79. SAN FRANCISCO E BUFAGHE

Passate a leggere anche REFLEX - attraverso l'obiettivo


"SAN FRANCISCO E BUFAGHE"

La mattina successiva con l'Impala andammo in direzione San Francisco. Ero agitata ad essere onesta, a quanto avevo capito era lì che aveva frequentato l'università ed era in quella città che aveva conosciuto Kayla. Mi domandavo se l'avremo vista e se il caso avesse voluto presentarmela, non sapevo che reazione avrebbe potuto avere Samuel. Magari avrebbe capito che lei in realtà valeva veramente più di quanto credeva, forse mi avrebbe lasciata in qualche modo, oppure preso dalla nostalgia di lei e di tutti quei ricordi, avrebbe potuto voler rimanere in America e quindi di non tornare in Australia.

Okay, questi pensieri erano altamente pessimisti, ma non ci potevo fare nulla se una parte di me credeva che forse avrebbe scoperto che amava più lei che me. Questa ipotesi era la peggiore di tutte.

«Eccoci arrivati» mi distrasse dai pensieri Caleb.

Osservai fuori dal finestrino e notai quello che poteva essere un monumento di pietra dove inciso c'era scritto "DORMITORY", probabilmente ci eravamo fermati davanti a un dormitorio per studenti che era davvero enorme, sicuramente aveva persino un cortile all'interno.

Sam uscì dall'auto e si stiracchiò. «Finalmente fuori.»

Chissà a cosa stava pensando. Era felice di essere tornato? Gli era mancato questo posto? Ma soprattutto, gli mancava quella ragazza dagli occhi grigi?

«Che fai, non esci?» mi domandò, osservandomi con quello sguardo preoccupato.

Scossi la testa, gli sorrisi ed uscii, notando Cab aprire il bagagliaio. Tirammo fuori le nostre valige, ma la cosa che più mi domandavo era il perché diamine eravamo in un dormitorio. «Ehm, siamo qui per...»

Lasciai di proposito la frase in sospeso, aspettando che qualcuno si degnasse di rispondermi.

«Il mio ex dormitorio» intervenne Sam.

«L'ho capito che è un dormitorio, ma non dovremmo andare in un hotel o che ne so dove?»

«Staremo nel mio vecchio appartamento, insieme ai miei ex coinquilini. Sono di casa, non si faranno problemi e non si accorgeranno di noi» mi fece l'occhiolino.

Giuro che se succedono casini lo ammazzo.
E poi vedi sui notiziari "Scarlett Willoughby arrestata per aver infranto una legge costituzionale".

Ci avviammo così al suo interno, attraversando un piccolo vialetto in mezzo al prato e giungendo all'ingresso. Era enorme. Il pian terreno si ramificava a destra e a sinistra, lasciando la bella vista dalle vetrate sul parco che c'era sul retro e gli ascensori anch'essi in vetro erano occupati.

«Lascia che ti aiuti» mi disse Jared, prendendo la mia valigia e avviandosi verso le scale.

Per un primo momento rimasi leggermente sbigottita, poi mi voltai verso Samuel. «Che gentil uomo, tutto il tuo opposto.»

Aggrottò la fronte e mi guardò male. «Mi stai dicendo che non faccio mai cose carine?»

«Hai sempre uno scopo dietro.» feci spallucce.

«Non è vero mai» si difese.

Mi voltai e seguii il suo coinquilino a testa alta. «Jad è più disponibile e gentile di te.»

Non sentendolo ribattere mi incupii leggermente, di solito aveva la battuta pronta. Mi girai di scatto e lo vidi mordersi le labbra per non sorridere, ma appena notò il mio sguardo, si lascia andare.

Misi il broncio e intrecciai le braccia al petto. «Non c'è nulla da ridere.»

«Oh sì, invece. Ti sei accorta di aver detto una cazzata e ti sei preoccupata. Queste cose non me le puoi nascondere» e prendendomi per le spalle, mi voltò e mi spinse. «Avanti, cammina che siamo al secondo piano.»

Sgranai gli occhi non volendo sul serio salire due piani.

«Avanti, Scarlett. Non ti lamentare e cammina. March. Uno, due, uno, due.»

Scoppiai a ridere e raggiungemmo il moro alle scale, mentre Caleb ci stava ancora dietro come se fosse il chiudi-fila. Boh, andiamoli a capire gli uomini.

«Ma quando sali le scale muovi sempre così il culo?» mi domandò Sammy standomi dietro.

