Parte I
Anche quel primo martedì di Marzo, esattamente come tutte le altre mattine in quei quattro anni, Harry scese alla fermata della metro Lincoln Centre Plaza e salì i pochi gradini che lo dividevano dalla strada col suo immancabile Vanilla Latte in una mano e una sacca nera sulla spalla, prima che il debole sole colpisse il suo viso. Raggiunse le strisce pedonali, sorseggiando la bevanda calda e scrutando distrattamente le vie sempre in fermento di Manhattan dietro le lenti scure dei suoi Ray-Ban. Una volta scattato il verde del semaforo per i pedoni, raggiunse con passo fiero e testa alta l'ingresso sulla 65th strada della Juilliard, una delle più prestigiose scuole di arti, musica e spettacolo al mondo. Sollevò appena l'angolo destro della bocca in un sorrisino altezzoso nel notare, come ogni mattina, gli sguardi di adorazione che gli studenti più giovani gli riservavano al suo passaggio e i mormorii di apprezzamento in sottofondo. Già, perché tutti conoscevano Harry Styles, il ballerino di danza classica più promettente della Juilliard, nonché il ragazzo più bello della scuola ammirato da maschi e femmine in ugual misura. Tutte quelle attenzioni non facevano altro che aumentare il suo ego, ma quello che più gli interessava era venire apprezzato per le sue qualità di ballerino. Il suo aspetto fisico era un surplus.
Aprì la porta dello spogliatoio, posando la borsa sulla panca di legno e iniziando a spogliarsi. La sua lezione di danza sarebbe cominciata all'incirca tra tre quarti d'ora, ma lui era solito presentarsi in anticipo per scaldarsi e prepararsi al meglio senza essere disturbato da nessuno. Infilò la calzamaglia nera, abbinata ad un'aderente canotta dello stesso colore, recuperò le mezze punte nere e poi entrò in sala. Sistemò le scarpette ai piedi, legando i capelli in un bun alto mentre si avvicinava alla vaschetta contenente la pece situata nell'angolo della stanza. Vi premette le punte, ruotandole un paio di volte e accertandosi che il piede non scivolasse sul parquet prima di prendere posto alla sbarra. Distese i muscoli del collo, poi raddrizzò la schiena – spalle indietro e petto in fuori – piedi in prima posizione e mano sinistra saldamente ancorata alla sbarra di legno. Cominciò con qualche plié eseguito in prima, seconda, terza, quarta e quinta posizione. Ripeté l'esercizio fermandosi nella seconda posizione ed effettuando un grand-plié sollevando da terra anche i talloni per raggiungere maggiore profondità. Strisciò poi il piede destro in avanti, la gamba rigorosamente tesa, compiendo un battement tendu e ripetendolo sia di lato che indietro. Piegò poi la gamba sinistra, strisciando nuovamente in avanti la punta del piede destro e formando un semicerchio prima di stendere nuovamente entrambe le gambe ritrovando la prima posizione e completando così il primo dei cinque rond de jambe. L'ultimo passo che decise di svolgere fu il grand battement eseguito come un tendu, ma staccando anche la punta da terra per sollevare la gamba e formare un angolo di 90 gradi in avanti e di nuovo anche di lato e indietro. Ripeté poi gli stessi esercizi voltandosi e attaccandosi alla sbarra con la mano destra per riscaldare la gamba sinistra.
Finì giusto in tempo per l'arrivo dell'insegnante, il signor Moore, che subito lo salutò. «Buongiorno, Harry. Il primo, come sempre» constatò, avvicinandosi alla sua cattedra e posandovi sopra i fogli che teneva tra le mani. «Buongiorno a lei. Lo sa che ogni mattina non vedo l'ora di infilarmi le scarpette ed entrare in sala da ballo». «Lo so, lo so. A momenti bisognerà aprire la scuola un'ora prima solo per lasciar entrare te» gli rispose, facendolo sorridere.
Approfittò dei cinque minuti mancanti all'inizio della lezione per bere un po' d'acqua fresca dalla sua bottiglietta, mentre anche i suoi compagni cominciavano a riempire la stanza, e poi si mise in ascolto del maestro.
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Le due ore col signor Moore gli sembravano sempre volare. Era il suo insegnante preferito, lo reputava molto valido: rigoroso, esigente ma anche disponibile a dare i giusti consigli per migliorare. Amava la danza e sapeva trasmettere quella passione anche ai suoi allievi.
Si stava asciugando il volto con una salvietta quando Nathan lo affiancò «Chissà cosa si saranno inventati quest'anno per la prova finale». Harry storse la bocca «Speriamo sia migliore di quella dell'anno scorso». La scuola aveva indetto un'assemblea dopo pranzo nell'aula magna per dare la comunicazione a tutti gli studenti della prova finale che il corpo docenti e il Preside avevano stabilito nei giorni passati.
La sera precedente si era dimenticato di puntare la sveglia e quella mattina non solo si era svegliato in ritardo, ma aveva anche dimenticato il suo solito contenitore del pranzo sul tavolo della cucina. Fortunatamente non usciva mai di casa senza soldi, perciò lasciò la Juilliard per recarsi allo Starbucks più vicino e mangiare una delle loro insalate.
Tornò alla scuola giusto dieci minuti prima dell'inizio dell'assemblea. L'aula era già stracolma di studenti, ma riuscì a scorgere tra le file di sedie anche Niall e Liam che raggiunse immediatamente «Ciao, ragazzi. Secondo voi in cosa consisterà la prova finale?» «Non lo so, spero mi facciano fare un concerto solista attorniato da ballerine mezze nude» esordì Niall con sguardo trasognato, fingendo di suonare il suo violino. Liam gli riservò una scappellotto sulla testa «Confondi troppo spesso questa scuola con un locale di cabaret» lo ammonì, spostando poi lo sguardo su Harry ancora in piedi «Ti siedi con noi, Haz? Ti abbiamo tenuto il posto» domandò indicando la sedia vuota accanto a sé.
Aveva conosciuto i due ragazzi al primo anno di accademia: Niall era iscritto al corso di musica, aspirando a diventare un grande violinista, mentre Liam a quello di recitazione. Si erano incontrati, o meglio scontrati, sulla rampa di scale centrale: Harry scendeva velocemente i gradini, fissando i fogli con gli orari delle lezioni che aveva in mano e, inciampando, finì completamente addosso ai due ragazzi che gli impedirono di cadere. Niall e Liam si conoscevano già dai tempi del liceo e avevano preso un appartamento assieme quando entrambi erano stati ammessi alla Juilliard. Da quel giorno diventarono inseparabili, condividendo ogni momento libero della giornata. Almeno fino a quando Harry non aveva conosciuto Bryan, il suo ragazzo. Un tipo dal carattere a volte troppo prepotente e decisamente altezzoso che non aveva mai convinto i due amici, tant'è che ancora non si spiegavano come potesse un ragazzo come Harry essere attratto da un tipo come lui. Per non parlare della sua cerchia di amici ancora più rozzi e maleducati.
Non aveva fatto in tempo a rispondere ai suoi amici che proprio Bryan lo chiamò da due file più indietro, indicando la fila di posti che occupavano «Harry, siamo qui». Guardò gli amici con sguardo di scuse che già avevano capito quale sarebbe stata la scelta del ragazzo «Mi spiace, ragazzi, devo andare con Bryan. Sapete com'è fatto. Però c'è posto anche per voi, venite con me» li incoraggiò. «No, grazie» scosse il capo Niall, non trattenendo una smorfia sprezzante «Preferiamo restare da soli che con quelli». «Ci vediamo alla fine dell'assemblea, Harry. Non preoccuparti» gli sorrise Liam.
Bryan lo osservava camminare nella sua direzione con un ampio sorriso sulla bocca «Eccolo qui, il mio bellissimo ragazzo» lo salutò ad alta voce. E no, non era un complimento quello – Harry ormai lo sapeva bene – ma solo il suo modo per far capire che era off limits e che tutti dovevano girargli al largo. Gli circondò subito le spalle non appena prese posto accanto a lui, schioccandogli un bacio sulle labbra «Ancora perdi tempo con quei due?» Quei due, meglio conosciuti come Niall e Liam, ma ovviamente non per lui. «Sono miei amici, Bryan. Dovresti cercare di essere più gentile con loro» gli aveva ripetuto quella frase un'infinità di volte senza mai ottenere alcun risultato, ma Harry continuava a non perdere mai la speranza che un giorno le cose potessero cambiare. «Sono solo degli sfigati» commentò Ty alle spalle del suo ragazzo che si voltò subito per battergli un cinque. «Vedi, dovresti ascoltare più spesso i miei di amici». Harry alzò gli occhi al cielo, prima di prestare attenzione al palco su cui era salito il corpo docente. Era difficile cercare di seguire ciò che dicevano dal momento che Bryan e suoi amici non stavano zitti un secondo, commentando qualsiasi cosa uscisse dalle bocche degli insegnanti, tuttavia capì la cosa più importante ovvero che la prova finale di quell'anno sarebbe consistita in una performance di coppia. Due studenti di due divisioni diverse, scelti dagli insegnanti per evitare problemi, avrebbero dovuto lavorare assieme portando un progetto comune che comprendesse le rispettive discipline di studio.
«Perfetto, ci avranno messo insieme piccolo. Il miglior pianista e il miglior ballerino della scuola» ammiccò Bryan. Il ragazzo era infatti iscritto al corso musicale come pianista. Harry gli sorrise debolmente, sperando fra sé e sé che Bryan si stesse sbagliando. Erano una di quelle coppie che a letto andava alla grande, ma fuori... beh, avevano ben poco in comune. A partire dal fatto che Harry nel suo lavoro era un tipo molto puntiglioso mentre Bryan diciamo che preferiva il piacere al dovere nonostante fosse un ottimo musicista, perciò era certo che se avessero dovuto lavorare insieme avrebbero finito per litigare la maggior parte del tempo.
L'aula si zittì quando i professori iniziarono a comunicare ad alta voce le coppie scelte. Harry sorrise quando udì i nomi di Niall e Liam assieme e li vide poco più avanti battersi un cinque fraterno. Avrebbero sicuramente fatto un ottimo lavoro, ne era convinto. Stava ancora osservando i due amici quando i brusii fastidiosi della compagnia di Bryan lo riscossero dai suoi pensieri. «Che è successo?» chiese spiegazioni. «Ti hanno messo in coppia con quel perdente di Tomlinson» sbottò Bryan. Harry corrugò la fronte «Chi?» «Louis Tomlinson, fa il mio corso e suona anche lui il piano» sbuffò il ragazzo, scuotendo il capo. «Non lo conosco. È così male?» Bryan trattenne il respiro, gonfiando le guance «No, però...» agitò distrattamente la mano in aria «Io sarei stato di gran lunga meglio. In più lui è un tipo strano, sta sempre per i fatti suoi, sembra sempre nel suo mondo». «È quello laggiù» si intromise nuovamente Ty, allungando un braccio e puntando l'indice in direzione di un ragazzo dai capelli castani seduto nelle prime file del lato opposto al loro. «Andrò a conoscerlo» decise allora Harry, pizzicandosi il labbro inferiore con le dita. «Vorrai scappare dopo» rise Bryan, suscitando le risate di tutto il gruppo.
Harry non aveva perso di vista neanche un attimo il ragazzo e, come si era ripromesso, non appena i professori lasciarono l'aula si alzò per raggiungerlo e presentarsi. «Ehm, ciao. Tu sei Louis, giusto?» si schiarì la voce attirando la sua attenzione. Louis si alzò dalla sedia, voltandosi nella sua direzione, permettendo al ragazzo di guardarlo in faccia «Sì, sono io» rispose. Sul suo volto nemmeno l'ombra di un sorriso. Harry notò subito la freddezza del suo sguardo, effettivamente sembrava distaccato da tutto ciò che lo circondava, ma quegli occhi azzurri, per quanto glaciali, ti catturavano all'istante. «Piacere, io sono Harry Styles». «Sì, so chi sei» lo liquidò Louis, abbassandosi a prendere la sua tracolla. Tuttavia Harry non si perse d'animo «Dovremo lavorare assieme...» buttò lì, sorridendogli con la speranza che l'altro comunicasse con più enfasi. Ma «A quanto pare» commentò apatico Louis. Già, a quanto pare. «Allora... quando vorresti cominciare?» gli domandò Harry, sfregandosi le mani contro il tessuto ruvido dei suoi skinny neri. «Lunedì» lo guardò ovvio Louis «Vedi di usare il weekend per farti già delle idee su cosa proporre». Harry annuì in silenzio, l'atteggiamento di Louis lo rendeva nervoso. Non si sentiva assolutamente a suo agio. «Ti aspetto alle 7.30 allo Starbucks qui di fronte così avremo tempo di discutere già le nostre idee» lo informò risoluto prima di salutarlo con un semplice cenno del capo.
Bryan sembrava aver ragione, Louis si era dimostrato proprio il ragazzo che manteneva le distanze e stava sulle sue. Sarebbe stato più difficile di quanto pensava, a quanto pare, ma sperava si sbagliasse sulle sue qualità artistiche perché quella era la cosa più importante. Non era lì per cercare un amico, ma per laurearsi con il massimo dei voti e ambire ad entrare in qualche compagnia di prestigio, quindi non era essenziale che Louis fosse un tipo amichevole ma che gli permettesse di fare un'ottima figura alla prova finale.
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Lo Slake era il ritrovo fisso di ogni venerdì sera per Bryan e la sua cerchia di amici e Harry non poteva mai mancare. Non perché amasse quel posto ma perché così voleva Bryan. Fortunatamente, dopo un lungo pomeriggio di suppliche al telefono, era riuscito a convincere anche Niall e Liam ad unirsi a loro. Aveva fatto promettere a Bryan di non provocarli e schernirli con le sue solite battute infelici, voleva semplicemente passare una piacevole serata tra amici.
Si sedettero al divanetto che erano soliti occupare ogni settimana, la musica assordante che pompava dalle casse e ragazzi che già si dimenavano seguendo il ritmo.
Mentre Bryan si occupava di ordinare per tutti loro, Harry si dedicò subito ai suoi amici «Beati voi che siete finiti insieme per lo spettacolo di fine anno, farete furore. Io spero di riuscire a fare qualcosa di buono». «Perché parli in questo modo? Louis è un bravissimo musicista» si stranì Niall, che lui sapesse Harry nemmeno lo conosceva. «Ne sei sicuro? Bryan mi ha fatto intendere che non è un granché» gli spiegò. I due amici scossero la testa sorridendo amari «Chissà perché questa cosa non mi stupisce per niente» considerò Niall «Il tuo caro Bryan è solamente geloso dal momento che Louis è decisamente migliore di lui, se non il migliore di tutti». Harry lo guardò sorpreso, ma in fondo sapeva che quello che l'amico gli stava dicendo poteva benissimo rispecchiare la verità: quello era un atteggiamento tipico da Bryan. «Lo conosci?» «Ovvio che lo conosco, Haz. Siamo nella stessa divisione. Però ho avuto modo di conoscerlo meglio da quando ho deciso di imparare a suonare il piano» gli rivelò l'amico «È talmente bravo che ho chiesto a lui di darmi una mano».
Harry annuì abbassando il capo e guardandosi le mani. Gli faceva strano aver saputo solo in quel momento che Niall conosceva Louis Tomlinson ma ancor di più che aveva deciso di imparare a suonare un altro strumento. Fino a poco tempo prima l'avrebbe saputo nel momento esatto in cui l'amico avesse preso quella decisione mentre ora, se non fosse capitato in coppia con Louis, chissà quando gliel'avrebbe confidato. E sapeva bene qual era il motivo di quel distacco: Bryan. Da quando c'era lui si era allontanato inevitabilmente da Liam e Niall dal momento che i tre sembravano non riuscire ad andare d'accordo. Ma mentre inizialmente era talmente preso dal suo ragazzo da non accorgersi di quel particolare, ora, col passare dei mesi, lo notava sempre più e cercava quindi di recuperare in un modo o nell'altro il tempo perso.
«Possiamo dare il via alla serata, gente» urlò esaltato Bryan, raggiungendo il divanetto con un vassoio colmo di bicchieri. Fecero scontrare rumorosamente i bicchieri tra di loro, poi ognuno cominciò a bere il proprio cocktail.
Harry stava ancora parlando con i due amici, il braccio di Bryan rigorosamente dietro le sue spalle a marcare il territorio, quando Niall si alzò in piedi e «Louis!» urlò, allungando un braccio per richiamare il ragazzo che stava passando davanti al loro divanetto. Diversamente da come Harry si aspettava, Louis non appena riconobbe il biondo gli riservò un sorriso sincero e si fermò a salutarlo «Ciao Niall, anche tu qui!» «Sì, sono qua con alcuni amici» gli rispose di rimando, mantenendo il tono di voce alto per superare la musica. Indicò il divanetto, facendo spostare lo sguardo del ragazzo oltre le sue spalle. Il sorriso che fino a pochi istanti prima dipingeva il suo volto scemò all'istante mentre i suoi occhi si posavano prima su Bryan e il suo gruppetto, per fermarsi poi a fissare Harry.
