59. MORENDO DALLA VOGLIA
"MORENDO DALLA VOGLIA"
Samuel
Quella mattina stavo dormendo beatamente nel mio letto, quando ad un tratto iniziai a sentire dei baci umidi che passavano dalle mie labbra, alla mia mandibola e al mio collo, per poi ripetere il giro. Qualcosa mi fece pensare che stessi sognando, ma quando aprii leggermente le palpebre, una Scar era intenta a svegliarmi con quei piccoli gesti.
Okay, siamo sicuri che sia Scarlett?
Samuel, non eccitarti.
E come faccio a non esserlo porca puttana, è la prima volta che mi sveglia così, mi fa andare su di giri.
Notando che mi ero svegliato mi sorrise, smettendo quella sua dolce tortura. Io però volevo che continuasse. «Buon compleanno Sammy.»
«Ah, ecco perché mi hai svegliato così, adesso è tutto più chiaro» biascicai, senza darmi il tempo di pensare.
Con un gesto del braccio la portai sotto di me mentre mi sollevavo, e la sua risata era così leggera che sembrava come lo zucchero a velo. Le baciai le labbra in modo casto, per poi guardarla negli occhi, immergendomi in essi. «E come mai hai avuto questa brillante idea?»
«Beh, ho provato a chiamarti, ma nulla. Ho iniziato a punzecchiarti e niente, ancora dormivi. Poi ho nominato Kate Upton e hai solo mugugnato un tette mi pare, e me ne hai palpata anche una ad essere sincera. A quel punto ti ho dato uno schiaffo sul petto ovviamente offesa, ma anche lì nulla. Poi ho pensato bene di baciarti... e ha funzionato» mi raccontò e mi veniva solo da ridere.
Tette eh? Certo che ti fai riconoscere.
Ah, sta zitto.
La baciai di nuovo sulle labbra, togliendomi così quella voce dalla testa. «Beh, da oggi in poi voglio che mi svegli baciandomi, mi piace decisamente di più.»
A quel punto cominciai a baciarle ogni centimetro del suo viso sotto alle sue fievoli risate. Sapevo che dovevo essere io quello torturato in questo modo, era il mio compleanno ed era un mio diritto, però mi dava comunque soddisfazione, lei era felice e automaticamente lo anche ero io. Per di più adoravo timbrarla di baci, era come se in qualche modo ci dicessimo a vicenda che io ero suo e lei era mia. Mai avrei detto e pensato una cosa simile, solo con lei veniva fuori questo mio lato romantico che una volta avrei ritenuto vomitevole. In effetti non era così male essere innamorati persi di una persona che ricambiava e che non ti stava a dire "no, in realtà sei innamorato della mia vagina", o come la chiamava Scarlett "Rossana". Povero cartone, lo adorava da piccola e sicuramente ancora.
Come era vero che la mattina il gallo cantava, stessa cosa era Xavier che bussava alla porta. Mamma mia che nervoso, anche al mio compleanno pazzesco, però quella mattina avevo ottenuto un risveglio niente male per i parametri della mia ragazza, quindi potevo ritenermi anche soddisfatto. Aprii l'ingresso del mio appartamento e il mio migliore amico mi lanciò dei coriandoli in faccia. «Auguri Sammy!»
Ne sputai uno che mi era finito in bocca. «E questi da dove vengono?» gli domandai, stringendogli la mano e facendomi dare delle pacche fraterne sulla schiena.
«Dal Dollar King, ovvio.»
Annuii. «Il negozio di minchiate di Hugh, afferrato.»
Xavier mi ispezionò, indicandomi come se fossi una cosa e non il suo migliore amico. «Ma una maglietta e dei pantaloncini no?» chiese, vedendomi in soli boxer, poi, sentendo dei passi, si voltò e ampliò il suo sorriso. «Buongiorno anche a te sorellina.»
Mi girai anche io verso la mia fidanzata e la osservai mentre si grattava la nuca con una mano, mentre con l'altra teneva un cellulare in mano. Era struccata con una leggerissima sbavatura di matita sotto agli occhi che a dire il vero non mi dava fastidio, anzi, era come un'ornatura al suo bellissimo volto. I leggins che usava per andare a dormire le fasciavano le gambe e la maglietta che indossava era una delle mie, e gli arrivava fin sotto al sedere. Era enorme su di lei, ma il fatto che la indossasse mi faceva pensare al fatto che avere cose mie su di lei la facesse sentire più vicina a me di quanto non lo fosse già.
