44. SON OF BITCH

In questo capitolo c’è la presenza di scene che potrebbero urtare la vostra sensibilità, non leggere se facilmente impressionabili...
Per chi legge invece buona lettura 🎶

"SON OF BITCH"

«Che bello, un'uscita a quattro, da quanto che volevo farla» continuò a ripetere Brooke quasi trotterellando.

Era così felice che ti faceva spuntare un sorriso, a meno che eri consapevole di essere la sua futura vittima. Avevo seriamente paura di ciò che le stava passando per la testa, non sapevo cosa aspettarmi nonostante la conoscessi da troppi anni. Lei poteva essere imprevedibile, sia a fatti che a parole, quindi dovevo iniziare a prepararmi psicologicamente per il suo improvviso attacco. Samuel al contrario mio parlava tranquillamente con Matthew, facendomi pensare che forse non aveva sentito la mia migliore amica cinguettare come un fringuello diabolico.

«Su con la vita Scar,» mi distrasse Brooke, «sarà un pranzo come altri» ma quel sorrisetto che ornava le sue labbra diceva tutt'altro.

Inarcai un sopracciglio e la guardai dritto nei suoi pozzi verdi. «Con te a tavola? Impossibile, tu mi farai impazzire e vorrei sapere in anticipo cosa hai intenzione di fare.»

Lei scosse la testa. «No tesoro, il mio piano non può essere rivelato. Anche perché non è stato esattamente studiato punto per punto, quindi sarà a sorpresa anche per me.»

«Ti odio» le confessai assottigliando lo sguardo.

«Ti voglio bene anche io BFF» rispose mandandomi un bacetto.

Roteai gli occhi e li posai sulle vetrine dei negozi che al mio passaggio sfilavano al mio fianco. La luce del sole rifletteva sul vetro, rendendo difficile intravvedere i vari capi di abbigliamento o altri prodotti che vendevano i vari shop, ma lasciando visibile la visuale della gente che passeggiavano per le vie della città. Da una di queste ad un tratto notai una persona incappucciata, ma riuscii a riconoscere i capelli rossi del mio migliore amico. Mi voltai di scatto per cercarlo e lo beccai fortunatamente dall'altra parte della strada, ma aveva uno sguardo troppo serio, tanto da non sembrare lui.

«Ehi ragazzi, quello è Suwa?» domandai agli altri per avere conferma.

Tutti si voltarono verso la direzione in cui i miei occhi si erano posati e potei sentire chiaro e forte la voce di Brooke chiamarlo. «Ehi Suwa!» ma stranamente lui non si voltò.

Cominciai ad osservarlo con più attenzione, non capendo il motivo per cui non ci avesse sentiti, quella mi aveva spaccato un timpano miseriaccia.

«Ma quello sta sempre con la musica alle orecchie?!» anticipò i miei pensieri la riccia. «Adesso lo chiamo» sbuffò raccattando il cellulare dalla borsa e successivamente compose il numero.

«Quello non è il cappotto di Suwa» fece notare Matt osservandolo attentamente.

«Hai ragione, lui lo ha sempre avuto nero, mai cambiato di colore» confermai. «E non porta mai il cappuccio in testa, odia i berretti, dice sempre che sono una limitazione alla sua fantasia.»

«Sì, ogni volta dice che il suo cervello deve espandersi» aggiunse Brooke ridacchiando.

Le schioccai un'occhiataccia e lei si zittì all'istante capendo che non era il momento di scherzare. Poi osservai ancora quella figura quasi familiare e non vedevo nemmeno il filo degli auricolari che aveva sempre con sé. Primo segno che lo avevamo scambiato per qualcun'altro. Lui e le cuffie erano una cosa unica, non si sarebbero mai separate nemmeno se si sarebbe scatenata l'apocalisse.

«Ciao Suwa!» rispose la mia migliore amica al cellulare, constatando che colui che stavamo osservando non era il nostro migliore amico.