Mi voltai verso di lui per un secondo e i suoi occhi si sollevarono solo in quell'istante.

Senza speranze.
Però non ti dispiace che ti guardi il fondoschiena, ammettilo.
Sei seccante.

«Cos'è, ti da fastidio come salgo le scale? Vuoi che lo muovo così?» e accentuai il movimento sculettando in modo indecente, infatti la smisi subito e scoppiai a ridere.

«No, andava bene come prima» confermò dandomi una pacca sul sedere.

«Aio» mi lamentai massaggiandomi la zona colpita.

«Tsk, ma se ti piace quando lo faccio.»

Assottigliai lo sguardo voltandomi verso di lui. «Sei troppo convinto.»

Sam mi fece l'occhiolino. «Io ho sempre ragione, ricordalo.»

Roteando gli occhi continuai a seguire Jared verso l'appartamento e per un secondo lo sentii ridacchiare per le nostre solite comiche.

I ragazzi delle altre stanze che passavano mi guardavano come se non vedessero una donna da chissà quanto tempo e Samuel, probabilmente notandolo, mi affiancò prendendomi per la vita. «Che avete da guardare, branco di pervertiti?» guardò male un gruppetto e questi si voltarono immediatamente. «Tsk, santi Dei, nemmeno fosse il One Piece.»

Mi aveva paragonata al One Piece?
Sei il suo tesoro.
Queste battute risparmiatele.

«Saaam!» sentii gridare all'improvviso da due ragazzi, entrambi alti e muscolosi. Ma dove cavolo ero finita?

Guarda solo Sammy, guarda solo Sammy-
Ma che stai dicendo?
Mi sta per uscire sangue dal naso, sono nel paradiso di ogni donna single.
Infatti, single, sto con Sammy.
Guarda solo lui ti prego che svengo.
Mannaggia a te.
Oppure guarda Jared... oppure Caleb, mamma mia Caleb.
Tu stai delirando, ma proprio male.

«Travis, Bradley, come state?» diede a loro una pacca amichevole.

«Benone, ma che ci fai in America? Earl aveva detto che eri partito per l'Australia» cercò di capire il secondo.

Sam annuì. «Sì, ma mi sono sentito con Jad e sono venuto con la mia fidanzata a trovare tutti» a quel punto si voltò verso di me e mi tese una mano.

Imbarazzata gliela presi e una volta più vicina a lui, mi tenne per i fianchi. «Lei è Scarlett. Scar, loro sono Travis e Bradley, amici di dormitorio.»

Ad osservarli quei due mi ricordavano alcuni dei volti che avevo visto in una di quelle foto che Sam aveva lasciato a Darwin. Tesi la mano a loro e gliela strinsi uno per uno. «Piacere mio.»

«Carina la tua ragazza, MacGyver.» commentò il primo scannerizzandomi e non capii quel nomignolo, ma mi ritrovai in ogni caso diventare rossa non aspettandomi per nulla quelle parole.

«Sì, sottolinea per bene la tua ragazza» pronunciò quasi con gelosia.

«Che belle le ricongiunzioni,» intervenne il maggiore dei fratelli Watson con un lieve sarcasmo, «ora però dobbiamo andare, mi sto seccando.»

Il solito scorbutico.
Mi ricorda qualcuno. Quanto è sexy...
Chi?
Stiamo parlando di Caleb, non di Mal Ericson.
Credevo che parlassi di Sam, scusa.
Sì, giusto, Samuel... Coscienza, pensa a Sammy, volevi fidanzarti con lui fin da quando l'hai visto, che ti prende adesso?
Ti prego, respira e placati.

«FRATELLOOOOOO» ululò qualcuno infondo al lungo corridoio e appena Caleb si spostò da davanti a me, vedemmo un ragazzo alto e di colore correrci incontro.

«MR. BURRO DI ARACHIDI!» gridò il mio fidanzato.

Appena gli fu vicino gli saltò quasi addosso, stritolandolo per bene. Ma la delicatezza era un optional? «Ed ecco che tra noi ritorna il grande Samuel Sampson! Cazzo, quanto sei manzo dal vivo? A momenti me lo scordavo» gli disse, guardandolo da testa a piedi.

Su Sam comparve un sorriso compiaciuto, il che mi fece schiaffeggiare la fronte. Troppo egocentrico, troppo. «Io sono sempre uno schianto» ed ecco la classica battuta.

