65. TI DETESTO

"TI DETESTO"

«Scarlett! Vieni da me questo pomeriggio?» mi chiese Juliette uscendo dalla classe di spagnolo. «Ho bisogno di una mano, non capisco delle cose.»

Sentii nella mia testa la voce di Samuel che commentava con "ci sono tante cose che non capisci", ma evitai di dirlo ad alta voce. «Sì certo. Ci sarà anche Ethan alla villa?» mi venne da domandare. Era solo passato in reception per dare il regalo di compleanno a Sam ed erano quasi due settimane che non ci beccavamo, mi sarebbe piaciuto vederlo e parlarci ancora.

La vidi annuire. «Sì certo! Perché?»

«Perché è il padre di Sam» pronunciai con ovvietà.

Credevo che lo sapesse.
E secondo te se lo ricorda?
Effettivamente...

«Wow, davvero? Sai non lo sapevo, ma se vuoi invitare anche lui fa pure, più siamo meglio è, no?»

E mentre chiacchieravamo, lo incontrammo nel cortile. Andava a passo spedito verso l'uscita, ma appena mi vide rallentò, aspettando che lo raggiungessi. Appena fummo vicini, mise in evidenza le sue fossette, salutandomi.

«Sammy, sto andando a casa di Julie, dice che ci sarà anche tuo papà, vuoi venire?» gli dissi.

Spegnendo quel sorriso si grattò la mandibola. «Non riesco, più tardi devo andare a fare lezioni a quel ragazzino di cui ti parlavo, magari un'altra volta.»

Stavo per rispondere, ma Juliette mi precedette. «Scarlett, è arrivata la macchina a prenderci, andiamo!» e trascinandomi per il braccio, salutai velocemente Samuel che mi ricambiò con un gesto della mano.

Durante il tragitto buttai un occhio al cielo e sicuramente a breve avrebbe piovuto a catinelle. Quelle nuvole così grigie sembravano cariche di pioggia e fulmini, infatti a distanza ne vidi uno solcare quella tavola cupa. Ed ecco che iniziò a piovere, fantastico, non avevo nemmeno l'ombrello a portata di mano. Poteva andare peggio di così?

Arrivate alla villa, mi balzò in mente il ricordo dell'ultima volta che ci avevo messo piede. Quell'individuo, giurai a me stessa che se avesse fatto di nuovo il deficiente, sarebbe diventato un uomo morto.

Uscite dall'auto e corso verso l'ingresso per non bagnarci, varcammo la soglia e, ritrovandomi davanti allo stesso soggiorno dell'altra volta, notai che nulla era cambiato. Si presentava in modo divino, l'arredamento era esposto in modo impeccabile e messo ben in ordine, e tutto era pulito senza la minima presenza di un dettaglio fuori posto. Il silenzio governava nella residenza, ad eccezione per la musica messa a palla che proveniva dal piano superiore. Solo un nome mi venne in mente: Jake. Rimasi qualche secondo ad origliare di che tipo di melodia fosse e nonostante non riconoscessi li gruppo, dovevo ammettere che aveva buoni gusti essendo rock puro. Maledetto.

«Scarlett?» pronunciarono con tono incredulo il mio nome alle mie spalle e voltandomi sorrisi riconoscendo anche la voce.

«Ciao Ethan» dissi felice di vederlo.

Lui si avvicinò e mi abbracciò a sé come fin dall'infanzia faceva qualvolta ci incontravamo. «Ciao principessa, come mai da queste parti?»

«Aiuto Julie con spagnolo.»

Ethan sciolse l'abbraccio permettendomi di salutare anche Amanda. Come sempre era vestita in modo impeccabile, con un completino porpora che la risaltava. Ero sempre più convinta del fatto che lei fosse una di quelle donne che poteva stare bene con ogni tipo di capo, la qualsiasi cosa indossasse lei poteva risultare sempre magnifica. «È un piacere rivederti, Scarlett» mi salutò dolcemente. «Samuel non è venuto?»

«Lo abbiamo invitato, ma doveva andare a breve da un ragazzino a dargli delle lezioni private.»

«È mio figlio» affermò il signor Sampson con fierezza. «Rimarrei qua volentieri, principessa,» e mi accarezzò dolcemente una guancia, «ma dobbiamo andare a una conferenza. Spero di rivederti presto, magari con Samuel.»

Annuii un po' triste di non passare ancora qualche minuto in sua compagnia. Anche se ci ritrovavamo nella stessa città, in qualche modo era sempre impegnato con il suo lavoro. «Certo.»

Mi scompigliò i capelli mettendo in evidenza le sue fossette, più marcate di quelle del figlio, e uscì con la sua donna.

Con la strana sensazione di sentirmi isolata, mi voltai e, senza farlo nemmeno apposta, Juliette era sparita. Che si era persa ancora? No, non volevo crederci. Volendo aspettare un pochetto, mi misi sul divano ad attendere un suo segnale di vita, ma passati cinque minuti cominciai a preoccuparmi.

«Ehi, Scarlett,» sentii debolmente alle mie spalle e girandomi la vidi in modalità zombie, «non mi sento molto bene.»

Ma se era piena di vitalità all'università? In qualsiasi caso mi preoccupai. «Che succede?»

Si sedette al mio fianco e appoggiando la sua testa sulla mia spalla, potei constatare che non stava affatto bene. Le misi una mano sulla fronte vedendola un po' bianca in viso, ed era calda. «Julie, ma tu sei ammalata!»

