33. CHARMANDER
"CHARMANDER"
Sentii vibrare il comodino e solo qualche istante dopo realizzai che era per colpa del telefono. Cercai di allungare il braccio nel mio dormiveglia, ma era così lontano che mi arresi. Abbandonai il mio braccio sul materasso e attesi fino a quando non smise di emettere quel suono fastidioso. Solo che prima di cessare di vibrare e muoversi autonomamente, cadde per terra, dando gli ultimi segnali di vita prima di farmi rilassare e chiudere gli occhi. Qualche secondo dopo si fecero vive nella mia mente i ricordi della sera precedente con le risate in compagnia, le ballate assurde, ma appena comparirono i baci elettrizzanti di Sam mi venne da sobbalzare, solo che ero bloccata dal suo possente braccio che mi teneva stretta a sé come se non volesse che scappassi da lui. Adoravo questa sua premura verso i miei confronti, solo che io ero l'unica ad essermi innamorata.
Idiota, ti sei anche dichiarata.
Oh merdaccia, è vero!
Mi portai una mano sulla bocca per non imprecare contro me stessa ad alta voce.
Ma che cazzo mi è preso ieri sera?!
Te lo dico io in semplici parole. La vodka ti ha dato alla testa, poi si è aggiunto lui a petto nudo, poi è stato il turno dei suoi baci mozzafiato, successivamente tu ti sei incazzata quando ti ha paragonato ad una sorellina e la cazzata che hai fatto te l'ho già detta.
Sì, ma perché?!
Perché sei imbecille, ecco perché.
Non sei di conforto.
Di nulla.
Cercai di muovermi, ma ero completamente bloccata. Tentai di spostare il suo braccio che stava intorno alla mia vita, ma una volta mosso di qualche millimetro, purtroppo lui mi strinse ancora più a sé come se mi avesse scambiata per un pupazzo da spupazzare.
È insentibile pupazzo e spupazzare nella stessa frase.
Ne sono consapevole.
Quella mattina andavo di discussioni tra me e me, ma non c'era nulla di cui stupirsi, le mattinate se non le passavo così, le passavo da sola. Anche se certe volte era meglio soli che mali accompagnati.
Simpatica la ragazza.
Ti lovvo.
Ma ti prego, evitami questi blasfemi.
Sbuffai sonoramente roteando gli occhi e con tutta la voglia di riaddormentarmi, sperando che al successivo risveglio non stessi nella morsa micidiale in cui mi ritrovavo in quel momento.
Purtroppo mi ero svegliata e nessuno mi avrebbe più fatto riaddormentare.
Il silenzio fu spezzato da un suo mugugno. Grazie a questo lui si mosse di poco, rilassando la presa su di me così da poterne approfittare per uscine fuori. Non potevo essere più felice quel giorno. Per fortuna non si era svegliato del tutto, permettendomi di sgattaiolare in bagno, lavarmi velocemente, pulire i denti, sistemarmi i capelli e il viso dalla nottata, cambiarmi e uscire dalla stanza come un ladro. Quel giorno non avevo proprio voglia di vederlo, parlarci e tutto quello che potevo fare con lui. La discussione che la sera prima avevamo fatto continuava a rimbombarmi nella mente, tanto da farmi venire il mal di testa per tutte quelle volte in cui il mio cervello aveva fatto replay una volta addormentata, ritornando ai baci, al sorellina e alla dichiarazione. Sembrava un loop, solo che lo era nella mia testa e basta, mentre le macchine e le persone di Sydney mi passavano accanto. Quella mattina mi sentivo come un addobbo triste e grigio per l'albero di natale decorato con palline vivaci, fili colorati e la stella in alto sulla punta. Mi sentivo come se fossi il nulla a confronto di tutta quella gente che sfilava per le strade, loro sembravano vivere, mentre io facevo la parte del manichino che guardava al di fuori della vetrata del negozio.
O ad uno zombie di come cammini.
Ad un certo punto mi stufai dei rumori della città, e prendendo le cuffie le appesi alle mie orecchie agganciai il jack al telefono. Scorrendo per i brani che tenevo sul cellulare, scelsi quella che più mi ispirava al momento. Bloccando il telefono e ficcandomelo in tasca, le note di Simple Man dei Lynyrd Skynyrd sovvrastarono i miei pensieri, concentrandomi sul ritmo e sul testo della canzone, canticchiandolo tra me e me chiudendo ogni tanto gli occhi per godermi la canzone in pace e facendomi sentire come se fossi in un'altra dimensione. Aprendo poi gli occhi riflettendo sul testo, guardai il cielo ed era proprio una giornata di sole, una di quelle che doveva mettere il buon umore.
