13. CONFESSIONI




Apro gli occhi ancora impastati dal sonno, guardandomi intorno confusa. Non mi sono nemmeno accorta di essermi addormentata.

Sono poggiata sul petto di Aiden e lui mi cinge la vita con un braccio, trasalisco al contatto.

Controllo il cellulare per guardare l'orario: le otto!

Oddio, sono stata fuori tutto il pomeriggio.

Mi alzo lentamente e cerco di non emettere nemmeno un sibilo, allontanandomi controvoglia da lui.

Lo osservo: sembra quasi il bambino tranquillo della foto che ho visto con la sorella, dorme beato e rilassato. Il suo respiro regolare ha la strana capacità di trasmettermi una calma quasi destabilizzante. Resto così qualche minuto: seduta accanto a lui a guardarlo.

Lo conosco da così poco tempo, eppure eccomi qui sul suo letto a dormire stretta tra le sue braccia, come se lo conoscessi da sempre. Quasi non mi riconosco.

Aiden, come fai?

C'è qualcosa in Aiden... qualcosa che mi attira, una forza invisibile che mi spinge verso di lui. Le mie labbra si curvano verso l'alto, mi porto entrambe le gambe al petto e vi poggio il mento, sospirando.

Non voglio soffrire ancora, ma cosa dovrei fare?

Dovrei allontanarlo? O dovrei solo lasciar correre e prendere il buono di ciò che verrà?

Attenta a non svegliarlo, lo copro con il lenzuolo e mi avvio verso l'uscita della porta di casa.

La strada del ritorno è molto tranquilla, accompagnata solo dal fruscio lieve del vento e da qualche persona che passeggia tranquilla, ma nonostante ciò troppo silenziosa.

Uno strano vento mi scompiglia i capelli, facendo scivolare il fermaglio - arma che mi ha regalato Sam.

«Preso!»

Un ragazzo lo afferra ancor prima che possa toccare il terreno, mi volto con i capelli ancora attaccati al viso dal vento:

«Carino.» dice, girandoselo fra le mani.

È abbastanza alto, indossa una semplice maglia, jeans e gli anfibi, sembra che sia pronto per andare in guerra.

«Grazie.» allungo le dita per afferrare il mio fermacapelli, ma lui allontana la mano, portandola indietro.

«Sei di fretta?» mi sfida lui in tono dispettoso.

Aggrotto la fronte.

«Potresti anche ridarmelo adesso.» sbotto, ma lui rimane immobile a studiarmi famelico.

Il vento non fa altro che aumentare, sembra quasi che mi spinga dal lato opposto, minacciandomi di farmi cadere.

NO! Non è solo la mia impressione, è proprio quello che sta accadendo!

«Sei un Wiccan.» ringhio.

«Perspicace. Che mi dici di te, ragazza-pesce?» rimango interdetta.

Che significa? Come fa a saperlo?

Un suo passo in avanti è seguito da un mio passo indietro.

«Però ha ragione, sei proprio carina.» mi dice, lasciando schioccare la lingua sul palato e facendo una smorfia. Il mio cervello è annebbiato: chi? Chi gli ha detto che sono carina?

Inclina il viso quasi come un cagnolino indifeso, squadrando ogni mio minimo particolare. Ma a me sembra essere tutto tranne che indifeso. Il suo sguardo tagliente mi lascia correre brividi di terrore per l'intera spina dorsale.

Concentrati Josie.

Concentrati, concentrati.

Un attimo dopo il fermacapelli scatta, prendendo la forma di una piccola spada che ferisce la mano con il quale il Wiccan la impugnava. Egli la lascia cadere a terra e come per magia la ritrovo nelle mie mani.

«Questo non me lo aspettavo, devo ammetterlo.» ammette per niente sconvolto, arricciando le labbra.

Si avventa su di me, bloccandomi un braccio dietro la schiena.

La sua velocità e l'improvviso movimento mi colgono alla sprovvista.

Un suono gutturale esce dalla mia bocca mentre gli do una gomitata, liberandomi dalla sua presa.

Una scarica mi attraversa il corpo e vengo scaraventata contro un muro, sbattendo la testa contro il cemento duro e ruvido. Porto una mano sul punto dolorante, le mie dita vengono contatto con una sostanza viscida, sto sanguinando.