La sistemai meglio sul divano, ma non sapendo dove fossero coperte e cose varie, mi venne in mente di chiedere aiuto all'unica persona che sembrasse presente in quella dimora. Andando nella direzione da dove proveniva la musica, salii le scale, girai a sinistra e cercando di capire da dove potesse venire, bussai nell'ultima porta che trovai. «Jake, sei qui?» chiesi titubante.

Giuro che se mi ritrovo Taylor o Natasha me ne vado.
Magari invece ti si presenta una squinzia nuda.
Non so cosa sia peggio.

Poco dopo si aprì l'entrata e spuntò un Jake ovviamente a petto nudo. Credevo che l'unico che potesse starsene così fosse Sammy, persino Xavier si degnava a mettersi una canotta. Almeno, quando c'ero io era così.

Con Danielle magari gira nudo.
Risparmiami questa visuale, ti prego.
Meglio un Sammy nudo, hai ragione.
Io non ho detto nulla.
Fase santarellina saltata ragazza mia, oramai fate sesso.
Non è sesso.
Ah giusto, voi fate l'amore, scusami.
Ora prendi pure per i fondelli?
Come faccio a non farlo? Mi viene naturale, sei stupida.

«Charmander? Cos'è, non riesci a starmi lontana?» e sorriso beffardo. Mamma che nervi.

Scossi la testa volendogli tirare un pugno, ma evitai il contatto fisico. «Julie sta male, ha la febbre e non so dove siano coperte e medicinali.»

Sul suo viso si fece spazio un'espressione seria, uscì dalla stanza e si precipitò da basso. Non lo credevo così protettivo. Seguendolo giù per le scale, lo vidi prendere sua cugina a mo di sposa, per poi avviarsi di nuovo al piano superiore. Andando a destra, entrò in una stanza ed era tutta rosa e piena di cavolate. Mi osservai attorno e alle pareti c'erano appese molte fotografie e poster, sul suo letto c'erano un sacco di pupazzetti e sul comodino aveva una bambola di ceramica altamente inquietante, come facesse a dormire la notte non sarei mai riuscita a capirlo. Jake posò la mia amica sul letto e le mise le coperte, sistemandole per bene.

«Accidenti a te» bisbigliò, ma non sembrava seccato, tutto il contrario, il che lo rendeva... carino? Cioè, era sorprendente vederlo in quelle vesti, mi spaventava, infatti lo osservai come se fosse un ibrido tra un wombat e un fenicottero. Che abbinamento strano.

Poco dopo mi venne incontro senza far caso alla mia espressione, mi prese per un polso e mi trascinò con sé. «Dove mi stai portando?» domandai dubbiosa. Conoscendolo poteva anche fare agguati alla Samuel, il che mi preoccupai a morte.

Ma appena aprì una porta, per mia fortuna notai che era solo il bagno. Liberando la presa cominciò a frugare tra le ante, tirando fuori dei medicinali che poi passò a me. Okay, gli stavo facendo da segretaria, fantastico. Poi riempì una bacinella di acqua fredda, prese un asciugamano e lo intinse all'interno della prima, spostandosi successivamente verso la stanza di Juliette. Io ovviamente mi misi a pedinarlo senza dire una parola e il fatto che anche lui stesse in silenzio mi metteva a disagio.

Davvero è Jake Parfit? Non lo facevo così...
È pur sempre sua cugina, ed è più piccola. Mi ricorda Sammy con te.
Lui però la tratta diversamente.
Sì, loro sembrano più fratello e sorella di te e Sam. Vuoi due in realtà non lo siete mai stati, quanto tempo sprecato.
Sempre a lamentarti, stiamo insieme ora e facciamo quello che tu speravi che facessimo, potresti farti anche un bel piatto di cavolacci tuoi.
Ci hai sempre messo troppo tempo.
Che palla al piede che sei.

Lo osservai mentre le metteva il panno sulla fronte, misurarle la febbre e darle qualche medicinale, e non appena si addormentò, non volendoci molto, lui mi fece cenno di uscire e lasciarla così riposare. «Mi spiace per questo inconveniente» pronunciò, dirigendosi verso la sua stanza.

«Non c'è problema, l'importante è che stia meglio.»

Pmf, uscì dalle sue labbra. «Su, vieni con me.»

Titubante lo seguii all'interno della sua camera da letto e in realtà me la immaginavo più sporca, ma non nel senso di pulizie. Nemmeno l'ombra di un poster sconcio, pazzesco. Ce ne era solo uno dei Nirvana, il che la mia stima su di lui era aumentata da 1% a 2%. Doveva farselo bastare.

«Non essere timida, entra e siediti sul letto.»

Sembrava più un ordine che altro e nonostante ci fosse una vocina nella mia testa che diceva di non fidarmi, feci qualche passo in avanti, ma mi fermai nel guardare le coperte, schifata. Chissà con quante donne aveva fatto rapporto sessuali in quelle. Rabbrividii a pensarci.

«Sono nuove tranquilla, sennò non ti ci farei sedere.»

Mi voltai verso di lui e aggrottai la fronte. «E perché?»

Ma di che problemi soffre?
Chiedi.

Lui si buttò sul letto, sdraiandosi vicino alla parete e tenendo le mani dietro alla testa. «Perché, ti saresti seduta?»

Scossi la testa stando ancora in piedi davanti al letto.

«Allora cosa aspetti?»