Take your time
don't live too fast
Troubles will come and they will pass
Go find a woman and you'll find love...
Queste parole, nonostante fossero di una madre dedicate al figlio, sembravano essere dedicate a me in quel momento. Era vero, i problemi venivano e poi se ne andavano, ma l'amore a cui si riferiva la donna al figlio io lo avevo trovato in Samuel e questa cosa mi spaventava. Io sentivo che non dovevo innamorarmi di lui, ma avevo fatto questo errore senza rendermene conto. Ora questo era il mio problema e dovevo farlo andare via, ma come? Come potevo attraversare quel mare in tempesta se mi trovavo quella persona ogni giorno della mia vita, nel mio stesso letto, a tenermi stretta durante la notte, impedendomi così di fare brutti sogni? Come?
In quell' istante andai a sbattere contro una persona perdendo l'equilibro. Fortunatamente mi prese al volo per il braccio, rimettendomi subito dopo in piedi. Io con la mente ero già arrivata con la faccia spiaccicata al suolo e io che brontolavo di essermi fatta male, quindi potevo solo benedire quel buon uomo. Alzai lo sguardo e guardai il suo volto togliendo una cuffietta e forgiando un sorriso per ringraziarlo, ma mi si bloccarono le parole in gola appena riconobbi la persona davanti a me. Era impressionante come Sydney fosse così piccola quando ero in giro da sola per la strada.
Lui abbozzò un sorriso divertito, ma io non ci trovavo nulla di divertente in quel momento. Era da strapparglielo e appenderlo sul muro sopra al camino e vicino alla testa di cinghiale. «Ma guarda guarda. Una Willoughby per Sydney, a cosa devo questo incontro zuccherino?»
Roteai gli occhi, quel nomignolo mi stava facendo venire il diabete. Non era possibile che ogni volta dovevo incontrarlo, impossibile! A momenti avevo paura che tenesse un GPS per rintracciarmi ogni qualvolta fossi stata sola. Incredibile! «Senti, fatti i cavoli tuoi, okay?» e con questo presi e me ne andai senza nemmeno ringraziarlo come da programma.
«Ti sei persa, non è vero?» udii e quell'osservazione mi fece fermare automaticamente.
Il ragazzo è anche un veggente ora?
Ma dimmi te se è possibile. Ha una sfera di cristallo secondo me.
Tu sei ferma ai cartoni, vero?
Sbuffai tra me e me e mi voltai verso il ragazzo pensando a una scusa plausibile. «No, sto andando a prendere un caffè decente, problemi?»
Woho, 1 a 0 per Scarlett. Se potessi ti batterei il cinque.
Lui sorrise e poi fece una risata spontanea e divertita.
Ora lo picchio. Cazzo ha da ridere di continuo?!
Concordo, mi sta facendo saltare i nervi. Perché non gli vengono i crampi allo stomaco?
Crudele. Mi piace.
«Zoro, il miglior bar della zona che vende ottimi caffè lo hai appena superato, stento a credere che non ti sei persa» esclamò, sovrastando con la sua voce bassa una macchina che aveva appena suonato ad un taxi e paragonando il mio senso dell'orientamento a quello di Zoro di One Piece.
Sbuffai continuando a muovere gli occhi come per cercare nell'aria una risposta da dargli per farlo stare zitto.
Mi sa che hai fatto autogoal.
E sta un po' zitta!
«Si da il caso che nessuno ti ha chiesto aiuto» sputai fuori. Non lo sopportavo.
Lo hai già detto.
Mmmm... che nervoso che mi stai facendo venire.
Lui scoppiò ancora a ridere e si avvicinò a me, superando le persone che gli andavano contro corrente. Poi prese la spallina del mio zaino e mi trascinò dietro con sé. «Rilassati Charmander, ti riaccompagno sulla retta via.»
Alzai un sopracciglio e lo affiancai arrendendomi. Era l'unica persona che poteva aiutarmi nel trovare la strada per l'hotel in quel momento e contro orgoglio avevo accettato. «Ora spiegami perché continui a cambiare nomignolo e perché Charmander.»
Lui voltò la sua testa verso di me, facendomi notare che il suo viso aveva dei bei lineamenti, non si poteva negarlo. I suoi capelli biondo cenere sembravano essere baciati dal sole e quei suoi occhi grigi ricordavano tanto il cielo all'inizio di un temporale. Aveva un suo perché il ragazzo, dovevo ammetterlo. «Uno perché cercavo un soprannome da darti, ma nessuno mi ispirava. Due, Charmander perché continui a sputare fuoco e direi che questo sia quello più azzeccato; nonostante Zoro mi piaccia sei una donna, quindi sarebbe inappropriato. Quindi piacere Charmander, io sono Jake.»