«Chi sei? Cosa vuoi?» biascico, cercando di mettermi in piedi.

Lui mi lancia un ghigno: «Te.»

Vuole me...perché?

Potrò anche avere una spada, ma non ho la minima idea di come usarla, così inizio a difendermi e a colpirlo come ho imparato a fare con Sam.

Riesco a cavarmela con qualche graffio di poco conto. Non fa sul serio, se volesse farmi davvero male, non gli servirebbe nemmeno troppo impegno.

Grazie a qualche sterzata che lo ha colpito di striscio anche lui ha qualcosa che sanguina, ma poi mi sferra un pugno allo stomaco, facendomi piegare in due e cedere a terra per il dolore.

«Non sei poi così brava.» dice, girandomi intorno con le braccia incrociate al petto, come se stesse aspettando che mi rimetta in piedi.

Guardo la sua mano chiusa a pugno, come pronta per colpirmi; mille ricordi riaffiorano nella mia mente, immagini confuse mi passano davanti agli occhi, innescando una parte della memoria che avevo provato a cancellare: calci, pedate, urla. Nessuno avrebbe più dovuto trattarmi così.

Con le ultime forze che mi rimangono gli tiro un calcio negli stinchi, cade anche lui a terra e geme per il dolore, ma non si arrende. Mi salta addosso, immobilizzandomi le braccia. Inizio a dimenarmi. «Lasciami andare!» la mia voce carica d'ansia pare molto sicura e decisa.

Dovrei urlare? L'ultima volta mi ha salvato la vita, ma non ho il tempo di elaborare niente; quando la sua mano si trasforma in un pugno chiudo gli occhi pronta a sopportare il dolore... che non arriva.

Qualcosa lo spinge portandolo indietro, sono a terra con la testa che sanguina e la vista un po' sfocata per la stanchezza ma, strizzando gli occhi, intravedo una sagoma.

Aiden lo sta tirando per il collo, bloccandolo a terra. Balza sopra di lui... vedo solo ombre e voci.

«Non dovevi proprio!»

Improvvisamente una forte folata di vento fa balzare via Aiden da quel ragazzo di cui non resta nessuna traccia un attimo dopo.

So che adesso non c'è più nulla da temere, chiudo gli occhi e mi abbandono.

Quando riprendo conoscenza sento un dolore lancinante all'addome e alla testa, provo ad aprire gli occhi e la luce accecante del sole mi abbaglia.

«Ehi, va tutto bene, sta giù. Volevo portarti in ospedale, ma Sam mi ha detto che saresti stata meglio qui.»

Sento la solita essenza che ormai conosco fin troppo bene, il mio elemento.

Annuisco piano e il mio viso si piega in una smorfia, a ogni movimento ondate di dolore si diramano per tutto il cranio.

«Aiden, per favore portami in acqua.»

«Sei sicura? C'è qualcuno in spiaggia un po' più in là... riesci a controllarlo?» mi dice con aria preoccupata.

«Credo di sì, ma per favore, aiutami.»

Lui annuisce, mi aiuta ad alzarmi e dolorante mi avvicino.

Quando la mia pelle tocca l'acqua non sento più niente: né voci, né dolore ... siamo solo io e lei. Mi circonda quasi completamente.

Cercando di non dare nell'occhio mi allontano dalla riva nuotando per poi immergermi completamente. Resto nel silenzio e nella pace più totale per alcuni secondi o forse minuti, ma ci starei in eterno.

Pian piano riacquisto le forze: i battiti del cuore diventano regolari, la testa smette di pulsare e i muscoli si sciolgono.

Riemergo come farebbe un dio del mare possente, sicuro di sé. Mi sento come rinata.

«Josie?»

Apro gli occhi, Aiden mi fissa attonito, facendo un passo indietro. Guardo di scatto le mani per tastare se effettivamente sono una pozza d'acqua vivente, ma è tutto a posto la mia mano è quella di sempre.

«Cosa?» rispondo.

«Sei stata sotto per cinque minuti, è tutto a posto? Stai be...» si blocca «I tuoi occhi...»

Sorrido e gli vado incontro.

«Sto benissimo adesso.»