Ancora diffidente mi abbassai e mi appoggiai al materasso, cercando però di stargli lontana. Lui, notando questa cosa, fece una piccola risata, poi cercò di prendere parola, ma la sua voce venne fermata dal suo cellulare che prese a squillare. Jake osservò lo schermo e rispose. «Ehi, mà.»

Subito dopo buttò un occhio fuori dalla finestra e voltandomi dalla stessa parte, notai la gravità del momento. Non stava semplicemente tuonando e diluviando, la pioggia e il vento che vedevo attraverso il vetro potevano farmi dedurre che poteva venire difficile circolare con i mezzi di trasporto, figurarsi a spostarsi a piedi, si poteva imparare a volare. Era una di quelle tempeste che non vedevo da moltissimo tempo e non volevo immaginare come potesse essere l'oceano.

«Okay, va bene, non c'è problema... Sì, Scarlett è qui con me, Julie si è ammalata e sta riposando in camera sua... sì mamma, non ti preoccupare, ci sentiamo più tardi, ciao.»

Io lo guardai curiosa di sapere cosa gli avesse detto ed osservando la mia espressione sputò il rospo. «Sono bloccati per via della tempesta, quando verrà più facile spostarsi verranno qua. Nel frattempo tu sei ferma qui con me e preparati, magari ti toccherà stare qua questa notte» finì di dire, sogghignando.

Io sbarrai gli occhi non avendoci pensato minimamente. Dovevo sul serio rimanere là dentro con lui? Perché doveva capitare anche questo nella mia vita? Perché ero un'attrazione per le sfighe?

Perché io sono io?
Me lo chiedo anche io.

Questa volta squillò il mio telefono e senza nemmeno farlo apposta era Samuel. «Ehi Sammy.»

Ora si incazza.
Questo è poco ma sicuro.

«Scar, sei da Juliette, vero?» il suo tono preoccupato mi fece intuire che anche lui si fosse accorto del cattivo tempo.

«Sì, lei però è ammalata, tuo padre è fuori con Amanda, sono bloccati alla conferenza e non riescono a tornare, hanno giusto chiamato ora.»

«Ah, mi spiace per Juliette, spero si riprenda. Ma dimmi, sei da sola con lei?»

Ed ecco il tasto dolente. Guardai Jake e sembrava aver intuito la conversazione dal suo sorrisetto. «Ecco... ci sarebbe Jake.»

«COSA?!» esclamò e nello stesso preciso istante si sentì un tuono provenire da fuori. Tempismo perfetto. «È lì con te?» chiese con un tono duro.

«Ehm... sì.»

«Passamelo.»

Dubbiosa allungai il mio cellulare al biondo e con un'espressione divertita lo prese e se lo portò all'orecchio. «Ciao fratellino.»

«Non chiamarmi in questo modo, non siamo ufficialmente fratelli e per la cronaca tra i due sembrerei io il maggiore essendo più alto e spesso, non tu.»

La voce di Samuel si riusciva a sentire anche senza il vivavoce, pazzesco.

«Oh, andiamo, credi che per me non sia stato uno shock scoprire di essere imparentato in qualche modo con una seccatura come te? Comunque vai al sodo, non ho tutto il tempo del mondo, ho altro da fare.»

«Giuro che se il tuo altro da fare riguarda Scarlett ti farò pentire di essere venuto al mondo! Non provare a toccarla, non ti azzardare a muovere un muscolo perché ti assicuro che ti verrò a cercare, Parfit, e sta volta non ci sarà Hugh a fermarmi.»

«Messaggio percepito forte e chiaro. Ci sentiamo.» Il suo tono sembrava più una presa per i fondelli che altro.

«Non scherzare con me Par-»

Jake staccò la chiamata ridacchiando e mise successivamente il mio telefono sul comodino. «Certo che è molto protettivo. Da quanto state insieme?»

Mi portai una ciocca dietro all'orecchio, preferendo osservare lo smartphone che lui. «Due mesi.»

«Uh, coppietta appena nata allora. E dimmi, lo avete già fatto?»

Sentii le guance prendere a fuoco, quindi presa dall'imbarazzo raccolsi un cuscino che teneva ai piedi del letto e glielo tirai. «Ma che domande fai?!» sbottai.

Lui scoppiò a ridere fermando per di più la mia cuscinata. «Okay, lo avete fatto. Cavolo, ci avete messo poco tempo, ti facevo più santarellina.»

Credimi, lo sarebbe stato se il compleanno di Sammy fosse venuto più avanti.
Perché gli dai filo?
Perché effettivamente è così. Andiamo, Scar, hai avuto la scusa del compleanno, anche se sentivi di voler di più di un bacio, ti ci sarebbe voluto più tempo talmente sei cocciuta e ingenua.

«Smettila di prendermi in giro!»

«Ma non ti sto prendendo in giro, voglio solo conoscerti. Sicura che hai fatto bene a dargliela così facilmente?»

Fermai la mia rabbia e corrugai la fronte. «Perché dici questo? Non sono affari tuoi.»

Dove voleva arrivare?

«Beh, fosse per me crederei che sei una facile.»

Accigliai lo sguardo. «Non lo sono, e tu sei uno stronzo.»

«Allora com'è andata? Ha iniziato a baciarti e tu hai aperto le gambe, oppure ti ha supplicata?»

Iniziai a scaldarmi, tanto da iniziare a tirargli il cuscino più e più volte non riuscendo a fare niente. «Sei veramente un coglione! Come ti vengono in mente certe cose?! Non è andata assolutamente così!»