«Ragazzi, mi sa che è il malvivente di Sydney» fece conclusione Sammy prima di tutti noi.

I miei occhi si assottigliarono e senza riflettere mossi i piedi nella direzione opposta a quella in cui stavamo andando.

«Ehi, dove vai?» mi domandò Brooke con ancora il telefono all'orecchio.

«Lo seguo?» pronunciai ironicamente dato che doveva essere anche un suo istinto pedinarlo.

«E il pranzo a quattro?»

Sbuffai sonoramente fermando solo per pochi secondi i piedi. «Brooke, abbiamo la possibilità di prenderlo e tu stai a pensare al pranzo a quattro?!»

«Sì! Mi ero preparata psicologicamente per questo evento, ora stai mandando in fumo i miei piani!» sbottò.

Scossi la testa non riuscendo a crederci. Speravo vivamente che volesse soltanto sdrammatizzare la situazione, ma purtroppo la conoscevo bene e nonostante potesse essere una scusa valida, per lei il pranzo era davvero una questione importante.

«Chiamo la polizia» ci fermò Matthew, componendo lo 000.

Ci incamminammo nella stessa direzione di quel rossiccio e appena ci fu la possibilità attraversammo la strada. Purtroppo per via delle macchine che sfrecciavano sull'asfalto ci distraemmo perdendolo di vista. Cominciai a guardarmi attorno seccata e pensierosa, credendo che non era possibile che fosse sparito dalla nostra visuale con tale facilità. Mi rigiravo su me stessa focalizzando la sua immagine nella mente e sperando di trovare una persona corrispondere a quelle caratteristiche, ma nulla. Non volevo crederci, era davvero sparito in mezzo alla folla di Sydney.

«Proviamo ad andare dritto, magari è solo poco più avanti a noi» propose Matt incamminandosi.

Gli altri due lo seguirono, forse aveva ragione lui e magari era anche entrato in qualche negozio, ma io al loro contrario rimasi ferma sul posto guardando indietro. Dove diavolo era finito?

D'un tratto una mano su posò sulla mia bocca e di peso mi trascinò in una viuzza tra gli edifici. Cercai di dimenarmi per poter urlare o in qualche modo attirare l'attenzione della gente, ma la sua presa era più forte di quanto mi aspettassi, facendo battere forte nel petto il mio cuore per la paura che poco a poco saliva sempre più.

Appena mi sbattè contro il muro di un edificio, mi bloccò con un braccio una via di fuga e con la mano libera mi prese per la gola, senza però forzare troppo la stretta. Era come se volesse avvisarmi sul fatto che se avessi fatto il minimo cenno di gridare, me lo avrebbe impedito strozzandomi.
Posai i miei occhi sul suo viso e cominciai a riconoscere le differenze tra lui e il mio migliore amico in un battito di ciglia. La sua faccia era più magra e cavata, sembrava sciupato come se da tempo non mangiasse, aveva le lentiggini visibilmente disposte in modo diverso ed erano anche leggermente più marcate, la pelle invece era più chiara e pallida. Dopo con i miei occhi lo guardai nei suoi e davano una sensazione totalmente differente dai verdi di Suwa. Mentre quelli di quest'ultimo erano brillanti e vivaci, i suoi erano spenti e cupi, dando l'impressione di essere in una palude, una di quelle che ti avrebbe inghiottito.

«Perché mi stai seguendo?» domandò con voce roca. Anche questa non era affatto come quella di Suwa.

Il suo sguardo sembrava come volermi scavare nella pelle talmente era irritato e il suo alito sapeva di fumo mescolato all'alcool.

«Sei il malvivente che assomiglia al mio migliore amico, ma non vedo poi tutta questa somiglianza, sei molto più brutto della descrizione che ti hanno fatto in centrale» digrignai tra i denti volendo perdere un po' di tempo e aspettando spazientita il suono delle sirene della polizia.

