3. TENTATO OMICIDIO E "CIAO CIAO, BROOKE"

"TENTATO OMICIDIO E CIAO CIAO, BROOKE"

Era passata poco più di mezza settimana da quando mettemmo piede a Sydney e finalmente arrivò il primo giorno di Università per me, Brooke e Xavier. Il tempo quel giorno era dei migliori, il sole splendeva e non voleva lasciar spazio alle nuvole, la giornata illuminava la città e la rendeva ancora più bella di quanto già fosse. Le foglie degli alberi sembravano di un verde più acceso e vivo, gli uccelli si liberavano sul cielo azzurro dando quella sensazione di libertà e tutto questo faceva percepire la sensazione che sarebbe andato tutto bene.

Purtroppo io avevo il terrore.

Ognuno di noi si diresse per la propria classe e in un certo senso mi sentivo spoglia una volta che mi ritrovai da sola, in mezzo a una folla di gente che non conoscevo nemmeno di vista mentre attraversavo il corridoio titubante in cerca della classe giusta. Avremmo frequentato tutti corsi diversi e quindi avremmo dovuto ambientarci conoscendo nuove persone. Xavier era quello che probabilmente era messo meglio tra i tre dato che aveva vissuto a Sydney quattro anni e lo invidiavo per questo. Lui era avvantaggiato al mio contrario, ma tra i due era lui quello che faceva amicizia più velocemente. Non che io non fossi una ragazza solare, anzi, in questo mamma diceva che ci assomigliavamo, ma Xavier era più aperto col nuovo rispetto a me, che preferivo ogni tanto nascondermi perché ero molto impacciata nel fare amicizia all'inizio. In qualsiasi caso io adoravo mio fratello proprio perché sotto molti aspetti era perfetto ai miei occhi, ed essere come lui di carattere, anche perché fisicamente ci assomigliavamo anche fin troppo, mi sarebbe piaciuto moltissimo.

Mentre facevo passo per passo tra gli studenti dell'università, mi tenevo sempre qualche secondo a perdermi nel guardare il foglietto che tenevo stretto tra le dita, confrontando ogni sigla che trovavo appesa vicino alla corrispondente porta al numero che mi ero segnata a penna sulla carta. Appena mi trovai davanti all'entrata esatta della mia nuova classe, iniziai a sentirmi più nervosa di quello che già ero e mi concessi il tempo di calmarmi e di concentrarmi. Mancavano poco più di dieci minuti all'inizio della lezione e quei pochi secondi che passavo davanti a quella porta sembravano infiniti. Presi un profondo respiro, ripetendomi nella mente che quell'ora sarebbe passata velocemente e che tutto sarebbe andato liscio come l'olio, ma proprio quando stavo per appoggiare la mia mano sulla maniglia argentata dopo un ammontare di tempo dedicato alla respirazione, qualcuno mi precedette dandomi una pacca sulla spalla.

Oh madonna santissima benedetta! Lo uccido, chi è stato?!

Questo gesto mi fece prendere un infarto oltre al farmi pensare anche chi e cosa cavolo volesse da me in quel momento cruciale in cui mi ero finalmente decisa ad entrare in quella maledettissima aula di lingua italiana.

«Ehi, sei nuova qua a Sydney? Non ti ho mai vista anche se mi sembri familiare o assomigli a qualcuno che conosco» mi giunse alle orecchie e mi voltai verso quella voce bassa e maschile.

Era un ragazzo che sorprendentemente era poco più alto di me, teneva dei capelli mossi e castani legati con un elastico, facendomi pensare che li avesse lunghi, e aveva un accenno di barba lungo l'allineamento del viso. I suoi occhi azzurri come il cielo si posarono sui miei castani in modo gentile, e sorrideva talmente tanto da mostrandomi i suoi denti bianchi.

Io annuii al ragazzo un po' sorpresa da tutta quella confidenza avuta in così pochi istanti e lui nel mentre mi tese la sua mano con sicurezza. «Piacere, Shane.»