Dopo aver incassato diverse cuscinate, mi strappò di mano il cuscino e sollevandosi subito dopo, avvicinò il suo volto al mio. «Allora racconta, Charmander.»

Lo guardai male dritto negli occhi volendolo dare a fuoco. Era davvero insopportabile. «Non lo dirò di certo a te, sono cose intime e private!»

«Ah, mi ero dimenticato che voi vi frequentate fin da piccoli, in un certo senso avete anche aspettato fin troppo.»

«Smettila» cercai di intimarlo, erano affari che non gli riguardavano.

«Quindi sapete tutto dell'altro, suppongo.»

Le parole mi si bloccarono in gola. Non sapevo cosa rispondere, era impressionante quel ragazzo, che odio, e l'astio di mio fratello nei suoi confronti era più che comprensibile.

Ehm... non per cosa, ma ha anche messo Danielle incinta.
Porca vacca, come ho fatto a non pensarci?
Sei deficiente, ecco perché, e ancora stai in quella stanza con lui.

Accorgendosi della mia ritirata e dei miei pensieri dirottati su un altro pianeta, sorrise in modo altamente strafottente. «Quindi non sapete tutto, capito. No aspetta, sono sicuro che lui sa più cose di te che il contrario, non è forse vero? So che è stato via per molto tempo, non ti ha raccontato nulla? Quante ragazze avrà avuto? Dall'aspetto che ha credo proprio che se ne portava sempre una diversa a letto, il fratellino mi assomiglia.»

«Smettila» ringhiai.

«Cos'è, ti da fastidio non sapere? Posso capirti. Ma dimmi, mentre stavate nello stesso albergo a dormire insieme e nel periodo in cui eravate ancora amici, lui non ha mai portato nessuna?»

«No» dissi in modo secco e volendogli stampare una mano in faccia, ma lui mi fermò prendendomi per i polsi e tenendo le nostre braccia bloccate a mezz'aria.

«Ne sei sicura?»

A quel punto mi venne in mente Natasha che era uscita dal mio appartamento quando stavo tornando da Suwa. Samuel mi aveva detto che non avevano fatto nulla, aveva solo dimenticato la felpa all'università e quella bionda era andata a riportargliela. Per di più mi aveva confessato di non aver avuto rapporti per molto tempo, quindi c'era da escludere questa possibilità. «Sicurissima.»

«Però hai esitato» notò quel dannato.

«Ma non ce ne era bisogno, quindi smettila e basta, hai rotto abbastanza per oggi.»

«Ma se ho appena iniziato. E dimmi, sai cosa ti tiene nascosto? Magari centra una ragazza.»

Il cuore mi si fermò con un solo nome nella testa: Kayla. Che rottura, ma non per lei, ma per il fatto che non sapevo nulla. Avevo conosciuto Earl e Jared al telefono, era vero, ma di questa Kayla non sapevo niente di niente, solo che era stata più di un'avventura americana.

«Ho colpito nel segno» pronunciò convinto e quel sorrisetto malizioso era da cancellarglielo. Per caso esisteva una gomma apposta? Perché in quel momento mi serviva.

«Zitto» dissi a denti stretti.

«Ma che ci trovi in lui? Insomma, ti tiene nascoste le cose, fa il misterioso, andava a letto con molte ragazze e probabilmente non si ricorderà nemmeno i loro nomi.»

«Certo, perché tu sarai diverso» sbottai con un leggero sarcasmo.

«Se noi fossimo fidanzati ti racconterei tutto della mia vita, Charmander. E devo essere sincero con te, il fatto che tu non sia attratta da me fa crescere in me un desiderio di possederti, specialmente se a me preferisci Sammy.»

Lo osservai mordersi un labbro e d'istinto indietreggiai con la schiena, ma perdendo l'equilibrio e rischiando di cadere, Jake mi tirò prima a sé avendo ancora un mio polso tra le sue mani, per poi cingere un suo braccio dietro alla mia schiena, impedendomi così la caduta. Lo avrei anche ringraziato, ma una volta presa e portata a sé, mi strinse tra le sue braccia e mi ritrovai a non capire. Cosa voleva fare? Ci mancava solo che mi volesse stritolare. Cercai spostarmelo di dosso avendo le mani libere, ma lui aumentò la stretta sogghignando.

«Mollami» cercai di dire tra uno sforzo e l'altro, e per di più, dalla posizione in cui ero, non potevo nemmeno scalciare ed aiutarmi così con le gambe. Dovevo ammettere che stavo cominciando a pensare che lui fosse uno psicopatico, ma finché non aveva ucciso nessuno potevo stare più o meno tranquilla. Dio, che situazione.

«Ti sto solo abbracciando, non ci vedo nulla di male.»

«Con te tutto diventa un male, chissà cosa vorrai fare dopo, sei un maiale!»

«Effettivamente vorrei fare altro» ammise, facendo bloccare i miei istinti omicida dallo stupore.

Perché doveva essere così sincero? Mi faceva solo saltare i nervi, che schifo. Pensai a quello che aveva fatto in passato a Danielle e mi inorridii ancor di più, ricominciando così a dimenarmi volendo stargli il più lontana possibile. «Lasciami!»

«E sta ferma, se solo provassi a farti qualcosa Samuel mi ucciderebbe, non è forse così?» non ne sapevo il motivo, ma una nota di sarcasmo ornava quella frase. Era come se dicesse "tanto non è qui, al momento posso fare qualsiasi cosa".