Sbuffai scocciata e di scatto voltai lo sguardo sull'altro lato della strada che magicamente pareva molto più interessante di lui. C'era un sacco di gente che girava per le vie della città, entravano nei negozi, uscivano dai bar, passeggiavano col cane, e tutto ciò mi sembrava strano dato che di solito quel giorno la mattina io ero sempre a lezione, tranne questa volta che mi avevano spostato il corso nel pomeriggio per un problema del professore. «Zoro piaceva anche a me» ammisi.
Mi voltai e vidi Jake sorridere, mostrandomi dei denti perfetti. Dava l'idea di una persona simpatica, purtroppo però a Xavier dava fastidio, quindi automaticamente me ne dava anche a me.
Mah, secondo me ha anche il suo lato carino.
Senti, ha fatto del male a Danielle, questo basta per odiarlo.
Beh, quel suo sorriso non è niente male ed è da ammetterlo. Confessa!
Zitta un po' tu e va a cuccia.
Stai sempre dietro a tuo fratello.
Ti ho detto a cuccia!
Non dicemmo nulla per un po' di tempo, io mi limitavo a seguirlo e a guardarmi intorno cercando di memorizzare la strada. Non avevo per nulla la voglia di perdermi ancora e farmi riaccompagnare da lui. A pensarci mi dava fastidio. Poi mi voltai verso il biondino, odiando quel silenzio che si era creato rendendolo per di più imbarazzante. Lo scrutai, ma non mi veniva nulla da poter iniziare un discorso. Ero senza idee ed era alquanto strano.
«Ashton mi ucciderà se mi vede con te» disse guardando fisso dritto a sé, per poi darsi un'occhiata attorno per vedere dove eravamo per potersi orientare.
Quelle parole mi ricordarono Samuel durante la nottata precedente e mi si sentii sprofondare nel andare avanti nel discorso con la mente. Quel sorellina mi dava così tanto fastidio che pur di togliermi quel pensiero di dosso avrei fatto di tutto, anche uscire con quell'antipatico di Jake.
D'un tratto mi prese per il braccio facendomi cambiare direzione di colpo. Lo guardai con il cuore che perse un colpo dallo spavento e stavo per urlargli addosso, quando lui mi fermò. «Alloggi nell'albergo dei nonni di Danielle, vero?»
Annuii e vidi in lontananza l'hotel. Mi aveva davvero aiutata a trovare la strada per tornare e gli ero grata per il gesto gentile tanto da volerglielo dire, ma poi cambiai idea. Dalle scalinate del Coral Reef vidi Samuel scendere di fretta e prendendo la nostra direzione. Ovviamente non mi aveva vista, c'era troppa gente per individuarmi, ma in qualsiasi caso il mio cuore cominciò ad accelerare il battito. Ero bloccata e non sapevo cosa fare. Mi sentivo una statua di marmo, ferma sul posto. Non lo volevo vedere, non in quel momento, anche perché avrebbe iniziato a litigare con Jake e non avevo proprio voglia di star a sentire due che discutevano su cose che riguardavano Xavier e che io dovevo stargli alla larga.
«Sai andare da sola fin là spero, a meno che non sei veramente Zor-» mi guardò e sul suo viso sparì quel sorrisetto ammiccante che aveva fatto ovviamente per recarmi fastidio. Divenne serio improvvisamente e mi appoggiò una mano sulla spalla guardandomi dritto negli occhi. «Ehi, ti senti bene?»
Di colpo gli presi il polso e cominciai a correre senza ragionare su quello che stavo facendo. «Non voglio tornare, andiamo da un'altra parte.»
Lui non esitò al rimanere lì impalato in mezzo alle persone che ci spingevano per poter passare e mi seguì sorpreso. «Ehi Charmander, cosa ti prende all'improvviso? Pensavo che mi odiassi come tuo fratello.»
«Oh, sta zitto Jaiky» lo ripresi usando il nomignolo della sua cara sorella falena, conosciuta forse anche come Taylor.
«Ehi, non iniziare anche tu con questo soprannome!» sbuffò.
«Hai iniziato te a darmi ottomila soprannomi giungendo alla conclusione di Charmander, cosa dovrei dire io?» sbottai, incredula del fatto che si fosse davvero lamentato.
«Okay, hai vinto tu, sto zitto» si arrese, ma io avevo ancora bisogno di farmi dare una mano da lui.
Mi guardai attorno, cercando un posto dove nascondermi e non farmi scovare da Samuel, ritrovandomi con il cuore che era più veloce di una locomotiva. Sempre se lui mi stava cercando. «Dimmi un posto dove non ci possono trovare» chiesi, sperando che mi aiutasse senza iniziare a fare giri di parole. Odiavo quando succedeva, io preferivo andare dritto al punto.
