appena nel non trovare nessuno al suo fianco.
Aprì gli occhi passando in rassegna la stanza, trovando la persona interessata occupata in una fitta conversazione telefonica davanti alla finestra.
Si tirò su con la schiena mettendosi a sedere e stropicciandosi gli occhi mentre il lenzuolo ricadeva dal suo busto pericolosamente, lasciando intravedere il suo basso ventre.
Louis dovette aver immediatamente percepito che fosse sveglio perché non perse tempo a voltarsi e sorridergli teneramente, prendendo posto sul bordo del letto di fronte a lui.
«Ripeto che sono più che sicuro della mia decisione» asserì, il tono serio mentre regalava ad Harry una delle sue espressioni più tenere. Gli strofinò la punta dell'indice sul naso, sorridendo nel vederlo sbadigliare ancora tutto assonnato «Se c'è da pagare qualcosa lo farò, non è un problema» assicurò, mentre Harry si protendeva in avanti per nascondere il viso nell'incavo del suo collo. Gli lasciò dei soffici baci mentre Louis gli massaggiava lo scalpo, strofinando di tanto in tanto la punta del naso.
«Appena torno sbrighiamo tutte le pratiche». Spalancò la bocca in un urlo muto quando Harry gli riservò un morso sulla spalla nell'udire quelle parole. Non voleva già pensare a dover salutare Louis e vederlo tornare a Londra, sebbene sapesse che avevano le ore contate. Sicuramente non sarebbe potuto rimanere a Parigi per troppo tempo.
Louis gli riservò un'occhiata truce, pizzicandogli un capezzolo con le dita. Le stesse dita che Harry si portò poi alla bocca baciandole e facendo tornare un flebile sorriso sul suo volto.
«Senti, Paul, tanto non cambio idea. L'ho già detto chiaramente anche a loro: sono irremovibile» tirando verso il basso il labbro inferiore di Harry con il pollice «Adesso, comunque, devo andare. Ci vediamo a Londra, ciao» lo salutò riagganciando la chiamata.
Harry agganciò subito le mani dietro al suo collo, tirandoselo addosso e trascinandoselo con sé contro il materasso. «Buongiorno anche a te, tigre» ridacchiò, mentre Harry gli si spalmava completamente addosso. Nudo, tra l'altro, visto che dopo il terzo orgasmo della notte appena trascorsa, si era infilato a letto in quello stato, troppo stanco anche solo per infilarsi un paio di mutande.
«Ciao» soffiò sulle sue labbra, succhiandogli il labbro inferiore. La sua erezione mattutina a premergli contro la gamba. «Con chi parlavi?» gli domandò, mentre le mani del ragazzo strisciavano languide sulla sua schiena fino a posarsi sul suo sedere piccolo e sodo. «Con una persona che fa parte della direzione dell'Orchestra» rispose, passando i denti lungo la linea della sua mascella marcata. «Sentono già la tua mancanza?» domandò retorico.
«Diciamo che stanno tentando in tutti i modi di non doverla sentire» mormorò lasciandogli dei piccoli baci sul mento «Senza ottenere nulla, ovviamente». Harry abbassò lo sguardo, osservandolo interdetto. «Prima di partire da Londra per venire qui, al mattino mi sono recato al Barbican» fece una pausa, sfiorando con i polpastrelli la guancia del ragazzo che lo guardava serio, cercando di cogliere il significato della sue parole. «Ho deciso di lasciare l'orchestra» soffiò piano quell'ammissione, come se non dicendola troppo ad alta voce, la notizia potesse colpire meno Harry. Cosa che non accadde, naturalmente, visto che il ragazzo sgranò gli occhi incredulo, rizzando la schiena e sistemandosi meglio sul suo bacino.
«Cosa? Stai scherzando spero». Louis scosse il capo «Affatto. E... per favore puoi tornare giù? Mi distrai così nudo» si passò le mani sul volto, cercando di ritrovare il controllo e non pensare al fatto che Harry fosse seduto sopra di lui nudo e con il membro adagiato sulla sua pancia.