«Ti ha detto di non muovere un muscolo e tu ne hai mossi anche fin troppi!» gli feci notare, anche se ero sicura del fatto che lo sapesse benissimo da solo.

«Ha detto di non muovere un muscolo, quindi solo uno e sappiamo a che tipo di muscolo mi sto riferendo» sogghignò al mio orecchio.

Diventai paonazza non volendo crederci. Ero sicura che Sammy intendesse che non doveva muoversi in generale, e quel pervertito se l'era girata come voleva. Maledetto.

«Sei un maniaco-pervertito! Lasciami vivere!» e a quel punto mi mollò, facendomi cadere dal letto e fare una capriola all'indietro.

Che male.
Che stupida direi.

Mi sollevai di poco dal parquet, massaggiandomi la spalla con una smorfia. Lui si alzò dal materasso, mi venne incontro e si rannicchiò davanti a me ridendo. «Tutto bene?» mi chiese, porgendomi una mano.

Gliela schiaffeggiai e mi alzai dirigendomi da basso. «Finché non mi girerai attorno starò bene.»

Scesi le scale e stranamente lui non mi venne dietro. Mi sedetti sul divano con diversi pensieri che attraversavano il cervello senza un vero filo logico. Avrei voluto sapere del perché aveva fatto lo stronzo con Danielle, avrei potuto chiederglielo, ma ero troppo concentrata a levarmelo di torno. Era davvero insopportabile e pensare che fosse in qualche modo imparentato con Sam mi dava un gran fastidio. Non poteva avere un fratellastro così vomitevole, lo si poteva odiare e basta, eppure nonostante tutto avrei davvero voluto in qualche modo sopportarlo per Ethan, Amanda e per quel lato premuroso che minuti prima avevo notato del suo carattere. Non riuscivo davvero a capirlo.

Sbadigliai dalla stanchezza, litigare con quello mi aveva stremata, il che senza accorgermene mi sdraiai totalmente sul divano e mi addormentai come un ghiro.

Maledetta tempesta.

Samuel

Maledizione! Non doveva andare assolutamente così. Doveva dare una mano in spagnolo alla sua compagna di classe e invece si era ritrovata in casa con quella svampita che aveva la febbre e quel maniaco di un Parfit. Giurai che prima o poi lo avrei strozzato con le mie stesse mani. Se solo non ci fosse quell'allucinante temporale che impediva alla qualsiasi cosa e persona di uscire fuori per le strade, sarei andato anche correndo fino a quella maledettissima villa per riprendermi la mia fidanzata e portarla via di peso. Quel Jake sicuramente se ne sarebbe approfittato in qualche modo, ne ero certo.

Preso dalla rabbia e dalla frustrazione, diedi un pugno al muro, per poi imprecare dal dolore. Chi me lo aveva fatto fare.

«Ahh, che male» biascicai, sperando invece che si rompesse questo e non le mie nocche.

Sentii d'un tratto la porta del mio appartamento aprirsi di scatto. «Ma che cazzo stai facendo?!» e riconoscendo la voce, potevo dire che era Xavier.

«Muro... pugno... dolore» pronunciai, cercando di contenere il male.

«Non puoi sfasciarlo, siamo in un albergo, Sammy.»

«Oh beh, cambierai presto idea, Xav» dissi, mettendomi in piedi e aprendo e chiudendo la mano per vedere se non si fosse rotta. Tutto apposto per mia fortuna.

Quando incrociai il suo sguardo, lui sembrò curioso di sapere a cosa mi stessi riferendo.

«Scarlett è dai Parfit, e indovina con chi è adesso.»

Non ci volle molto per farlo incazzare. «È con Jake?! Stai scherzando spero?!»

Bene, in quella stanza eravamo in due con i coglioni girati, fantastico.

«È andata da Juliette a fare spagnolo, ma a questa è venuta la febbre e ora sta nella stessa casa in cui c'è Jake.»

Mamma che voglia di ucciderlo, se solo mi avesse toccato Scarlett... non sapevo cosa avrei potuto fare, mi faceva imbestialire al solo pensiero, figuriamoci ad averlo davanti. Quante preoccupazioni mi dava quel tipo, se solo ci fosse stato anche mio padre là con loro sarei stato molto, molto più tranquillo. Conoscevo quel genere di ragazzo dato che avevo passato un periodo simile, ma io a differenza sua non avevo costretto nessuna ad avere certi rapporti con me, lui invece avrebbe potuto farlo con Scar avendolo fatto con Danielle. Nonostante sapessi perfettamente che non avrebbe ceduto al suo fascino, e dovevo ammettere che ne aveva quell'odiosa palla di muschio bionda, e che non mi avrebbe mai tradito, ero consapevole del fatto che lei fosse debole fisicamente. Se era facile per Xavier prenderla di peso e placcarla, poteva farlo benissimo anche lui avendo una corporatura simile.