Quest'ultimo sventolò una mano per salutarlo, accennando un sorriso al quale Louis si limitò a rispondere ancora con un semplice cenno del capo. Harry tentò comunque di aprire bocca, ma la voce di Bryan risuonò prima della sua «Tomlinson, lo sai che questo non è un posto per gli sfigati?» lo schernì, facendo scoppiare a ridere i suoi amici. Harry, invece, si voltò immediatamente verso di lui con sguardo di rimprovero. Non sopportava quel lato del suo carattere, sempre pronto ad offendere le persone che a pelle non gli andavano tanto a genio. Ma restò sorpreso quando «Cos'è, è solo riservato ai coglioni?» sentì rispondere a tono il ragazzo. Bryan e Louis rimasero a guardarsi con aria cagnesca finché il primo non decise di rincarare la dose «Ti piacerebbe essere come me, Tomlinson. Come ci si sente ad essere una nullità?». «Falla finita, Bryan» intervenì Niall. «Oh, adesso hai anche bisogno dell'avvocato difensore? Sei proprio uno sfigato» scoppiò a ridere, mentre Louis stringeva i pugni lungo i fianchi «Vattene via che noi qui abbiamo una reputazione. Non vogliamo rovinarcela facendoci vedere con te». «Bryan, basta» lo ammonì Harry al suo fianco. Il ragazzo si stava decisamente spingendo troppo oltre. «Non vale la pena perdere tempo con gente come te» gli disse Louis, salutando un'ultima volta Niall prima di proseguire e allontanarsi da loro, mentre Bryan gli mimava un loser con le labbra, portandosi la mano a formare una L sulla fronte.
Niall, voltandosi per riprendere il proprio posto, lanciò uno sguardo severo ad Harry che non poté fare a meno di sentirsi in colpa per il comportamento del suo ragazzo. Si alzò, sentendosi subito trattenere per un polso. «Dove stai andando?» gli domandò Bryan. «A scusarmi al posto tuo» si limitò a dire, liberandosi con forza dalla sua presa stretta. Bryan però ricatturò la sua maglia alzandosi in piedi per impedirgli di andarsene «Non farlo» lo ammonì. «Si da il caso che io con lui debba lavorarci e non voglio che, per colpa della tua incapacità di frenare la lingua, a rimetterci sia io» e così dicendo andò a cercare Louis.
Perché Bryan doveva essere così stronzo? Ancora doveva spiegarselo. Si diresse dalla stessa parte in cui aveva visto scomparire Louis, facendosi spazio tra la folla e cercandolo a destra e sinistra con lo sguardo passando in rassegna i volti di tutte le persone che incontrava. Lo scorse a un divanetto, quasi dal lato opposto al loro, in compagnia di altre persone.
«Louis» lo richiamò, posando una mano sulla sua spalla per farlo accorgere della sua presenza. Il ragazzo sobbalzò appena, girando di poco il capo e guardandolo interdetto. «Volevo scusarmi per Bryan» spiegò Harry, abbassandosi e avvicinando il volto al suo orecchio per farsi sentire meglio «Lui... non so cosa gli prende a volte». «Non devi scusarti tu se il tuo ragazzo è un cretino. Tornatene da lui, non ho bisogno della tua pena» gli rispose velenoso, scuotendo il capo.
«Non mi fai pena» Harry si affrettò a precisare «È solo che - » «È solo che hai paura che ti faccia fare brutta figura per l'esame? Tranquillo Styles, io non sono un bambino come il tuo ragazzo. Puoi tornare a dormire sonni tranquilli» lo interruppe, riportando di nuovo l'attenzione al suo tavolo.
Harry rimase a guardarlo dall'alto senza parole, passandosi una mano fra i capelli e tornando poi sconfitto al suo divanetto dove Bryan subito lo attirò a sé. «Non voglio che tu abbia niente a che fare con lui. Lavoraci insieme e basta» il tono duro che non ammetteva repliche. Harry non se la sentì di ribattergli, la serata era già stata rovinata abbastanza e non voleva peggiorare l'umore di Bryan. Per questo si lasciò semplicemente baciare quando il ragazzo protese il viso in avanti e gli catturò le labbra in un bacio dal sapore di possessione.
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Il lunedì mattina arrivò in un attimo perché, come sempre, il weekend pareva volare. Quando Harry arrivò allo Starbucks concordato con Louis, il ragazzo era già all'interno seduto ad uno dei tavolini contro la parete laterale. Lanciò un'occhiata all'orologio, giusto per constatare che non era lui ad essere in ritardo, ma Louis che era arrivato decisamente in anticipo. Sicuramente un punto a suo favore, comunque, dal momento che anche lui tendeva ad arrivare agli appuntamenti prima dell'orario stabilito piuttosto che dopo.
«Buongiorno» lo salutò sorridente, prendendo posto di fronte a lui. Louis blocco lo schermò del suo cellulare, sollevando il volto e spostando la sua attenzione su Harry «Meno male che almeno sei un tipo puntuale» nemmeno lo salutò. «Dunque... hai fatto come ti avevo detto? Hai già qualche idea riguardo cosa fare?» «Aspetta, aspetta» lo fermò subito Harry, agitando le mani davanti a sé «Prima ho bisogno di mangiare, altrimenti non connetto. Pensavo avremmo fatto colazione insieme. Tu hai già preso qualcosa?» «Solo un the» rispose, indicando la tazzina trasparente posizionata sul lato del tavolo. Harry non ci aveva nemmeno badato. Annuì, alzandosi poi dalla sedia «Allora vado ad ordinare per me e poi torno» disse, allontanandosi in direzione del bancone. «Vedi di fare in fretta che non abbiamo tempo da perdere». Harry alzò gli occhi al cielo dopo avergli dato le spalle: Louis aveva un caratterino niente male, non sarebbe stato facile provare a scalfirlo. Forse poteva iniziare provando a prenderlo per la gola.
Quando tornò da lui posando sul tavolo un bicchiere di cartone e un piatto con due muffin alle gocce di cioccolato, Louis lo guardò sorpreso. «Non puoi limitarti a bere del the e basta. Come fai ad avere l'energia necessaria per affrontare la giornata? Devi per forza mangiare qualcosa» gli spiegò Harry, risedendosi al suo posto e prendendo subito un sorso del suo adorato Vanilla Latte «Questo muffin è buonissimo, decisamente il mio preferito». Louis lo guardò sbalordito portare il suo alla bocca e morderne un pezzo, poi scosse il capo afferrando il suo muffin e accennando un sorriso «Grazie, sei stato molto gentile».
Harry lo osservò per qualche istante, poi si schiarì la voce. «Io vorrei ancora scusarmi per quello che è successo venerdì sera» esordì, sistemandosi meglio gli occhiali da vista che erano di poco scivolati lungo il naso «Bryan si è comportato davvero male, ma lui non è cattivo. È solo...» «È solo uno stronzo irrispettoso che si crede tutto lui? Già» bofonchiò Louis «Senti, Harry, te l'ho già detto l'altra sera: non è compito tuo scusarti per lui. E comunque non sto male per Bryan e la sua cerchia di amichetti stupidi, per me non sono nessuno e quando la persona non è nessuno, l'offesa è zero» gli spiegò, mostrandosi superiore e vedendolo annuire in silenzio. «Comunque non siamo qui per parlare di Bryan». A quel punto Harry scosse il capo, sistemandosi meglio sulla sedia e posando le braccia sul tavolo «No, infatti. Ho pensato molto e sono giunto ad alcune conclusioni: prima di tutto dovremo puntare su qualcosa di molto emozionante, qualcosa di impatto che arrivi subito allo spettatore. Mi reputo un ballerino non dotato solamente di grande tecnica ma anche capace di trasmettere alla gente le giuste emozioni del pezzo che sto eseguendo. La danza deve poter essere apprezzata da tutti, non solo da chi è esperto del settore e quindi sa riconoscere se la mia esecuzione è perfettamente pulita o ci sono delle sporcature qua e là. E come la danza, qualsiasi forma d'arte deve essere così. Bisogna saper conquistare chiunque, o almeno provarci, ed è quello che vorrei fare con te» gli spiegò sicuro guardando negli occhi il ragazzo seduto di fronte a lui che lo ascoltava in silenzio, annuendo di tanto in tanto e mostrando reale interesse in ciò che gli stava dicendo.
«Vai avanti» lo esortò Louis. «Non vorrei portare un semplice pezzo classico, vorrei tentare ad andare oltre, ad osare di più. Mi piacerebbe fare una contaminazione, unire il classico al contemporaneo. Penso di poter essere in grado di creare qualcosa di bello, anzi ne sono sicuro. Ma mi serve la musica giusta».
Louis lo capiva, perfettamente. Si poteva praticamente dire che lui ed Harry su questo viaggiavano sullo stesso binario. Condivideva il suo pensiero, pienamente, senza alcun punto su cui controbattere. «Ed è qua che entro in scena io. Dimmi cosa vuoi trasmettere e ti creo ciò di cui hai bisogno». Il cuore di Harry accelerò il battito cardiaco perché era bello essere capiti, era bello vedere Louis determinato a creare qualcosa di grande tanto quanto lui. Era bello poter lavorare insieme a qualcuno e stimolarsi a vicenda.
«Niente gioia o frivolezze varie. Piuttosto tormento, dolore...» «Dimostrare di potercela fare nonostante tutto» completò il suo pensiero Louis e Harry sorrise, un sorriso ampio «Sì, esatto» annuì convinto. «Credo di aver già qualcosa in mente. Sento già le note comporsi nella mia testa» lo informò, massaggiandosi le tempie «Dammi qualche giorno e arriverò da te con qualcosa di pronto». «Grandioso. Prima cominciamo a lavorarci, meglio sarà» batté le mani soddisfatto Harry, interrotto poi dal suono del suo cellulare che lo informava dell'arrivo di un messaggio. Bryan, naturalmente, che gli domandava perché non era ancora in accademia dal momento che le lezioni sarebbero cominciate a breve. Voleva salutarlo prima di doversi nuovamente dividere per seguire ognuno i propri corsi. «Sarà meglio andare adesso, le lezioni stanno per iniziare. Ti lascio il mio numero almeno ci possiamo accordare per il prossimo incontro». Dettò velocemente a Louis il suo numero dicendogli di fargli subito uno squillo cosicché anche lui potesse memorizzare il suo, poi corse alla Juilliard dedicando tutte le sue attenzioni al suo fidanzato.
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Come Louis aveva richiesto, Harry gli aveva lasciato del tempo per creare ciò che la sua mente stava elaborando. Aveva aspettato pazientemente immaginandosi già alcuni possibili passi da inserire nella coreografia, poi il messaggio di Louis era arrivato. Per questo quel pomeriggio stava correndo verso l'aula 36 al secondo piano dell'accademia. Conosceva già quell'aula di musica, più volte vi si era recato insieme a Bryan e Niall quando li aveva accompagnati a lezione o aveva promesso loro di aspettarli fuori al termine di una di esse.
Stava percorrendo ancora il corridoio quando sentì una melodia risuonare fra le pareti. Attraverso l'oblò sulla porta scorse Louis già seduto al pianoforte nero presente nella stanza intento a suonare un pezzo. Rilasciò la maniglia, che era stato pronto ad afferrare per entrare all'interno dell'aula, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi e restando in ascolto dall'esterno per non disturbare il ragazzo. Il solo cigolare della porta avrebbe rotto la concentrazione distraendolo, lo sapeva bene perché tante volte era capitato lo stesso a lui mentre si chiudeva in una delle sale di ballo per provare da solo qualche coreografia assegnata loro dai professori. Se si rompeva la magia poi non si riusciva più a ritrovare la concentrazione.
Osservò Louis: gli occhi chiusi, i lineamenti del viso rilassati e la testa che ondeggiava seguendo il ritmo lento della melodia. Non poteva vedere le sue dita ma il suono debole rilasciato dalle corde del pianoforte gli faceva chiaramente intuire che le mani di Louis si stessero muovendo delicate sui tasti, accarezzandoli senza mai premere rudemente su di essi. Era concentrato, completamente assorto dal pezzo, non pensava di aver mai visto Bryan suonare in quel modo. Era bravo, non c’era alcun dubbio su questo e la cosa gli fece enormemente piacere.
Si rese conto di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo solo quando la melodia cessò e Louis si alzò dallo sgabello avvicinandosi alla sua borsa. Bussò alla porta, giusto per informarlo della sua presenza, entrando subito dopo e salutando il ragazzo, mentre si avvicinava a lui per posare a terra anche la sua borsa.
«Se hai voluto incontrarmi deduco che tu abbia trovato qualcosa per la nostra performance». Louis si risollevò da terra con dei fogli in mano «Sì, ho scritto qualcosa. Ti faccio sentire, poi mi dici che ne pensi». Lasciò che il ragazzo riprendesse posto al pianoforte, mentre lui si accomodò a gambe incrociate sul pavimento, le braccia tese dietro la schiena e il capo leggermente inclinato di lato pronto ad ascoltarlo. Notò Louis ruotare i polsi un paio di volte, prima di accarezzare i tasti lucidi mentre cercava di rilassare le spalle e poi inchiodare gli occhi sugli spartiti cominciando a suonare.
Questa volta fu Harry a chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalla melodia. Provò a capirla, cercando ad immaginare la sua stessa figura che si muoveva dando vita ed espressione al pezzo, ma non ci riusciva fino in fondo. Era un ottimo pezzo, doveva dargliene atto, ma percepiva una strana sensazione, come se mancasse qualcosa. Proprio quel qualcosa che avrebbe permesso loro di realizzare una performance completa.
Aprì gli occhi solo quando sentì la voce di Louis chiedergli «Allora... cosa ne pensi?» Era talmente assorto da non essersi nemmeno accorto che il ragazzo aveva terminato di suonare. Louis si massaggiò il mento, riportando lo sguardo sugli spartiti «Direi che non ti piace». Probabilmente il suo sguardo corrucciato era risultato abbastanza chiaro. «È un pezzo bellissimo, Louis, davvero. Ma manca qualcosa» si azzardò a rivelare. Louis sorrise derisorio «Manca qualcosa» lo scimmiottò, ma Harry non si lasciò intimorire «Sì, o comunque questa è stata la prima impressione. Avevo già pensato ad alcuni passi ma ho provato ad immaginarmeli mentre suonavi e non mi convincono più» spiegò sinceramente. Louis si voltò, cambiando posizione sullo sgabello e incrociando le braccia al petto «Ti intendi per caso di musica, Harry?» l'espressione seria e severa. «No, ma - » «E allora non ti permetto di dire che a questo pezzo manca qualcosa. Tu pensa al ballo, che la musica è roba mia».
Harry abbassò lo sguardo ferito da quelle parole. Non era sua intenzione mancargli di rispetto e sminuire il suo lavoro, solo riteneva che Louis non avesse capito a pieno ciò che aveva cercato di spiegargli qualche giorno prima.
Si alzò recuperando la sua borsa e facendo per uscire dall'aula, poi però si fermò voltandosi e tornando sui suoi passi. «Che ti piaccia o no, sono io il tuo partner in questo compito e non mi risulta ti abbia mai mancato di rispetto quindi, per favore, sei pregato di fare lo stesso» gli disse fronteggiandolo. Louis lo guardò sorpreso dalla sua presa di posizione, aprendo la bocca per ribattere ma richiudendola subito dopo. «Sai, Louis... credo che forse dovremmo provare a comunicare di più per conoscerci meglio» azzardò «Penso che ciò che non mi convince del tutto di questo pezzo sia il fatto che tu l'hai composto pensando a quello che io ti ho detto vorrei comunicare, ma non sai in che modo esattamente io lo voglia fare. E non lo sai perché non mi conosci. Ti sei potuto basare solo su te stesso, sul tuo modo di esprimere le emozioni e probabilmente se questa fosse stata una prova singola il tuo pezzo sarebbe stato perfetto perché rispecchia te, ma qui il nostro compito è comunicare le stesse emozioni amalgamando i nostri due mondi». Fece una pausa notando come Louis avesse abbassato lo sguardo fissandolo sul pianoforte, ma non ricevendo altri cenni o parole da lui proseguì nel suo discorso. «Secondo me, sia la tua musica che la mia coreografia devono rispecchiare entrambi, ma non riusciremo mai a farlo al meglio se restiamo due estranei l'uno per l'altro». Lasciò che Louis ragionasse sulle sue parole, aspettando una sua reazione in quel silenzio che aveva invaso la stanza ed avvolto entrambi. Vedendo che però il ragazzo non accennava a rispondere, scosse il capo, chinandosi ad afferrare la sua borsa «Ovviamente però tu non la pensi così. Stupido io che l'ho proposto. Continueremo a lavorare in questo modo. Fai come se non - » «Va bene» esordì Louis, interrompendolo. Harry riportò immediatamente lo sguardo su di lui. «Va bene, hai ragione. Non possiamo unire le nostre sensazioni se non ci apriamo l'un l'altro» constatò «Dovremmo provarci». Harry sorrise, soddisfatto di quel piccolo passo avanti, cercando di non dare ascolto alla vocina dentro di lui che gli ricordava delle parole di Bryan. Era stato chiaro, non voleva che lo frequentasse ma Harry lo trovava davvero necessario. Aveva bisogno che nascesse una certa sintonia tra di loro per poter lavorare al meglio e creare qualcosa in grado di stupire la gente. E comunque non stava facendo niente di male, non gli aveva chiesto di diventare il suo migliore amico ma solo provare ad andare oltre una semplice conoscenza professionale. «Potremmo vederci un pomeriggio quando siamo entrambi liberi dalle lezioni. Un caffè, qualche chiacchiera...» propose «Ad esempio, domani. Io sono libero domani pomeriggio». Louis parve pensarci qualche istante, poi storse la bocca «Io ho lezione fino alle 16». «Ci possiamo vedere appena finisci. Non è un problema per me, ti posso aspettare. Anzi, magari ne approfitto per pranzare con Niall e Liam... ultimamente non riusciamo a passare molto tempo assieme». «D'accordo, allora» annuì Louis «Ci vediamo domani all'ingresso». Il ragazzo lo salutò, recuperando la sua tracolla e lasciando l'aula di musica. Harry sorrise di nuovo, forse adesso, sapendo che era in grado di tenergli testa, Louis avrebbe iniziato ad approcciarsi a lui in maniera differente.