In realtà me la stavo facendo sotto dalla paura, avevo davanti a me un criminale psicopatico che avrebbe potuto sul serio farmi qualcosa di brutto ed inimmaginabile.

Lui mi guardò intensamente abbozzando infine un ghigno su quella faccia da cadavere che si ritrovava. «Ah, sei una sua amica» e mentre parlava i suoi occhi sembravano lame talmente mi osservava quasi con ossessione. «In parte devo dire che sono d'accordo con te, effettivamente non ci assomigliamo così tanto, però ad una prima occhiata ci possono confondere. Non so se te lo ha detto, ma ci siamo già incontrati io e quel rosso.»

Piegò leggermente la testa dando l'aria di voler studiare il mio volto nel dettaglio. Ogni mia espressione, ogni movimento dei miei muscoli, ogni centimetro del mio viso era sotto al suo sguardo, a mio parere, maniacale. Avrei voluto sapere cosa gli stava passando per la testa, se aveva l'intenzione di farmi fuori, se mi avrebbe presa come ostaggio oppure se voleva semplicemente divertirsi con me. Fortunatamente non tremavo come una foglia, stringendo però le mie mani in pugni cercando di starmene tranquilla. Avrei voluto prenderlo a sberle, atterrarlo e suonargliele di santa ragione, solo che io ero minuta in suo confronto. Avrei voluto anche dargli una sonora ginocchiata ai gioielli di famiglia, ma a quel punto sarei dovuta scappare per non farmi fare del male, ma io quello lì lo volevo chiuso in una prigione blindata con la camicia di forza. Non ero quel tipo di persona che augurava la morte a qualcuno, però desideravo davvero che quell'individuo sparisse dalla faccia della terra.

«Sì, me lo ha raccontato e dire che ti stava fregando» lo stuzzicai inarcando un sopracciglio.

«Purtroppo per lui sono abbastanza agile» sibilò e quell'odore insopportabile uscì nuovamente dalla sua bocca, facendomi notare che aveva i denti gialli.

Ma come facevano a scambiarlo per Suwa? Il suo volto era dolce e solare, questo qua era brutto come la fame.

Il mio sguardo si indurì maggiormente, ma così feci solo allargare quella smorfia che aveva dipinta sulla faccia. Cominciai a non sopportarlo, era pura feccia per i miei occhi.

«Sai, sei proprio una bella ragazza» disse accarezzandomi la guancia con il dorso delle sue luride e magre dita.

Quel gesto mi fece rabbrividire per lo schifo. Mi stava toccando e sentii nel profondo un senso di disprezzo totale.

Ehi tu, coso inutile della società umana, l'unica persona che ci può toccare è Sammy! Levaci quelle manacce di dosso!
Non ti sente, non è Sam.
Allora diglielo tu!
Ma se non sa nemmeno chi sia.
Ah, quindi la tua fedeltà finisce qua? Davvero?
Cosa sono ora, un cane?

Con quello sguardo sapevo dove volesse andare a parare e piano piano lo vidi avvicinarsi sempre più alla mia faccia. Mi strinsi tra i denti le labbra facendolo ridacchiare, suono odioso per le mie orecchie e chiudendo forzatamente le palpebre mi voltai dall'altra. Il suo fiato mi sfiorava la gola, una mano invece era stretta al mio braccio impedendo un mio probabile tentativo di fuga.

Ero totalmente schifata, facendomi salire la voglia di rifilargli una ginocchiata dove si meritava, ma qualcosa anticipò le mie mosse.

Per via dei rumori delle macchine che passavano con velocità a diversi metri da noi e per la concentrazione nello schifarmi di quelle sue luride gesta, aprii gli occhi sentendo un fruscio, riuscendo così a vedere un diretto posarsi sulla faccia di quel malvivente con tale forza da sentire un leggero crack. Questo perse l'equilibro, ma riuscì comunque a non finire a terra appoggiando una mano sui bidoni che c'erano accanto.

«Sammy!» esclamai contenta, ma il suo sguardo era tutt'altro che felice.

