Bacio

Nella mia personale lista di cose da fare prima di morire non c'è mai stata la voce "Rimanere bloccata in ascensore", ma forse dovrei aggiungerla alle esperienze pregresse nel curriculum. Dopotutto ho mostrato sangue freddo e ho arrestato la fuoriuscita di sangue con un top!

Ciò che sicuramente c'è -anche se non lo ammetterò mai, no signore, nemmeno sotto tortura, hai capito Livia?- è la voce "Baciare Stefano". Insomma, è pur sempre uno sconosciuto con cui ho scambiato diverse occhiate in università, ma ventidue anni si hanno una sola volta nella vita e sono l'età giusta per fare qualche cazzata.

Le sue labbra sono leggermente screpolate poiché le stava mordicchiando fino a pochi istanti fa, ma presumo che i miei denti su di esse gli facciano molto più piacere dei suoi, se così posso interpretare il repentino avvicinamento dei nostri corpi quando ho iniziato a mordere il suo labbro inferiore.

«Volevo farlo dalla prima volta che ti ho vista» confessa, staccandosi da me per riprendere fiato e ponendo tra i nostri corpi una distanza quantomeno dignitosa.

Si morde l'interno della guancia, strizzando un occhio e forse pentendosi delle parole che ha appena pronunciato.

«Forse non hai ancora smaltito il vino» lo schernisco ridacchiando, alludendo alla sua lingua fin troppo sciolta che in questa nottata mi ha rivelato molto più di quanto avrebbe fatto da sobrio.

«Forse no» mi concede, spalmandosi contro la parete opposta; prendendo consapevolezza del gesto appena compiuto aggiunge: «Mi spiace io non... non avrei dovuto».

Sono costretta a trattenermi per rimanere ferma sul posto e non prendergli il viso tra le mani, beandomi di quell'espressione fanciullesca che gli curva i lineamenti.

«Ci ho messo del mio eh, mi prendo le mie responsabilità» provo a sdrammatizzare ancora, mentre lui pare star combattendo una battaglia contro se stesso.

Non l'ho contraddetto –sarei un'ipocrita se l'avessi fatto, ho ricambiato il bacio con trasporto e l'ho apprezzato parecchio- sebbene ritenga che questo non sia il momento adatto per le dichiarazioni. Comprendo il suo stato d'animo, il panico che si dissolve e la preoccupazione che non lo abbandona, e so che l'alcol ancora in circolo nel suo organismo lo rende più disinibito e meno avvezzo alla comprensione del pericolo.

«Domani, quando avrò smaltito del tutto la sbornia e ricorderò tutto ciò ho fatto, farò un biglietto di sola andata per il Messico» ridacchia ancora, sciogliendo i muscoli tesi e osservando con un certo interesse le scarpe.

«No, scusa, ma in Messico ci vado io. Trovati un altro Stato... che ne so... Congo, Guatemala» lo provoco divertita, dando inizio a un colorito scambio di battute sulla meta che avremmo raggiunto pur di sfuggire all'imbarazzo.

È l'ennesimo blackout a interromperci, spazzando via l'imbarazzo per il bacio avvenuto poco prima e spingendoci a cercarci nel buio. Questa volta è prolungato, non sono pochi secondi come i precedenti.

«S-stefano» bercio con voce stridula, portando la mani avanti e spostandomi a tentoni lungo la parete per raggiungerlo. So che non può fare molto dato che ne sa quanto me, ma la consapevolezza di non essere sola è un fattore importante nel controllo del panico.

«Sono qui» risponde subito, permettendomi di seguire la sua voce. Il mio respiro torna regolare solo quando tasto il suo braccio e mi aggrappo a lui, facendo scorrere le mie dita tra di noi.

A questo punto l'imbarazzo passa in secondo piano, nemmeno ci penso al fatto che sono in reggiseno e che sto tenendo la mano ad un quasi sconosciuto che prima mi ha baciata contro la parete.

«Perché cazzo non torna la luce...» si lamenta, porgendo la domanda retorica alla cabina vuota in cui si ode solo il rumore dei nostri sospiri e del mio piede dolorante che batte con ritmo cadenzato sul pavimento.

Quasi come l'avesse invocata, la lampadina dell'ascensore torna a illuminarci, scoprendoci quasi avvinghiati contro un angolo dell'abitacolo, stretti l'uno contro l'altro senza alcun pudore.

Sbatto le palpebre un paio di volte, abituando le iridi alla luce, finché una voce dall'esterno ci riscuote.

«Hey! Ci siete? Vi tiriamo fuori».

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