Che nervoso, ero più che preoccupato, stavo per strapparmi i capelli talmente non riuscivo a togliermi certe immagini dalla testa. Per di più avevo un brutto presentimento, ovvero quello che a Jake stuzzicasse Scarlett per il semplice fatto che non poteva averla, me lo sentivo. Tra Xav e me che non lo sopportavamo, Scarlett doveva essere zona proibita ai suoi occhi, e per uno come lui che sicuramente si divertiva ad infrangere le regole e a superare i limiti imposti, la mia fidanzata poteva essere il soggetto perfetto. Lei che credeva fermamente a suo fratello, lei che aveva solo occhi per me, lei che aveva un animo puro e innocente, era finita nella tana del lupo. Per di più poteva provare rancore per il mio migliore amico per quello che era capitato a causa di Danielle, e quindi vendicarsi tramite una delle persone più care che Xavier aveva. Al solo immaginare che poteva usarla o addirittura stuprarla, mi faceva scoppiare il cervello.

Mi sedetti sul divanetto e buttai la testa in avanti con le mani fra i capelli. Dovevo darmi una calmata. «Giuro che lo ammazzo, lo ammazzo, lo ammazzo-»

«Che fai, nuovi mantra?» mi interruppe il mio migliore amico con tono tutt'altro che divertito.

«Tu non capisci-»

«Capisco perfettamente invece.»

Alzai la testa e osservando il suo sguardo, capii di aver parlato senza pensare. Xavier era quello che più conosceva Jake tra tutto il nostro giro di amicizie, quello che era capitato a Danielle doveva esser stata una brutta esperienza. Non sapevo cosa potesse essere peggio, essere usata perché si era innamorata e messa incinta per errore, o essere stuprata. Non volevo credere che potesse avere un coraggio simile, volevo escluderlo.

Mi alzai di scatto e uscii dall'appartamento.

«Dove stai andando?» mi domandò sulla soglia.

Scendendo le scale gli risposi. «C'è una palestra giù di sotto, no? Vado a dare qualche pugno al sacco da box.»

Accesi la radio della palestra dove stranamente non c'era nessuno. Iniziando a dar pugni a quel sacco, riuscii pian piano a sfogare la mia rabbia. Colpo dopo colpo però, le nocche cominciarono a fare leggermente male, lasciando uscire un po' di sangue da queste, ma non riuscivo a fermarmi. Le immagini di Jake che potesse spogliare Scarlett per le sue voglie, logorava sempre più il mio cervello. Per colpa del tempo non ero nemmeno riuscito ad andare da quel ragazzino, tanto valeva accettare quel stupido invito e non essere così stressato.

«MERDA!» gridai dando un'ultima scarica al sacco, prestando attenzione al notiziario.

«Notizia dell'ultima ora. Allerta meteo: la costa est è stata colpita dal maltempo, una tempesta sta creando disagio tra gli abitanti e la situazione è in peggioramento. Fortunatamente non vi è ancora nessuna presenza di un ciclone-»

D'impulso spensi quella fastidiosa voce non volendo sentire altro e voltandomi, cominciai a fissare quel povero sacco. Non sarebbe servito a nulla continuare a dargli cazzotti, tanto valeva fermarsi e fare altro per non stare lì inchiodato. Persino il clima sembrava andarmi contro, non poteva smettere e lasciarmi andare?

«Cazzo!» imprecai, dando un calcio a una sedia lì vicino e voltando lo sguardo.

Di là c'è la piscina, pensai.

Come avevo fatto a non pensarci prima? Probabilmente ancora dovevo metabolizzare che ce ne era una in hotel, nonostante fosse piccola per i miei parametri, sarebbe andata bene comunque per una nuotata.

Varcai scalzo l'ingresso della piscina e fissai l'acqua. I riflessi che creava la luce si espandevano in tutto l'ambiente circostante, dando quell'atmosfera di tranquillità e serenità. Nonostante i pensieri assillanti che sfrecciavano in ogni dove nella mia mente, cominciai a sentire un senso di pace. Inspirai l'aria nei polmoni e percepii quella nota di cloro che mi era sempre nostalgica, fin dai tempi delle mie medie, quando ancora mi divertivo nel battere Xavier nei vari stili di nuoto, specialmente a farfalla.

Senza rimuginare troppo, mi tolsi la canottiera e, non curandomi del fatto di indossare dei boxer e non un costume, mi tuffai. Cominciai a sbacciarmi facendo avanti e indietro nella vasca, avanti e indietro senza riuscire a fermare la nuotata. Il contatto con l'acqua finalmente riuscì a farmi sbollire e a farmi concentrare sulla mia attività. Il nuoto riusciva inspiegabilmente a calmarmi, riorganizzando ogni pensiero facendomi tornare alla lucidità ed era strano non averci pensato prima. Ogni cosa che passasse in quel momento per la mia testa si era fermata, mettendosi al suo posto e togliendomi quei paraocchi che mi ero messo da solo. Anche se era difficile, dovevo soltanto credere che sarebbe andato tutto bene, che quel Jake non le sarebbe saltato addosso e che Scarlett lo avrebbe allontanato se solo ci avesse provato. Dovevo credere a queste convinzioni e a nient'altro. L'agitazione non sarebbe servita a nulla.

Papà è anche il compagno di sua madre, se non è un coglione non le farà nulla, credo che voglia fare una buona impressione a lui.
Mi fece presente quella parte razionale di me.
Scarlett è sempre stata una principessa per papà, sicuramente non esiterebbe dall'ammazzarlo se Jake le facesse del male.

A quel pensiero abbozzai un sorriso. Era vero, se davvero ci teneva a fare buona impressione non avrebbe alzato un solo dito sulla mia fidanzata. O almeno, questo era quello che speravo con tutto il cuore.