Come faceva ad evidenziare in tal modo i suoi occhi taglienti non lo comprendevo, fatto sta che lui non mi fece alcun cenno talmente era concentrato, precipitandosi verso la sua probabile vittima. Gli andò incontro e con un calcio sulle gambe lo fece cadere violentemente contro al cemento. «Figlio di puttana, come osi toccarla?!» gli gridò a pieni polmoni fiondandogli addosso.

Il sosia di Suwa si toccò la faccia per controllarsi, accorgendosi successivamente di perdere sangue dal naso, ma Sam senza dargli spazio di reagire gli si mise sopra e gli diede un gancio. «Pezzo di merda, non dovresti nemmeno avere il coraggio di guardarla!»

Altro gancio partì però dall'altra mano, facendo voltare la testa del tipo dall'altro lato e facendolo mugugnare dal dolore. Con la mano il malvivente cercò di colpirlo senza però vedere a dove stesse mirando, ma Samuel gli prese il pugno e gli girò il polso, facendogli uscire un grido dalla bocca.

«Scar!» esclamò Brooke in tono preoccupato da dietro di me e attirando così l'attenzione su di sé. «Sam ti ha riconosciuta con tanta velocità che è stato più veloce della luce e poi si è piombato da te come un uragano. Mamma che paura» ansimò arrivandomi davanti e abbracciandomi.

«Ho lasciato il GPS acceso, tra pochi istanti dovrebbe arrivare la polizia» intervenne Matt e come aveva previsto poco dopo le sirene cominciarono a farsi sentire.

Mi girai di scatto verso Samuel e lo beccai nel stanarlo a terra tenendogli i polsi stretti al suolo. Un sorriso cattivo gli ornava il viso, cosa che mai avrei voluto vedere rivolta nei miei confronti. «Sei fottuto figlio di puttana, così non ci darai altri problemi» e detto ciò gli sputò in faccia.

«Lasciami andare!» gli urlò a denti stretti sembrando un cane rabbioso.

La sua bocca era ricoperta di sangue, non lasciando vedere nemmeno il giallo dei suoi denti.

«Non ci penso nemmeno!»

«Arrestate il tipo dai capelli rossi!» sentimmo urlare dall'inizio del vicolo, e una squadra di poliziotti si precipitò verso Sam.

Una volta arrivati al suo fianco si impressionarono prima dei segni violacei che aveva segnati sul viso e del sangue che esaltava sulla sua bianca pelle, poi si adoperarono per mettergli le manette. «Ti dichiaro in arresto e hai il diritto di rimanere in silenzio. Qualunque cosa dirai potrà essere usata contro di te in tribunale. Hai il diritto ad un avvocato e se non te lo puoi permettere te ne sarà assegnato uno d'ufficio. Hai capito i tuoi diritti?»

«Mi sento in 21 Jump St.» affermò Sammy con entusiasmo e venendomi incontro.

Con le mani muoveva le dita come per voler vedere se erano ancora intatte, per poi schioccarsele. Il suo sguardo appena incrociò i miei occhi si addolcì e io in modo goffo mi affrettai a prendere un fazzoletto dalla borsa. Una volta preso glielo porsi, trovandomelo a pochi centimetri da me.

«Tutto bene?» mi domandò con voce preoccupata.

Annuii e gli presi una mano per pulirgliela. «Ma tu guarda come ti sei conciato, dovrei chiederti io se stai bene stupido.»

«Guarda che ero preoccupato per te» disse notando le mie mani tremare leggermente. Avevo il cuore che batteva all'impazzata e tutta la paura che avevo provato stava uscendo in quel momento. Mi sentivo patetica.

«Beh,» alzai gli occhi e li incastonai nei suoi azzurri perfetti, «anche io lo ero, mi hai spaventata.»

Lui rise debolmente mentre cambiai la mano da pulire. «Non devi stare in pensiero per me, io so cavarmela da solo.»