Earl si voltò verso di me e mostrandomi i suoi denti perfettamente bianchi, mi abbracciò calorosamente. «Scarlett, finalmente ti vedo di persona» poi si scostò nel guardarmi meglio. «Cavolo, sei proprio una bella ragazza, mi raccomando di non darla troppo facile a Sam, fallo sudare.»

Ma cos...

«Sudo anche fin troppo con lei» strizzò le palpebre mezzo infastidito.

«Ci credo, se no sarebbe sciupata.»

«Ma la volete piantare? Prima con Caleb, ora Earl. Ti prego, Jared, almeno tu salvami» e andai a cercarlo come se stessi nel buio.

Appena gli fui vicina mi sorrise, ma qualcuno mi prese da dietro e mi stritolò a sé. «Se stai troppo vicina a occhietti dolci poi finisci per innamorarti sul serio di lui.»

«Almeno starei con uno meno pervertito» gli feci presente.

«Touché

«La ragazza vede giusto» parlò Earl. «Lui è il miglior fidanzato che una donna potrebbe mai avere.»

«Ehi, perché Jad? Quello figo della famiglia sono io» si fece spazio Caleb. Poi si voltò verso di me e ammiccò sia con lo sguardo che con quella smorfia dipinta sul volto. «E do anche molte più soddisfazioni.»

Ma cosa erano tutti quei discorsi?
Scusa, hai un secchio?
Perché un secchio?
Ma non ti senti la testa allagata? Sto perdendo sangue da naso, morirò dissanguata oppure annegata.

«Ma finiscila» lo guardò male il minore.

«Scusate, ma io non verrò proprio lasciato da nessuno» si intromise Samuel, posando le mani sulle mie spalle e facendo come da trenino, mi portò dentro al suo vecchio appartamento.

Lo osservai per bene e non era nulla di speciale, c'erano quattro porte e dritto davanti a noi una sala con una cucina. Le pareti erano tutte in bianco e la cucina fatta in legno, ma sembrava vecchia.

«So che non è il massimo, ma non è male come posto» disse, baciandomi sulla guancia per poi voltarsi. «EARL!» urlò. «Le stanze sono le stesse?»

Mi girai pure io e gli altri tre ci stavano venendo incontro. «Certo, io la mia stanza non la mollo.»

Sorridente si avviò nell'ultima stanza a sinistra e seguendolo, andai a curiosare. Niente di speciale nemmeno qui, tutto bianco, persino le lenzuola, e un armadio a due ante sempre in legno. Andai alla finestra e si poteva dire che il paesaggio non era male, dava la vista sul giardino come stranamente mi ero immaginata, con alberi e vie con i sassolini in mezzo al prato.

Mi voltai verso Sam ed era a fissare il letto quasi con passività. Una leggera malinconia ornava i suoi occhi, probabilmente ricordandosi di qualcosa... di qualcuno, forse Kayla.

«Sammy?» lo chiamai e trasalendo, mi guardò sorridendo lievemente.

«Sì, dimmi.»

Piegai la testa e avanzai lentamente verso di lui. «Tutto bene?»

Allargando le palpebre annuì, ma non sembrava che stesse dicendo la verità. «Sì certo,» e mise in evidenza le sue fossette, «cosa non dovrebbe andare.»

Arrivata vicino a lui lo abbracciai, affondando il viso sul suo petto sentendo una piccola fitta al cuore. «Non lo so.»

Sentivo di avere la certezza che in realtà non andava affatto bene, maledetta anche la voglia di risparmiare. Se fossimo andati in un hotel o in qualsiasi altro posto, probabilmente ci saremo sentiti meglio. Lui senza i ricordi che probabilmente aveva, io senza pensare che lì sopra avesse avuto rapporti con chissà quante ragazze, perché ero sicura che Kayla non era stata l'unica, bastava guardarlo per capire che di problemi in quel campo non ne aveva avuti sicuramente.

Mi si struggeva il cuore nel pensare di non esser stata la sola. In parte avrei voluto avere già dell'esperienza per potermi mettere l'anima in pace, ma se non fosse stato con lui, non avevo la minima idea del con chi potessi fare l'amore. Mi sentivo come se Samuel dovesse essere l'unica persona che io dovevo amare nella vita. Come se io fossi nata per stare solo con lui.

Però c'erano delle domande che ancora invadevano la mia mente. In cosa io ero più speciale delle altre? Cos'è che io avevo in più, specialmente di Kayla? Lei era di tutt'altro livello, bastava guardarla per innamorarsene perdutamente... e Sam era stato uno di questi. Odiavo questa mia gelosia, mi faceva sentire impotente. Dio, che giramento di testa che avevo.