Come se mi avesse ascoltato e letto nella mente, mi sorpassò e mi prese per il polso aumentando il passo. La sua stretta era forte, tanto da farmi pensare che non volesse che mi perdessi e non capivo. Odiava mio fratello, eppure aiutava la sorella della sua nemesi. Io con tutta onestà non lo avrei mai fatto. «Ci penso io.»
Ancora non credevo di starlo a seguire, ma preferivo stare con lui che vedere Sammy. E ancora ci pensavo, mi aveva dato della sorellina!
Senti chi parla, per te lui era il tuo secondo fratello prima di trasformarsi nel ragazzo dei tuoi sogni.
Lo è soprattutto dei tuoi, quindi tralasciamo i dettagli. E poi è colpa sua se mi sono innamorata di lui, se lui non fosse tornato in Australia e se lui non fosse bello, carino e gentile con me tutto questo non sarebbe mai successo.
Su questo ti do ragione.
Jake finì la sua corsa davanti a un locale nominato "P.J.O'Brien's" ed entrammo. All'interno era tutto in legno, facendomi pensare che fossimo negli anni cinquanta,ma era più probabile aver messo piede in un Irish Pub, dove in fondo al salone si trovava un qualcosa che assomigliava a un palchetto. Lì vicino c'era un pianoforte a coda in nero lucido, sull'altro lato c'era la zona bar che occupava tutta la parete in lungo e sugli scaffali in orizzontale c'erano una miriade di alcolici messi in fila di colore diverso, tanto da dare un'atmosfera particolare al luogo grazie alla luce che rifletteva sulle bottiglie. Il resto era popolato da tavoli e sedie in legno, alle pareti erano appesi moltissimi quadri con foto in bianco e nero e c'erano delle scale sempre in legno che portavano al piano di sopra. Jake non si fermò a prendere il primo tavolo libero, bensì mi fece salire le scale, come se non gli fosse bastata la corsa di poco prima. Quando finalmente si fermò, cominciai a prendere grosse quantità d'aria con la bocca. «Tu sei pazzo» gli feci notare, appoggiando le mie mani sulle ginocchia piegandomi in avanti dalla fatica e dalla stanchezza.
Lui mi guardò sorridente. «Su, vieni a sederti Charmander» mi invitò, spostando una sedia per farmi capire che quello sarebbe stato il mio posto, mentre lui si sedette su quello davanti.
Quando alzai lo sguardo, notai che il piano in cui ci trovavamo era simile al pian terreno. Mi osservai meglio attorno e nei quadri c'erano dei ritratti di donne decisamente messe in pose provocanti, il che mi facevano imbarazzare al posto loro. «Mi hai portata qui perché sai che non è posto da Xav-» scossi la testa, riflettendo sul fatto che lì a Sydney lo conoscevano tutti con il secondo nome e continuai, «da Ashton, non è vero?» chiesi, sapendo già la risposta.
Lui annuì, mentre io presi il posto sulla sedia spostata poco prima. «Figurati se viene in questo locale pieno di queste fotografie, piuttosto va a vedere una gara di lumache.»
Non capii del perché della gara, ma annuii ugualmente. Jake mi passò un menù e successivamente ne rubò un altro da un tavolo lì vicino, cominciando così ad esaminarlo. «Prendi qualcosa, offro io.»
Aggrottai la fronte non capendo quel suo gesto carino. Perché doveva offrirmi qualcosa?
Perché non glielo chiedi a lui invece che a me? Eh? Penso che ti sappia dare una risposta più esaustiva della mia.
«Perché?» domandai sotto consiglio della mia vocina. Ogni tanto era utile, era da ammetterlo.
«Perché, non posso? E poi hai corso, avrai pur fame o sete, io sto morendo» mi rispose con un tono di voce che dava davvero l'idea di non veder l'ora di mettere qualcosa sotto ai denti e non rifiutai la sua offerta, cominciando a leggere tra le righe del menù.
Quando si parla di cibo ti fai riconoscere, vero?
Quando si tratta di rompere le scatole tu invece sei la regina, vero?
«Charmander?» mi chiamò distraendomi e abbassando il menù che aveva tra le mani.
Roteai gli occhi sentendolo chiamarmi in quel modo, ma non potevo farci nulla oramai. Se avessi contestato avrebbe continuato comunque. Senza il bisogno di parlare, appena posai i miei occhi sui suoi riprese parola.
«Perché non sei tornata all'albergo?»