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«A me sembra tutta una cosa inutile. Lui deve comporre un pezzo e tu ballarci sopra, non vedo perché questo debba comportare una vostra frequentazione» sbuffò Bryan per la quarta volta. Seriamente, Harry non sapeva più come spiegarglielo. «Per me è necessario, invece. Sai quante persone importanti, provenienti da compagnie e teatri di alto livello, ci saranno ad assistere allo spettacolo finale? Si tratta della mia carriera, Bryan. Potrei avere la possibilità di ottenere qualche contratto importante e voglio giocarmela al meglio, arrivando alla fine consapevole di aver dato il massimo» gli ripeté «Perciò non mi importa se questa cosa ti infastidisce. Vedi di fartela passare perché non sto facendo niente di male e io stavolta non cambierò idea». Bryan resse il suo sguardo per qualche momento, poi alzò gli occhi al cielo e ad annuì «D'accordo, come vuoi. Fai questa cosa se la ritieni fondamentale». Harry lo ringraziò, speranzoso che quella volta Bryan l'avesse finalmente capito, avvicinando il viso al suo per lasciargli un bacio a fior di labbra.
Si scostarono quando sentirono qualcuno schiarirsi la voce. Louis. Harry gli sorrise, recuperando da terra la borsa e alzandosi dalla sedia. «Tomlinson, che tempismo perfetto» commentò irritato Bryan, alzandosi a sua volta. «È il mio marchio di fabbrica, Wright. Dovresti saperlo». «Ehm, direi che è meglio andare» intervenì Harry, fermando sul nascere qualsiasi possibile diatriba tra i due «Ci vediamo stasera, Bryan». Harry gli stava per voltare le spalle quando si sentì tirare per un polso e venire nuovamente stretto tra le braccia del suo ragazzo. Bryan gli morse il labbro inferiore, facendogli schiudere le labbra e insinuando la lingua nella sua bocca. I suoi occhi marroni inchiodati sul viso di Louis in un chiaro segno di sfida, mentre quest'ultimo spostava lo sguardo sorridendo e scuotendo il capo, incominciando ad incamminarsi verso l'uscita. Se c'era uno sfigato quello era sicuramente Bryan.
Si erano fermati a prendere qualcosa da bere in un bar lungo la Broadway, poi avevano camminato fino a Times Square prendendo posto sulla scala rossa al centro della piazza affollata dai turisti. Harry gli aveva raccontato come da piccolo, accompagnando sua mamma a vedere un balletto classico, si era innamorato della danza classica facendola diventare la sua più grande passione; del fatto che fosse nato e cresciuto a Boston, e che appena gli aveva comunicato che era stato preso alla Juilliard si era dato da fare per trovare un appartamento lì a Manhattan ed essere così totalmente indipendente. Era da tre anni che ormai viveva da solo nel quartiere del Greenwich Village. Infine gli aveva anche parlato della sua amicizia con Niall e Liam. Aveva raccontato il tutto con facilità, aprendosi a lui senza timore, constatando però che lo stesso non poteva affermare del ragazzo che stava al suo fianco. Louis gli aveva giusto detto che veniva dall'Inghilterra, cosa abbastanza chiara dato il suo accento, e che con lui, lì a Manhattan, vi era solo la sorella. Gli aveva spiegato di come suonare il piano per lui fosse quasi un'esigenza, una fuga momentanea dalla realtà. Aveva intravisto qualcosa dietro i suoi occhi in quel momento, qualcosa di non detto, mantenuto nascosto e costretto dentro di lui. Ma Harry non aveva cercato di scoprire di cosa si trattasse, si era limitato ad ascoltarlo in silenzio e a prendere solo ciò che Louis decideva di offrirgli. «Spero di non averti annoiato. So che io quando inizio a parlare non finisco più, a differenza tua» Harry si grattò la nuca imbarazzato. «Già, io non sono così loquace» asserì Louis dandogli ragione. «Sì, l'ho capito. Però con Niall non sei così» tentò allora «O almeno, così mi è sembrato». «Con Niall è diverso. Lui... lui ha saputo come prendermi» gli rivelò, guardandolo in volto «Si è dimostrato una persona affidabile e sincera. Un amico». «Chissà che non ci riesca anche io» gli sorrise flebile Harry. «Chissà» mormorò Louis, lo sguardo basso sulle mani posate sulle ginocchia.
«Comunque, ritornando alla nostra prova: ho pensato che tu hai avuto modo di sentirmi suonare ma io non di vederti ballare. Hai detto che quando balli trasmetti molto col tuo corpo, forse può essere un aiuto in più permettermi di vederti. Fammi vedere cosa è in grado di fare il grande Harry Styles di cui tutti parlano alla Juilliard». Harry restò sorpreso da quella considerazione, ma anche piacevolmente colpito nel vedere un reale interesse da parte del ragazzo. Evidentemente anche per Louis era molto importante fare un'ottima figura e si ritrovò a pensare a quale potesse essere il suo sogno, dove gli sarebbe piaciuto arrivare una volta uscito dall'accademia. Tanto che nemmeno si accorse di non avergli risposto, costringendolo a ripetergli la proposta. «Scusa, scusa ero un attimo sovrappensiero. Comunque certo, mi sembra giusto. Non c'è problema. Posso aspettarti in aula di ballo alla fine della mia ultima lezione del mercoledì. Non essendoci più lezioni dopo dovrei riuscire a prenotarla» constatò, poi «Hai qualche preferenza? Vuoi vedermi eseguire un balletto in particolare?» gli chiese. Louis gonfiò le guance, sospirando e scuotendo il capo divertito «Non sono così afferrato nella danza come nella musica» lo fece sorridere «Scegli il tuo cavallo di battaglia, quello con cui sei sicuro di riuscire ad esprimere al meglio ciò di cui parla il pezzo». Poi Louis lanciò uno sguardo al suo orologio «Adesso devo proprio andare, Harry. Grazie per il pomeriggio, non sei così male come credevo» gli sorrise. E forse quella era la prima volta che gli sorrideva veramente, constatò Harry, notando perfino le piccole rughe di espressione che si formarono ai lati dei suoi occhi per quel gesto. «Ci vediamo mercoledì, allora. Grazie ancora». Harry fece giusto in tempo a salutarlo con un flebile Ciao prima di vederlo scomparire in mezzo alla folla.
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Come accordato Harry era riuscito a prenotare l'aula di ballo in modo tale che quel mercoledì, appena finite le lezioni accademiche, Louis potesse raggiungerlo per avere dimostrazione delle sue capacità artistiche.
Quando Louis era entrato in sala, Harry era inginocchiato davanti allo stereo e fortunatamente non vide le guance di Louis arrossarsi di colpo quando notò che il ragazzo stava semplicemente indossando una calzamaglia bianca. L'ampia schiena nuda, solo una salvietta posata attorno al collo con la quale, molto probabilmente, si era asciugato dal sudore. Louis si schiarì la voce «Hey» lo richiamò. Il volto di Harry si girò di scatto nella sua direzione, mostrando come sempre il suo sorriso smagliante contornato da due fossette. «Louis, vieni. Stavo impostando la traccia» lo informò. Louis adagiò la tracolla nera accanto alla sua borsa «Allora, sei pronto a farmi vedere di cosa sei capace?» «Sono sempre pronto io» gli rispose Harry, nella sua voce nemmeno un minimo di titubanza, mentre si liberava dalla salvietta. «Puoi sederti lì» gli indicò un punto contro la parete a specchio «Ho solo bisogno che tu faccia partire la traccia quando sono pronto». «Questo lo so fare» sorrise Louis, sedendosi a terra e posizionando l'indice sul tasto play.
Osservò Harry sporcarsi le punte dei piedi con la pece prima di posizionarsi nell'angolo superiore destro della stanza: rivolto a lui di spalle, piedi in prima posizione, corpo dritto e braccia piegate davanti a sé in posizione obliqua. Non appena Harry gli diede il via, Louis fece partire la musica vedendolo immediatamente avanzare di tre passi prima di voltarsi e spalancare le braccia quando la prima nota risuonò fra le pareti. Non aveva idea di che passi stesse eseguendo, Harry non gli aveva nemmeno detto da che balletto fosse tratta la variazione, ma non ci voleva un genio per notarne la difficoltà d'esecuzione, anche se lui sembrava star ballando con una facilità disarmante. Lo vide formare un cerchio immaginario lungo tutto il perimetro saltando e spalancando le gambe in aria con una scioltezza tale da sembrare star volando. Schiuse la bocca a corto di parole quando il ragazzo raggiunse il centro esatto della stanza cominciando a girare su stesso facendo perno unicamente sulla punta del piede destro mentre la gamba sinistra era rigida aperta lateralmente a formare un perfetto angolo di 90 gradi. Non si muoveva di un centimetro, Harry riusciva a compiere quei giri restando sul punto esatto da cui era partito. Il mento alto, lo sguardo fisso su un punto davanti a sé, le spalle basse a formare una perfetta linea retta con le braccia. Quella calzamaglia bianca metteva in evidenza i muscoli torniti delle cosce e dei polpacci che guizzavano ad ogni suo movimento, esattamente come quelli del suo busto. Era semplicemente una visione. Si trattava chiaramente di un pezzo molto tecnico che metteva in evidenza le vere capacità di un ballerino classico. Il suo portamento era nobile e fiero. Era impossibile staccargli gli occhi di dosso.
Perse l'equilibrio, dovendo posare bruscamente il piede destro ancora a mezz'aria quando la porta dell'aula venne spalancata di colpo e una voce lo richiamò «Harry, disturbo?» Bryan, sempre lui. Louis fermò la musica, mentre Harry si voltava nella direzione del ragazzo visibilmente scocciato per l'interruzione. «Stavo ballando, Bryan. Lo sai che odio essere interrotto» lo guardò torvo, posando le mani sui fianchi «Oltre al fatto che entrando in questo modo mi fai perdere la concentrazione e rischio di farmi male». Il ragazzo moro però si dimostrò disinteressato della cosa, avvicinandosi a lui e accarezzandogli i bicipiti «Volevo chiederti la conferma per la cena da me stasera. Non mi ricordavo più e - » «Ne abbiamo parlato prima. Ci siamo lasciati con la promessa che sarei venuto da te per le 19:30» lo interruppe. «Ah già, che sbadato» sorrise quello, picchiandosi la fronte con le dita e lanciando uno sguardo traverso a Louis prima di continuare «Ti fermi anche per la notte?» «No, Bryan. Ti ho già detto che sono d'accordo con Niall e Liam di restare a dormire da loro» sbuffò Harry esasperato. «Qualcosa mi dice che ti divertiresti di più con me» ammiccò, sorridendo malizioso. Harry scrollò le mani del ragazzo da sé, voltandosi e avvicinandosi allo stereo per recuperare la sua salvietta «Ho già dato loro buca settimana scorsa per te, non ho intenzione di farlo di nuovo. Ora se non ti dispiace abbiamo da fare» lo liquidò, senza nemmeno voltarsi a guardarlo. «Ok, allora a dopo. Tomlinson...» lo salutò con un cenno del capo, senza ovviamente ricevere alcun saluto in risposta, allontanandosi e chiudendosi la porta alle spalle. Harry scrollò la testa portandosi le dita sul ponte del naso «Non lo sopporto quando fa così» sospirò, chiudendo gli occhi per mantenere la pacatezza «Lo fa apposta per controllarmi. Ha questa irritante mania di dover marcare continuamente il territorio. Quando sono con te ancora di più». «Ti svelo un segreto: non mi sopporta» lo fece sorridere Louis. Ovviamente non era un segreto.
Il ragazzo sospirò, gettando a terra la salvietta e riportandosi in posizione «Ricominciamo. Voglio completare il pezzo» annunciò. «Mi togli una curiosità, prima?» gli domandò Louis, vedendolo voltarsi nuovamente verso di lui e annuendo piano col capo. «Cosa ci trovi in uno come quello?» Harry sorrise, abbassando il capo: Louis non era di certo la prima persona che gli poneva quella domanda. «Non lo so. Mi piaceva questo fatto che lui fosse un po' temuto» mimò le virgolette con le dita «Per questo suo carattere scontroso, mentre con me è sempre stato più gentile». Louis storse la bocca «Non è gentile una persona che ti tratta come fossi solo un trofeo da mettere in continua esposizione, come a voler mostrare che qualcuno come te non potrebbe stare con nessun altro se non con lui. Solo un'ulteriore prova per dimostrare di essere il migliore, perché è così che si reputa lui: un dio sceso in terra, subito pronto a offendere e denigrare chi è diverso da lui» lo descrisse, notando poi formarsi sul volto di Harry un'espressione stupita e leggermente timorosa. Non voleva creargli problemi, non era quello il fine della sua domanda, per questo «Comunque era solo per curiosità personale. Non voglio giudicarti, anzi sicuramente tu lo conoscerai meglio di me. Ti sto solo dicendo quello che io percepisco nel vedervi, può essere che sia influenzato dal fatto che l'odio tra noi è reciproco». Harry si passò una mano sulla fronte, gettando indietro il capo e rilasciando un sospiro profondo «Non era così all'inizio» ammise sinceramente, inchiodando di nuovo gli occhi ai suoi «Probabilmente stenterai a crederci ma Bryan mi ha corteggiato per così tanto tempo. Poi... da un giorno all'altro è cambiato. Non so nemmeno dirti il momento esatto in cui è avvenuto» scrollò le spalle «È semplicemente successo». «O forse quella iniziale non era altro che una finta facciata per conquistarti» non poté fare a meno di constatare Louis, mordendosi subito dopo la lingua e desiderando di non aver mai pronunciato quelle parole alla vista del volto spiazzato di Harry. Lo vide schiudere le bocca per dire qualcosa, ma richiuderla dopo qualche istante chinando il capo e mordendosi nervosamente il labbro. «Ripeto che lo conoscerai meglio tu di me, Harry» si premurò di ripetergli «Coraggio, rifammi vedere il balletto» lo incoraggiò.
Stavolta il ragazzo riuscì a portare a termine il minuto di variazione senza intoppi, terminando la coreografia al termine della diagonale appena compiuta, inginocchiato su una gamba e un braccio alzato con il palmo della mano rivolto verso di sé. La testa sempre sollevata in segno di fierezza. Quando la musica cessò, gli applausi di Louis presero il suo posto mentre Harry si rimetteva in piedi e scioglieva il bun ormai disordinato, lasciando che i suoi ricci ricadessero liberi sulle spalle. «Dio, sei veramente bravissimo. Per quello che può contare il mio parere, ovviamente. Mi ha completamente tolto le parole di bocca» gli sorrise «Ora sono convinto anche io che il pezzo che avevo preparato non sia adatto. Devo creare qualcosa all'altezza delle tue capacità... e non sarà affatto facile». Harry prese posto di fronte a lui, incrociando le gambe «Beh, considera che questa variazione de ''Il Corsaro'' è piena di virtuosismi, realizzata apposta per mostrare le capacità tecniche di un ballerino» gli spiegò, svitando il tappo della bottiglietta che aveva fra le mani e prendendo un sorso d'acqua. Louis non badò assolutamente al rivolo d'acqua che scese dall'angolo della sua bocca, scivolò lungo il collo e si perse al centro del suo petto già imperlato di sudore. Nemmeno il rigonfiamento tra le gambe, accentuato dall'aderenza della calza maglia, lo distraeva. No, no.
«Ho voluto farti vedere di cosa sono capace» aggiunse Harry, non ricevendo nessuna risposta da parte sua. «Ci sei riuscito alla perfezione» si riscosse il ragazzo, annuendo vigorosamente «Sarà meglio che mi metta subito d'impegno per creare qualcosa di degno». Louis fece per alzarsi e riprendere la sua tracolla perché la situazione stava diventando un po' troppo calda e voleva evitare di eccitarsi davanti a lui, quando Harry «Senti, ehm... sabato sera esco con Niall e Liam. Niente di troppo impegnativo, solo una serata tra amici. Che ne dici di unirti a noi?» gli chiese.
Harry si era accorto che Louis aveva cominciato ad aprirsi maggiormente e aveva pensato che, forse, coinvolgerlo anche nelle uscite con i suoi amici potesse essere un ulteriore incentivo per fortificare il loro rapporto.
Era da tanto, troppo tempo che Louis non usciva in compagnia con persone nuove. Anche se, a dire la verità, due di queste già le conosceva, soprattutto Niall. Eppure era così strano pensare di uscire con nuovi amici dopo... scacciò immediatamente dalla mente i ricordi che stavano tornando a farsi sentire. «Non credo sia il caso». «Sono sicuro che a Niall farebbe molto piacere» insistette «E anche a me, sinceramente». Si imbarazzò e percepì le sue guance arrossarsi sotto lo sguardo insistente di Louis che, in rigoroso silenzio, rimaneva a fissarlo. Sperò di non aver osato troppo con quella piccola confessione e, per sicurezza, cercò di distrarlo dalle sue parole aggiungendo «Poi devi assolutamente conoscere Liam. Lui è un po' il ragazzo responsabile nel nostro trio, ma sa anche essere uno spasso».