«Fatto sta che lo ero Sammy.»

Mi veniva da piangere nel pensare che io non ero in grado di difendermi, che dovessi dipendere dagli altri e che una cosa del genere non sarei riuscita a risolverla da sola. Non dicevo che non sapevo come colpirlo, anzi ci avevo pure pensato, però avevo paura delle conseguenze. Samuel invece si era buttato a capofitto senza pensarci due volte e andando di puro istinto. Dovevo prendere esempio da lui, solo che era dannatamente difficile non vedere nella mia testa lo scenario di come sarebbero potute andare le cose se lo avessi colpito sul serio. Avrebbe potuto cercarmi per volermi uccidere, magari aveva una pistola in tasca che non avevo visto e avrebbe potuto spararmi per ripicca.

Accarezzandomi una guancia fece alzare il mio sguardo suoi suoi occhi e notai il suo bel sorriso confortante. «Ora è tutto finito, lo stanno arrestando e non ti devi più sentire in pericolo» a quel punto mi abbracciò cullandomi tra le sue forti braccia. «Ci sono io con te Scarlett, non ti devi mai più preoccupare, ti proteggerò da tutto il male del mondo» mi riferì probabilmente senza pensare.

Quelle parole erano così belle che chiudendo gli occhi mi abbandonai a lui stringendomi ancor di più alla sua giacca e a lui. Una lacrima mi scivolò sul viso e mi sentivo come se in qualche modo con questa mi fossi liberata dai cattivi pensieri. Un'altra la seguì, ma dopo queste nessun'altra solcò i miei lineamenti.
Sentire Sammy abbracciarmi a sé mi fece capire che queste erano solo mie piccole paure, che avendo lui vicino a me era come se parte delle mie preoccupazioni passassero a lui, per poi scartarle e bruciarle, facendole scomparire.

«Ragazzi, grazie dell'aiuto» ci dissero alle spalle e voltandomi riconobbi il commissario Crowley.

«Commissario» pronunciai debolmente, quasi con la paura che arrestasse anche Samuel per aver picchiato quel maledetto rossiccio.

Dei poliziotti passandoci accanto commentavano sul come questo avesse fatto a procurarsi quei segni sulla faccia, facendomi deglutire. Sentendo il discorso il commissario si voltò verso Sam e gli osservò le mani. «Ragazzo, mi spieghi come ti sei procurato quelle ferite?»

Sammy si guardò le nocche e con disinvoltura si mise le mani in tasca. «Nel tempo libero faccio box.»

«Senza guantoni?» domandò con un sopracciglio alzato, segno che non voleva crederci.

Di risposta alzò le spalle. «Non li ho, indosso delle fasce di stoffa per picchiare il sacco.»

A inventarsi le scuse era sempre bravo, e ne era altrettanto nel farle sembrare vere.

Scuotendo il capo ci fece cenno di seguirlo. «Faccio finta di crederti giovane, però dovete seguirmi tutti in centrale, dovete spiegarmi per filo e per segno come sono andate le cose.»

······

Dopo aver dichiarato come erano andati i fatti, uscimmo dal centro di polizia. Il Commissario Crowley ci aveva lasciati andare nonostante Sam avesse picchiato il criminale, azione che non doveva fare essendo nel giusto, ma dato che avevamo contribuito alla cattura dimezzando i loro tempi dato che ancora non avevano ottenuto alcun indizio per poterlo trovare, per proteggerci nella dichiarazione aveva modificato alcuni dati, permettendoci così di non avere altri casini di mezzo.

Suwa, quando lo chiamammo, era seccato dal fatto che non lo aveva preso lui a legnate, voleva avere almeno un briciolo di soddisfazione nel consegnarlo alle forze dell'ordine e mostrando così che lui era assolutamente innocente. Non che non lo fosse di già, però era anche sollevato nel non doversi più preoccupare.

«Allora Sammy, "come osi toccarla", eh?» commentò Brooke dandogli delle gomitatine sui suoi fianchi. «Non credevo che il grande Samuel Sampson potesse provare della gelosia.»