«Aww, che carini che siete» ci interruppe Earl e forse c'era da ringraziarlo. La voglia di sbattere la testa contro il muro stava per concretizzarsi nel giro di pochi istanti. «Non avevo mai visto Sam così dolce, c'era bisogno dell'amica d'infanzia... amica» sottolineò ironicamente, forse perché aveva sentito parlare di me e Xavier come i suoi vecchi vicini di casa. Come erano cambiate le cose.

«Piantala, arachide gigante» volle farlo star zitto, mollando l'abbraccio e andandogli incontro. «Forse era davvero meglio prendere una stanza di un hotel, spendevamo soldi, ma almeno non c'eri tu a rompere.»

«Eddai fratello, sappiamo tutti che sono uno spasso» e quel suo fare sicuro mi fece ridacchiare. «Visto? La tua ragazza già mi adora.»

«La mia ragazza deve starti alla larga. Scar» mi chiamò uscendo dalla sua, nostra camera da letto.

Lo raggiunsi ed era davanti all'ingresso, con le nostre valigie appoggiate vicino a muro. Sicuramente ce le aveva portate Jared, era adorabile.

Ad ogni modo osservai spaesata il mio fidanzato. «Vuoi uscire di già?»

Aggrottando la fronte aprì la porta. «Non sei tu quella che solitamente vuole fare un giro? Pensavo ti facesse piacere.»

Annuii e lo seguii. Posai lo sguardo sugli altri e sembravano leggermente preoccupati. Ma che prendeva a tutti? Non è che avevano paura che la incontrassimo? Oddio, non subito, eravamo arrivati da quanto, cinque, dieci minuti?

«Godetevi l'uscita» cercò Caleb di spezzare quel filo teso, sorridendo e facendomi l'occhiolino.

Posai i miei occhi sui suoi e quel verde mi diede la forza di andare avanti, di fare un passo oltre la soglia e vedere cosa sarebbe successo.

E se sul serio l'avessimo incontrata? Cosa avrebbe fatto Sammy?
Lo osservai in viso una volta giunti in strada e lui aveva lo sguardo concentrato sulla via. Mi guardai attorno e tra turisti e residenti che sfilavano davanti ai nostri occhi, dava l'impressione di essere simile all'ambiente di Sydney, solo che mi sentivo fuori posto. Inspiegabilmente la paura di perderlo si impossessò di me, tanto da volergli cercare la mano e una volta trovata, lui me la strinse più del solito tra le sue dita. A quel tocco non capii ne quello che passava nella mia testa e tanto meno quello che c'era nella sua. Era insopportabile il fatto di non capirlo fino in fondo.

Samuel

Quel letto. Quelle lenzuola. Quella stanza. Senza motivo mi ricordarono Kayla, il suo profumo, la sua voce. Porca puttana se avevano ragione, San Francisco mi portava a lei. Merda. Dopo mesi e mesi eccomi lì, in quella stanza, dove l'ultima volta avevo passato un periodo da schifo. Forse stava tornando quel lato di me... fragile? E per giunta mi dava fastidio l'aver lì Scarlett, ma non perché non la volessi con me, assolutamente, ero felice che avesse accettato questo viaggio e così inconsciamente aiutarmi ad aprirmi a lei, ma perché avevo paura. Non sapevo bene di cosa, se nella mia reazione nel raccontare quello che mi riguardava, se per la sua reazione nel sapere quello che era successo o se di questa stramaledetta città piena di ricordi.

San Francisco è la tua terra bruciata, risuonò nella mia testa la voce di Caleb.
È la tua fidanzata, Sam, dovresti parlargliene, si aggiunsero le voci di Earl e Jared.
Lo dico per te, si fece sentire la voce si Xavier.
Dovresti tornare in Australia, non andare a Berkeley, ed ecco che ci mancavano le parole di Laretta prima della mia partenza di studi all'estero.
Stavo impazzendo.

Per di più girando per la città mi immaginavo lei, passeggiare con la sua borsa e con sempre un libro a portata di mano. Non avevo mai conosciuto una ragazza così amante della letteratura classica, si immergeva in quei libri tanto da sentirsi parte del racconto.

Potrà essere scontato, ma io adoro Shakespeare, risuonò la sua voce nella mia mente. Amo le sue storie, il suo modo di scrivere. Riesco ad immedesimarmi, riesco a sentire i sentimenti che provano i protagonisti, mi sento loro.