Ancora mi domandavo come potesse piacerle un idiota come me, bel faccino e fisico a parte. No okay, ero consapevole di avere tante ottime qualità, ero un concentrato di egocentrismo, dire che ero come Narciso era azzeccatissimo come termine, però boh, avevo questa domanda che mi ronzava in testa. Ero sicuro del fatto che non si era innamorata solo per l'estetica, per il fatto che dormivamo insieme, che ci stuzzicavamo a vicenda e tante altre cose. Lei non aveva motivi di volere me come fidanzato, c'erano tantissimi altri ragazzi più idonei a lei, io ero stupido, pervertito, egocentrico, sicuro di me stesso, spavaldo, pervertito, uno scassa palle, un amante del sesso, casinista, malizioso, pervertito-
No scusa, mi sa che non ho capito, per caso sei pervertito? No perché c'è qualcosa che, boh... mi fa venire il dubbio.
Vocina a parte, avevo sempre creduto che le servisse un ragazzo un po' come Jensen, con la testa a posto e l'aria simpatica, tranquillo e non troppo casinista, e sicuramente uno che sapesse amarla come meritava, senza farla soffrire. No, un uomo che le avrebbe procurato lacrime, anche solo una, non era per lei. Il suo sorriso luminoso poteva far migliorare una delle giornate più schifose al mondo, la sua risata poteva farti perdere in essa e volerla ascoltare fino all'infinito anche se continuava a cambiarla, ancora dovevo capire in quali occasioni rideva in un certo modo e come in altri, forse era tutta a caso e veniva come veniva. Il modo in cui mi guardava mi faceva rizzare i peli, era così intenso, magnetico e pieno di... amore, non riuscivo a tradurlo in altro modo, era semplicemente meraviglioso.
Samuel, sei cotto a puntino.
No, mi sa che mi sono proprio ustionato se non bruciato.
Che cosa romantica.
Ahh, sta zitto.
Jerk.
Bitch.
Avrei tanto voluto entrare nella sua mente e scoprire cosa pensasse di me. Non mi interessava sapere se mi trovasse bellissimo o letteralmente da sbavo, a me interessava sapere cose più profonde, se nel mio sguardo capisse che io ci tenevo a lei più di quanto credesse, che avrei fatto di tutto per renderla felice e che non mi sarei mai permesso di farla piangere. Arrabbiare sì, amo stuzzicarla, ma piangere no, non lo avrei sopportato. Odiavo l'idea di vedere nei suoi occhi paura nei miei confronti, equivarrebbe a perdere tutta la fiducia che riponeva in me. Mi sarei sentito come se l'avessi tradita, cosa che non mi sognerei mai di fare.
«Sammy, ti stanno chiamando» mi risvegliò dai pensieri, porgendomi il mio cellulare.
Aggrottai la fronte e lo presi. «Chi è?»
E mentre lessi il nome sul display, lei rispose. «Jared. È quello delle foto?»
Con un sorriso stampato in faccia annuii e risposi andando verso la vetrata, mentre i due fratelli cominciarono a dialogare tra di loro. «Ehi occhietti dolci, che piacere ricevere una tua chiamata.»
«AUGURI SAM!» urlò insieme a un'altra voce a me molto familiare.
«Earl!» esclamai con entusiasmo. «Ci sei anche tu! Ma ragazzi, che ore sono lì, è impossibile che da voi sia già il quattordici.»
Mi girai per vedere l'orario sull'orologio che c'era in sala ed erano le undici e mezzo.
«Fratello, Jared si è messo a fare calcoli strani per poterti chiamare il quattordici secondo l'orario australiano.»
Ad ogni frase che diceva a qualcuno doveva dire fratello, era stato strano anche per me all'inizio, ma avendolo come compagno di stanza avevo cominciato ad abituarmici. Se non ti chiamava fratello, allora si poteva dire che c'era qualcosa che non andava.
«Ci sono venti ore di fuso orario genio, non ci vuole molto a fare calcoli» lo cazziò Jared e il suo coinquilino sbuffò come per dire "sì, va bene, hai ragione tu".
Risi nel sentirli, mi erano mancati.
«Comunque qua sono le sedici e mezza del tredici settembre» finì di dire.
«Ci manca solo che gli fai le previsioni del tempo» battibeccò il nero.