Tornato in stanza, raccattai il mio cellulare e la chiamai per avere nuove notizie. Il telefono squillava e poco dopo una voce maschile prese parola. «Che vuoi?»

Che nervi. «Senti, ho chiamato sul cellulare della mia ragazza, dovrebbe essere lei a rispondere, non tu.»

«Ha lasciato il cellulare in camera mia, prenditela con lei.»

In camera sua?!
Ao, calmati.
Calmarmi un corno, cazzo ci faceva in camera sua?!

«Cosa c'è, ti da fastidio?» domandò sicuramente con un sorriso sulle labbra.

Scossi la testa volendo lasciar perdere. Quello voleva solo infastidirmi. «Lei dov'è?»

«Probabilmente è in sala, si è arrabbiata con me ed è scesa» disse tranquillamente.

«Perché?» chiesi senza pensare.

Lo sentii fare un sospiro. «L'ho stuzzicata facendole domande e si è scazzata, nulla di che.»

Sarà sul serio andata così? «Potresti passarmela?»

Lo sentii sbuffare e subito dopo perceppii dei passi. Ma cos'era, un elefante quando camminava?

Jake

Scarlett Willoughby, l'unica ragazza che non potevo avere.
Assurdo.
Come faceva lei a fregarsene nell'avermi attorno? Come riusciva a non far caso a me che stavo a petto nudo? Come poteva a non mangiarmi con gli occhi?
Una sola spiegazione mi riuscivo a dare: Samuel Sampson.

Cosa aveva quel tipo in più di me? Eravamo fatti della stessa pasta, com'era possibile che anche le mie cugine e mia sorella lo trovassero... irresistibile? Cos'era diventato, il principe dell'università? Suonava anche patetico, e per di più si era sparsa la voce che lui fosse anche mezzo italiano e che era tornato da un Collage americano. Fortunatamente frequentavo un'università diversa dall'UTS, non avrei retto nel vederlo gironzolare per l'istituto come un leone nella savana, anche perché si sapeva che sarebbe stato un rischio avere due leoni nello stesso territorio. Dovevo ammettere che, nonostante non fossimo alle scuole superiori dove le etichette si mettevano a chiunque, era riuscito a farsi una buona nomina tra i giovani di Sydney, ma non c'era da stupirsi, frequentando Hugh, Jensen e Ashton, che erano un gruppo solido e conosciuto per tutta la città da molti anni, era normale. Ad ogni modo la sua presenza mi urtava i neuroni, oltre al fatto di avere file e file di ragazze che gli andavano dietro per il suo bel faccino, era il figlio del compagno di mia madre. Solo perché Ethan era un brav'uomo che credevo andasse bene per mamma, ma se solo fosse stato per suo figlio, avrei voluto che si lasciassero. Santo cielo, perché doveva complicarsi tutto? Perché proprio lui?

Una canzone dei Green Day si espanse nella mia camera da letto e notando che era il cellulare della piccola Willoughby, lo presi in mano e risposi scocciato. Come il destino volesse che ci confrontassimo era da prendere a calci.

«Potresti passarmela?»

Che nervoso, non solo mi era toccato sentire la sua voce per l'ennesima volta, ma dovevo pure fargli il piacere di passargli la sua ragazza. Sbuffando, mi alzai dal letto e mi diressi al piano inferiore. Avanzai pian piano verso il divano e quella ragazzina si era persino addormentata. Non volevo crederci. «Sta dormendo.»

«Oh andiamo, passamela.»

Che cocciuto. «Ti ho detto che sta dormendo.»

«Provamelo.»

Provamelo? Ma che richieste assurde faceva?

Roteai gli occhi e cercai di svegliarla. «Charmander, svegliati.»

«Ma che razza di soprannome le dai?!» sbottò.

«A differenza tua le ho dato un nomignolo originale. Com'è che tu la chiami? Amore? Tesoro?» ridacchiai immaginandomelo.

«Quokka» rispose, probabilmente senza battere ciglio.

Alzai un sopracciglio. «Quokka? Ma che razza di soprannomi usi?»

«Senti, coso, non crederti originale con Charmander e comunque togliti dalla testa il qualsiasi soprannome che le vuoi dare a partire da questo.»

«Ma fammi il piac-»

Ma mi zittii appena la sentii mugugnare. «Sammy» uscì dalle sue labbra.

No, non era possibile, lo pensava anche nel sonno, era un caso irrecuperabile sta ragazzetta.

Questa è l'ennesima prova che quel Sampson è meglio di te percepii una voce nella mia testa.

Cos'è che lui aveva in più di me? Che domanda assillante.

«Ha detto Sammy?» chiese quel viaggiatore da strapazzo con una nota di superiorità che era solo da prendere a pugni.

«Oh, vedo che l'hai sentita» pronunciai annoiato. «Ora mi credi che sta dormendo?»

Lo sentii sbuffare. «Lasciamo perdere, richiamerò più tardi. Non fare nulla che possa farti pentire di essere nato, Parfit» e con questo staccò la chiamata.

«Tsk, ma chi si crede di essere?» bofonchiai irritato.

Appoggiai quello smartphone sul tavolino e rimanendo in piedi la osservai. La sua pelle era leggermente abbronzata, facendomi dedurre che probabilmente erano tornati a Darwin per le vacanze universitarie e a trovare la famiglia.

Famiglia, che parola strana. Come doveva essere una vera famiglia? Cosa significava avere un padre?