Il suo sguardo non aveva nulla che riguardava il giudizio, forse sembrava anche preoccupato e i suoi occhi non sembravano mentire. Guardai un punto indefinito della sala, in cui c'erano altre cinque persone oltre a noi su quel piano, pensando alla sera precedente. «Non volevo tornarci.»
«Hai litigato con Ash?» chiese ancora, avvicinandosi più a me e appoggiando i suoi gomiti sul tavolo in legno.
Scossi la testa. «Sei un ficcanaso» pronunciai senza riflettere. «Comunque no, non con lui.»
Lo vidi perdersi tra i pensieri con la fronte leggermente corrugata, come se stesse cercando di ricordare, quasi invano. «L'omone con i capelli neri con tanto di orgoglio e con l'aria da fighetto?» domandò, facendomi pensare che si riferisse a Sam.
«Samuel? Aspetta, cosa te ne frega, e poi perché dovrei parlarti dei miei problemi quando non ti conosco?» sbottai stressando la manica della mia felpa. Mi dava sui nervi quando gente estranea mi faceva domande su cose di cui avrei voluto parlare per sfogarmi.
Lui sorrise e si appoggiò sullo schienale iniziando a dondolare sulla sedia. Di lì a poco si avvicinò una ragazza mora dai luminosi occhi verdi pronta a prendere le nostre ordinazioni. Mentre Jake la ispezionò da cima a fondo, io presi la mia ordinazione. «Una brioches alla cioccolata e un succo d'arancia per favore.»
Lei annuì per poi voltarsi verso di lui, mettendosi imbarazzata una ciocca castana dietro all'orecchio e sorridendogli in particolar modo. Stavo per vomitare per come stessero filtrando uno con l'altra.
«A me un caffè e una brioches alla marmellata, scegli tu quale» le comunicò facendole l'occhiolino.
Lei annotò l'ordine e scese dalle scale con un sorriso da ebete in faccia. Roteai gli occhi non credendo sul serio che le ragazze cadessero ai suoi piedi come niente fosse. Posai il mio sguardo su di lui e lo vidi sorridere contento della riuscita. «Allora, parlami di questo Sam.»
Inarcai un sopracciglio, pensando che la sua esistenza non fosse un problema suo. «Non serve che ti parli di lui, e comunque se lo vuoi conoscere fattelo presentare da Ashton» sbottai, prendendo il cellulare tra le mani e cominciare a scorrere le notifiche su Pinterest.
Notai anche di avere dei messaggi non letti, ma volevo evitare di venir a sapere se Samuel mi avesse scritta o chiamata, sapendolo avrei potuto pentirmi della mia decisione di evitarlo e non volevo.
Lui non disse nulla e cominciò a giocare con il cellulare fino a quando la ragazza di prima non tornò. Lui la ringraziò, mentre io guardai strana le cose sul tavolo. Mancava mezzo mio ordine e la cosa non mi dava fastidio, ma di più. «Scusami,» la fermai, facendola tornare, «manca la mia brioches» cercai di dire senza risultare antipatica. Cavolo se era risultato difficile.
Lei alzò le sopracciglia e si schiarì la voce. «Scusami tanto, vado subito a prenderla» disse dispiaciuta, sbrigandosi poi a portarmela.
«Cavolo se sei autoritaria» scherzò Jake bevendo un sorso del suo caffè e addentando il suo spuntino.
Gli feci la linguaccia, e il tempo che lui finisse di ridere, vidi la ragazza dagli occhi verdi avvicinarsi al nostro tavolo ancora una volta.
«Adesso guarda» mi bisbigliò il ragazzo facendosi sentire solo da me e prima che lei potesse porgermi la mia brioches.
Ti prego, non dire quella del caffè bollente, è vecchia come Stan Lee.
Lo vidi prendersi il tempo per calarsi nella parte come se fosse un attore professionista, bevve un sorso e fece una faccia un po' sorpresa. «Ehi dolcezza,» la chiamò, ottenendo in immediato tutta la sua attenzione e lei sembrava pendere dalle sue labbra. Era la scena più schifosa a cui dovevo assistere in prima persona, mai più, «questo caffè è proprio bollente... come te in fin dei conti» disse come previsto, sfoggiando il suo miglior sorriso e mostrando i suoi denti perfetti.
Lei diventò paonazza, mentre io strinsi con due dita l'osso che si trovava in mezzo agli occhi, non volevo credere a ciò che avevo appena assistito.
«Ti andrebbe di darmi il tuo numero? Magari me ne puoi fare un altro» e detto ciò, facendole l'occhiolino, lei annuì e scrisse quello che poteva essere il suo numero sul blocco di carta che teneva tra le mani. Una volta strappato glielo porse e lui la ringraziò.