«Sento con piacere che non siete cambiati» constatai ad alta voce.
«Tu invece tanto fratello, abbiamo visto su Facebook che hai cambiato immagine profilo, e stranamente c'è una ragazza niente male per essere bianca.»
Eccolo, lui poteva dire che una era gnocca, ma ci provava solo con le nere, diceva che doveva mantenere il suo colore per avere figli uguali a lui. Io speravo che non nascessero una banda di Earl scatenati, sarebbe stata la fine del mondo. «Sì, è Scarlett.»
A sentire il suo nome, si voltò e sorridendole ricambiò il gesto senza aggiungere nient'altro che non fosse rivolto al fratello.
«Eh fratello, mi sembrava dalle foto che avevi sul cellulare che fosse lei. Allora, raccontami com'è il Samuel australiano.»
Mi grattai la testa piegando un angolo della bocca. «A dire il vero non mi sento così diverso, anche se forse ho ritrovato parte del mio me stesso originale che avevo perso, non so davvero come spiegarmi in altro modo.»
«Vedo che la tua parte migliore l'avevi lasciata a casa, Sam» disse Jared con una voce contenta per me, e lo pensavo anche io.
Era stato un periodo divertente e difficile il mio, tanto da cambiarmi se non dire mutarmi. Il tempo trascorso fuori dalla mia terra natale, mi aveva mostrato una parte di me che non avevo mai conosciuto, ma incontrando di nuovo Xavier e Scarlett in un certo senso mi ero ritrovato. Al ripensare a come ero da piccolo, quasi al cento per cento non sarei diventato così. Magari avrei potuto scoprire prima l'amore che provavo per Scar, ma d'altro canto era possibile anche che non me ne sarei mai accorto.
Cestinai i pensieri, volendo trascorrere più tempo con quei due. «Cavolo ragazzi, quanto vorrei rivedervi, perché non fate un salto in Australia?»
«O tu in America» aggiunse Earl. «Aspetta! Possiamo fare la video chat, così posso vedere finalmente la donna dei tuoi sogni.»
«Deficiente, sei il solito curiosone» venne fuori da Jared. «Comunque non è una cattiva idea per essere venuta da questo ammasso di stupidità.»
«Mi devo offendere?»
«E che videochiamata sia» e staccai, aspettando un loro segnale di vita.
«Già finito?» mi domandarono quei due e roteai gli occhi non sopportando il fatto che parlassero contemporaneamente.
Subito dopo suonò nuovamente il cellulare e risposi. Le loro facce spuntarono sullo schermo del mio smartphone ed erano rimasti gli stessi anche esteticamente, proprio come li ricordavo. «Ehi fratello, sei sempre uno schianto.»
Sorridente, feci cenno agli altri due di venire più vicino e stringendo Scar a me, la misi in evidenza per farla vedere ai due americani.
«Ciao, voi dovete essere Jared e Earl» constatò, ma non sapevo se se lo fosse ricordata da quella volta in cui vide le foto oppure per il fatto che li avessi nominati prima.
«E tu Scarlett» rispose Jad, abbozzando un sorriso simpatico.
«Ma guarda un po' te com'è carina la sua fidanzata. Salve splendore, come si comporta il tuo uomo?»
«Dacci un taglio, nero» sbottai con un tono scherzoso, sapendo perfettamente i suoi gusti ed ero certo al cento per cento che avesse afferrato il mio senso dell'umorismo.
Senza lasciarci andare avanti con la chiacchierata, la porta d'ingresso si aprì di botta, facendoci voltare tutti e tre di scatto, e dalla soglia entrò il Gigante Corazzato, proprio come il personaggio aveva fatto nell'Anime giapponese Shingeki No Kyojin, seguito dal rosso, la riccia e il gambero. Sì, perché a quest'ultimo non era sparita l'abitudine di camminare all'indietro per guardarci uno per uno in faccia.
«TANTI AUGURI AL MIO UOMO!» urlò con la sua voce profonda, fondandosi su di me e stritolandomi tra le sue braccia.
«Stanno uccidendo Sam?» sentii dire dal telefono da Earl.
La sua presa poco dopo si fece meno stretta, lasciandomi salutare anche gli altri e permettendomi di respirare nuovamente. Quel ragazzone doveva darsi una regolata con gli strangolamenti.