Sorrise genuinamente quando Louis «Ok, mi hai convinto. Facciamo quest'uscita» gli rispose a sua volta sorridente. Dopodiché uscì, aspettandolo in corridoio mentre si cambiava e lasciando poi la Juilliard insieme.
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Quel sabato sera si fermarono a prendere quattro hot dogs ad un pushcart lungo la Broadway nella Lower Manhattan, incamminandosi poi fino a Battery Park, un parco pubblico che delimitava la costa meridionale della penisola. Da lì, sedendosi su una delle varie panchine presenti, si poteva tranquillamente ammirare in lontananza la Statua della Libertà.
«Mi sporco sempre con la senape, cazzo» si lamentò Niall, in piedi appoggiato contro la ringhiera, cercando di ripulire con un dito bagnato di saliva la macchia giallognola sulla sua felpa, peggiorando solamente la situazione. «Sei un danno, Nì» scosse il capo Harry trattenendo una risata e lasciandosi cadere sulla panchina accanto a Liam. «Sei tanto abile con il violino quanto imbranato in tutte le altre cose» sospirò rassegnato quest'ultimo. Niall fece una smorfia mostrandosi risentito «Hey, guardate che sono bravo anche con il pianoforte adesso. Vero, Lou? Diglielo anche tu» gli picchiò col gomito sul braccio. «Diciamo che... non te la cavi male. Ma hai ancora molta strada da fare» precisò quello. «Grazie mille per l'appoggio, sua maestà Il Pianista» alzò gli occhi al cielo, improvvisando un inchino in segno di riverenza. «Risparmia il soprannome per quando mi prenderanno ad esibirmi alla Carnegie Hall per un concerto solista». «Aspiri a diventare un pianista di successo?» gli domandò allora Liam. Louis annuì, ingoiando un nuovo boccone del suo hot dog «Pianista e direttore d'Orchestra. Alla Juilliard sto studiando anche per quello. Suono e compongo» spiegò.
Harry ascoltò con attenzione il discorso fra gli amici, la Carnegie Hall era una delle più importanti sale da concerto di musica classica e leggera a livello mondiale situata proprio a New York. Notò gli occhi di Louis illuminarsi al solo pensiero che un giorno potesse esibirsi lì dentro. Poteva capirlo benissimo, anche lui aspirava a grandi cose nella sua carriera da ballerino e ne parlava sempre con grande entusiasmo. «Io vorrei ottenere una parte principale in qualche musical a Broadway» constatò Liam «Televisione e cinema non mi appartengono. Il teatro è ciò che fa per me, è lì che la vera recitazione prende vita». «Io, invece, spero di entrare a far parte un giorno nella London Symphony Orchestra» disse Niall «Non per forza come primo violino. Mi accontenterei anche di essere uno dei tanti lì dentro». «Devi puntare in alto, Nì. Anche solo per ottenere il minimo» lo riprese benevolo Harry, catturando su di sé i tre paia di occhi. «E quale sarebbe il tuo massimo? Primo Ballerino di qualche grande teatro?» gli rigirò la domanda Louis. Il ragazzo annuì «Assolutamente sì. L'Opéra di Parigi è il mio sogno, ma so che prima di arrivare lì dovrò passare per altre compagnie teatrali». «Beh, sicuramente dovremo dare il massimo di noi durante lo spettacolo di fine anno perché si sa che sarà pieno di critici e direttori di teatri importanti» intervenì Niall «È la nostra occasione per farci vedere e conquistare contratti significativi». Harry si massaggiò il mento con le dita «Anche Bryan aspira ad esibirsi alla Carnegie Hall». Niall agitò prontamente una mano in aria «Ma cosa vuol fare quello. Non ce la farà mai» lo liquidò. L'amico gli lanciò un'occhiata accigliata «Niall...» «È vero. Dove vuoi che arrivi uno con un carattere del genere? Servono umiltà, dedizione e capacità di accettare le critiche» contò sulle dita di una mano «Ti prego, dimmi se ha almeno una di queste tre cose». Harry si limitò a sostenere il suo sguardo in silenzio per qualche istante, poi scosse il capo arrendevole: no, di sicuro quelle non erano qualità che appartenevano a Bryan. «Ha delle qualità, però... altrimenti non sarebbe mai entrato alla Juilliard». «Appunto, ma non stiamo più parlando di un'Accademia» precisò Liam al suo fianco «Che sappia suonare è indubbio, ma nemmeno io credo possa puntare così in alto». «E dì pure addio ai tuoi sogni se pensi di voler continuare a restare con lui» rincarò la dose Niall. «Cosa… che intendi dire?» Harry lo guardava sorpreso, non capendo dove l’amico volesse arrivare con quella costatazione. «Non credere che ti lasci andare a Parigi come se niente fosse, mentre lui se ne starà qui. Sappiamo bene il controllo che vuole avere su di te. Sappi che qualsiasi tua scelta dovrà passare tramite lui e ti trancerà sempre le gambe» gli spiegò senza mezzi termini. Harry voltò il viso, chiudendo gli occhi e mordendosi il labbro inferiore. Gli occhi lucidi che però si intravidero quando sollevò di nuovo le palpebre, fecero sentire un po' in colpa l'amico «Haz, mi dispiace. Forse sono stato un po' brusco ma - » «Lo so che non vi piace, lo capisco. Ma non è detto che abbiate ragione. Sa quanto ci tengo alla mia carriera» lo guardò avvilito l'amico. Ma a quel punto Niall scosse il capo «Hai seriamente bisogno che qualcuno ti apra gli occhi, Harry. Il vero Bryan è quello che vediamo noi, non quello che ti ostini a voler vedere tu» non si accorse nemmeno che il suo tono di voce adesso era diventato più severo «Potresti trovare un ragazzo che ti supporti veramente, invece perdi tempo con uno a cui, lasciamelo dire, non gliene frega un cazzo di un tuo possibile successo, a meno che non lo riesca ad ottenere anche lui. Finché siamo alla Juilliard siete sullo stesso piano, ma vedrai che appena usciti di qui se tu riuscirai ad ottenere più prestigio di lui, cosa che non dubito assolutamente, ne diventerà solamente geloso. Esattamente come è geloso di Lou che è migliore di lui» sputò tutto d'un fiato. Louis si irrigidì sentendosi tirare in causa e vedendo gli occhi di Harry posarsi su di sé come a chiedere una conferma delle parole dell'amico. «Ehm...» Louis era in difficoltà: Niall c'era andato già giù pesante, gli dispiaceva aggiungersi anche lui a quell'affronto. Anche perché qualche giorno prima, in sala da ballo, aveva già fatto capire a Harry che Bryan non era come lui lo descriveva. «È così? È per questo che ti tratta in quel modo?» Gli occhi di Harry erano fissi nei suoi e Louis riuscì a leggervi tutto il dispiacere che stava provando in quel momento, per questo «Penso dovremmo cambiare discorso» asserì Louis, non rispondendo alla sua domanda e rivolgendosi agli altri due ragazzi. «Parlateci un po' della vostra prova comune» esortò rivolto a Liam e Niall, nonostante continuasse a percepire gli occhi feriti di Harry addosso. No, non se la sentiva di infierire oltre con lui.
Liam spiegò loro come Niall lo avrebbe accompagnato in un monologo da un tema importante: volevano unire bullismo, omosessualità e violenza sulle donne. «Accidenti. Ci andate giù pesante, ragazzi». «Voi invece a cosa state lavorando?» chiese Niall a sua volta. «Vogliamo fare un pezzo totalmente incentrato su forti emozioni. Harry parlerà attraverso il suo corpo e io dovrò esprimere la stessa emozione con la musica». «Non vedo l'ora di vedervi esibire» sorrise sincero Liam. «Anche la vostra scelta non è delle più semplici» valutò Niall «Ma nei vostri ambiti siete i più forti, quindi sarà bellissimo. Sono certo che i professori abbiano scelto apposta di mettervi assieme. Invece a me è toccato Liam» alzò gli occhi al cielo, fingendo una smorfia disgustata. L'amico gli rifilò una sberla sulla testa facendo ridere entrambi.
Inutile dire che per il resto della serata Harry non partecipò molto alle conversazioni. La sua mente era ancora affollata dalle frasi di Niall. Possibile che gli amici avessero ragione? Che lui fosse realmente cieco quando si parlava di Bryan? Ok, forse non si interessava spesso di come andasse il ballo, però questo non voleva dire che non fosse minimamente interessato alla sua passione. O forse si sbagliava?
Accompagnarono prima Liam e Niall al loro appartamento e poi proseguirono verso Greenwich Village dove abitava Harry. Louis avrebbe poi preso la metro da lì per raggiungere casa sua.
«Volevo ringraziarti per prima» esordì Harry, rompendo il silenzio «Sai, quando hai preferito cambiare discorso anziché criticare anche tu Bryan». Aveva capito che Louis non aveva dato corda a Niall solo per non rischiare di mancargli di rispetto. «Figurati, capisco le buone intenzioni di Niall ma ritengo anche che tu sia grande abbastanza per renderti conto da solo se Bryan sia la persona giusta per stare accanto a te o meno. E che non ci sia bisogno di sforzarti né a starci insieme né tantomeno a lasciarlo» gli rispose quello, semplicemente. «Credi che dovrei parlare con lui?» Louis si fermò, guardandolo: percepiva il timore nella voce di Harry, la confusione e i mille dubbi che lo stavano attanagliandolo in quel momento trasparire dai suoi occhi. «Penso che solo lui possa farti capire se è giusto il tuo pensiero o il nostro. Da come ti risponderà riuscirai a trarre le conclusioni».
Arrivarono all'incrocio della 33th strada con la 9th Avenue poco dopo. «Io sono praticamente arrivato. La mia casa è quella» lo informò Harry indicando un palazzo color tortora poco più avanti nella via «Il mio appartamento è al secondo piano». Louis annuì e poi si apprestò a salutarlo «Ci vediamo lunedì in Accademia allora, ti aspetto nella solita aula di musica. Buonanotte». Lo salutò con un cenno della mano e poi si avviò alla metro. «Louis!» lo richiamò Harry, quando era arrivato sul marciapiede di fronte, facendolo voltare «Grazie per essere uscito con noi, stasera». Lo vide sorridere, prima di alzare la mano in segno di saluto e scendere le scale della metropolitana.
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L'occasione per parlare con Bryan arrivò proprio il pomeriggio seguente, quando Harry si trovava a casa sua. Avevano pranzato insieme come ogni domenica e ora il moro era sdraiato sul divano intento a seguire la partita di football degli Yankees.
L'inizio dell'intervallo segnava per Harry il momento di congedarsi, perciò si alzò dal divano «Sarà meglio che vada adesso o mi verrà troppo tardi». «Perché non ti puoi fermare di più?» sbuffò Bryan, lasciando cadere la testa sopra lo schienale. «Lo sai che devo fare i miei esercizi. Non dovresti anche tu fare qualcosa per il tuo progetto? Non mi hai detto che dovevi rivedere il pezzo che avevi composto?» Il moro gli lanciò uno sguardo traverso «È domenica, è sacra Harry. Sai che per me in questo giorno non esiste altro tranne il football. A meno che gli esercizi da fare non siano con te» ammiccò «Al resto penserò lunedì». Harry si passò una mano fra i capelli, sospirando esasperato «Sai, non ti sei mai interessato a cosa io stia preparando con Louis. Non sei curioso?» provò a chiedergli. «Perché so che sei bravissimo, piccolo, e sono certo che sarà sicuramente qualcosa di bello. Anche se non mi fido molto di Tomlinson». Doveva sempre ribadire la sua poca convinzione nelle capacità artistiche di Louis. Ma in quel momento Harry stava parlando di sé, non di altri. «Magari potresti darmi dei consigli, invece, in modo che io li possa suggerire a Louis dato che la musica non è il mio campo». «A parte che non ho nessuna intenzione di aiutare Tomlinson, ma comunque non ti ho mai sentito lamentare quindi vuol dire che sei soddisfatto di ciò che state facendo» Bryan trovò il modo di liquidare anche quella richiesta. «Aiuteresti me, Bryan, non Louis. Ci sono anche io in quel progetto. Dovresti essere interessato al mio futuro». «Ascolta, Harry, devo già pensare al mio, ci manca solo debba farmi carico anche di quello degli altri» lo guardò stressato. Harry scosse il capo, recuperando le sue cose e dirigendosi verso la porta «Ho capito, non te ne frega niente». Bryan gli fu subito dietro notando il tono risentito del suo ragazzo «Non ho detto questo. Ma se permetti il mio futuro viene prima». «Se un domani dovessi venir preso in qualche compagnia che non sia qui a New York dove tu ambisci di lavorare, cosa faresti?» gli domandò, voltandosi di nuovo a guardarlo «Come la prenderesti, Bryan?»
Aveva passato l'intera nottata a chiederselo dopo tutte le parole di Niall. Si era tormentato, rispondendosi infine che certamente Bryan lo avrebbe incitato. Ma tutto crollò quando il moro allargò le braccia con fare ovvio «Il problema non me lo pongo nemmeno. Voglio dire, sei tu che dovrai seguire me. Quindi se io non lavorerò in quella stessa città, dovrai trovare altro». Dovrai seguire me. Non gli dava nemmeno la possibilità di scelta. Era un obbligo, un'imposizione.
Ritrasse bruscamente il braccio quando Bryan fece per stringerlo. «Come puoi dire una cosa del genere? Dovresti essere felice per me, spronarmi nelle scelte non impormele. Io con te non lo farei mai, ti spingerei a cercare sempre di meglio e allo stesso tempo cercherei un modo per poter continuare la nostra relazione» lo guardò incredulo «Siamo artisti e la possibilità di finire a lavorare in due Paesi diversi è concreta, ma ciò non significa che due persone non possano portare avanti lo stesso una relazione». «Io non la penso in questo modo. Ti voglio con me sempre, Harry, ogni giorno. Non una volta al mese o quando sarà possibile». «Anche se questo andrebbe a discapito dei miei sogni? Saresti disposto a privarmi del futuro che vorrei solo perché non sei capace a fare del sacrificio?» gli chiese ancora. «Per me sarebbe un sacrificio inutile dal momento che potresti fare qui quello che faresti da qualsiasi altra parte». Harry scosse il capo «Non è vero. Non sarebbe lo stesso, lo sai bene anche tu» puntualizzò. Bryan si sfregò il volto con le mani «Mi stai facendo venire il mal di testa, Harry, lo sai che odio discutere e ripetermi. Le cose stanno così, fattene una ragione prima che finisca l'anno così ti puoi mettere il cuore in pace» poi tornò a sedersi sul divano a guardare la partita.
Del fatto che Harry lasciò il suo appartamento con un nodo in gola, gli occhi lucidi e un dolore al petto non se ne curò minimamente.
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Ovviamente quel confronto lo aveva completamente scombussolato, tanto che aveva trascorso il resto della domenica a tentare di fare i suoi esercizi. Sì, tentare perché non era riuscito a portare a termine niente dal momento che non riusciva a liberare la mente. Avrebbe voluto sfogarsi con qualcuno, ma quel qualcuno potevano essere solamente Liam o Niall e non aveva alcuna voglia di sentirsi dire te l'avevo detto. Si sentiva già abbastanza patetico e stupido da solo, senza bisogno che glielo ripetessero anche gli altri.
Si era però ripreso, o almeno fingeva di averlo fatto, per l'appuntamento del lunedì con Louis. Era arrivato in aula di musica dopo pranzo, raggiunto poco dopo dal ragazzo, e non avevano perso tempo, mettendosi immediatamente al lavoro. Louis aveva provato a riscrivere qualcosa e aveva mostrato ad Harry quel piccolo pezzo sul quale quest'ultimo aveva poi provato a inserire dei passi. Fin da subito Harry aveva sentito più sintonia con il brano, ma entrambi si erano man mano confrontati e apportato ulteriori modifiche.
Vennero interrotti mentre Louis stava provando al pianoforte un passaggio della breve composizione che aveva variato: un professore di musica gli chiese se poteva un attimo seguirlo perché si era scordato di fargli avere una parte degli spartiti che gli sarebbero serviti per la lezione del giorno successivo.
Restando solo Harry riprovò alcuni passi, canticchiandosi mentalmente la melodia composta da Louis. Vedendo però che il ragazzo tardava a tornare, si avvicinò al pianoforte guardando i fogli che stava già precedentemente studiando con il ragazzo. Li teneva in un quaderno che aveva l'apparenza di essere usato e stra usato: c'erano fogli che sbucavano ai lati ed etichette colorate per ritrovare più facilmente il segno per quelle parti che dovevano essere le più importanti. Lo guardò con interesse, estremamente tentato ad aprirlo e vedere i lavori di Louis, ma in parte frenato dal timore di non averne il diritto. Tentennò qualche altro istante, picchiettando le dita sulla copertina, poi la curiosità ebbe la meglio e si decise ad aprirlo. Si trattava, come aveva pensato, di spartiti pieni di note, probabilmente lavori che aveva creato per i suoi corsi musicali o per se stesso. Desiderava essere capace di conoscere la musica abbastanza da capire di cosa parlavano quelle note, ma quello non era mai stato il suo ambito. Si limitò ad accarezzare le piccole note nere con i polpastrelli, sorridendo leggendo le brevi annotazioni ai bordi dei fogli scarabocchiate a matita in una calligrafia disordinata. I segni delle numerose cancellature distintamente visibili. Corrugò la fronte quando si ritrovò fra le mani uno spartito pieno di note accompagnato stavolta da un testo. Si morse il labbro inferiore, lanciando un rapido sguardo verso la porta consapevole di star invadendo uno spazio personale. Lesse il titolo che recitava Me Minus You, facendo poi scorrere velocemente gli occhi sul resto del testo. Sembrava una canzone d'amore ma denotata da forte dolore. Forse un amore finito, perduto per un motivo che però non era indicato chiaramente nel brano.