Sammy, una cosa è certa... io e te non staremo mai insieme.

Le sue parole facevano male, ma mai quanto quello che era successo. Ancora avevo in testa quell'espressione che mi aveva fatto vacillare, se non dire spezzare anima e cuore. Era stata davvero colpa mia?

Io ti amo.

«Sammy?» mi chiamo Scarlett e trasalii per l'ennesima volta.

«S-sì, scusami» sospirai pesantemente, passandomi le mani sulla faccia.

Ero frustrato, stavo impazzendo, avevo bisogno di distrarmi. Avevo bisogno di lei.

Non le lasciai dire altro che, prendendola per un polso, la trascinai fino ad un vicolo, la misi con le spalle a muro e, nonostante il suo viso confuso, premetti le mie labbra contro le sue. Ma questo non era un bacio da desiderio fisico, era un bacio da disperazione. Avevo bisogno di sentirmi amato da colei che mi aveva sempre dimostrato di tenerci a me più di chiunque altro.

Senza indugiare, misi in contatto le nostre lingue e lei ansimò, come per cercare aria, come un uomo sott'acqua in cerca di ossigeno. Mi spinsi più verso di lei, mettendo in stretto contatto i nostri corpi e accarezzandole i fianchi. Ed ecco che finalmente riuscii a liberarmi la mente, era estenuante quel pensiero.

Mi accarezzò il viso, poi fece scivolare le mani sui miei pettorali coperti dalla maglia che indossavo e cercò di spingermi via. «Sam-»

«Ti prego, non smettere di baciarmi» mi uscì in automatico dalle labbra, che senza volersi stare ferme cercarono le sue, ma lei spostò il volto.

«Sam» mi richiamò per la seconda volta e a quel punto connessi.

Mi scostai abbastanza per studiarle il viso che era paonazzo dall'imbarazzo e per me non fu difficile intuire i suoi pensieri. Sembrava davvero che la stessi violentando e, dannazione, odiavo perdere la ragione in questo modo.

Mi scansai da Scarlett e mi incamminai infuriato con me stesso, mentre lei mi seguì standomi dietro. Per non avere certi pensieri finivo per combinare altre cazzate che avrebbero potuto farci litigare o ancor peggio lasciare, e io non volevo. Ma che cazzo mi prendeva?

«Sammy!» mi chiamò e sembrava avesse il fiatone. Ecco, avevo pure cominciato a camminare velocemente, perché non riuscivo ad essere normale?

Fermai di botta i passi voltandomi dalla sua parte e lei si scontrò contro il mio petto perdendo l'equilibrio, ma la presi per il braccio e la tirai verso di me. Incastonai i miei occhi con i suoi che cercavano di leggere nelle mie iridi chiare e sembrava volesse supplicarmi. Voleva che le parlassi e non potevo biasimarla, forse era il momento.

«Io...» cercai di dire, ma non mi uscivano le parole. Ero come bloccato, era come se avessi un nodo alla gola che mi impediva di parlare.

Perché quando provavo ad esprimermi, qualcosa me lo impediva? E soprattutto, da dove potevo cominciare? C'erano così tante cose che non sapeva di me, che la mia mente cominciò a fare confusione. Mescolava memorie, invertiva gli eventi avvenuti nel tempo, stavo cominciando ad impazzire.

Chiusi le palpebre per riuscire a mantenere il controllo mentale e mi morsi le labbra, ma riuscendo solo a scuotere il capo, mi rassegnai. «S-scusami, non ci riesco.»

Mi passai entrambe le mani sul volto e quando riaprii gli occhi, Scarlett scosse la testa, mostrandomi un lieve sorriso che mise in pace parte del mio stato d'animo. «Facciamo qualcosa.»

Io ovviamente pensai tutto tranne che un giro per il centro, una mangiata di gelato o chissà quali altre attività di una normale giornata.
Pervertito.

«Che cosa?» domandai infrangendo con le dita i capelli, volendomi concentrare solo su di lei e su quello che voleva fare. Avevo preso la saggia decisione di non esprimere i miei pensieri e lì dovevo stare.
Buono, Samuel, sta buono.

Fece spallucce e distolse lo sguardo, passando gli occhi su varie vetrine. «Non lo so, qualcosa che ci distragga.»