Un tuono mi distrasse dai pensieri e senza riflettere andai a recuperare una coperta, che successivamente gliela misi sopra con poco riguardo. Figuriamoci se mi fossi messo a coprirla a dovere, già era tanto che mi stessi occupando di quella mia cugina sbadata.

Stanco di pensare, mi sedetti sul divano, ma purtroppo la mia attenzione cadde sul volto di quella ragazza dai capelli rosso mogano. Il suo respiro era regolare, dandole quell'aria tranquilla che sicuramente non aveva quando era ancora sveglia, mentre le sue rosee labbra erano leggermente schiuse. Quelle labbra che solo Samuel poteva toccare e baciare. Quelle labbra che dal mio punto di vista erano proibite. Che voglia matta di assaporargliele, l'invidia che inspiegabilmente provai in quell'istante era assurda e quella curiosità mi stava lentamente divorando.

Passai il mio sguardo sulla sua mandibola e sul suo collo scoperto, immaginandomi la scia di baci umidi che potevano percorrere quei centimetri di pelle, ma al posto mio vidi quell'energumeno dagli occhi azzurri insieme al suo sorriso beffardo che si prendeva gioco di me. Mi ritrovai all'immaginare come fosse fare sesso con quel corpo, ai piaceri che si potevano condividere, ma ancora quel Samuel aveva la meglio su quelle fantasie. Lei aveva solo occhi per lui, ecco perché immaginarmi con lei era una cosa impossibile.

Cos'è che io mi stavo perdendo? Baciare o fare sesso con una ragazza era la stessa cosa di farlo con un'altra, eppure sembrava diverso con quella Willoughby.
No, lo era solo perché non poteva essere mia, perché era la sorella di Ashton e perché era infatuata di un altro e odioso uomo. Mi sentivo insignificante a suo confronto, come se io valessi quando una banconota da venti dollari mentre lui era l'oro. Tutte le persone che lo conoscevano ne parlavano bene, le donne non parliamone, sembravano come aver visto Brad Pitt camminare tranquillamente per casa loro, e anche mia madre ci si era messa, da quando lo aveva conosciuto non faceva altro che parlarne positivamente, nominando perfino la sua relazione con Charmander e definendola la cosa più carina e romantica che avesse mai visto. Un amore coltivato fin da bambini e finalmente sbocciato, così lo aveva descritto. Era nauseante, eppure una nota di invidia era presente in me. Assurdo. Tutto questo non aveva alcun senso. Maggior ragione era odioso il volermi paragonare a quel Sampson.

La sentii muoversi nella coperta e posando per sbaglio una mano sulla mia, me la strinse con poca forza. Sicuramente pensava inconsciamente che fossi il suo Sammy. Ah, che soprannome odioso. Cominciò a venirmi il mal di testa e non volendo tornare in camera mia, pensando che sarebbe stata fatica sprecata salire quelle scale, mi sdraiai al suo fianco. Il suo respiro mi solleticava la spalla al tal punto di farmi girare verso di lei.
No, forse così era peggio. Che palle.
Perché lei?

«Sei una seccatura» cominciai a parlarle mentre pisolava. «Non dovresti addormentarti a casa di un ragazzo come me, potrei anche approfittarmene. Sei così ingenua... ma così desiderabile. Non credo che tuo fratello non ti abbia detto di starmi alla larga» pronunciai con sarcasmo, doveva essere forse la prima regola imposta una volta arrivata a Sydney.

Ashton Willoughby mi detestava. Dopo quello che aveva saputo su come trattavo Danielle, aveva cominciato a stare sull'attenti, ma non era colpa mia se lei assomigliava a quella ragazza. Eppure, per un periodo, lui ed io eravamo andati persino d'accordo, in fin dei conti, ad essere sincero, non era nemmeno male come persona.

Mi misi nuovamente di schiena e mi portai una mano davanti agli occhi osservando il soffitto dagli spiragli che c'erano tra le dita. «Sai... ammetto che mi stuzzichi essendo off-limits, ma ora le cose sono un po' più complicate di quanto non lo sono già.»

Pensai a mia madre e alla felicità che aveva appena trovato, al suo compagno, che, nonostante non lo avrei mai visto come un padre, sembrava l'uomo giusto per lei e che una volta visto per caso suo figlio volevo credere che la loro somiglianza fosse solo una coincidenza.

Il migliore amico di Willoughby.
Il ragazzo di Charmander.
Il figlio di Ethan Sampson.

Voltai per l'ennesima volta la testa verso di lei e fortunatamente non mi aveva sentito, stava beatamente e senza ombra di dubbio nel suo sogno in compagnia di quel suo bellimbusto da quattro soldi. Era da tempo che non puntavo ad una ragazza in quella maniera, ma lei era la sorellina di Ashton, la fidanzata di Samuel e il pupillo di Ethan. Cosa avrei dovuto fare? Comportarmi come nulla fosse oppure cercare di non rovinare l'ennesima relazione di mia madre?

«Ti detesto.»

~~~~~~

Aussieee

Cosa ne pensate di questo sviluppo?? Cosa farà Jake? Che altro gli passa per la testa?
Ihihihih chissà chissà... Questi tre pov mi hanno distrutta, K.O.
Nessuno si aspettava un Jake POV, ammettetelo 😏 HAHAHAHHA

Carissimiii alla prossima e fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, intanto vi lascio con Jake Parfit!!

Figo lui... ma puzza ancora, vero? hahahah

Bye bye 🐨

~ Niki_Rose

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