«Ehm, ragazzi, loro sono Jared e Earl, i miei amici americani,» e li salutarono, «loro invece sono Hugh, Alastair, Brooke e Matt.»
«Ehi!» esclamò la riccia, indicando lo schermo e avvicinandosi come se non ci vedesse. «Hai degli occhietti dolcissimi Jared.»
«Vero? L'ho sempre detto» mi pavoneggiai, contento di avere ragione.
Lo osservai roteare gli occhi, però in modo simpatico, come per dire "sì, sì, me lo dicono tutti, grazie". Doveva ringraziarli sul serio però, erano loro che attiravano le ragazze.
«Comunque ho una cosa da chiedere» cercò attenzione Earl, ottenendola. «Qualcuno mi spiega da quand'è che filtrano? Davvero ragazzi, questo qui non la smetteva di parlare dell'Australia, ogni occasione era buona per nominare Scarlett e Xavier.»
Scossi la testa stando per rispondere, ma una chioma marrone mi sfilò il cellulare di mano, cominciando a saltellare come un coniglio per la stanza e ridendo come una bambina che aveva appena fregato un giocattolo a un bambino a cui aveva puntato per dargli fastidio. «Lo so io!»
«Brooke!» la richiamò Scarlett, scattando verso di lei.
Stavo per muovermi anche io perché sicuramente qualsiasi cosa avrebbe detto sarebbe stata alquanto imbarazzante, lo avevo capito a mie spese e a quelle della mia fidanzata, ma la riccia ci precedette.
«Suwa, Hugh, teneteli fermi!»
Come due schiavetti ci presero e ovviamente a me toccò il Gigante Corazzato. Quello era alto due metri e dieci su per giù, se voleva spaccarmi le ossa poteva farlo anche a mani nude.
«Allora,» cominciò a spiegare, sedendosi sul divanetto, «questi due fin da piccini si piacciono, okay? Non so se ve lo ha mai detto, ma Sam andava sempre ad aiutarla, appena sentiva la voce di Scar dire Sammy, potete star certi che lui era già lì da lei. Poi di lei non parliamone, voleva sempre il suo Sammy con sé. Sammy di qua, Sammy di là, per di più lui quando entrava in casa loro e dopo aver salutato Xavier, chiedeva dove era Scarlett se non la vedeva. Sempre. E poi mi vengono a dire "siamo come fratello e sorella". Fratello e sorella un corno, ma finalmente lo hanno capito quei quokka» ridacchiò.
«Sai ragazza, tu stai iniziando a piacermi, ti affido Samuel, tienilo d'occhio.»
«Consideralo già fatto, credo che sia solo merito mio se stanno insieme.»
«Oh, adesso non esagerare» la sgridò Scarlett.
«Zitta stupida, è merito mio e di Matt che siamo andati a convivere se state nella stessa stanza a dormire, e merito di Xavier che ha supplicato la sua sorellina a tenersi Sam con sé la notte solo per avere il suo migliore amico a chilometro zero.»
«Oh mio Dio, davvero?» sentii dall'altra parte della cornetta. «Questo non ce lo aveva detto. Passami il tuo numero sorella, così mi racconti tutto.»
Sentendo la presa di Hugh diminuire, ne approfittai per sfilargli di dosso, precipitandomi dalla riccia per riprendermi il cellulare. Scarlett vedendomi esultò di gioia, facendomi sentire Wolverine. «Eh no, questa me la risparmio, ci tengo ancora alla mia reputazione.»
«Perché, la nostra infanzia ora la reputi imbarazzante?» chiese Scarlett con un tono leggermente infastidito.
«Ehhm-» non sapevo come rimediare, non intendevo di certo quello.
«Sam, andiamo, non fare certe figure, ti sei fidanzato da poco» intervenne in modo altamente sarcastico Jared, facendo ridere quell'altro.
«Jared!» lo richiamai, poi tornai a guardare la mia fidanzata. «Comunque no, non lo è, solo che quel nero meno sa meglio è.»
«Okay, questo è razzismo fratello.»
«Sì sì, tira fuori la scusa del razzismo, tanto sappiamo chi è stato dei due a fare più favori all'altro.»
«Ora vorresti dirmi che sarei uno sfruttatore nero razzista verso i bianchi? Fratello, vacci piano, peace and love, e ricorda "le guerre continueranno ad esistere se il colore della pelle è più importante di quello degli occhi".»
«E questa da dove l'hai presa?» domandò l'alce che si trovava vicino a lui.