«Wow, quando Sam mi ha detto di portarti qui mi sembrava fosse impazzita.

Hai preso una forte botta in testa dopodiché hai perso i sensi. Lei sta arrivando. Ah! Ehm...tieni, l'ho trovato per strada vicino a te.» mi porge il mio fermacapelli che afferro subito.

«Oh, grazie...» gli sorrido, rimettendo il regalo di Sam tra i miei capelli bagnati.

«Grazie.» ripeto, sorridendo riconoscente.

«Non ringraziarmi. Non ci ho visto più dalla rabbia quando eri riversa a terra, non mi sarei mai perdonato se ti fosse successo qualcosa...» abbassa lo sguardo.

«Ehi, non è colpa tua. Non so chi era quel tizio, ma dovrò dirlo a Sam per cercare di capirci qualcosa. Cosa vorrà da me? Magari lei me lo saprà dire. Anzi, mi stupisce che se ne sia andato così facilmente, avrebbe potuto farti male e tu non guarisci con l'acqua.»

Lui annuisce senza dire nulla.

Mi prende il viso, avvicinandolo a sé e mi guarda dritta negli occhi. È triste, sembra che mi stia per baciare invece mi stringe forte come se fossi l'unica cosa di cui ha bisogno. Mi abbraccia senza dire niente, così forte che quasi mi manca il respiro, ma lo lascio fare, perché in questo momento ne ho bisogno anch'io.

«Perché te ne sei andata? Ti avrei accompagnata.» mi chiede serio, staccandosi un po' da me il giusto per intrappolarmi con lo sguardo.

«Non volevo svegliarti e comunque erano due passi, non mi...» mi ammonisce con lo sguardo «Non l'ho fatto di proposito okay?! Non volevo svegliarti.» sbotto infine.

«Non ti ho chiesto io di non svegliarmi.» si allontana da me e inizia a camminare avanti e indietro.

«Tu...tu non capisci se non fossi arrivato io...» dice, passandosi una mano tra i capelli.

«Sarei riuscita a cavarmela!»

Il suo viso si trasforma, trapela rabbia.

«Stai scherzando? Eri riversa a terra, perdevi sangue e mi dici che te la saresti cavata?» adesso sta urlando.

«Io...» balbetto, non so che dire.

«Non sei sola! Non puoi comportarti così, quando lo capirai!» sta proprio esagerando.

«Non sono sola... già.» ripeto con un sorriso amaro sulle labbra, quasi sussurrando. «Ma mi avete mentito tutti: Sam, Lely, mio padre, tu! Posso contare solo su me stessa in questo momento! Non riesco a fare altrimenti, non mi fido!»

Aiden sbianca in viso, non si aspettava una risposta del genere dopo la giornata di ieri.

«Solo su te stessa?» mi dice in tono ghiacciante.

Mette le mani nelle tasche dei pantaloni, solo adesso mi accorgo di quello che ho appena detto.

«Aiden, io...»

Ma lui mi interrompe: «Sai, il tuo elemento non ti si addice, l'acqua è leggiadra, pura come anche il cuore di chi la possiede, per te sarebbe perfetta la terra o per meglio dire la roccia.»

Il sangue mi si gela nelle vene.

«Cosa vuoi dire?»

«Significa quello che hai capito, Josephine.» mi risponde senza giri di parole.

Sento passi pesanti dietro di me e delle mani che mi afferrano, voltandomi.

«Josie, come stai? Ho fatto il più presto possibile.» Sam continua ad abbracciarmi.

«Attenta Josie, Sam potrebbe conficcarti un pugnale alle spalle mentre ti abbraccia.» la sua voce è ghiaccio, piena di indifferenza.

Sam rimane attonita per qualche istante, ma io so qual era il messaggio di Aiden. Vorrei fermarlo, parlargli, ma di lui non c'è più traccia.

Per tutto il tragitto non faccio altro che pensare a quello che ho detto a Aiden: ho sempre pensato di potermi fidare solo di me stessa, non ho mai messo in discussione questo argomento e tutto ciò non mi ha mai dato problemi fino ad oggi.

E se tutto quello che mi sta accadendo fosse più grande di me? Posso davvero affrontarlo da sola? Io e Sam non abbiamo mai discusso di questo, forse perché per lei è sempre stato scontato o forse per la paura della mia risposta.