«Il professor Hopkins è decisamente logorroico. Se non ripete le cose almeno una decina di volte, non è soddisfatto» la voce di Louis risuonò nella stanza, facendo sobbalzare Harry che si staccò dal pianoforte facendo cadere a terra i fogli che fino a poco prima stava scrutando. Si affrettò ad abbassarsi per raccoglierli mentre Louis l'aveva ormai già affiancato «Scusa, non volevo spaven - » si paralizzò nel vedere ciò che Harry stava reggendo tra le mani. Si riscosse solo per strappargli i fogli dalle mani, riponendoli disordinatamente nel quaderno e chiudendolo con forza «Come ti sei permesso?» gli inveì contro. «S-scusa, non volevo» balbettò Harry colpevole. «Non volevi cosa, essere invadente? Nessuno ti ha insegnato a non ficcare il naso nelle cose degli altri?» Louis recuperò lo spartito che aveva posato sul leggio del pianoforte, riponendo ogni cosa nella sua tracolla. Era evidentemente scosso, le sue mani tremavano e sembrava voler uscire da quella stanza al più presto. Vederlo agitarsi in quel modo, stava mandando in panico anche Harry. Avrebbe voluto provare a trattenerlo, a scusarsi e a spiegargli che voleva solamente vedere i suoi lavori, non pensando di potersi scontrare con qualcosa di talmente personale che adesso lo stava mandando fuori di testa.
«L'hai letto?» lo incalzò Louis «Parla, Harry. Lo hai letto?» «Sì. Sì, l'ho letto» urlò a sua volta Harry cercando di difendersi da quegli attacchi. Vide una mano di Louis chiudersi a pugno con talmente tanto vigore da far diventare le nocche bianche, mentre l'altra si faceva largo tra i capelli. «Non avresti mai dovuto farlo» sibilò a denti stretti «Mai». I suoi occhi azzurri erano glaciali mentre lo facevano sentire piccolo di fronte a lui «Non me lo sarei mai aspettato da te, pensavo fossi una persona che rispettasse il lavoro degli altri. Mi hai deluso, Harry. Non so se sarò ancora in grado di lavorare con te». «Louis, stai esagerando» tentò di calmarlo il ragazzo «Io ti chiedo scusa, ma non ritengo di aver fatto una cosa così irreparabile. Ho solamente letto un testo». «È proprio questo il punto: non è un testo, è una parte della mia vita» sputò infuriato «Una parte molto, molto importante e privata. E tu l'hai invasa senza alcun permesso!» Indietreggiò tremolante e uscì dalla porta sbattendosela alle spalle e fuggendo da Harry che restò per quelli che gli parvero minuti infiniti immobile a fissare con sguardo perso la porta.
Fece l'unica cosa che l'istinto gli suggerì: afferrò le sue cose e corse fino al piano inferiore, precipitandosi nella sala in cui sapeva Niall e Liam si stessero esercitando. Arrivò da loro singhiozzante, incapace di formulare una singola parola e buttandosi tra le braccia di Liam. Niall posò immediatamente il suo violino nella custodia, affiancando i due amici «Haz, calmati. Si può sapere cosa è successo?» «Bryan... avevate ragione... e Louis... oddio Louis, io non volevo» scosse il capo snocciolando una dopo l'altra quelle parole insensate che lasciarono gli amici ancora più interdetti «Mi odia. Sbaglio tutto, sbaglio sempre tutto» si coprì il volto bagnato dalle lacrime con le mani, continuando a piangere rumorosamente. «Harry, sei chiaramente sconvolto. Adesso ti siedi qui, bevi un po' d'acqua, ti calmi e poi ci racconti tutto, ok?» lo guidò Liam verso la sedia poco distante da loro «Altrimenti non riusciamo a capirti». Niall corse a recuperare dalla sua borsa una bottiglietta d'acqua, prestandola all'amico mentre Liam cercava di calmarlo accarezzandogli affettuosamente la schiena. Aspettarono che il suo corpo smettesse di sussultare per i singhiozzi, poi cercarono di farsi spiegare meglio l'accaduto.
«Ieri ho parlato con Bryan e, avete ragione voi, a lui non interessa niente di me, della mia carriera, dei miei sogni. Vuole solo un fidanzato oggetto che lo segua in tutto e per tutto come un cagnolino e che si faccia scopare quando ne ha bisogno» respirò affannosamente «Voi me l'avevate detto. Come ho potuto non accorgermene? Come ho fatto ad essere così stupido?» Liam e Niall si scambiarono uno sguardo d'intesa, poi il primo si inginocchiò davanti a lui «Non sei stupido, Haz. Semplicemente tu tendi a vedere solo il buono nelle persone e a volte questo ti impedisce di capire come stanno realmente le cose. Ma l'importante è che te ne sia accorto in tempo. Vi siete lasciati?» L'amico scosse il capo, tirando su con il naso «No, però lo sto evitando da ieri e pretendo dello scuse stavolta. Voglio che ammetta che il suo modo di trattarmi è sbagliato, altrimenti non ho nessuna intenzione di stare insieme a lui» spiegò. Niall alzò gli occhi al cielo, ci mancava solo che Bryan capisse cosa doveva fare affinché Harry lo perdonasse, riprendendoselo ancora e continuando ad ingannarlo. Tuttavia stette in silenzio quella volta, non voleva peggiorare lo stato d'animo dell'amico. Tanto non reputava Bryan intelligente a tal punto da riconoscere di aver sbagliato, perciò.
«E cosa c'entra in tutto questo Louis? Perché ti dovrebbe odiare?» domandò invece. Un nuovo singhiozzo uscì dalle labbra di Harry, che sollevò il capo per impedirsi di scoppiare a piangere nuovamente, mormorando una serie di oddio, oddio, oddio. «Ho fatto una cosa che non mi perdonerà mai» sospirò «Sono stato irrispettoso. Ero rimasto in aula un attimo da solo perché il professore di musica aveva bisogno di lui e... i suoi fogli erano lì, io non ho resistito. Ho sbagliato, ho sbagliato completamente». «Che fogli? Di cosa stai parlando?» gli chiese confuso Liam. «I suoi spartiti. Ero curioso di vedere i suoi lavori, anche se non ci avrei capito nulla. E proprio perché sapevo che non sarei stato in grado di leggere la sua musica, pensavo di non fare nulla di male. Invece c'era un testo...» Niall si passò una mano sul volto «Merda». «Sì, merda. Perché quel foglio non riportava solo delle note, ma anche il testo completo di una canzone. Io l'ho letto e lui è arrivato proprio in quel momento. Mio dio, dovevate vederlo» piagnucolò «Era furioso e sconvolto per il fatto che io lo avessi letto. Ha detto che non riuscirà più a lavorare con me, che l'ho deluso completamente. Mi odia. Mi odia tantissimo». «Ok, hai letto una sua canzone e messo il naso tra le sue cose senza permesso, ma continuo a non spiegarmi la sua reazione» giudicò Liam «Mi sembra un tantino esagerata. No, Niall?» Spostò lo sguardo verso il biondo che però si stava mordendo il labbro inferiore preoccupato. «Tu sai qualcosa in più, vero? Ti prego, dimmelo. Mi ha detto che si tratta di una parte della sua vita molto importante» lo esortò Harry. «Sì, io so di cosa si tratta» ammise Niall, vedendolo spalancare la bocca stupito «Mi aveva chiesto cosa ne pensassi del suo lavoro e, perché lo potessi giudicare completamente, ha dovuto spiegarmi di cosa parlava la canzone». «E di cosa parlerebbe, allora?» gli domandò Liam. «Non posso dirvelo. È davvero una cosa troppo personale e ho promesso che me lo sarei tenuto per me». «Non mi perdonerà mai, vero?» la voce tremante di Harry e i suoi occhi realmente dispiaciuti, in procinto di scoppiare nuovamente in lacrime, lo fecero sospirare. «Non lo so. Spero di no. Però forse è meglio che per il momento non gli stai troppo addosso» gli suggerì l'amico «Lascialo sbollire e poi prova a parlargli».
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Dare tempo a Louis fu proprio quello che Harry fece ascoltando il consiglio dell'amico. Aveva concordato con lui che fosse giusto rispettare i tempi del ragazzo, sperando vivamente che potessero poi avere un confronto in modo tale da spiegargli l'assoluta buona fede con la quale aveva guardato le sue composizioni. Aveva lasciato a Louis cinque giorni totalmente liberi, senza mai cercarlo né forzarlo a trovarsi per lavorare assieme. Aveva lasciato che il ragazzo lo evitasse ogni qual volta era capitato loro di incrociarsi nei corridoi della Juilliard, facendo dietro front e cambiando direzione pur di non dover passare accanto ad Harry. Faceva male vedere Louis reagire in quel modo, risollevare nuovamente con lui quelle barriere che era riuscito a poco a poco a fargli abbassare.
Quando quel giorno lo vide pranzare insieme a Niall, se ne stette in disparte con Liam, avvicinandosi però immediatamente al biondo una volta che Louis l'aveva salutato. Aveva indagato, cercando di farsi dire da Niall se per caso Louis gli avesse parlato riguardo quella situazione e l'amico si era limitato a dirgli che il ragazzo si sentiva tradito. Parecchio tradito.
Fu proprio per quel motivo che allora Harry si fece svelare l'indirizzo di casa di Louis e si presentò alla sua porta un paio d'ore più tardi. Voleva scusarsi e recuperare il rapporto con il ragazzo. Ad aprirgli fu una ragazza dai lunghi capelli color platino e due occhi azzurri terribilmente uguali a quelli di Louis. «Posso esserti utile?» gli domandò cordiale. Harry si dondolò sui proprio piedi, le mani nascoste nelle tasche dei jeans stretti «Io, ehm... io sono Harry… un amico di Louis». «Non è in casa in questo momento. Oggi ha lezione fino alle 16:30» gli spiegò la ragazza lanciando un rapido sguardo all'orologio legato al polso «Dovresti tornare tra circa due ore». «No, ecco... lo so che è ancora in Accademia. Sono qui adesso perché...» esitò qualche istante, combattuto se dire o meno alla ragazza il vero motivo per il quale fosse lì, poi «Diciamo che io e Louis abbiamo avuto una piccola discussione e ora lui mi evita» rivelò. Sapeva che non lo avrebbe trovato, ma non riusciva più ad aspettare restandosene a casa, così si era deciso ad andare da lui nonostante l'ampio anticipo. La ragazza scosse la testa con un sorriso divertito in volto che lasciò interdetto Harry: cosa c'era di tanto esilarante in quello che gli aveva detto? «Scusa, perdonami» si coprì la bocca con una mano notando l'espressione confusa di Harry «Vieni, entra. Puoi aspettarlo qui» gli disse, invitandolo a superare la soglia. «Io sono Charlotte, la sorella di Louis, ma chiamami pure Lottie. Posso offrirti qualcosa?» «Solo un bicchiere d'acqua, grazie» Harry si accomodò sul divano del salotto, aspettando che la ragazza tornasse da lui. «Non volevo scoppiare a riderti in faccia prima, è solo che... è tipico di mio fratello evitare le persone e chiudersi a riccio quando discute con qualcuno» gli spiegò «Si comporta così anche con me».
Lottie gli disse che era anche lei un’amante della danza e che frequentava un corso di modern jazz tre volte alla settimana. Gli rivelò anche di conoscerlo già perché, quando aveva assistito alle esibizioni di Louis durante gli spettacoli indetti dalla Juilliard, assisteva anche a quelle di ballo e aveva perciò avuto modo di vederlo all'opera. Non si limitò pertanto nel riempirlo di complimenti e a dirsi estremamente contenta che per la prova di fine anno suo fratello fosse stato accoppiato proprio con lui. Gli parlò anche un po’ di Louis, di come potesse essere considerato un ragazzo chiuso e piuttosto distaccato all’apparenza, ma che in realtà, con le persone alle quali voleva bene e delle quali si fidava, si lasciasse poi andare e mostrasse la sua vera natura cioè quella di essere una persona gentile, simpatica, di compagnia e dal grande cuore.
Dopo l’imbarazzo iniziale, Harry si trovò talmente bene e a suo agio a parlare con la ragazza, che non si rese nemmeno conto che le due ore erano passate finché «Lots, sono tornato!» sentì dire dalla voce di Louis non appena varcò la porta di casa. La ragazza raggiunse il fratello all’ingresso, salutandolo «Lou, c’è una persona per te che ti sta aspettando in soggiorno». Il ragazzo la guardò aggrottando la fronte «Chi è?» le chiese mentre raggiungeva il soggiorno, fermandosi di colpo quando scoprì che colui che lo stava aspettando fosse Harry. «Ehm… ciao» lo salutò titubante, con il timore che Louis potesse essere infastidito dalla sua presenza, mentre si alzava dal divano. «Cosa ci fai qui?» gli chiese serio in volto. «Possiamo parlare? Vorrei provare a sistemare le cose tra noi» spiegò Harry non staccando gli occhi dai suoi. «Per favore?» mormorò non vedendolo rispondere. Lottie era rimasta con loro, pensando di poter essere d’aiuto a Harry impedendo a Louis, con la sua sola presenza, di trattare male il ragazzo. Spostò lo sguardo tra i due finché Louis non si voltò verso di lei «Lots, per favore, ci lasceresti soli?» La ragazza annuì con la testa incamminandosi lungo il corridoio e raggiungendo la propria camera.
Louis spogliò la giacca di jeans posandola su una delle sedie attorno al tavolo insieme alla sua tracolla, poi si sedette sul divano facendo riaccomodare anche Harry. Restarono in silenzio entrambi per alcuni secondi, nessuno dei due che sapeva bene cosa dire, Harry decisamente preoccupato di un’altra possibile reazione negativa di Louis, visibilmente ancora infastidito dall’avvenimento di pochi giorni prima, poi il ballerino decise di prendere parola. Dopotutto era arrivato fin lì proprio per quello, era stato lui a sbagliare e sempre a lui spettava rimediare. «Louis, io… io volevo scusarmi ancora per quello che è successo l’altro giorno. Mi dispiace, so che non dovevo farlo. Mi sono comportato come un ragazzino che non riesce a resistere dal curiosare tra le cose non sue, ma ti giuro che non l’ho fatto con chissà quale intenzione». «Non avresti dovuto farlo Harry, erano… ciò che hai visto era una cosa privata». «Sì, hai ragione. Ma credimi io...» prese un profondo respiro «Non so neanche perché l'ho fatto. Voglio dire, non so nemmeno leggere la musica. Riconosco le note sul pentagramma ma non sarei mai in grado di capirne la melodia nascosta dietro di esse, perciò sapevo di non poter comprendere i tuoi lavori ma... volevo solo avvicinarmi un po' di più al tuo mondo. Nient'altro». Abbassò lo sguardo, torturandosi il labbro inferiore con i denti e giocherellando nervosamente con gli anelli che aveva alle dita. Louis si lasciò andare appoggiando la schiena alla spalliera del divano e portandosi una mano dietro al collo massaggiandolo leggermente. «Riconosco di essere stato un po' brusco. La mia reazione è stata esagerata, ma quando ho visto quali erano i fogli che avevi in mano e ho realizzato che avessi letto le parole di quella canzone, mi sono spaventato». Harry girò il busto verso di lui per poterlo guardare. «Fosse stato un qualsiasi altro spartito non ti avrei mai aggredito a quel modo. Mi sono sentito esposto, una parte della mia vita per me dolorosa, e che custodisco e proteggo gelosamente, era stata invasa e… contro la mia volontà. Mi hai preso in contropiede e non ho saputo controllarmi». A quel punto Harry gli afferrò le mani facendoglisi più vicino «Mi dispiace da morire Louis, davvero. Non avrei mai creduto di poterti fare un affronto simile leggendo quel testo ma, se ti può consolare e tranquillizzare un po', nemmeno mi ricordo tutte le parole. E comunque non posso sapere per quale motivo l'hai scritta quindi non ho scoperto nulla e non pretendo assolutamente che tu me lo dica. Non ti chiederò niente, non preoccuparti, credo di aver già fatto abbastanza». Solo quando sentì le mani di Louis muoversi sotto le sue, le lasciò andare riportandole subito sulle sue gambe, allontanandosi di nuovo frettolosamente e distogliendo lo sguardo, timoroso di aver fatto una mossa azzardata. Poco dopo un flebile okay uscì dalle labbra del musicista, ma fu un suono talmente debole che Harry non era sicuro se avesse veramente parlato o se se lo fosse solamente immaginato. Posò nuovamente lo sguardo su di lui e quando Louis parlò ancora, capì di aver sentito giusto «Va bene. In fondo hai ragione, non puoi sapere per quale motivo l'ho scritta e a cosa si riferisce quindi direi che non è successo nulla di irreparabile». Harry spalancò gli occhi sentendo quelle parole «Davvero?» «Davvero». «Quindi... quindi lavorerai ancora con me?» Un lato della bocca di Louis si spostò verso l'alto in un piccolo sorriso «Sì. Lavoreremo ancora insieme, Harry». Il ragazzo sentì il peso che aveva sullo stomaco da tutti quei giorni andarsene e automaticamente le sue labbra si distesero in un sorriso sincero, contornato da due piccole fossette, e poi si protese verso Louis circondandogli il collo con le braccia e abbracciandolo grato «Grazie, grazie, grazie. Ti prometto che non mi metterò più a frugare tra le tue cose e che potrai fidarti completamente di me d'ora in avanti». Louis rimase sorpreso dal gesto di Harry. Restò rigido e con le braccia larghe distanti dal corpo del ballerino per alcuni istanti, poi si lasciò andare, posandogliele sulla schiena e ricambiando l'abbraccio.