Scioccato allargò le braccia per dare enfasi alle sue parole. «Bob Marley fratello, cosa ascolti tu, i Jonas Brothers?»
«Io li ascolto, cosa discrimini?!» sbottò Brooke volendolo picchiare.
«Okay, qua la situazione sta degenerando, salutate ragazzi e stacchiamo.»
E mentre gli altri porsero i loro saluti, io lanciai un'occhiata a quei due, capendo subito che dovevo finire di parlare con loro. Mi avviai in camera, chiusi la porta e mi buttai sul letto. «Grazie per non aver nominato Kayla» sospirai.
«E di cosa fratello, ce lo hai chiesto l'ultima volta» ricordò Earl.
«Però dovresti parlarne con lei,» aggiunse Jared sotto l'annuire del nero, «è la tua ragazza, credo che voglia sapere dei sette anni in cui non vi siete visti e mi sembra giusto.»
«Sì, ma ancora non me la sento ragazzi, non è stata propriamente una botta e via come le altre» sbuffai, portandomi una mano sulla faccia.
«Questo lo sappiamo Sam, dico solo che quando sarai pronto dovrai parlarne, anche perché sarà una conferma che è tutta acqua passata.»
«È tutta acqua passata Jared, solo che-»
«Fratello, non rovinare questa relazione, si vede quanto ci tenete l'uno all'altra, sarebbe da coglioni sfasciare tutto.»
Quei due si erano alleati, dannazione.
«Ho intenzione di parlarle di Kayla, solo non oggi, e in realtà è da quando sono in Australia che non ci penso molto, a dirla tutta mi viene in mente solo quando mi chiamate, questa è la mia terra, lei non c'entra nulla, sembra solo un sogno.»
«E che sogno, ti ricordo che eravamo una combriccola di rimorchiatori fratello» cercò di continuare la frase quello scemo, ma Jared gli lanciò uno sguardo di disapprovazione.
«Comunque Sam, sapevano tutti che l'Australia era il tuo posto, qua in America eri un pesce fuor d'acqua nonostante sei bravo ad ambientarti ovunque vai.»
«Già» ammisi, pensando a Xavier e soprattutto a Scarlett. Mi erano veramente mancati in quegli anni, come avevo fatto a sopravvivere per così tanto tempo mi era ancora impossibile da comprendere, erano essenziali per me, e questo lo avevo capito incontrandoli di nuovo.
«Potevi stare ancora uno o due anni qua in America, forse poco più, però non avrebbe funzionato, saresti tornato comunque nel tuo Paese di origine, con al testa eri sempre là.»
Nonostante ci fossimo frequentati per un anno e mezzo, mi avevano conosciuto per bene quei due mascalzoni.
«E ad ogni modo fratello, con Kayla sarebbe finita comunque prima o poi, non era fattibile la vostra relazione, o come la vuoi chiamare.»
Jared annuì alle parole del suo coinquilino. Poteva sembrare un cazzone, ma certe volte tirava fuori delle perle di saggezza che sicuramente rubava ad occhietti dolci che era sempre stato il più riflessivo del nostro gruppo di amici.
«Grazie per la chiamata ragazzi, mi eravate mancati.»
«Oh, che sentimentalista sei diventato?»
Quel nero, giuro che un giorno lo ammazzo.
«Ora viene e ti uccide Earl» scherzò Jared.
«Ha il Pacifico da attraversare, ho tutto il tempo per scappare in Africa, lì ora che mi trova e che mi riconosca ce ne vorrà di tempo.»
Risi divertito, il loro umorismo era veramente nostalgico. «Va bene ragazzi, vi lascio. Salutatemi Caleb, Mare, i tuoi fratelli Earl, un abbraccio ad Evelyn e salutatemi anche Kayla quando andrete a trovarla.»
«Sono sicuro che ricambierebbe il saluto in un altro modo, ma sì, te la saluteremo» continuò a sparare stronzate Earl ridendo alla Eddie Murphy come sempre aveva fatto, però sapevo perfettamente che aveva ragione.
Staccata la chiamata, tornai in sala con gli altri che avevano animato una sottospecie di festicciola nel mio appartamento. Sicuramente era stata un'idea di Hugh.
······
«Scar, sei pronta?» cercai di farmi sentire dato che era in bagno.