Lui la guardò dall'alto con fare passivo, poi si voltò dall'altra sbuffando. «Tsk, non era gelosia, è un mio dovere proteggerla, era il minimo che potessi fare.»

Le mie guance si dipinsero di rosso e a Matt, nel guardarmi, spuntò un sorrisetto. Brooke al contrario suo aveva posato tutte le sue attenzioni sulla sua preda.

«Andiamo Sam, non c'è niente di male nell'essere gelosi, anzi... e poi eravate così carini quando vi siete abbracciati» continuò a stuzzicarlo, unendo le sue mani e posando un dorso sulla sua guancia.

Mi sentivo nei cartoni animati con quelle sue uscite da fuori di zucca ed era anche pazza nel dire quelle cose apertamente, facendo crescere in me una soggezione talmente alta da voler infilare la testa nella sabbia come facevano gli struzzi.

«Sei la sua nuova vittima Sam» gli fece presente Matthew ridendo divertito dalla situazione.

Io non ero da meno anche se in realtà mi sentivo anche io un po' vittima, ma forse era di norma avendo Brooke come migliore amica.

«E poi non è un tuo dovere proteggerla, è una tua volontà» ricominciò a dargli fastidio.

Lui di risposta schioccò la lingua seccato da tutti quei discorsi. «È una cosa naturale, è fin da quando eravamo piccoli che ce l'ho, va bene? Non è la novità dell'ultima ora, Scar lo sa bene» e voltandosi dalla mia parte sembrò volere una mia conferma.

Annuii semplicemente, e Brooke stava sorridendo in un modo che solo lei poteva fare. Era un misto di espressioni, sembrava voler dire "hai visto che è geloso?", "oh Scar, lui è da sempre che vuole proteggerti, che cosa romantica", "lui fa la parte del bel cavaliere e tu della principessa in pericolo, mancano solo le nozze in grande che saranno organizzate dalla sottoscritta" e "sto qua è un idiota al cubo a non comprendere quello che realmente prova per te".

Tra lei e Suwa non sapevo chi dei due fosse più bravo a farmi capire quello che voleva dire con una semplice occhiata e senza aver bisogno di parlare e aprire bocca.

«Quindi adesso pranziamo?» domandò la riccia a tutti e sapevo esattamente che voleva fare una cosa a quattro come sperava da chissà quanto tempo.

«Sinceramente ho perso l'appetito Brooke» le feci presente.

La sua mandibola poteva cadere dallo stupore.

«Sì, anche a me» continuò Sammy grattandosi la nuca.

«Coooosa?!» sbottò lei arrabbiata. «Voi due mi volete male!»

Matt l'abbracciò cercando di confortarla, dandole successivamente un bacio sulla guancia. «Come al solito pranzeremo noi due soli tesoro.»

Brooke talmente era scioccata dalla brutta notizia che rimase pietrificata per diversi secondi, poi impiantò un piede per terra e sbuffò sonoramente. «Scarlett Willoughby e Samuel Sampson, mi vendicherò!» e con ciò prese Matthew per mano e si avviarono da soli verso la loro abitazione, mentre noi due ci avviamo all'hotel.

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Aussieee,

Speravate in un pranzetto diabolico, non è vero??

Devo essere onesta, in realtà non sapevo proprio come farlo andare, quindi volendo anche finirla una volta per tutte con il sosia di Suwa, tadaaaan HHAHAH

A proposito del sosia, come vi è sembrato l'arresto e l'intero capitolo?? Spero che vi sia piaciuto, in caso contrario chiedo umilmente perdonooo *piango*

Ci sentiamo al prossimo aggiornamento carissimii, vi dò solo un piccolo indizio: ci sarà Brooke, quindi vedete voi se è il caso di perdersi il capitolo.... io ve lo sconsiglio hahahahahah

Bye bye 🐨

~ Niki_Rose

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