Mi guardai pure io attorno, ma volevo evitare di elencare ciò che viaggiava per la mia di mente.
Che fanno rima con molestie.
Ahh, andiamo.
Giusto, molestie sessuali, scusa, mancava una parola.
Coglione, sii serio.
Perché, non è così?
No.
Sì, certo, e io faccio parte dei Fauves.
Non sei divertente.

La osservai concentrata nel pensare, poi mi guardò negli occhi come se volesse dirmi "non pensare male, ma è l'unica cosa che mi è venuta in mente". Curiosità portami via. «Andiamo a trovarmi dell'intimo.»

May-day. May-day.
Cosa stracazzo sta succedendo adesso?
Allarme rosso, allarme rosso. Questa non è un'esercitazione, ripeto, questa non è un'esercitazione. Mantenere la calma.
Porco di quel cazzo.
Appunto quello devi tenere a freno.
Perché cazzo mi viene a dire queste cose?
Vatti a lamentare.
Prima mi guarda come se la stessi per violentare, e sottolineo di essere il suo fidanzato, e poi spunta così, dal nulla, "andiamo a trovarmi dell'intimo". Capisci anche tu che c'è qualcosa che non va.
Ripeto, questa non è un'esercitazione. Mantenere la calma e procedere con cautela. Ma qualcuno può spegnere l'allarme?

Nulla impedì di far andare in rotta di collisione i miei neuroni, che a momenti potevano ritenersi letteralmente fottuti. Inspiegabilmente certe volte mi sorprendeva talmente tanto che rimanevo sbalordito. Colpa della mia influenza? «Tu-»

Frena n'attimo. Vuoi davvero chiederle se te lo sta chiedendo sul serio?
Perché?
E me lo chiedi? Andrà in ritirata.
Cazzo, hai ragione.
Ci devo pensare io a tutto, come sempre del resto.

«Quale negozio preferisci?» cambiai tema alla mia domanda.

Grazie a Dio, direi.
Grazie Signore.

«Ehm... boh, quello che vuoi, l'altra volta hai scelto bene» disse con una nota di imbarazzo.

Praticamente mi stava invitando a sceglierle l'intimo. Quindi le sarebbe andato bene qualsiasi cosa, l'importante era che io l'approvassi. Ero consapevole del fatto che l'altra volta fosse stata Brooke ad architettare tutto, probabilmente doveva vendicarsi di qualcosa per mettere la sua migliore amica in soggezione in quel modo, quindi io le avevo dato corda improvvisando di puro istinto, ma questo giro... era lei stessa a chiedermelo. Ero più che lusingato.

Con sguardo sicuro e testa alta, ero certo che era arrivato il tanto atteso giorno e nessuno mi avrebbe ostacolato. «Ti convertirò alle brasiliane.»

La sentii deglutire, ma non capii se lei se ne stesse pentendo oppure se la cosa poteva in qualche modo piacerle. In ogni caso la presi per mano e la portai nel primo negozio di intimo. I miei occhi sfogliavano le vetrine e appena vidi mutande e reggiseni, entrai senza esitazione.

Un negozio alla mia portata, evvai. «Che abbia inizio l'inferno.»

«Mi sa che ho cambiato idea» ammise sottovoce.

Le schioccai un'occhiataccia e la vidi pietrificarsi. «Hai avuto tu l'idea.»

«Sì, ma-»

«Ma cosa?» e la guardai fisso negli occhi.

E mentre rifletteva si morse un labbro, ma non era nulla in confronto a quello che volevo farle se avesse cambiato intenzioni. L'avrei sbranata e per una volta, stranamente, non nell'altro senso, ma proprio come avrebbe fatto una tigre con la sua cena.

Scarlett si voltò di scatto e prese la prima cosa che le capitò sotto mano. «Che ne dici di queste?»

Osservai il paio di mutande che aveva tra le mani e, conoscendola, non le avrebbe mai prese di proposito, quindi potevo dedurre che lo aveva fatto solo perché le avevo messo terrore.

Le mostrai un sorriso beffardo e le indicai divertito. «Passi da quelle normali ai tanga? Che salto di qualità, tesoro

Divenne paonazza nel giro di pochi millesimi, lanciando in aria quel filo di intimo e schifandolo come se fosse un grosso e osceno ratto in putrefazione. Sarei morto dalle risate prima o poi, me lo sentivo. «No, te lo puoi scordare, bleah!»

«E brasiliane siano» feci le mie conclusioni, avviandomi dove i miei piedi portavano.

«Perché sei fissato con le brasiliane?» domandò, seguendomi.