Mi stavo sistemando la camicia bianca che quella sera optai di indossare, senza però abbottonarla del tutto. Hugh aveva insistito tanto per fare la solita mega festa alla villa, ma non volevo ubriacarmi in questo giro, anche perché avevo paura di fare qualcosa che magari a Scarlett non sarebbe piaciuto. L'ultima volta l'avevo baciata e senza che stessimo assieme, figuriamoci cosa avrei potuto fare standoci effettivamente insieme da più di un mese. Quindi lo convinsi a fare un semplice giro lungo le coste dell'oceano, magari fermandoci in un bar sulla spiaggia o cosa avremo potuto incontrare. Fortunatamente le temperature a Sydney si erano alzate sopra i quindici gradi, quindi si poteva passeggiare tranquillamente con una giacca in pelle, cosa che avrei fatto.
Scar finalmente uscì dal bagno con dei pantaloni neri con la zip a lato che le fasciavano le gambe, mentre sopra indossava un pullover bordeaux in cotone. Preoccupandomi al posto suo del fresco che poteva venire da un momento all'altro, presi anche per lei una giacca in pelle, anche se non fosse stata calda almeno l'avrebbe coperta.
«Grazie Sam» disse con un sorriso sulle labbra.
La cosa che adoravo di queste era che al massimo metteva il burrocacao per non farle seccare, baciarla col rossetto avrebbe coperto il sapore delle sue labbra che tanto amavo baciare. Infatti, non appena indossammo i nostri rispettivi capi, ne approfittai per mettere in contatto le nostre bocche. «Andiamo?»
Lei annuì ed uscimmo dal nostro appartamento, andando a bussare a quello di Xavier. Non lo avrei mai detto, solitamente era lui quello che ci veniva a prendere, non il contrario. Quando ci aprì, si stava sistemando la camicia bordeaux, abbinata a dei pantaloni neri e non volevo crederci. Perché fratello e sorella avevano gli stessi gusti?
«Vi chiamate prima di vestirvi?» li indicai, passando il dito da uno all'altra.
Si ispezionarono a vicenda e sbuffarono. «Vado a mettermi quella color sabbia» e con ciò, il mio migliore amico tornò nella stanza, andando verso l'armadio sbottonandosi l'indumento.
«No che eravamo quasi apposto e pronti per andare» piagnucolai, volendo uscire.
Dalla soglia spuntò anche Danielle con un vestito blu. «Ciao ragazzi, tenete le chiavi della macchina, vi raggiungiamo subito.»
Mostrai un sorriso malizioso e le presi al volo. «Sì certo, per certe cose ci vuole tempo però.»
Osservai la faccia della bionda diventare rossa come un pomodoro. Che spasso. «Sam! C-come ti vengono in mente certe cose?!» sbottò come avrebbe fatto la mia fidanzata in quelle circostanze, che al contrario cercò di trattenersi dalle risate.
«Beh, hai detto "prendete intanto le chiavi della macchina che vi raggiungiamo subito", insomma, suona un po'-»
«Sammy, fila giù da basso!» intervenne Ash, volendomi liquidare.
«Okay, vi lasciamo alle vostre cose, Scar andiamo.»
E quando Danielle chiuse la porta, la mia ragazza scoppiò in una risata isterica, facendosi poi seguire da me. «Tu- mi farai morire un giorno» cercò di dire.
Avrei voluto rispondere "di piacere", ma mi precedette riprendendo parola. «Ma cosa ti salta in mente?»
Schiacciai il bottone per prendere l'ascensore, attendendo che le porte si aprissero. «Beh, suonava veramente da "facciamo qualcosa e veniamo", e puoi vederla anche nell'altro senso.»
Lei scosse la testa ed entrò appoggiandosi alla parete. «Certo, perché ogni volta che facciamo ritardo sarebbe per il fatto che facciamo certe cose, e non per aspettare il tuo consenso da ritardatario, no.»
Sentivo nella sua voce quell'aria da sfida che mi faceva intuire che voleva averla vinta lei, aveva quel desiderio di farmi stare zitto ottenendo una soddisfazione personale, ma doveva sapere che a me invece piaceva quando mi stuzzicava, io la prendevo come un voler giocare con il fuoco.
Mi piazzai davanti a lei accorciando la distanza che ci separava e il suo respiro sembrò rallentare, ma allo stesso tempo appesantirsi, come se non si fosse aspettata di questa mia mossa. Eppure doveva conoscermi.