«Come se non fossi abituato a vedermi così» bofonchiò il ballerino, afferrandogli i polsi e scoprendogli il viso «Sii serio. Tu sei pazzo, non puoi lasciare quell'Orchestra! E poi...» si passò una mano fra i capelli frustrato «Sei entrato da poco e hai firmato un contratto per due stagioni» gli ricordò. «Sei lo stesso una distrazione» gli pizzicò un fianco, ricevendo una sberla sulla mano «E comunque, lo so che il contratto è valido per due anni, ma ho già detto loro che pagherò ciò che gli spetta se abbandono adesso». «Io...» Harry allargò le braccia incredulo, rilasciandole poi cadere ai suoi fianchi «Io non capisco. Perché?»
I suoi occhi divennero immediatamente lucidi e quello era proprio ciò che Louis sapeva sarebbe successo. Era certo che Harry non avrebbe preso bene la notizia, ma sperava di fargli capire meglio la sua scelta dandogli tutte le spiegazioni. «Hey, ascoltami» il tono della voce dolce mentre gli accarezzava le braccia «Questi mesi nella Symphony Orchestra sono stati bellissimi e aver potuto tenere un concerto solista... è stato davvero la realizzazione di un sogno». «E allora perc - » Louis gli tappò la bocca con le dita «Dicevo» si schiarì la voce «Un sogno che apparteneva al Louis di cinque anni quando ha cominciato a prendere lezioni di pianoforte; a quello di tredici anni quando ha ricevuto in regalo la sua prima vera pianola; a quello di diciannove anni quando è stato ammesso alla Juilliard. E sarebbe continuato ad esserlo per molto tempo ancora se fosse stato necessario, ma due anni fa sei arrivato tu, H» fece un'altra pausa, notando gli occhi del ragazzo diventare lucidi. Gli sfiorò il labbro tremante con le dita, accarezzandogli poi la guancia. «Non avrei mai pensato che un ragazzo avesse potuto significare così tanto per me. Eppure adesso, per me, esisti solo tu e il sogno del Louis passato l'ho già realizzato. L'ho raggiunto grazie a te che hai insistito così tanto affinché io accettassi quell'offerta. Ma il Louis di ventiquattro anni ha un solo sogno ora: stare con te e vederti conquistare passo dopo passo questo teatro francese che tanto ami».
Harry tirò su con il naso, abbassando il capo e chiudendo gli occhi: Louis stava rinunciando a Londra per colpa sua. «No, non puoi farlo» scosse poi il capo. «Harry...» «No. Ascoltami tu adesso» lo interruppe «Io non ti permetto di farlo. Troveremo un modo... posso provare a parlare con Chris e anche con la direzione. Magari...magari riesco a fare in modo che mi permettano di essere più libero così da poter venire a trovarti. In questi mesi ho sempre fatto tutto quello che mi hanno chiesto, rinunciando a tante cose. Loro... me lo devono».
Louis sorrise intenerito: Harry lo amava così tanto. Strinse le mani nelle sue, fermando il loro continuo gesticolare per aria «Lo sai che non sarebbe possibile. Ci abbiamo già provato nei mesi scorsi, le cose non cambieranno e io non voglio più soffrire. Questa è l'unica soluzione che abbiamo».
Harry non riuscì più a trattenere le lacrime che cominciarono a rigare le sue guance a causa del senso di colpa che lo stava attanagliando. «Non te lo posso permettere. Come tu vuoi vedermi diventare Primo Ballerino qui, io voglio assistere ai tuoi successi alla London Symphony Orchestra». Louis si mise a sedere, appoggiando la schiena contro la testiera del letto e facendo sistemare meglio il ragazzo sul bacino. «Lo so, H. Lo so, bene» lo rassicurò, scostandogli i ricci dietro le orecchie «Ma c'è una differenza tra noi due. Una differenza importante...» gli sfiorò le clavicole con le dita, passandole poi sul suo petto «Arrivati a questo punto, a me non interessa andare oltre. Sono arrivato dove volevo, ma ora voglio fare quello che mi piace con te al mio fianco. Cercherò altro e, soprattutto, valuterò le offerte in base al tuo lavoro. Se è qualcosa che mi permette di stare con te, allora l'accetterò, altrimenti guarderò altrove». Harry si piegò sul suo corpo, portandosi le braccia al petto e nascondendo il volto nell'incavo del suo collo. Le coperte ormai erano scivolate completamente via dal suo corpo e le braccia di Louis lo circondarono teneramente, accarezzando la sua schiena nuda.