Appena ne trovai qualcuna, cominciai a prenderle in mano per osservarle. «Perché credo che i miei occhi e il tuo culo ne hanno bisogno.»

«Ma-»

Mi voltai verso Scar e gliene diedi tre paia, una rossa e le altre in bianco. Rigorosamente in pizzo. «Niente ma, non le hai mai provate, tentar non nuoce. Io invece ancora non ci credo che non ne hai nel cassetto.»

«Ti ricordo che l'altra volta ti sei messo a buttarmi via quelle che non ti andavano a genio, tenendo praticamente solo quelle che mi avevi comprato e quelle bianche e nere» volle farmi notare, mentre si incamminò verso i camerini.

Roteai gli occhi prendendone altre due in nero nel frattempo, però erano a tinta unita. «E ho fatto bene.»

«Non stavamo ancora insieme.»

«Ero il tuo mentore di intimo e a quanto pare lo sono ancora.»

«Potevi evitare quell'imbarazzo disumano che mi facesti provare.»

«Dovresti ringraziarmi invece, e devo dire che almeno non avevi i disegnini sopra, ti avrei uccisa.»

Entrò in camerino e mi fissò scettica. «Non eravamo fidanzati» volle ricordarmi ancora.

«Allora povero il ragazzo con cui ti saresti messa insieme» e le chiusi la tenda in faccia.

Uno sbuffo al di là del telo giunse alle mie orecchie. «Ci saremo messi insieme comunque, mutande fluorescenti o con gli unicorni!» sbottò.

Scoppiai a ridere piegandomi in due. Aveva ragione, ci saremo messi insieme in ogni caso anche se avesse avuto nei cassetti mutande con sopra quokka e cuoricini, ma forse sarebbe stato meglio che le avesse, avrei avuto una motivazione in più per prenderla ancor di più per i fondelli.

Mi misi composto sul muro a fianco e aspettai un suo segnale di vita, poi però mi passò per mente che era la mia fidanzata e che quindi potevo entrare, ma prima... «Scar, vado a cercare dei reggiseni.»

Andai a sbirciare tra le terze che c'erano esposte, ma come punizione mi dovetti subire l'ennesima falena che vagava per lo shop. «Posso aiut-»

Mi voltai con il mio sguardo tagliente e le parole le morirono in gola, ma successivamente mi mostrò un sorriso felice e mi ritrovai a non capirla. «Samuel, sei tu?»

Feci una smorfia non ricordando della sua esistenza. «E tu chi saresti adesso?»

Anche la sua risata mi recava fastidio. «Avanti, non ricordi? Mi avevi scambiata per una certa Lisa.»

Roteai gli occhi capendo con chi avessi a che fare. Che palle, proprio non ci arrivavano da sole e sicuramente nello stato relazionale in cui ero, mi urtava maggiormente le palle aver a che fare di nuovo con queste... cose, tizie, cosa erano.

Mi bagnai le labbra e mi avvicinai di poco. «Ti svelo un segreto...» e lei sembrava più curiosa che mai. «Non ricordo della tua esistenza, Lisa non è mai esistita e, notizia dell'ultima ora, sono impegnato, quindi puoi evaporare.»

Che brutale.
La vita non va sempre come si vuole e io sono una prova vivente.

Tornando alla mia ricerca, presi tre reggiseni dei tre colori trovati prima per le mutande e ne rimasi soddisfatto. Tutto contento e senza nessuna interruzione ingrata, me ne tornai nel camerino. «Quok-» ne aprii uno, ma dentro c'era una signora che mi guardò sbarrando gli occhi. Chiusi di scatto sentendomi Scarlett. «Oh mio Dio, mi scusi.»

La mia fidanzata uscì la testa dal camerino a seguire e scoppiò in una fragorosa risata nel vedermi in quello stato di forte disagio. Per fortuna non se l'era presa.

Assottigliai lo sguardo pronto per tapparle la bocca, ma la signora uscì dal suo spogliatoio e mi guardò come se effettivamente non l'avessi interrotta. «No, tranquillo, nessun disturbo.» Appunto.

«Mi scusi, tra poco questo ragazzo sarà mio marito, ritorni da dove è venuta e non fantasticare su queste meravigliose chiappe» e prendendomi per il polso, mi tirò dentro al suo camerino, intenta successivamente a chiudere per bene la tenda.

Io ero altamente confuso. «Chi è che si sta per sposare?»
No, la domanda è se veramente ti ha portato nel suo camerino.
«E da quando mi strattoni nel camerino?» recuperai la palla ancora in gioco.
Ti ha dato anche l'aggettivo meraviglioso accompagnato dalla parola chiappe.
Ma quelle so già di averle.