Sorrisi accarezzandole la mandibola e provocandole una piccola scossa. Mi piaceva quando vedevo farle un certo effetto, in un certo senso mi sentivo voluto dato che dal suo respiro sentivo che mi bramava. «Se vuoi possiamo farle queste certe cose» bisbigliai a pochi millimetri dalle sue labbra.
Lei sospirò, lasciando trapelare l'aria dalla sua bocca e facendomi desiderare ardentemente quel contatto. Nella mia mente per di più si fece vivo lo scenario perverso di ciò che potevamo fare in quell'ascensore in quel momento, potevo prenderla per le cosce, incollarla alla parete e baciarla ovunque, facendo scorrere le mie mani lungo il suo corpo, godendo i suoi gemiti. Avrei potuto farlo, eravamo fidanzati, ma se l'avessi spaventata? Eppure sentivo quella nota di desiderio anche da parte sua, i suoi occhi sembravano volermi mangiare, la sua bocca poteva tremare dalla sete di posarsi sulla mia e il suo corpo emanava delle sensazioni che mi avrebbero voluto portare solo verso ad una destinazione: il letto.
Ero così in fermento che mi veniva veramente di cambiare i piani per quella sera e tornare nel nostro appartamento, ma come al solito quell'atmosfera perfetta per fare qualcosa che non fosse solo un semplice bacio, si volatilizzò non appena l'ascensore produsse un suono e dando spazio all'aprirsi delle sue porte. Una coppietta di signori, che potevano avere sulla sessantina d'anni, si fece avanti, mettendosi al mio fianco. Io ovviamente li anticipai, spostandomi da Scarlett con una velocità che nemmeno riuscì a percepire tanto era imbambolata. Subito dopo le sue gote presero a fuoco, facendo venire caldo anche a me.
Aspettammo all'incirca dieci minuti Xavier e Danielle in macchina, e speravo per lui che certe cose non le facessero in così poco tempo, minimo mezz'ora, ma proprio come limite massimo. Chissà che avremo fatto io e Scarlett. Inutile dire che la mia ragazza percepì i miei pensieri dandomi una gomitata. In un tempo che mi risultò brevissimo, arrivammo al punto prestabilito, dove gli altri ci stavano aspettando. Secondo i racconti di Scar, essere arrivati dopo Alastair era impossibile, infatti la vidi avvicinarsi al suo migliore amico come se questo fosse un alieno o un animale in via di estinzione.
«Ma Samuel, ti sei fatti bello per me suppongo» disse Hugh appena mi vide e facendo finta di mangiarmi con gli occhi.
Adoravo stare al suo gioco. «Ma certo tesoro, sei il mio uomo» mi avvicinai a lui e appena fui davanti al suo petto, gli sistemai il colletto della camicia che seriamente era messa male, quindi maggior ragione potevo sembrare omosessuale.
Non sapevo perché mi divertisse fare il deficiente, lo facevo e basta.
«Scar, ti fai rubare così l'uomo?!» la rimproverò simpaticamente Brooke, volendole dare fastidio.
Io e la sua migliore amica avevamo molte cose in comune, dovevo ammetterlo, infatti capitava che ci organizzavamo per studiare nuovi piani per poterle dare fastidio, ma la maggior parte dei casi erano pure improvvisazioni, specialmente da parte mia, come giusto che fosse.
«Guarda che sono la sua copertura, lui in realtà ha una relazione con Hugh da quando si sono conosciuti, è stato amore a prima vista» le fece presente, ma mi sentii leggermente offeso. Volevo che se la prendesse, non che desse corda alla mia, nostra, messa in scena.
«Piccoletta, per questa sera ti lascio il mio uomo, nonostante sono consapevole del fatto che riuscirei a farlo felice, credo che sia giusto lasciarlo a te» cercò di recuperare Hugh, pizzicandole la guancia.
Lei fece una smorfia leggermente addolorata, mentre io portai verso l'alto i lati della mia bocca.
«Pssst,» un sibilo fece girare la mia testa e notai una Brooke che cercava di non farsi sentire. Mi fece cenno di abbassarmi un attimo e non credendo di avere altra scelta le diedi retta, «Sam, dopo ti devo dare un piccolo regalino per il compleanno, mi raccomando, non dirlo a Scar finché non sentirai che sarà il momento.»