«Josie! Andiamo, siamo arrivate.»

Sono così immersa nei miei pensieri che mi sono persino dimenticata di essere con lei. Non appena metto piede a terra, mi prende per mano, trascinandomi di corsa in camera. Mi scaraventa sul letto e sbatte la porta dietro di sé.

«Prima che vada a spaccargli la faccia, voglio sapere che ti ha fatto Shrek, così posso regolarmi col dolore che dovrà sopportare!»

«Magari per una volta gli ho fatto qualcosa io, non credi?» affermo, torcendomi le dita per non guardarla.

«Oh beh, vuol dire che ha fatto qualcosa per meritarselo.»

Le lancio uno sguardo contrariato e inizio a spiattellarle tutto. Dopo il mio racconto Sam resta immobile, concentrata ad elaborare quanto le ho appena detto.

«Okaaay, magari hai sbagliato qualche frasuccia.» ammette, sedendosi sul suo letto.

«Non gli darai mai ragione vero?» le dico, girando gli occhi, ma con un piccolo sorriso sulle labbra.

«Mai, deve essere l'ultima cosa che faccio.» esclama, incrociando le braccia davanti a sé «Quindi cosa ti è successo?»

«Sono stata aggredita da un Wiccan, all'improvviso. La cosa più assurda è che sapeva dei miei poteri! Mi ha chiamata ragazza pesce.» confesso con una smorfia.

«Come sarebbe a dire? Nessuno sa di te! Abbiamo fatto il possibile per tenerti nascosta!»

Per tenermi nascosta...

«Lo so ed è proprio per questo che la cosa non mi convince, credo che mi stesse seguendo.»

Lei si alza dal letto e inizia a fare su e giù per la stanza, tamburellandosi un dito sul mento.

Mi prende il nervoso.

«Puoi descriverlo? Magari ti seguiva perché voleva qualcosa da me.» Scuoto la testa.

«Era molto alto e muscoloso; gli occhi verdi e i capelli neri. Ma non cercava te Sam, lo ha mandato qualcuno apposta per me.»

«Qualcun altro? Ne sei sicura?!»

Adesso si è fermata e mi guarda sbigottita.

Io annuisco: «L'ho intuito da quello che diceva.»

Prende l'ombrello e si avvia in fretta e furia verso la porta.

«Torno subito. Vado in biblioteca, non ti muovere da qui. Non sei al sicuro fuori.» mi avverte, minacciandomi seria con un dito.

Non ho modo di controbattere perché è già fuori. Sbuffo e mi accascio sul letto.

«Smettila di gridare!» ringhia, cercando di tapparmi la bocca e colpendomi, ma io con le lacrime agli occhi continuo.

«Sam! Mamma!»

«Non c'è nessuno stupida, ho sentito la macchina partire già da venti minuti!»

Ha ragione ormai non posso più far niente. Continuo a piangere in silenzio, le forze mi hanno abbandonato.

«Perché?» mi lamento, singhiozzando.

Lui mi accarezza delicatamente il viso con una mano mentre con l'altra ha già slacciato i bottoni dei jeans.

«Oh, tesoro mio, ma io ti amo. Te lo giuro, e mi dispiace.» Mi accarezza la guancia ancora sensibile per il colpo.

«Io voglio stare con te per sempre. È proprio per questo che lo sto facendo, così saremo legati. Per sempre.»

Pensa Josephine, pensa, fagli perdere tempo.

«E allora perché con la forza, August? Ti amo anch'io, non mi separerei mai da te, perché mi stai facendo questo?» continuo a singhiozzare.

«Oh no, ssh principessa non piangere, andrà tutto bene, sarai mia per sempre. Scusami, ssh...» continua a ripetere mentre mi accarezza il viso delicatamente, asciugandomi le lacrime.

Un tocco totalmente diverso da quello riservatomi poc'anzi.

Come ho fatto a non accorgermi prima di quanto fosse contorta la sua mente malata?

Cerco ancora invano di spostarlo, ma è troppo pesante, non ci riesco.

Nel frattempo mi tiene le mani ferme e continua a baciarmi il collo, gli occhi umidi, le guance. Non ce la faccio più: mi stringe così forte da farmi male, mi tiene i polsi fermi con una mano e con l'altra mi strappa la maglietta, divaricandomi le gambe con le sue.