«È una scelta molto importante. Ne sei sicuro?» le labbra che muovendosi piano solleticavano la sua pelle. «Ci ho pensato molto e queste due settimane non hanno fatto altro che aumentare la mia convinzione. Non voglio niente se non posso avere anche te» rispose sicuro Louis. «Davvero sicuro? Davvero, davvero?» Louis ridacchiò «Davvero, davvero» annuì, sentendolo però sospirare contro il suo collo, perciò «Promettimi che non ti sentirai in colpa» gli domandò.
Harry si rannicchiò maggiormente contro di lui «Non posso non farlo». Louis gli passò una mano fra i capelli, allontanandoli dal suo viso spostandogli appena la testa sulla spalla in modo da riuscire a vederlo «Non è colpa tua. Non è proprio colpa di nessuno, anzi. È grazie a te se finalmente ho capito cosa voglio davvero nella vita». «Quindi ti trasferisci qui, con me?» E vedere i suoi occhi verdi brillare fece scaldare un po' il cuore a Louis che annuì, ricevendo in risposta un soffice bacio sulle labbra.
Poi Harry rotolò affianco a lui sul materasso, un braccio dietro la testa e, davvero, Louis non ce la faceva più a vederlo così nudo mantenendo le mani al proprio posto. Si allungò a baciargli le costole, passando il palmo della mano contro la sua pancia. Poi «Lou?» lo richiamò improvvisamente. Gli rispose con un distratto mmh, troppo occupato a lambire ogni centimetro di quella pelle candida. «Ricordi quando mi avevi detto che sentivi che saresti sempre stato pronto per me in qualsiasi momento della tua vita? Passato o futuro che fosse». Un altro mugolio in assenso. «Io ti avevo detto che se non ci eravamo incontrati prima era perché forse non saremmo stati pronti» portò le dita sotto il suo mento, sollevandogli il volto dal suo addome «Non mi sono mai sbagliato tanto in vita mia. Avevi ragione tu: saremo sempre pronti l'uno per l'altro».
Louis sorrise, raggiungendo il suo viso per schioccargli un bacio a fior di labbra «Sempre» concordò «Anche in qualche altra vita parallela saremo insieme».
Poi abbassò lo sguardo, richiamato dal bacino di Harry che si alzava in cerca di attenzioni. «Non ti sono bastati i tre orgasmi di stanotte?» Harry si strinse il labbro fra i denti, scuotendo la testa con un cipiglio divertito «Mi sa che sono anche destinato a venire sempre quando sono con te». «Questa era pessima» rise divertito, sfregando il naso contro la sua guancia «Forse devo richiamare Paul e dirgli che ho cambiato idea perché un ballerino goloso vuole consumarmi». Harry si imbronciò, invertendo le posizioni e mordendogli la punta del naso «Se la pensi così allora vorrà dire che ci penserò da solo» ammiccò e così facendo si sedette sul suo bacino, cominciando ad accarezzarsi il sesso leggermente eccitato per aver sfregato tutta mattina contro il corpo del ragazzo e ansimando, accentuando sfacciatamente i gemiti solo per il gusto di stuzzicarlo. Harry non fece nemmeno in tempo a contare fino a dieci che Louis si era già sollevato con un colpo di reni, inchiodandolo al materasso e intrappolandolo sotto di lui. Il sesso mattutino era mancato ad entrambi.
Quando uscirono di casa più tardi quella mattina, erano entrambi più leggeri e spensierati. Un nuovo capitolo delle loro vite stava per cominciare e chissà, forse, l'orchestra dell'Opéra poteva trovare un posto per Louis.
Comunque sarebbe andata, di una cosa erano certi: le strade di due anime gemelle come loro erano destinate ad incontrarsi sempre e dispiegarsi in un'unica direzione.
Fine.
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