Appena la vidi allontanarsi abbastanza, lo guardai con rimprovero. «Non dovresti trattare le ragazze carine e dolci come lei in questo modo disgustoso.»
Morsi la mia brioches e potevo sentire il sapore invadermi le papille gustative.
Lui fece spallucce finendo la sua merenda. Si passò la lingua sulle labbra e si pulì le mani con un fazzoletto che aveva, per poi metterlo nel piattino dove c'erano le briciole che perse la sua brioches. Nel guardarle lì da sole e malinconiche mi si spezzava il cuore. «Andiamo?» gli sentii chiedermi con gli occhi che scrutavano i miei.
Annuii e lui, estraendo i soldi dal suo portafogli, li mise sul tavolo lasciando anche la probabile mancia. Usciti dal locale un venticello mi mosse i capelli, e alzando lo sguardo si potevano notare delle nuvole bianche avvicinarsi trasportate da esso. Guardai l'ora sul display del telefono ed erano soltanto le undici di mattina.
«Qualche problema?» spezzò il silenzio, guardandomi dritto negli occhi.
La sua voce sembrava piatta, ma i suoi occhi no. Sembravano dire se c'era qualcosa che potesse fare per farmi passare un altro pezzo di giornata senza pensare a ciò che mi turbava.
Il ragazzo è strano, dico sul serio.
Lui non sopporta mio fratello non me, giusto?
Sì, ma non penso che voglia Xavier Ashton Willoughby come cognato.
Cosa?!
Sì dai, insomma guardalo! Sì comporta come farebbe Samuel.
Oh sì, a parte il fatto che io per lui sono come una sorellina, tutti ci proverebbero con la propria sorellina.
Ti stai facendo troppi problemi e comunque ti sta parlando.
Chi scusa?
Cameron Dallas, chi sennò?
«Pianeta terra chiama Charmander, Charmander rispondi» disse Jake, con una voce nasale e divertente.
Sorrisi nel sentirla. «Houston abbiamo un problema.»
Lui incaricò un sopracciglio. «Non è il momento di dare brutte notizie, state scendendo al pianeta Terra o siete ancora in orbita?»
Scoppiai a ridere e lui mi seguì a ruota. Nonostante il grigio dei suoi occhi assomigliava ad una nuvola carica di pioggia, erano allegri e divertiti. «Siamo atterrati tranquillo. Comunque non voglio tornare in appartamento, in realtà non vorrei nemmeno andarci questa sera» ammisi, guardando la strada che portava all'hotel con un po' di tristezza. Volevo bene a Samuel, ma se la sua vicinanza poteva farmi del male, allora preferivo non vederlo. O almeno per il momento, un pezzo di vita senza Sammy l'avevo già avuta e non era stata una bella esperienza.
Jake mi guardò con serietà e cominciò ad incamminarsi dalla parte opposta su cui mi ero imbambolata, trascinandomi per un primo momento dalla bretella del mio zainetto. «Ti inviterei da me ma uno, se lo venisse a sapere Ashton mi disintegrerebbe e secondo, invito delle ragazze a casa mia solo per un motivo, e di certo tu non sei quel tipo di ragazza.»
Ci misi pochi secondi prima di capire a cosa si riferisse, e appena vide la mia faccia sorpresa un sorriso sul suo volto si creò come per magia.
Tu sei idiota a non averlo capito subito e lui è così carino che potrei diventare quel tipo di ragazza.
Ma ti ascolti? Stai sparando un mucchio di stronzate.
Sì hai ragione, meglio Sammy.
«Non hai un amico o amica da cui andare?» mi domandò, mettendosi le mani nelle tasche della sua felpa grigia con le maniche nere.
Non ti offri più come volontario?
Chiudi quella fogna.
Mi venne subito in mente una persona con un letto disponibile e frugando in tasca tirai fuori il cellulare e composi il numero.
······
Entrai nel dormitorio e chiesi di Suwa in giro dato che lui non rispondeva nemmeno ad una delle mie nove chiamate. Solo un ragazzo dall'accento filippino mi diede delle indicazioni conoscendolo e arrivata davanti alla porta della sua stanza con solo uno zainetto dietro, bussai una volta.
Due volte.
Tre volte.
Nulla. Suwa sembrava esser morto in camera.
«Ehi piccoletta, stai cercando la rockstar?» mi chiese uno da dietro, e appena mi voltai capii del piccoletta. Poteva sembrare la versione di colore di Hugh per la sua corporatura alta e muscolosa, solo che aveva dei rasta, una folta barba nera e un cappello giamaicano.