«Hai un odore così buono, mia bellissima Josephine.»

«Mamma...» sussurro e chiudo gli occhi, non riesco più a lottare.

Mi sveglio ansimante, i capelli attaccati al viso dal sudore. Mi stropiccio gli occhi; un sogno, era solo un sogno.

Perché sto avendo di nuovo questi incubi! Erano anni che finalmente avevo cancellato dalla memoria quel che era successo.

Un rumore di sotto attira la mia attenzione, afferro il fermacapelli che si trasforma subito in un pugnale lungo quanto il mio avambraccio e scendo di soppiatto di sotto.

Le luci sono spente, è solo un ramo che batte sulla finestra. Mi rilasso visibilmente e in quello stesso momento entrano Sam e mio padre dalla porta, si bloccano alla vista del pugnale e Sam si mette a guardare convulsamente la stanza, piazzandosi vicino a me.

«È tutto a posto?»

Annuisco: «Avevo sentito solo un rumore.»

Mio padre si avvicina: «Josie, ho saputo cosa è successo. Sarebbe meglio per te che non restassi sola, per tua sicurezza. Ho chiesto ad Aiden di venire, così io e Sam vedremo se riusciamo a trovare qualcosa sul tuo aggressore nei nostri registri.» la sua voce è professionale, come il suo lavoro gli impone, ma la sua espressione è chiaramente contrita.

«Aiden non verrà.» sostengo atona.

«Gliel'ho chiesto io Josie, verrà. È stato abbastanza chiaro al riguardo: "vengo solo per sbatterle in faccia che ha bisogno di qualcuno".» mi dice Sam, imitando al meglio la sua voce.

Che presuntuoso.

«Cosa pensi di trovare in biblioteca?» le chiedo.

«Non lo so, non si è mai sentito parlare di attacchi tra i Named.»

Sam si accorge della mia faccia strana, dovuta alla parola che ha appena pronunciato.

«I Named sono coloro che possiedono un elemento e... e tu signorina, non hai ancora letto tutto il libro!» mi ammonisce.

«Sono stata ehm...impegnata.»

Sam alza gli occhi al cielo, in quello stesso istante si sente bussare alla porta.

Mio padre va ad aprire e Sam guarda Aiden con la coda dell'occhio.

«Certo, immagino.» distoglie lo sguardo, riconcentrandosi su di me «Io e Aaron faremo tardi, tieni gli occhi aperti.» conclude avviandosi all'uscita.

Aiden annuisce, chiudendo la porta dietro di loro.

Prima ancora che io possa aprire bocca lui è già in soggiorno con il televisore accesso, sdraiato sul divano come se fosse a casa sua e soprattutto come se io non esistessi, così scelgo di salire in camera mia.

Continuiamo così per un'interminabile ora, pensavo che sarebbe venuto almeno per rimproverarmi invece niente, è peggio di quanto pensassi.

Scendo in cucina per prendere un bicchiere d'acqua e trovo lui che fa lo stesso.

È impassibile, non mi trattengo più.

«Coraggio, parla, dillo!» il mio tono diventa più alto ad ogni parola.

«Non ho nulla da dirti, vederti così è più gratificante di quanto mi aspettassi.» beve un sorso d'acqua, è ancora serio, poi continua: «La ragazza che non ha bisogno di nessuno chiede aiuto a colui che le ha fatto scoprire i poteri di proposito, sarcastico vero?»

Posa il bicchiere sul tavolo dopodiché il suo sguardo si sposta sul mio viso.

«Puoi anche smetterla di fare così.»

Fa qualche passo verso di me, fino a quando il suo viso è vicinissimo al mio.

«Io? Non sto facendo nulla, anzi, mi comporto proprio come ti comporti tu.»

Mi provoca con filo di voce, indietreggio di qualche passo, mantenendo il suo sguardo.

«Ma fammi il piacere, io non sono così!»

Vengo messa all'angolo, si avvicina al mio orecchio.

«Sì invece. Fredda, impassibile e spietata. Di ghiaccio.»

Deglutisco, è come avere un nodo in gola, sfiora la mia pelle con la mano, il mio cuore si ferma.