«Ok, allora sarà meglio che vada ora. Ho già disturbato abbastanza» disse Harry sciogliendo l'abbraccio e alzandosi dal divano «Scusa se mi sono fatto trovare qui senza avvisare, ma sapevo che altrimenti rischiavo non mi facessi entrare». Louis si alzò a sua volta sorridendogli sincero «Invece di continuare a scusarti, che ne dici se resti per cena?» «Oh. Io... ecco... non saprei» Harry si grattò la nuca con una mano improvvisamente in imbarazzo. «Sempre che tu non abbia già un impegno con il tuo Bryan. Non sia mai che io ti impedisca di vederlo» gli disse alzando le mani davanti a sé. «No, no. Nessun impegno con Bryan». Louis notò i suoi occhi farsi tristi ma preferì non chiedere nulla. Non voleva rovinare quella ritrovata serenità con Harry per colpa di quel ragazzo, perciò «Allora resta» gli ribadì. Harry annuì con la testa rivolgendogli un piccolo sorriso e Louis richiamò subito la sorella «Lottie, puoi uscire ora». La ragazza bionda arrivò in soggiorno a piccoli passi «Tutto risolto?» chiese preoccupata. «Tutto risolto. E Harry si ferma a cena» la rassicurò il fratello. Lottie però si portò le mani a coprirsi la bocca a quella notizia «Oddio Lou, ma tu inviti la gente a cena senza nemmeno essere sicuro se abbiamo qualcosa di commestibile da mangiare in casa?» e così dicendo corse in cucina a controllare cosa avessero nella dispensa. «Non essere così tragica, Lottie. Qualcosa c'è di sicuro e al massimo possiamo sempre ordinare una pizza». «Non si invita a cena qualcuno per poi prendere una pizza d'asporto. Ora mi metto subito all'opera e vedo cosa posso preparare. Harry, sei il benvenuto ovviamente». Louis alzò gli occhi al cielo sbuffando poi tornò a guardare Harry e un sorriso spontaneo comparì su entrambi i loro volti.
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Dopo aver chiarito con Louis, che era la cosa che gli premeva di più dal momento che era stato lui ad aver causato problemi, non restava che farlo anche con Bryan. Ad Harry non piaceva lasciare le cose in sospeso e, proprio per quello, quella sera accettò la richiesta del ragazzo di vedersi.
Si diedero appuntamento fuori la Juilliard, poi si incamminarono assieme verso un ristorante poco distante dall'Accademia che Bryan amava particolarmente.
«Non hai mai passato così tanto tempo senza parlarmi» cominciò il moro, versando nei bicchieri d'entrambi dell'acqua. «Evidentemente avevo un motivo valido». Bryan roteò gli occhi al cielo «L'hai creato tu il problema, Haz. Sei tu che te ne sei uscito con tutte quelle cose e hai voluto litigare». «Io non ho creato proprio niente» lo guardò risentito Harry «Il problema esiste dal momento che abbiamo due visioni differenti riguardo a come gestire il nostro futuro». «La cosa sarebbe facilmente risolvibile se tu decidessi di restare a lavorare in qualche teatro di New York. Non ti priverei di niente. Voglio dire... avresti comunque la possibilità di ballare». «Bryan, ti rendi conto che è come se io ti dicessi: vieni tu a Parigi e cerca lavoro in un piano bar? Non ti priverei di nulla, no? Suoneresti comunque» cercò di farlo ragionare «Ti sembra normale? Andiamo, non mi sognerei nemmeno di proporla una cosa del genere. È ovvio che se mi prendessero all'American Ballet ne sarei felice, ma il mio sogno è Parigi. E io voglio lottare per tentare di arrivare fino a lì». Bryan curvò le labbra in un mezzo sorriso «Proprio non capisci: non è che io voglio privarti di provare a realizzare il tuo sogno, il fatto è che il tuo sogno è praticamente impossibile da realizzare, piccolo» disse, senza peli sulla lingua.
Harry si irrigidì sulla sua sedia, sgranando incredulo gli occhi. «Sai quanti aspiranti ballerini vorrebbero diventare un étoile dell'Opéra? Praticamente un'infinità. E sai quanti ce la fanno? Uno su miliardi. Non potrai mai farcela. È una sfida persa in partenza, quindi tanto vale metterti già l'anima in pace e aspirare a qualcosa di più fattibile». Lo sguardo ferito che Harry gli riservò non lasciava spazio ad un perdono: Bryan doveva essere la prima persona a supportarlo e a spronarlo a credere fino in fondo a quello che voleva, invece era il primo a dirgli che non ce l'avrebbe fatta. E Harry si rese conto che non era una persona del genere quella che voleva accanto a sé. Non quando lui dava tutto se stesso alla persona che amava. Non aveva mai preteso che Bryan gli riservasse tutte le tipiche attenzioni che un fidanzato dovrebbe avere, come non aveva mai preteso che provasse anche solo a capire cosa significasse la danza per lui. Ma che lo incentivasse a realizzare i suoi sogni... beh, quello sì, quello lo pretendeva. Perciò non restava che un'unica cosa da fare. Strisciò indietro la sedia, lasciò ricadere il tovagliolo sul tavolo e prese la sua giacca «Per me finisce qua, non abbiamo più niente da dirci. Vai a cercarti qualcuno che sia disposto a rinunciare ai propri sogni e realizzare solamente i tuoi». Bryan si alzò a sua volta, allungando un braccio e afferrandogli il polso «Harry, non essere così definitivo e catastrofico. Torna a sederti e non pensiamoci più. Lo faremo quando sarà il momento». «È già il momento, Bryan» si liberò dalla sua presa «Non cercarmi mai più». E così dicendo lasciò il ristorante. Stavolta, tra loro, era davvero finita.
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Avrebbe tanto voluto essere una di quelle persone che riescono a fregarsene, a rimanere distaccate e a non lasciare che il loro stato d'animo interferisse con la quotidianità. Ma purtroppo – o per fortuna – Harry non era decisamente una di quelle, e adesso si trovava a desiderare che quell'ultima ora di lezione finisse il prima possibile. Mai, in quattro anni alla Juilliard, era capitato che Harry Styles sbagliasse la coreografia, che perdesse il ritmo, che si scordasse totalmente i passi o perdesse l'equilibrio durante i fuetes. Invece quel giorno era successo, tanto che il signor Moore gli chiese di mettersi da parte e attendere così la fine della lezione. «Stai sbagliando tutto, Harry. Oggi non ci sei proprio con la testa» gli aveva detto «Per favore, siediti e aspetta il termine dell'ora». Aveva eseguito la sua richiesta senza battere ciglio, sedendosi contro la parete e non riuscendo a fare a meno di sentirsi umiliato.
Restò incredulo, Louis, quando raggiunse l'aula di ballo nella quale aveva appuntamento con Harry con una decina di minuti d'anticipo e trovò il ragazzo seduto a terra mentre i suoi compagni erano ancora impegnati in una coreografia. Le ginocchia al petto, il mento posato su di esse, lo sguardo perso e la mente chissà dove. Non ci voleva un genio per capire che qualcosa non andava, che il peso di qualcosa stava gravando su di Harry impedendogli di fare il suo lavoro. Avrebbe tanto voluto fare irruzione nell'aula e abbracciarlo perché sembrava così indifeso e vulnerabile in quel momento, ma non poteva farlo perciò si limitò a continuare ad osservarlo attraverso l'oblò fino a quando il professore non decretò il termine della lezione.
Lasciò che tutti gli studenti uscissero dalla stanza e poi entrò. «Allora... sei pronto per il nostro pomeriggio a Central Park?» la voce acuta di Louis lo destò dai suoi pensieri. Harry lo guardò confuso «Eh?» «È una bellissima giornata di sole, non vorrai mica restare chiuso qua dentro» gli disse, incoraggiandolo ad alzarsi. «Louis, abbiamo già perso abbastanza giorni di prove. Di questo passo resteremo troppo indietro rispetto agli altri». Il ragazzo si inginocchiò sulle punte di fronte a lui, posandogli le mani sulle braccia «Harry, sei il miglior ballerino che conosca... non avrai di certo problemi a recuperare alla grande. E poi, non mi sembra proprio una buona giornata. O sbaglio?» Harry abbassò lo sguardo, incapace di reggere gli occhi azzurri e perforanti di Louis, incastrando il labbro inferiore tra i denti e scuotendo appena il capo. «E allora cambiati e andiamo. Ti aspetto qui fuori» gli sorrise gentilmente, prima di rialzarsi, spettinargli i capelli facendolo sorridere e uscire dall'aula di ballo.
L'idea di Louis si rivelò essere ciò di cui Harry aveva realmente bisogno in quel momento: l'aria fresca, il sole, i cinguettii degli uccellini e vedere tutti quei bambini che andavano al parco insieme ai loro genitori per giocare con le barchette telecomandate nel grande stagno erano un toccasana per la sua mente. «Sai, adesso Lottie continua a chiedermi di te» esordì a un certo punto Louis «È incredibile. Come fai ad avere così tanti ammiratori? Hai qualche potere magico?» Harry si strinse nelle spalle «Saranno i miei occhi verdi o quell'aria da bravo ragazzo che non mi abbandona mai» rispose, ridendo poi divertito quando Louis gli tirò una sberla sul braccio mandandolo a quel paese. «Hai proprio il tipico atteggiamento da ballerino» bofonchiò, lasciandosi cadere sul manto d'erba soffice. «Cosa ne sai tu di qual è l'atteggiamento tipico dei ballerini?» Louis voltò il capo verso di lui e «Non lo so, infatti. Ti sto solamente prendendo un po' in giro» disse, inclinando leggermente il capo di lato e sorridendogli. «Guarda che anche voi musicisti vi credete sempre chissà chi» ribatté Harry, prendendo posto accanto a lui. Louis si sdraiò completamente a terra, le mani dietro la nuca e gli occhi chiusi mentre il sole lo scaldava «Io no». «No, tu no» ammise Harry. La sincerità nel suo tono di voce fece riaprire gli occhi a Louis che lo trovò intento a fissarlo. Con i raggi del sole a baciargli il volto, i lunghi capelli leggermente mossi dal vento, le iridi verdi ancora più brillanti dietro quegli occhiali da vista neri e le labbra rosse che facevano invidia alle rose poco distanti da loro, Harry era forse ancora più bello. Forse. Perché Harry era sempre bello, questo Louis non poteva negarlo. Avrebbe detto una menzogna altrimenti. «Nemmeno tu, Harry» gli assicurò allora, guardandolo negli occhi per assicurarsi che il ragazzo vi trovasse tutta l'autenticità di quelle parole appena pronunciate. Il silenzio che si creò tra loro non fu imbarazzante o strano, bensì intimo. Erano rimasti a guardarsi come se senza dire nulla si dicessero, invece, tutto. E se in quel momento c'era una cosa di cui Louis era certo era che sarebbe rimasto a guardarlo per minuti, forse addirittura ore. Stessa cosa che stava esattamente provando anche Harry, solo che lui non lo poteva sapere. O forse, in cuor suo, poteva immaginarlo. Poteva leggerlo proprio in quelle iridi smeraldine che lo stavano guardando come se ci fosse solo lui, e intorno a loro il nulla.
Fu Harry a rompere quel silenzio però, con una domanda che lasciò Louis completamente di stucco perché «Credi che io ce la possa fare? Nella danza, intendo» gli domandò a bassa voce. Un sussurro che Louis riuscì a percepire a fatica, ma che comunque udì e non ebbe titubanze nel rispondergli «Non lo credo, lo so». La voce così sicura che fece aumentare il battito del cuore del ragazzo. «So che puoi arrivare dovunque tu voglia, Harry. Sei nato per ballare, per stare su quel palco e ammaliare la gente col tuo corpo. Hai detto che Parigi è quello che vuoi... beh, io sono certo che è quello che avrai». Non rispose nulla Harry, il nodo in gola glielo stava decisamente impedendo, senza considerare il fatto che cominciava già a sentire gli occhi pizzicare. Si limitò quindi a sorridergli, poi si sdraiò accanto a lui, chiudendo gli occhi e aggrappandosi con tutto se stesso a quella speranza che Louis aveva appena riacceso. Qualcuno che credeva ancora in lui c'era.
Più tardi quel pomeriggio, Louis decise di accompagnare Harry a casa. La fermata della metro per casa sua era prima di quella di Harry, perciò avrebbe poi dovuto tornare indietro, ma non se la sentiva di fargli fare nemmeno un pezzo di strada da solo. Aveva capito che la giornata no del ragazzo era dovuta a qualcosa di importante che l’aveva buttato decisamente a terra e quindi decise di stare insieme a lui il maggior tempo possibile.
E per fortuna che lo fece perché, una volta salite le scale della metropolitana e avvicinatisi alla via in cui abitava il ballerino, Harry notò che proprio fuori dal suo palazzo c’era Bryan. «Dio, Bryan è sotto casa mia. Non voglio parlarci, ma se vado a casa non mi lascerà andare di sicuro» sbuffò infastidito passandosi una mano tra i capelli. Non sapeva come fare per entrare in casa senza essere importunato da lui, ma ci pensò Louis a risolvere il problema «Non ti preoccupare, ti accompagno io fino a casa. Non credo che abbia voglia di restare anche insieme a me, vedrai che così riuscirai a liberartene». Harry lo guardò per qualche istante, pizzicandosi il labbro inferiore con il pollice e l’indice della mano, valutando la proposta del ragazzo finché alla fine non annuì e insieme raggiunsero il palazzo di Harry.
Bryan sorrise vedendo il ragazzo camminare nella sua direzione, adombrandosi però non appena riconobbe Louis al suo fianco. «Harry. Ti ho chiamato diverse volte oggi e inviato dei messaggi ma non mi hai risposto, così ho pensato bene di farmi trovare sotto casa tua». «Hai pensato male, invece. Cosa non capisci della frase ''non cercarmi mai più''?» gli disse sorpassandolo e salendo i pochi gradini che portavano al portone d’ingresso. «Avanti, piccolo. L’altra sera eri arrabbiato e lo posso capire, ma non c’è bisogno di fare ancora quello risentito. Ora salgo con te e ci chiariamo una volta per tutte». Così dicendo fece per mettere un piede sul gradino quando Harry si voltò a guardarlo con sguardo rabbioso «Tu non vai proprio da nessuna parte, Bryan. Lasciami in pace». «Penso che tu te ne debba andare, Wright. Mi sembra di capire che la tua presenza qui non sia gradita» Louis, che era stato zitto fino ad allora, decise d’intervenire vedendo come il ragazzo non voleva dare ascolto alle parole di Harry. Il moro si voltò verso di lui e poi di nuovo verso Harry, scoppiando infine a ridere «Cos’è adesso te la fai con Tomlinson? Sei caduto davvero in basso Harry». Il ballerino non aveva alcuna intenzione di perdere altro tempo con lui e soprattutto non gli avrebbe permesso di offendere ancora Louis come suo solito. Per questo scese rapidamente i gradini parandoglisi davanti «Quello che faccio con Louis non sono affari tuoi» sibilò a denti stretti, poi prese Louis per mano e lo portò con sé all’interno del palazzo. Come era solito fare, non prese l’ascensore, dovendo salire solamente due rampe di scale, svoltò a destra una volta arrivato sul pianerottolo del secondo piano e, solo quando entrò con Louis al seguito nel suo appartamento, si accorse di avere ancora la mano intrecciata con quella del pianista.
La lasciò andare leggermente in imbarazzo prima di togliersi la giacca e appenderla all’attaccapanni all'ingresso. «Scusa se ti ho trascinato fino qui ma non sapevo più come fare per andarmene senza che mi seguisse». «Non ti preoccupare, non hai fatto nulla di male». Harry gli rivolse un debole sorriso «Grazie. Beh già che sei qui, fermati un po’. Mettiti pure comodo». Louis si sfilò la giacca appendendola a fianco di quella di Harry e poi seguì il padrone di casa in cucina.