Okay, facciamo finta che tutto questo sia normale... viva le nuove amicizie!
Quale entusiasmo...

Gli allungai la mano destra, sistemandomi con l'altra la spallina del mio zaino blu notte e pensando che forse era uno a cui non piaceva stare zitto per un secondo e che fosse un po' come mio fratello nel fare molte amicizie velocemente. In quel momento però mi aveva fatto più piacere il fatto che qualcuno in quell'immenso istituto mi avesse rivolto parola così facilmente, quindi mi accontentai. «Scarlett» gli comunicai sorridendogli.

Se fosse stato per te ora saresti ancora a cercare qualcuno con cui parlare e assillarlo allo sfinimento.
Da che pulpito, rompi da stamattina tu.
Se non ne sei al corrente, questo è il mio compito da coscienza. Accettami, convivimi, amami.

Shane mi aprì la porta facendomi entrare prima di lui e ci sedemmo tra le bancate in mezzo. L'aula era abbastanza grande da contenere sessanta alunni, ma era già tanto se poco più della metà era presente quel giorno. Il professore doveva ancora arrivare e con Shane ne approfittammo per conoscerci un po'.

«Sei di Sydney?» domandai, cominciando a tirare fuori il blocco degli appunti dallo zaino.

Lo osservai annuire mentre si toglieva la felpa leggera. «Già, abito però dall'altra parte della città, quindi devo prendere diversi mezzi di trasporto.»

«Fortuna che le lezioni cominciano tra le nove e le nove e mezzo, se ti sarebbe toccato svegliarti alle cinque di mattina» ridacchiai e lui mi seguì, sedendoci entrambi sulla sedia. «Io conoscendomi non riuscirei nemmeno a stare in piedi, camminerei stile zombie per i corridoi.»

«Sì, non sarebbe il massimo. Tu invece di dove sei?»

«Darwin» pronunciai con fierezza. «Sono venuta con mio fratello maggiore, lui è già stato qua per quattro anni... se non erro ha frequentato la Davidson High School»  mi persi nel pensare.

«Davvero?» chiese sbalordito.

Annuii non capendolo. «Sì, e faceva il corso di nuoto insieme ad Hugh Henderson, ha fatto anche il capitano della squadra l'ultimo anno.» 

Parlare di mio fratello mi era sempre piaciuto, soprattutto perché lui era il mio eroe fin da quando eravamo bambini. All'età di sette anni ricordavo che era fissato con Zorro, quindi certe volte usavo quel nome per richiamare l'attenzione. Al contrario mio Sammy lo prendeva per i fondelli.

«Aspetta... Ashton è tuo fratello?» mi chiese sorpreso e alzano entrambe le sopracciglia.

Aggrottai la fronte non pensando che lo conoscesse e il fatto che lo chiamassero tutti col suo secondo nome mi dava una strana sensazione dato che non ero abituata, ma gli diedi comunque conferma annuendo.

«Ecco chi mi ricordavi, siete due gocce d'acqua! Era uno dei migliori del suo club di nuoto ed era uno dei pochi popolari che non mi prendeva in giro.»

Aggrottai la fronte. «Era un popolare?»

«Beh, frequentando Hugh è normale esserlo.»

A quel punto gli chiesi spiegazioni su quel piccolo particolare che mi aveva accennato e lui mi raccontò della sua esperienza scolastica. Era sempre stato preso di mira dai bulli fin da quando era alle medie, ritrovandosi al non avere molti amici attorno nemmeno nel periodo delle superiori. Non avevo mai sopportato quegli odiosi personaggi che si divertivano a stuzzicare e a rompere coloro che apparivano più debole di loro, non riuscivo neppure a capire cosa ci fosse di bello nel bullizzare la gente, cosa pensavano di diventare, delle star di Hollywood? Quelli erano la peggior specie di popolari che potesse esistere nella gerarchia scolastica, che per di più era soltanto una questione mentale che di fatto. Solo perché uno aveva la nomina di secchione, non stava a significare che fosse la persona tagliata ad essere etichettato come sfigato, anzi, non ne capivo il ragionamento. Se uno era bravo nelle materie scolastiche, perché doveva essere ritenuto inferiore ai senza cervello? Andando per logica doveva essere il contrario, ma andiamo a capire la società. Io invidiavo coloro che riuscivano a capire le cose al volo, io per ottenere buoni risultati a scuola mi ero sempre fatta il mazzo, ore e ore di studio sulla scrivania, ma almeno avevo una buona media. Oltretutto mi ritrovavo a fare ripetizioni di matematica ai miei migliori amici che al mio contrario scleravano davanti a quel libro pieno di formule ed esercizi.