«Io...ero nervosa, ero arrabbiata.» balbetto.

«Tu eri arrabbiata? Sono stato io a trovarti in quelle condizioni!»

Si allontana da me, fa per uscire dalla stanza, ma poi si ferma, voltandosi di nuovo: «È proprio quando si è arrabbiati, che si dice la verità.»

Lo prendo per mano, bloccandolo: «Cosa dovrei fare?»

Toglie la mano dalla mia.

«Non vuoi proprio dirlo vero?» dice esasperato.

«Cosa dovrei dire?» gli urlo.

«Non accetterai mai i tuoi sbagli! Dopotutto siamo uguali, giusto?» Rimango impalata dove sono mentre lui esce dalla stanza.

Dopo la discussione con Aiden non mi sono più mossa dalla cucina. Seduta su uno sgabello a pensare.

Io sono così. Non posso cambiare. Non voglio. Non dopo tutto quello che è successo. Non ho fatto nulla; gli ho solo detto quello che pensavo. Okay, magari avrò sbagliato il modo, ma ehi! Dovrebbe apprezzare la mia sincerità, no?

Che si aspettava? Che mi fidassi di lui dopo avergli dato un bacio? Non si finisce mai di conoscere una persona, ed è proprio per questo che non bisogna mai fidarsi ciecamente di nessuno.

Ho bisogno di essere così. Mi dà sicurezza, mi fa sentire come se nessuno potesse mai scalfire la mia corazza per arrivare al mio vero io, al mio cuore, così da non poterlo fare a pezzi, di nuovo.

"Fredda, impassibile e spietata. Di ghiaccio"

Le sue parole taglienti mi ritornano in mente. Sospiro sommessamente.

Mi sento le gambe molli come se stessi per crollare, in bilico tra me stessa e gli altri. Non avrei mai pensato che questo posto mi avrebbe cambiata in maniera così radicale.

Sono davvero fredda e impassibile? Sono davvero spietata come dice Aiden? Non posso fidarmi di nessuno, ma se lo facessi cosa accadrebbe?

Sento una macchina nel vialetto seguita dalla voce di mio padre mentre saluta Aiden, lo raggiungo in soggiorno.

«Dov'è Sam?»

«È rimasta in biblioteca, abbiamo pensato di fare dei turni per riposare, domani la raggiungerò dopo il lavoro.» annuisco.

«Tranquilla tesoro.»

Mio padre mi posa un bacio sulla fronte e sale al piano di sopra, il rombo di una moto scuote i miei pensieri, scorgo Aiden dalla finestra e vado di corsa nel vialetto.

«Sono stata sola per tanto tempo!» urlo, non troppo forte, e lui si blocca, osservandomi.

Ciò mi fa capire che mi sta ascoltando, che devo continuare, quindi ingoio a vuoto.

«Non ho avuto nessuno tranne quelle due o tre persone accanto a me ed ero io a prendermi cura di loro, o almeno è quello che pensavo. Ho sempre avuto tutto sotto controllo e...» ho il fiatone, lo stomaco in subbuglio.

C'è un attimo di silenzio nel quale si sentono i grilli cantare e un filo di vento mi scompiglia i capelli.

«E tutto questo mi fa paura. Io...non sto così con un'altra persona da tanto, forse troppo tempo. Non è facile per me fidarsi, ma ciò non vuol dire che non ci stia provando o che non tenga a te, tutto ciò cui credevo è stato smentito in ventiquattr'ore, non voglio cambiare, non dopo tutto quello che mi hanno fa...» mi blocco, scuotendo la testa «Non posso fidarmi, non ci riesco, sono così.»

Aiden ha lo sconcerto in viso, è confuso, lo vedo. Ma nonostante tutto sembra essersi addolcito. Apre la bocca per dire qualcosa ma si ferma, scende dalla moto posando il casco su di essa.

«Non devi cambiare. Né per me né per qualunque altro, ma prova a fidarti magari solo un po'.» mi chiede quasi in tono di supplica.

«Provami che posso fidarmi di te.»

È come avere una muraglia intorno a me, ed è qualcosa che non posso togliere, non da sola e non sono così sicura che qualcun altro ci riesca, forse neanche Aiden.