Aggrottai la fronte leggermente spaventato, non avevo la minima idea di cosa potesse passarle per la sua testa. «Okay» le risposi dato che con gli occhi mi stava implorando di aprire bocca.
«Andiamo Sam, abbiamo dei regali da darti» disse Hugh, facendo cenno con la mano di seguirlo.
Tutti esultarono e gli andarono dietro, mentre io mi tenni un po' in dietro con Scarlett. Lei sembrava tranquilla ma allo stesso tempo era agitata, non mi spiegavo il motivo. «Tutto bene?» le chiesi, facendola voltare verso di me.
Un sorriso debole le ornava il viso e le ombre che glielo coprivano la rendevano ancora più bella. «Sì certo.»
Annuii. «Allora, dov'è il mio regalo?» indagai, con la voglia matta di riceverlo e di sapere cosa fosse.
La osservai spalancare gli occhi e portarsi una mano sulla bocca. «Oddio, l'ho dimenticato in stanza.»
Mi cascò il palco sopra la testa. «Come lo hai dimenticato?» ridacchiai, non volendoci credere.
Potevo capire se fossi stato io, ma solo perché ero io dato che ricordavo tutto, ma lei no, nonostante fosse svampita, per le cose che mi riguardavano metteva inconsciamente molta più attenzione e questo suo lato mi piaceva da morire, quindi la sua dimenticanza era come uno shock per me.
Con soggezione annuì con la testa. «Scusami, sono una pessima fidanzata, io-»
Scossi la testa, fermando i miei passi e guardandola in modo dolce. «Non importa» le dissi, fermandola sul posto, e a quel punto con le mani le presi il volto in modo tale da avere i suoi occhi puntati suoi miei. «Con o senza regalo sono felice così, l'importante è avere te accanto.»
Vero, ma falso, insomma, aveva confessato di averlo dimenticato in stanza, non di non avercelo, alimentando in me una curiosità infinita. Cosa poteva essere?
Il suo sorriso si amplificò, dando al mio lo stesso effetto. «Di la verità, stai morendo dalla voglia di sapere cos'è.»
Mi aveva beccato e dalla mia espressione si mise a ridere. «Io devo smetterla di fare il dolce quando ho te che smonti tutto con una frase, dovevi proprio dirlo?»
Lei rise ancora, facendomi ammirare quell'espressione spensierata sul suo viso. Era così bella che ancora non credevo davvero di aver perso tutto quel tempo a contenermi credendo che quello che desideravo da lei fosse altro. Invece, pur non avendo rapporti sessuali, mi sentivo bene e completo. Non importava poi così tanto farlo, a me bastava sapere che con me era felice, proprio come quando eravamo piccoli. Era sempre stato il mio obiettivo renderla felice, nessuna tristezza, nessuna lacrima, solo un sorriso sul volto. A quel punto, avendo già le mie mani ai lati del suo bel faccino, ci feci avvicinare, concludendo l'azione con un bacio. Le sue labbra erano così confortanti che avrei voluto non smettere mai di baciarla, continuando quel dolce moto fino a quando non si sarebbe consumata la bocca. Adoravo tutto questo.
Ma ovviamente se lo farete saresti ancora più contento e soddisfatto.
Sì, lo ammetto, ma lascia le cose come stanno senza farmi corrodere ancora per molto. Sto aspettando che sia lei a chiedermelo, fosse per me lo avremo già fatto, ma rispetto la sua volontà come giusto che sia.
Quella voce in testa stava veramente rompendo, doveva andare in pensione e lasciarmi in pace.
Mi scostai da lei poco alla volta, per poi ricevere un incitamento da Xavier di raggiungerli. Senza perdere altro tempo, le presi la mano con la mia e insieme ci avviammo dagli altri.
~~~~~~
Aussie 🌺
Spero che questo capitolo con Sammy sia piaciuto e se è stato così, allora il prossimo lo sarà il doppio 🎶
Vi lascio con Coscienzaa
Anche se forse per Sam sarebbe meglio di no... ehm... Coscy...
Ora che vuoi? È il mio regalo di compleanno, guarda com'è stato incartato. Una bellezza.
Dovrebbe essere il compleanno di Samuel a dirla tutta.
Embè? Io festeggio il mio quando mi pare.
Va benee.
Il piano dello schiavo voglio, Nikii, fammi sto favore, farò qualsiasi cosa.
Sto delirando, vado vah hahahah
Bye bye 🐨
~Niki_Rose
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