Annuii non capendo il nomignolo rockstar e lui dalla tasca tirò fuori due sottospecie di fermagli. Si avvicinò alla porta, inserì quegli affari nella serratura e dopo qualche prova riuscì ad aprire l'entrata. Mi guardò soddisfatto, aspettando probabilmente il mio ringraziamento.
«Tu mi spaventi» gli comunicai indicandolo e lui scoppiò a ridere. «Comunque grazie» gli dissi con un sorriso stampato sulle labbra divertita da tutto ciò.
Entrai e sembrava di stare in un uragano. C'era di tutto in mezzo alla stanza, nonostante sapesse che doveva ospitare la sua migliore amica non si era degnato di mettere a posto. Roteai gli occhi e di seguito sbuffai, appoggiando lo zaino a terra e chiudendo la porta alle mie spalle. Cominciai a prendere il cartone della pizza da terra, il pacchetto del cibo cinese ad asporto dal divano e l'imballaggio abbandonato sul tavolo del ristorante indiano. Buttai tutto nella spazzatura ed ero contenta che all'interno non ci fosse nulla, perché senno sarei potuta morire là dentro immaginando la puzza che potesse esserci. I vestiti buttati a terra lì raccolsi e li misi nello sporca-biancheria che aveva nel bagno. Era impressionante come dovessi fargli da donna delle pulizie.
Suwa entrò in stanza una volta che finii di spazzare a terra e sembrò sorpreso nel vedermi. «Ehi Scar, che ci fai tu qui?» mi chiese con un sorrisone stampato in faccia.
«Hola, sono Maria Dolores, vengo dal Messico e ti sto facendo le pulizie. Piacere di conoscerti» esclamai facendo un accento spagnolo.
Lui scoppiò in una fragorosa risata asciugandosi le lacrime mentre si piegava in due. Portai le braccia sui fianchi, aspettando che finisse la sua comica. «Oddio, scusami davvero, pensavo che saresti arrivata più tardi, immagino che ti ha fatta entrare Marvin, quel tipo è il mio idolo. Comunque ho ordinato messicano, spero che non sia un problema per te.»
Allargai gli occhi e gli saltai addosso, facendogli perdere l'equilibro e cadendo come due salami sul divano. «Non è mai un problema se si parla di tacos» affermai mostrandogli tutta la fila di denti che avevo.
Da lì a poco mi suonò il cellulare e prendendolo vidi che era Samuel. Sbuffai e bloccai il display vedendo che erano le sette e mezzo di sera. A quell'ora Xavier sarebbe venuto a bussarci alla porta della nostra camera ad avvisarci di andare a mangiare. A quel ricordo abbassai gli occhi e Suwa mi sollevò il viso con due dita sul mio mento. «Ehi, tutto bene? Anche al telefono sembravi strana.»
Mi misi meglio sul divano, con le gambe incrociate e mi appoggiai sulla sua spalla. «Ieri sera io e Samuel ci siamo baciati.»
«Dici sul serio?» mi domandò con quella solita voce che usava fare quando non voleva che lo prendessi in giro. Era sempre divertente sentirgliela fare. Si sistemò meglio sul suo posto e con una mano cominciò ad accarezzarmi il braccio.
Scossi la testa. «Però poi ha rovinato tutto dicendomi che Xavier lo avrebbe ucciso se fosse venuto a saperlo e che io per lui ero come una sorellina. Da lì sono schizzata e mi sono praticamente dichiarata.»
Lui mi spostò e mi guardò dritto negli occhi. I suoi erano di un verde acceso, con piccole striature grigi che gli incorniciavano le pupille. «Okay, ora mi stai realmente prendendo in giro. Senti, non sono Deadpool, non sono idiota.»
Scoppiai a ridere sentendogli dire quelle parole. «Non offendermi Deadpool, e giuro che non sto mentendo.»
Lui assottigliò le palpebre come se volesse andare in fondo alla mia anima per scoprire se stavo dicendo il vero. «Okay, potrei crederti, ma se poi fai come Mistica tradendo Charles con Magneto, allora il nostro cerchio dell'amicizia si chiude e ora me lo prometti con un giuringiurello» e finendo la frase, mi porse il suo mignolo, aspettando una mia mossa.
Una fragorosa risata riempì la stanza e avvicinando il mio mignolo al suo lo strinsi. «Lo giuro.»
«Ora devi dire che credi nelle fate.»
Lo guardai stupita non capendolo. «Perché?»
«Fallo e basta» sbottò, senza levare il suo sguardo dal mio.
Roteai gli occhi non potendo immaginare fin dove arrivasse il livello della sua stupidità. «Okay, io credo nelle fate.»
«Lo giuro» mi incalzò.
«Lo giuro» sbuffai sorridente imitando le sue parole.