Posa la sua fronte sulla mia, le parole seguenti mi escono da sole, quasi non fossi io a pronunciarle:

«Mi dispiace.»

Per la prima volta da quando l'ho rivisto accenna un sorriso:

«Non siamo poi così uguali, sei stata coraggiosa a dirmi quelle cose. Tu sei sempre coraggiosa.»

Gli do una pacca sulla spalla mentre lui mi avvicina a sé.

«Stronzo!»

Mi dimeno nelle sue braccia finché non mi ritrovo il suo viso davanti al mio.

«Come facevi a sapere dov'ero quando mi hanno attaccata?»

Si allontana giusto il poco per parlare.

«Mi sono rigirato più volte nel letto, quando non ti ho vista accanto a me sono saltato in piedi e sono venuto a cercarti, percorrevo la strada che fai di solito per andare a casa, poi ti ho visto lì, con quello addosso... il resto lo sai.»

Mentre mi parla ha lo sguardo fisso su un punto, come se rivivesse passo dopo passo tutto quello che mi è accaduto, sembra amareggiato e arrabbiato allo stesso tempo.

«Non dovrai più allontanarti da me. Se dormi con me, voglio svegliarmi e vedere te al mio fianco.»

Scuote la testa come per riprendere conoscenza e fa un lungo respiro, accarezzandomi le braccia.

«Ma...»

Lui mi interrompe: «No, voglio vedere te, svegliami se è necessario.»

Vengo ipnotizzata nuovamente dai suoi occhi, sento il suo fiato sul mio viso: odora di menta, di fresco.

Poggio la testa sul suo petto, le sue braccia mi circondano, stringendomi a lui come non faceva da tempo. Sento il calore che pervade dentro di me, nasconde il viso sul mio collo, posandomi un piccolo bacio che mi fa rabbrividire, dopo un altro apro gli occhi.

L'effetto che ha su di me è inspiegabile, è la cosiddetta quiete dopo la tempesta. Non so cosa faccia o come ci riesca, ma il suo tocco mi tranquillizza come non mi succedeva da tempo.

«Josie, la cena è pronta.»

Sobbalzo di colpo, spingendo Aiden e facendo cadere il casco a terra, lui si copre il viso per nascondere le risate mentre mi volto verso mio padre.

«Sì arrivo!»

«Forse è meglio che vai.» mi dice con un lieve sorriso, ricambio e mi avvio verso la porta di casa.

«Josie» volto leggermente il viso, rimanendo immobile con il resto del corpo «te lo proverò.»

Non rispondo, accenno un sorriso e riprendo a camminare. Me lo proverà, mi darà la prova che posso fidarmi di lui; spero di riuscirci.

Chiudo la porta e trovo mio padre al telefono.

«Sì tesoro, tranquilla. Va tutto bene. Sei riuscita a ritirare il vestito?» Oh, deve essere Jane, non la vedo da parecchio tempo.

Lui sembra rilassato, prendo due minuti per guardarlo: sembra non essere cambiato per niente. «Ah, fantastico.»

«Va bene a domani, ti amo.»

Quelle parole mi fanno sobbalzare, restano sospese a mezz'aria; uno squarcio di memoria mi ritorna in mente:

Oh, Josephine ti amo così tanto.

«Josie? Va tutto bene?»

Sbatto le palpebre un paio di volte e ritorno in me.

«Sì papà, è tutto a posto, scusami.»

Si siede accanto a me «Tranquilla, non lascerò che ti accada nulla, lo troveremo.» annuisco distratta.

«È tutto pronto per il matrimonio, stavolta?» chiedo per cambiare discorso.

«Oh sì. Jane ce l'ha fatta, anche se con tutto quello che sta succedendo non so se sia la cosa giusta!» mi dice malinconico.

«No, papà non ci pensare nemmeno, andrà tutto bene, vedrai.» gli sorrido, ma colgo incertezza nel suo sguardo, prima ancora che riesca a decifrarlo mi ritrovo stretta tra le sue braccia.

Dapprima resto sbigottita per questo gesto d'affetto inaspettato, ma poi lo lascio fare. Restiamo un po' in questa posizione poi mi dà un lieve bacio sui capelli: «Ti voglio bene Josie.»

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