«Mmm, non per farmi gli affari tuoi ma... deduco, da quello che è successo poco fa, che tra voi sia finita» esordì sedendosi su una delle sedie poste attorno al tavolo. Harry appoggiò la schiena al frigorifero e lo guardò sospirando «Sì, avevate ragione voi. Bryan non è la persona che credevo». «Mi dispiace» Louis cercò di essere il più convincente possibile ma fallì miseramente. «Che bugiardo. Non ti dispiace per niente» lo canzonò subito Harry. «No, non mi dispiace affatto. Hai ragione» ammise. Harry curvò leggermente le labbra all'insù facendogli un piccolo sorriso, ma mantenendo lo sguardo basso. Poi si riscosse e, sollevando la testa, si rivolse di nuovo a Louis «Ti va di cenare qui stasera? È già quasi ora e così posso ricambiare il tuo invito». «Sicuro che non disturbo?» «No, figurati. Anzi mi fa piacere avere compagnia, scaccia i cattivi pensieri» lo rassicurò il ragazzo. «Ok, allora. Lasciami solo avvisare Lottie» si affrettò a recuperare il cellulare dalla sua tracolla e informare la sorella che non sarebbe tornato per cena, poi affiancò Harry dandogli una mano a cucinare la cena. «Ti avviso che la cucina non è il mio forte, perciò non farmi fare cose difficili o elaborate». Harry gli passò una pentola d'acciaio «La pasta la sai fare?» «Sì, quella dovrei riuscirci». «Bene allora metti l'acqua sul fuoco e cucina quella, io penserò al secondo. La pasta la trovi lì» gli indicò il secondo mobiletto in alto, poi lui si dedicò alla preparazione della carne.
Cenarono parlando del più e del meno, soprattutto delle lezioni e di ciò che avevano fatto nei giorni in cui non si erano frequentati, ma furono disturbati dal suono del cellulare di Harry che riceveva chiamate e messaggi a ripetizione. Sempre dallo stesso numero: quello di Bryan. In un primo momento il ragazzo tolse la suoneria impostando la modalità silenziosa e lasciandolo vibrare, nel caso avesse dovuto ricevere telefonate da qualcun altro, poi tolse anche la vibrazione notando che il nome che ogni volta compariva sul display era sempre lo stesso. Infine, quando al termine della cena si spostò assieme a Louis sul divano, notò il numero spropositato di chiamate senza risposta e sms, lo spense addirittura. «È peggio di uno stalker. Perché non può semplicemente lasciarmi in pace?» «La sconfitta brucia a tutti, per uno come lui ancora di più. Sarà difficile che si arrenda tanto facilmente». Harry si passò le mani sul viso portandosi poi indietro i capelli con una mano «Dopo quello che ha avuto il coraggio di dirmi dovrebbe solo nascondersi». Louis gli posò una mano sul ginocchio «Si può sapere cosa ti ha detto per farti prendere questa decisione e farti stare così male da non riuscire nemmeno a ballare?» Non ce l'aveva fatta a restarsene ancora zitto. Non sopportava più di vedere gli occhi verdi di Harry, di solito sempre così brillanti e allegri, spenti. Voleva sapere cosa fosse successo per poterlo consolare e fargli tornare definitivamente il sorriso, perché Harry era una persona che meritava di avere attorno solamente persone che lo rendessero felice. Harry guardò la mano di Louis, ancora posata sul suo ginocchio, stringerglielo appena ma quel tanto che bastava per farlo sentire al sicuro e lasciarsi andare «Dopo il discorso di Niall ho parlato con Bryan come mi avevi consigliato e quando gli ho accennato di Parigi e del mio sogno di diventare un ballerino dell'Opéra, mi ha detto che non era possibile che io pensassi di andare lontano da qui, da lui. Non avremmo potuto avere una relazione a distanza e quindi la soluzione era che io restassi dov'era lui, a discapito dei miei sogni che evidentemente a lui non sono mai interessati». Louis scuoteva ripetutamente la testa in segno di disapprovazione mentre ascoltava le parole di Harry «Ma quanto può essere stupido?» si permise di commentare. «Oh, ma questo è niente dal momento che ieri sera gli ho dato l'occasione di rimediare e mi sono solamente sentito dire che ero capace di creare problemi dove non ne esistevano dal momento che il mio è un sogno irrealizzabile. Il problema Parigi non si poneva nemmeno, dato che io non potrei mai diventare primo ballerino, e quindi era meglio che iniziassi ad aspirare a qualcosa di più concreto». Louis strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca incredulo «Non può aver detto veramente una cosa del genere». «Testuali parole, invece» gli ribadì il ragazzo. «È per questo allora che oggi mi hai fatto quella domanda sulle tue capacità. Temevi potesse aver ragione» quella di Louis non era una domanda ma un'affermazione. Dopo la confidenza appena appresa, non aveva dubbi che l'improvvisa insicurezza di Harry fosse dovuta alla poca fiducia nelle sue capacità che gli aveva rivelato avere Bryan. «Già» soffiò a bassa voce «Il fatto è che non solo mi ha dimostrato di non essere assolutamente interessato alle mie ambizioni ma addirittura mi ha detto che non ce l'avrei mai fatta. E per me, Louis, è stato come ricevere una coltellata nella schiena. Io non l'avrei mai immaginato, mentre voi ve n'eravate accorti tutti di che tipo fosse». Gli occhi gli si fecero lucidi, le lacrime minacciavano di uscire e il labbro inferiore iniziò a tremare. Lo incastrò tra i denti, stringendo forte la presa. Non voleva piangere, non dopo che l'aveva fatto per tutta la notte precedente. «Harry, io la pensavo come Niall, credo che tu lo sappia. Ero certo come lui che Bryan incentrasse la sua vita solo su se stesso e che è uno che pretende che tutti gli altri gli girino intorno, te compreso ovviamente. Ma non avrei mai creduto che avesse così poca considerazione del suo ragazzo. Ha dimostrato solamente di non aver capito nulla di come sei fatto, nonostante sia la persona più vicina a te in questo momento. E se non l'ha capito, la colpa non è tua, ma sua». Sentì un brivido lungo tutta la schiena non appena la mano di Louis si staccò dal suo ginocchio e si posò sulla sua guancia «Non stare male per lui, Harry. Non se lo merita. E non permettere mai a nessuno di farti pensare di non valere abbastanza o di non essere un ballerino bravo a sufficienza da puntare in alto. Mi hai capito?» Harry tirò su con il naso poi annuì in direzione di Louis. «Bene. E adesso me lo fai un sorriso? Mi è mancato oggi» la sua mano sempre posata sulla guancia di Harry e il pollice che si muoveva piano accarezzandogli lo zigomo. Harry non poté far a meno di lasciare che le sue labbra si distendessero in un sorriso alla richiesta di Louis e di fronte a quegli occhi azzurri ai quali, aveva capito, non riusciva mai a resistere.
Trascorsero il resto della serata a giocare a FIFA ed Harry finalmente riuscì a liberare la mente e divertirsi, ma quando diede uno sguardo dalla finestra del soggiorno che si affacciava sulla via davanti casa, mentre vi passava davanti per accompagnare Louis alla porta e salutarlo, notò Bryan appoggiato al tronco di un albero intento a fumarsi una sigaretta e che guardava verso le finestre del suo appartamento. «Non è possibile» mormorò incredulo. «Che succede?» Louis lo raggiunse mentre si infilava la giacca di jeans. «Bryan. È ancora qui sotto». «Sei sicuro sia proprio lui?» scostò leggermente una tenda dando anche lui un'occhiata e constatando che Harry avesse effettivamente ragione. «Non posso credere che sia stato qua sotto tutto questo tempo. Di questo passo me lo ritroverò qui anche domattina e non potrò evitarlo, dovrò pur uscire di casa per venire in Accademia». Harry si affrettò a tirare completamente le tende in modo da oscurare qualsiasi visuale possibile a Bryan e mentre Louis stava per chiedere se non ci fosse un'uscita sul retro che potesse usare al posto di quella principale, si girò verso di lui «Fermati a dormire qui stanotte». Louis spalancò gli occhi sorpreso «C-come?» «Sì, resta qui stanotte. Così domani mattina possiamo andare alla Juilliard assieme e se lui dovesse essere ancora qui essendoci tu mi lascerebbe in pace». «Ma non penso proprio che resterà qui tutta la notte, Harry. Vedrai che ad un certo punto se ne andrà» provò a convincerlo, ma Harry scosse ripetutamente il capo «No, no. Louis tu non lo conosci. Quando Bryan si mette in testa qualcosa non molla la presa finché non l'ha ottenuta. Resta qui, per favore» lo pregò. Il ragazzo dagli occhi azzurri si grattò la nuca incerto sul da farsi «Non lo so, Harry. Lottie resterebbe a casa da sola e...» «Oh, certo che stupido. Non c'avevo pensato. Fai come se non te l'avessi chiesto». Lo sguardo triste di Harry però gli impedì di andarsene, i suoi piedi erano come incollati al pavimento per questo prese il cellulare e compose il numero della sorella «Lottie, ascolta: è un problema per te restare a casa da sola stasera? No, sono ancora da Harry... No, no... niente di grave, domani ti spiego» Harry lo guardava mordendosi l'unghia del pollice. «Ok, va bene. Chiuditi dentro e non aprire a nessuno». Si lasciò sfuggire una piccola risata a sentirgli dire quelle cose come se sua sorella fosse una bambina di dieci anni. Era tenero. «Lo so che non sei più una bambina, Lots, ma sei sempre la mia sorellina. Buonanotte anche a te». Chiuse la chiamata e si rivolse a Harry «Ok, direi che mi fermo a dormire». «Sei sicuro? Veramente, te l'ho chiesto senza pensare a lei. Se devi andare è giusto, non ti preoccupare». Louis alzò una mano interrompendo il suo fiume di parole «Lottie era felicissima che non tornassi. Approfittando della mia assenza, aveva invitato un'amica a cena chiedendole già di fermarsi anche a dormire. Perciò come vedi... nessun problema» gli disse alzando le spalle.
Harry lo sistemò sul divano letto, prestandogli anche una maglietta e un paio di pantaloni della tuta per dormire, prima di augurargli la buonanotte e ritirarsi nella sua camera.
Aveva dormito meglio, Louis, in vita sua. Il divano letto, per quanto comodo, non era come un letto vero e proprio, in più non essere a casa sua lo aveva reso agitato per tutta la notte. Tuttavia, il semplice fatto di trovarsi a casa di Harry non era affatto male. Come non era stata male la visione del ragazzo che quella mattina si era trascinato in cucina ancora mezzo addormentato, i piedi scalzi, dei morbidi pantaloni della tuta, una semplice t-shirt e i capelli decisamente indomabili. Lo aveva raggiunto anche lui e avevano poi fatto colazione insieme, entrambi ancora troppo assonnati per intavolare una conversazione vera e propria, snocciolando giusto qualche parolina qua e là. Era tutto così calmo: sapeva così tanto di quotidianità che a un certo punto Louis si sentì perfino in imbarazzo mentre condividevano lo stesso pacchetto di biscotti. Ma quando Harry gli sorrise in quel modo così sereno e premuroso, quasi avesse capito le sue sensazioni in quel momento e volesse rassicurarlo, Louis si convinse che non poteva esserci del male in qualcosa di così bello che gli scaldava un po' il petto.
«Sei sicuro? Guarda che posso venire con te, non è un problema». Louis alzò gli occhi al cielo, era la terza volta che Harry glielo chiedeva. Stavano lasciando il suo appartamento, fortunatamente senza la presenza di Bryan ad accoglierli in strada, per dirigersi in Accademia, ma Louis voleva prima passare a casa sua per almeno un cambio d'abiti. «Harry, vai tranquillo. Tanto non ci impiegherò molto: vado a casa, mi cambio e poi vengo alla Juilliard. La mia prima lezione, a differenza tua, inizia tra un'ora. Non puoi tardare». Harry controllò l'ora sul suo orologio: aveva mezz'ora di tempo per arrivare puntuale a lezione. «D'accordo, ci vediamo dopo pranzo?» «Sì, ho prenotato la solita aula di musica» lo informò Louis, prima di sorridergli e scendere alla fermata metro di casa sua.
Per il loro appuntamento di ieri, che poi avevano interamente passato sul prato di Central Park, Louis aveva già preparato una nuova composizione da proporre ad Harry. Gliel'avrebbe quindi mostrata quel pomeriggio, sperando che quella fosse la volta buona. Non potevano permettersi di perdere altro tempo.
Raggiunse il portone di casa sua con quel pensiero in testa, appuntandosi mentalmente di dover parlare a Niall al più presto perché cominciava a sentirsi strano in questo rapporto con Harry. Strano nel significato più positivo del termine, sia chiaro. Forse anche fin troppo. Stava ancora cercando le chiavi all'interno della sua tracolla, che venivano sempre sommerse da tutto il resto, quando «Tomlinson» si sentì richiamare. Chiuse gli occhi esasperato, quel ragazzo era un tormento. «Wright» rispose a sua volta senza girarsi a guardarlo ma continuando la ricerca della chiavi. «Allora ti ricordi ancora di avere una casa» lo sentì ghignare «Dovresti rimanerci più spesso anziché intrufolarti in quelle altrui». Louis si voltò, constatando che il ragazzo non fosse solo: al suo fianco infatti vi era Ty, il suo braccio destro, nonché persona più stupida al mondo. «Punto primo, non mi sono intrufolato; secondo, anche tu dovresti startene di più a casa tua anziché stalkerare la gente fuori le loro case». Bryan mantenne lo sguardo duro su di lui mentre Ty, dopo il suo cenno col capo, si posizionò alle sue spalle afferrandogli i polsi e costringendoglieli dietro la schiena. «Lasciami stare» sibilò Louis, cercando di divincolarsi dalla sua presa. «Ho smesso di aspettarvi sotto casa di Harry quando ho capito che avresti passato la notte con lui, così stamattina ho pensato: perché non accogliere Louis a casa? Sicuramente dovrà cambiarsi. E infatti, sono stato fortunato. Ho anche visto che abiti con una ragazza... giovane, capelli color platino... Devo dire molto, molto carina» «Non azzardarti ad avvicinarti a lei» ringhiò Louis, interrompendolo. «Non temere, non è lei che mi interessa. Vedi, Tomlinson... penso che sia arrivato il momento di farti capire quale sia il tuo posto una volta per tutte» Bryan lo fronteggiò, afferrandogli con forza il mento e obbligandolo a guardarlo. I loro volti a pochi centimetri di distanza. «Non ti bastava essere il preferito degli insegnanti, eh? Dovevi anche diventare il preferito di Harry» urlò quel nome nel momento esatto in cui il palmo della sua mano gli colpì violentemente la guancia tanto da fargli girare di lato il capo. La presa di Ty era ferrea attorno ai suoi polsi, mentre l'altro braccio gli cingeva il collo in modo da immobilizzarlo il meglio possibile. «Non dovevi avvicinarti a lui, Tomlinson. Non devi avvicinarti a ciò che è mio». «Lui non è tuo, non più» mormorò Louis, guardandolo di sottecchi dopo che il ragazzo gli rifilò un secondo schiaffo sull'altra guancia. Afferrò Louis per il colletto della giacca di jeans «Non ho mai odiato così tanto una persona in vita mia». «La cosa è reciproca» lo sfidò nuovamente Louis. Bryan lo spinse rovinosamente a terra, spingendolo nel vicolo stretto in fianco alla palazzina del ragazzo, iniziando a colpirlo con dei calci assestati nell'addome mentre Ty si avventava sul suo volto. Calci, pugni. Una, due, tre, quattro volte... troppe volte. Era impotente piegato in due su quell'asfalto sporco, cercando di raggomitolarsi su se stesso per pararsi dai colpi, mentre già sentiva il sapore ferroso del sangue in bocca. Poi Bryan lo afferrò per i capelli, forzandolo a sollevare il capo «Hai voluto prenderti ciò che è mio, queste sono le conseguenze» sputò, sferrandogli un pugno sullo zigomo e facendolo cadere nuovamente a terra sfinito e inerme. Lo intravide bloccare Ty che si stava avventando ancora su di lui, prima di dargli le spalle e «Buona giornata, Tomlinson. È sempre un piacere» dire, uscendo dal vicolo e abbandonandolo dolorante a terra.
Non era da Louis arrivare in ritardo agli appuntamenti. Non era da Louis nemmeno non avvisarlo in caso di contrattempo. Era già da mezz'ora che Harry lo stava aspettando camminando nervosamente avanti e indietro per l'aula di canto. Non era tranquillo, non riusciva ad esserlo. Era da tutta mattina che aveva una strana sensazione, un presentimento che non riusciva a definire e che adesso si stava insinuando ancora di più in lui. Sbuffò, terminando la quinta chiamata senza risposta. Louis sembrava scomparso: non rispondeva né alle sue chiamate, né ai suoi messaggi. Eppure non poteva essere arrabbiato con lui, quella mattina si erano lasciati bene. Sorrise inconsciamente al ricordo di loro due, mezzi assonnati, seduti attorno al tavolo della cucina per fare colazione assieme. Si creava una certa serenità nell'aria ogni qualvolta Louis era con lui, una serenità che Harry cominciava a trovare accogliente e familiare.
Scosse il capo, non era il momento per pensare a quello. Erano passati altri dieci minuti e di Louis ancora nessuna traccia. Raccolse la sua borsa, poi andò alla ricerca di Niall che sapeva si stava esercitando in una della aula di musica accanto alla sua. Lo trovò infatti quattro porte più in là, attento a pulire accuratamente l'archetto del suo violino. «Nì, scusa se ti interrompo. Hai per caso sentito Louis?» domandò, aprendo di scatto la porta dell'aula. Il biondo sussultò colto alla sprovvista «Dio, Haz, mi hai fatto venire un infarto» lo apostrofò, posandosi una mano sul petto. «Comunque no, oggi non l'ho sentito. Perché?» Harry si passò una mano fra i capelli agitato «Dovevamo vederci tre quarti d'ora fa per provare assieme ma non è ancora arrivato. In più continuo a cercarlo ma non mi risponde». Niall lo guardò accigliato, adagiando a terra il suo violino «Strano, Louis è sempre così rigoroso quando si tratta di lavoro». «Appunto. So che è come me in queste cose e... non lo so, Nì, è tutto il giorno che non riesco ad essere tranquillo e adesso questo...» «Prova a vedere se è a casa» gli suggerì l'amico «Se non lo trovi nemmeno lì, proverai ancora a cercarlo al telefono. Prima o poi dovrà pur risponderti». Harry parve ragionarci qualche secondo, poi corse a prendere la metro.