Lui sorrise e lasciò la presa dal mio dito. «Lo hai promesso e se infrangerai questa promessa, tutte le fate moriranno.»
«Ammettilo, quand'è stata l'ultima volta che hai visto Peter Pan e per quante volte lo hai visto» gli domandai.
Alla porta della stanza bussarono e mi alzai di scatto pensando che fosse il cibo. Come indovinato, appena aprii l'entrata mi trovai davanti un fattorino con una busta bianca a portata di mano. Suwa mi affiancò e gli porse venti dollari, ricevendo poi il poco resto. Scappai in direzione divano e mi ci buttai a capofitto, come se andare a sedermi lì e mangiare tacos fosse l'ultima cosa che avrei fatto in tutta la vita.
«L'altro ieri, per due volte» ammise, ma appena lo intimai con lo sguardo lui si gratto la nuca e si voltò dall'altra. «Tre, sei contenta?»
Scoppiai a ridere mentre tiravo fuori il primo tacos. Il mio migliore amico si avvicinò a me e si lasciò trasportare dalla forza di gravità per sedersi sul divano. Rovistò nella busta e tirò fuori un tacos per sé, addentandolo.
«Ti conosco troppo bene e so che quel film ti piace così tanto da vedertelo per tre volte di seguito.»
Lui finì il tacos e ne prese un altro. «La prossima volta non ti mentirò.»
Lo guardai stupita, pensando al fatto che io ero ancora al primo e nonostante tutto avevo anche iniziato prima. «Ma tu mastichi oppure fai come i serpenti e ingoi e basta?»
Fece finta di riflettere, per poi addentare il cibo che teneva tra le mani. «La seconda mi ispira di più.»
Guardai parte del suo cibo cadergli nei pantaloni, seguendo la caduta come se fosse stata al rallentatore. «Guarda, ti sei anche sporcato i pantaloni, idiota.»
Lui si ispezionò e con un dito tirò su quello che sapevo che ritenesse di sua legittima bocca. «Questo è per me» e detto ciò si gustò il pezzo mancante del suo tacos.
Scoppiai nuovamente a ridere non riuscendo a trattenermi. «Sei incredibile.»
Suonò nuovamente il mio cellulare e prendendolo guardai chi fosse. «Ehi fratellone» risposi addentando il mio tacos, finendolo e prendendomene un altro dalla busta. Il mio migliore amico non aspettò tempo per tirarne fuori un altro e iniziando a divorarlo come se non avesse mangiato da sei mesi.
«Scar, che fine hai fatto? Sam ti ha anche chiamata.»
Sospirai sentendo quel nome e lanciai un'occhiata a Suwa. Lui si bloccò con la bocca aperta e col tacos stretto tra le sue dita e sembrava Po di Kung Fu Panda quando era stato beccato da Shifu a mangiare i biscotti di Scimmia. Mi venne da ridere a quella scena e al ricordo che mi fece venire in mente. «Sì ecco, sono da Suwa a mangiare messicano, quindi per sta sera non ci sono.»
Gli sentii fare un sospiro di sollievo per poi chiudere poco dopo la telefonata. "Salutami Lavi, fa la brava" furono le sue ultimi parole, il che mi fece sorridere.
«Guardiamo un film?» mi chiese, finendo di mangiare.
Annuii. «Maratona X-Men?» proposi.
Suwa sembrava come illuminarsi, e i suoi occhi si potevano scambiare per due fari. «Non me lo faccio ripetere due volte.»
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Aussieee 🌺
Scusate per il falso annuncio di giovedì mattina, stavo facendo le mie solite cose quando il cellulare si è bloccato (ma che novità) e ha pubblicato contro il mio volere...
Scussatteee però state certi che ora che arriviamo alla fine ce ne vorrà di strada MUAHAHA
Despite this,
Ecco che ritorna Jake Parfit !!
Cosa ne pensate di lui? Credete che sia una persona di cui fidarsi, oppure di cui stare alla larga?
Ed ecco anche la mitica apparizione di Suwaaa
In lui risiede un Peter Pan capace di farci volare sull'isola che non c'è ❤
Io invece stavo pensando a una cosa...... e volevo chiedervi, come vi immaginate Samuel la mattina mentre si prepara davanti allo specchio??
Io dico che dopo aver visto questo video... (⬇) beh, credo che non riuscirò ad immaginarmelo in un altro modo HAHAHAHAHAH
Un caloroso saluto a Nick Bateman 😏❤
Dio, non potevi creare una creatura migliore, ti ringrazio di tutto cuore.... ihihihihihih
Miei cari aussie ci sentiamo al prossimo aggiornamento ☆☆☆
Bye bye 🐨
~ Niki_Rose
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