Ancora poco convinta che fosse chiusa del tutto, dato che rimaneva sempre uno spiraglio di troppo, mi fissò nelle iridi. «Volevo levarmela di torno e comunque da quando tutte vogliono saltarti addosso, fossero bufaghe e tu un ippopotamo capirei» bofonchiò.

Risi nuovamente appoggiando i capi che avevo in mano sulla sedia e mi resi conto solo in quel momento che era in intimo. Aveva un corpo così sinuoso che rimanevo ogni volta a bocca asciutta. Non era ne troppo robusta ma nemmeno troppo magra, era quel giusto per poterla sentire tra le dita se la stringevo a me e amavo quella sensazione. Le accarezzai i fianchi e la girai senza una sua obiezione. Dallo specchio poteva notare sicuramente che ero compiaciuto delle mie scelte e delle sue natiche.

«Allora?» mi distrasse. «Ti piace come mi sta?»

Annuii non riuscendo a parlare, successivamente mi schiarii la gola. «Prova le altre.»

Senza dire nulla tirò giù le mutande e, per mia sfortuna, aveva le sue sotto indossate tutte striminzite. «Perché non ti togli le tue?»

«Sai quante donne le hanno indossate e toccate? Potrei prendermi chissà quale malattia.»

Nonostante la sua visione fosse leggermente esagerata, non potevo darle torto, non doveva essere molto igienico. «Ma i reggiseni no» constatai ad alta voce mentre indossava un altro paio e dallo specchio notai che cambiò espressione, assumendo quella classica confusa mista alla paura.

«Sam-» ma senza darle il tempo di finire il mio nome per intero, le sganciai i ferretti.

«Troppo tardi.»

Con preoccupazione cercò di riallacciarsi il reggiseno, ma prendendole i vestiti dall'attaccapanni, glieli misi fuori dal camerino. «Che vuoi fare?» domandò osservando i miei gesti.

Lo avevo mai detto che mi divertiva un casino vederla in quello stato di scombussolamento? «Voglio che tu provi anche questi reggiseni che ti ho preso, se no passeggerai in intimo per tutta San Francisco.»

Mi guardò come per volermi fulminare, ma poi si arrese e si tolse il reggiseno. Dallo specchio le potevo ammirare la schiena nuda, ma l'occhio cadde da tutt'altra parte.

«Allora?» mi incitò, facendomi alzare lo sguardo dal seno. «Vuoi che li prova sì o no?»

Alzando le sopracciglia, gliene passai uno. La osservai nel mettersi le bretelle per poi voltarsi verso lo specchio. «Vuoi aiutarmi?»

La guardai negli occhi attraverso i nostri riflessi, per successivamente attaccarle i gancetti dietro. Se lo mise apposto e si osservò per bene. «Che ne pensi?»

Sorrisi prendendola per i fianchi, abbracciandola e abbassandomi di un po' le baciai la guancia, ammirandola e posando il mento sulla sua spalla. «Dico che questo completino in rosso è proprio in tema natalizio.»

Mostrandomi il suo caldo sorriso, mi persi in quella perfezione. Non c'era cosa che avrei cambiato di lei, era meravigliosa, eppure Scarlett non mi credeva quando le facevo un complimento ed era così triste pensare che lei non riusciva a vedere quello che invece vedevo io. Anche quella risata fievole che fece per imbarazzo era stupenda, lei non la sopportava, ma io pensavo che al contrario fosse così sensuale e dolce. Adoravo ogni suo piccolo particolare, lei era così avvenente, semplicemente magnifica.

È questo quello che intendevano Lara e Kayla?



Aussie,

L'ospite d'onore di cui parlavo non era Kayla, ma ben sì Earl! Non ditemi che vi siete dimenticati di lui. 😱

Comunque mi spiace per voi che Sam alla fine non è riuscito a parlare, però Niki vi vuole bene comunque. 💕
Scusatemi per l'attesa del momento, ma quando sarà, sarà, non vi dico quando parlerà perché, ragazzi, sapete che non sopporto gli spoiler, quindi non chiedetemi. 🙈
In ogni caso in un modo o nell'altro verrete a sapere, quindi no worries, mate!
Credo che dovrò più io prepararmi per le vostre reazioni che voi alla notizia che vi aspetta hahahahahahah.

-4

Have a nice day 🐨

Niki_Rose

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top