I minuti che lo separavano dall’arrivare a casa di Louis gli parvero infiniti, sembrava che proprio quel giorno la metropolitana avesse deciso di andare più lenta. Per non parlare del numero esorbitante di persone che c’era sia sul mezzo che sulla banchina. Era impossibile trovare uno spiraglio per passare, così si ritrovò costretto a mettersi in fila dietro alla gente e superarli solo una volta raggiunte le scale, mettendosi sul lato sinistro e salendole velocemente.
Percorse il tragitto fino a casa di Louis di corsa. Per fortuna abitava a soli pochi minuti dalla fermata della metro, ma una volta fuori dal portone del palazzo dovette riprendere fiato, appoggiando una mano al muro, l’altra sulla gamba e piegandosi leggermente in avanti. Quando finalmente riuscì a respirare normalmente suonò il citofono. «Chi è?» non era la voce di Louis, doveva trattarsi per forza della sorella. «Hey, Lottie. Sono Harry. Louis è in casa per caso? Dovevamo vederci per le prove ma non si è presentato». Per alcuni istanti non udì la voce della ragazza dall’altro capo, come se stesse pensando a cosa rispondergli. «Lottie, mi hai sentito?» «Sì, sì, Harry. Scusami. Louis è qui ma al momento non può ricevere nessuno. Ehm non si è sentito molto bene». Harry restò interdetto da quelle parole: quella mattina quando l’aveva salutato gli sembrava non avesse nulla. Cosa poteva essere successo nel frattempo? «Mi ero preoccupato dal momento che non mi rispondeva nemmeno al telefono. Mi faresti comunque salire un attimo? Giuro che mi fermo solo pochi minuti, il tempo di un saluto e vedere come sta e poi me ne vado». Come successo in precedenza, anche quella volta Lottie ebbe qualche attimo di esitazione prima di rispondere, poi «Va bene, sali» e gli aprì il portone.
La ragazza si affacciò alla porta della camera del fratello dove Louis stava riposando, seduto con la schiena appoggiata allo schienale e la borsa del ghiaccio sul viso. «Lou, era Harry. Sta salendo» lo informò. Louis sbuffò decisamente infastidito «Dannazione Lottie. Ti avevo detto che non volevo vedere nessuno, soprattutto Harry. E tu cosa fai? Lo fai salire» il tono di voce decisamente alterato. «Lo so, ma ha insistito e mi è sembrato decisamente preoccupato. Mi dispiaceva dirgli di no, quindi togliti quel broncio dalla faccia e comportati bene». Non appena finì di parlare, il campanello suonò e Lottie corse ad aprire la porta. «Ciao, Harry. Lou è in camera sua, la seconda porta sulla destra. Ti sta aspettando». Harry la ringraziò con lo sguardo e si incamminò verso la stanza del ragazzo.
Bussò piano alla porta prima di aprirla quando sentì dire avanti. Entrò nella stanza tenendo lo sguardo basso e richiudendosela subito alle spalle. «Scusa se sono venuto fin qui, ma non sei venuto alle prove e non risp – oh mio dio» Harry si portò una mano alla bocca non appena si voltò e, alzando lo sguardo, vide in che condizioni si trovava Louis «Cosa ti è successo?» Si avvicinò al letto, Louis aveva il volto tumefatto: un livido violaceo sullo zigomo destro, l’occhio gonfio e il labbro inferiore spaccato. Del sangue secco incrostato nell’angolo sinistro della bocca. «Niente di grave» cercò di minimizzare, ma Harry lo interruppe subito sedendosi sul bordo del letto «Vorrai scherzare, spero. Louis sei ferito. Si può sapere chi ti ha ridotto così?» L’agitazione di Harry era palese mentre lo guardava attentamente negli occhi. «Non lo so… voglio dire non li ho visti in faccia. Hanno cercato di derubarmi sotto casa. Erano in due ma il volto era coperto da dei passamontagna. Ho cercato di reagire e questo è il risultato». Non voleva dirgli la verità, confessargli che erano stati Bryan e Ty a ridurlo in quello stato, perché sapeva che altrimenti Harry si sarebbe sentito tremendamente in colpa. «Fortuna che passavano di qui due signori e li hanno fatti scappare» aggiunse. «Mio dio, Louis. Chissà che spavento ti sei preso». «Già, sì, abbastanza. Comunque nulla di troppo grave. Niente di rotto, sono una roccia io» così facendo si batté un pugno sul petto digrignando i denti subito dopo e lasciandosi sfuggire un verso di dolore. «Cosa – cosa ti fa male? Ti hanno colpito da qualche altra parte?» «No, Harry. Non ti preoccupare…» ma Harry aveva già allungato le mani verso di lui e alzato lentamente il bordo della maglietta scoprendo così, sul lato sinistro del suo addome, un altro livido. «Lou...» mormorò il suo nome a bassa voce, era stato quasi un sussurro. Non riusciva a dire nient'altro, vedere quell'ulteriore segno sul corpo del ragazzo l'aveva lasciato senza parole. Fece per posare le dita sulla macchia viola fermandosi all'ultimo momento timoroso di fargli ancora più male. «Sembra essere doloroso». «Un pochino» gli confessò a quel punto Louis. Era inutile mentire, solo alla vista si capiva che non era una cosa da niente. «Ci hai messo qualcosa?» «Sì, tranquillo. Ci ha pensato Lottie. Così come al resto». Harry continuava a far vagare i suoi occhi ovunque sul corpo di Louis, come a sincerarsi che il ragazzo non gli nascondesse ancora qualche parte lesa. Louis si riabbassò la maglietta poi gli posò una mano sopra la sua «Harry sto bene. Insomma... per quanto possa stare bene conciato così, ma davvero non è il caso che tu stia in pena per me, ok?» Harry annuì piano con il capo, notando che anche le sue mani fossero ricoperte di graffi ed escoriazioni. «Le tue mani...» soffiò piano «Sì, beh. Non è esattamente lo stato in cui dovrebbero essere le mani di un pianista ma... l'importante è che non siano rotte». Louis continuò a rassicurarlo leggendo la sua evidente preoccupazione negli occhi. «Hai bisogno di qualcosa? Se ti posso aiutare in qualche modo dimmelo». Louis gli sorrise grato. Inizialmente non voleva che Harry lo vedesse ridotto in quello stato, ma ora che il ragazzo era lì vicino a lui non poteva non ammettere a se stesso che gli facesse piacere. Era bello avere accanto una persona come Harry, sempre pronta a prestare il proprio aiuto a chiunque.
«Credo che il ghiaccio sia da sostituire» gli disse agitando il contenitore e facendogli sentire che ormai vi era solo acqua, segno che il ghiaccio si fosse completamente sciolto. «Oh, certo. Ci penso io. Torno subito» e così dicendo Harry si alzò dal letto, uscì dalla stanza e si spostò in cucina dove Lottie stava guardando la televisione.
«Prendo dell'altro ghiaccio» annunciò mentre svuotava nel lavandino l'acqua dalla borsa del ghiaccio. Lottie nel frattempo aprì il freezer e tolse il porta ghiaccio, premendolo sul retro e facendo ricadere nella borsa alcuni cubetti, poi riempì gli spazi rimasti ormai vuoti di acqua e rimise il contenitore in freezer.
«Certo che il tuo ex ragazzo è proprio uno stronzo» Harry, che stava uscendo dalla cucina per ritornare da Louis, si fermò di colpo a quell'affermazione. «Co-come hai detto?» «Che il tuo ex, Bryan, è uno stronzo. Per non dire di peggio. Venire qui e picchiare Louis in quel modo non è da persone tanto normali. E per cosa poi? Non gli ha mai fatto nulla, che motivo aveva di – Harry che hai?» Harry la stava guardando con la bocca aperta e e gli occhi sgranati. Lottie stava dicendo che era stato Bryan a picchiare Louis, ma non era possibile. Non poteva esserlo. Ok, lui si era completamente sbagliato su Bryan, ma da qui ad essere uno che va in giro a picchiare le persone ce ne voleva. «B-Bryan... è – è stato Bryan ha picchiare Louis?» Lottie corrucciò la fronte non capendo perché Harry fosse così incredulo. Era stato tutto questo tempo in stanza con suo fratello, doveva pur averglielo detto chi era stato a ridurlo così, perciò per quale motivo ora Harry reagiva in quel modo? «Sì, è stato lui. Ma scusa Louis non te l'ha detto?» Harry scosse la testa «Beh non so perché non l'abbia fatto, però è la verità. E non so come hai fatto a non capire con che razza di persona stessi». Detto ciò la ragazza tornò a prestare attenzione alla tv mentre Harry, dopo essersi riscosso, fece ritorno in camera di Louis.
«Hey, ce ne hai messo di tempo, non arrivavi più. Stavo sinceramente cominciando a pensare che - » «Perché non mi hai detto che è stato Bryan a farti questo?» Harry l'aveva interrotto, rivelandogli ciò che aveva appena scoperto. «E tu come... Ma certo, Lottie. Figurati se è capace di tenersi la bocca chiusa una buona volta». «Allora è vero. Cazzo, cazzo». Harry iniziò a camminare nervosamente avanti e indietro per la stanza, scuotendo la testa e passandosi ripetutamente una mano fra i capelli. «Ma è impazzito! Come gli è saltato in mente di fare una cosa del genere?» «Hey, hey, Harry. Calmati adesso, vieni qui». Harry fece come gli disse e tornò a sedersi al bordo del letto passandogli la borsa del ghiaccio. «Dal momento che Lottie te l'ha detto è inutile negare: è vero è stato Bryan a picchiarmi. Lui e Ty». Si fermò un attimo, guardando attentamente Harry per cercare di capire a cosa stesse pensando, poi continuò. «Non so per quanto sia rimasto sotto casa tua ieri sera, ma evidentemente quel tanto che bastava per capire che ero rimasto a dormire da te. Così stamattina si è fatto trovare qui assieme a Ty. Ha incominciato a dirmi che doveva rimettermi al mio posto perché non dovevo permettermi di avvicinarmi a te, che tu eri suo e io dovevo starti alla larga e poi... beh, lo puoi vedere tu stesso cosa è successo dopo». Harry aveva ascoltato ogni parola stringendo le mani, posate sulle gambe, in due pugni e mordendosi l'interno della guancia. «È tutta colpa mia. Ti ho coinvolto in questa storia quando invece avrei dovuto cavarmela da solo e questo è il risultato». Louis sapeva che Harry si sarebbe preso la colpa per il comportamento sconsiderato di Bryan. Era tipico suo. «Tu non c'entri nulla, Harry. È Bryan che è sbagliato e tu non ne hai nessuna colpa». Cercò di farlo ragionare ma il ballerino non voleva sentire ragioni «No, no. Lui ti ha picchiato perché ti ho fatto restare da me. Sapevo si sarebbe arrabbiato, ma non pensavo avrebbe potuto farti del male. Sono proprio uno stupido». Louis alzò gli occhi al cielo «Quante volte dovrò dirti che tu non hai nessuna colpa per ciò che è successo? Davvero, Harry. Io non ce l'ho con te. Mi dispiace solo che tu abbia dovuto aver a che fare con un cazzone del genere e che, anche ora che tra voi è finita, continui a farti stare male. Questa cosa mi fa impazzire. E sappi che, se avesse avuto le palle di affrontarmi da solo, due pugni glieli avrei rifilati pure io». Harry gli fece un piccolo sorriso, poi fissò i suoi occhi verdi, pieni di preoccupazione e dispiacere, in quelli di Louis. «Mi dispiace. Mi dispiace che ti abbia fatto del male» gli posò una mano sulla guancia malandata, accarezzandola lentamente. Louis si appoggiò meglio alla mano, inclinando leggermente il capo e posandovi sopra la sua. La mano di Harry era calda contro la sua guancia, un perfetto contrasto con il freddo che gli aveva lasciato il ghiaccio poco prima.
Harry si chinò in avanti, scostandogli il ciuffo con l'altra mano e posando le labbra sulla sua fronte «Mi dispiace così tanto» mormorò ancora, scendendo a lasciare un soffice bacio sull'occhio gonfio, passando poi allo zigomo livido e scivolando fino all'angolo della sua bocca. Si fermò, rimanendo a pochi millimetri di distanza, gli occhi fissi sulle sue labbra, il respiro leggermente tremolante mentre accarezzava con lentezza inaudita il labbro inferiore tagliato, assicurandosi di non fargli male. Fu spontaneo per lui eliminare definitivamente la distanza e posare un bacio anche lì, su quelle labbra sottili e rosee che Bryan aveva tentato di rovinare. Si scostò di scatto quando il pensiero di non sapere nemmeno se Louis fosse gay, o se comunque volesse quel contatto fra loro o meno, gli attraversò la mente. «S-scusa» balbettò mortificato mentre Louis lo osservava con gli occhi leggermente aperti per la sorpresa «Io... io non so cosa mi sia preso, perdonami. Fai come se - » non riuscì a terminare la frase però perché il ragazzo allungò un braccio e, posandogli la mano dietro la nuca, lo attirò a sé facendo collidere nuovamente le loro bocche in un bacio morbido, delicato e timoroso. Senza ombra di dubbio, però, voluto da entrambi. Harry si lasciò andare nel percepire la consapevolezza del ragazzo riguardo quello che stava facendo, posò nuovamente una mano sulla sua guancia e continuò a fare schioccare insieme le loro bocche. Leccò lentamente il taglio presente sul labbro inferiore di Louis poi, quando quest'ultimo schiuse le labbra rilasciando un respiro profondo che si andò a stagliare contro le sue, si permise di approfondire il bacio. Lasciò sgusciare la lingua alla disperata ricerca di quella di Louis, mentre la mano libera scivolava al di sotto della sua maglietta, sfiorando con piccoli movimenti circolari dei polpastrelli il livido presente sul costato. Le braccia di Louis si incastrarono dietro al suo collo, le dita che scivolavano tra i suoi ricci stringendoli quel tanto che bastava per trasmettergli tutti la voglia che aveva di lui.
Dovettero però interrompere l'inseguirsi frenetico delle loro lingue quando Louis sibilò contro la sua bocca a causa di una fitta lancinante all'addome. Harry gli afferrò immediatamente i polsi, staccandoli dal suo collo in modo che il ragazzo potesse rilassare i muscoli «Devi fare piano» disse, portandosi le sue mani alla bocca e lasciandovi sulle nocche due piccoli baci. Louis si rilassò nuovamente contro il cuscino posato alla testiera del letto, bagnandosi istintivamente le labbra con la lingua «Almeno adesso ha senso che Bryan mi abbia picchiato» ammiccò, facendo sorridere Harry che protese ancora il busto in avanti per lasciargli un altro bacio a fior di labbra.
«Gli dirò qualcosa» esordì sicuro, ma Louis scosse subito il capo contrariato «No, Harry, lascia stare. Davvero, altrimenti non sarà mai finita». «Lou, non può passarla liscia. Guarda come ti ha ridotto» cercò di farlo ragionare. «Te lo chiedo per favore, Harry. Stanne fuori. Fallo per me». Il ragazzo lo osservò qualche istante in silenzio, indeciso sul da farsi, poi cedette annuendo sconfitto. «D'accordo, va bene. Forse dovresti riposare un po' adesso, non credi? Penso di averti già disturbato abbastanza». «Così anche oggi non ci esercitiamo» borbottò il ragazzo, mentre Harry lo aiutava a mettersi sotto le coperte. «Vorrà dire che quando ti rimetterai in sesto dedicheremo più ore al nostro progetto» lo rassicurò il ragazzo «Io, vivendo solo, ho adibito una camera del mio appartamento come saletta per esercitarmi. Possiamo usare anche quella al di fuori dell'orario dell'Accademia». Louis annuì «Dovrò portare anche la mia pianola, però. Non credo tu abbia anche un pianoforte». «No, infatti. Ma a questo ci pensiamo domani, ok? Verrò qui allo stesso orario di oggi, perciò dì a Lottie di aprirmi. Non come prima che stava per lasciarmi fuori per colpa tua». Louis alzò gli occhi al cielo «Solo perché non volevo mi vedessi così». «Perché sei stupido» gli scompigliò i capelli «Adesso vado, non sforzarti troppo, mi raccomando». Louis lo fermò, catturandogli il polso e avvicinandolo di nuovo a sé per lasciargli nuovamente un rapido bacio a stampo «Adesso puoi andare».
Si richiuse la porta della stanza di Louis alle spalle, raggiungendo il salotto dove Lottie era comodamente seduta sul divano a leggere una rivista «Io sto andando, Lottie. Tuo fratello adesso sta cercando di riposare un po'» la informò. «Se dovesse avere bisogno di qualcosa, non ascoltarlo e chiamami. Lou ha il mio numero». Aspettò il suo cenno di assenso, poi lasciò l'appartamento diretto verso casa sua.
Arrivato in strada alzò il capo lanciando uno sguardo alla finestra della camera di Louis, scuotendo il capo e riprendendo poi a camminare. Si sfiorò le labbra con le dita, sorridendo a capo chino: baciare Louis era stato bello. Forse tanto quanto ballare.
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