Shane nel frattempo continuò a raccontarmi delle sue esperienze scolastiche, giungendo a quella volta in cui alcuni bulli lo stavano picchiando ai bagni e mio fratello intervenne in suo aiuto con affianco Hugh, di cui la sua altezza e il suo fisico robusto facevano scappare tutti con la coda tra le gambe. Fortuna che esistevano dei giganti buoni. Già immaginavo Xavier nelle vesti di supereroe e un sorriso mi comparve sulle labbra oltre al trattenere una risata nel creare nella mia mente la sua figura con una calza maglia e il mantello, era davvero ridicolo. In qualsiasi caso mi fu chiaro che il mio fratellone anche fuori da Darwin era il solito paladino della giustizia e mi fece molto piacere il venir a sapere che Shane si era trovato bene con lui, diventando amici.

«Diciamo che grazie ad Ashton e Hugh ho cominciato ad avere una vita sociale» sorrise ampiamente e non potevo essere più orgogliosa del mio caro fratellone. «All'inizio è stato strano, era quasi un'abitudine dare il pranzo o i soldi a quei prepotenti. La loro amicizia ha cambiato molti aspetti della mia personalità e non credevo di essere così sicuro di me stesso.»

Era bello sentire queste rivelazioni. «È sempre stato un eroe fin da piccolo» ammisi senza pensare.

Ridacchiando annuì, dandomi ragione. «Gli devo un grosso favore.»

Ripensando a Xavi e alla sua forma da eroe, mi balzarono in mente i ricordi d'infanzia con Samuel. Effettivamente non mi veniva difficile immaginarlo, Xav ad una delle feste a tema fatte con il suo migliore amico, si era vestito con un mantello nero legato al collo con un sottile filo in stoffa e con una spada di gomma che dondolava a destra e a sinistra ogni volta che la muoveva. Però dovevo ammettere che vestirti in quella maniera con quasi ventun anni sarebbe stato alquanto esilarante.

Un uomo sulla cinquantina entrò nell'aula, attirando l'attenzione di tutti e facendo calare il silenzio, si sistemò sulla cattedra, presentandosi a tutti noi come l'insegnante di italiano, mister Macchiavelli, che veniva appunto dall'Italia. Era alto e strano come personaggio, portava lunghi capelli grigi e una barba lunga da assomigliare a Mosè o ad Abramo, ma forse ero l'unica ad immaginarmeli così. Sembrava un uomo un po' pazzo con qualche rotella fuori posto, ma tutto sommato una parte di me era fiduciosa nel fatto che lui fosse un ottimo insegnante. Dei sottili occhiali da vista gli pendevano al collo, continuando a muoverli in continuazione. Li prendeva in mano, li appoggiava sul suo naso aquilino quando si metteva a leggere qualcosa sul suo libro, se li portava sulla testa e così via. Non ne sapevo il motivo, ma con quell'affare che teneva sempre sotto braccio, mi ricordava i tipici professori di religione con la bibbia sempre a portata di mano, e il dubbio che se lo portasse persino in bagno non era più così tanto da ignorare. Ma solo a me capitavano insegnanti di religione di quel tipo?

E così passammo un'ora e mezza con questo professore che saltava dall'inglese all'italiano e non riuscivo a capire come facesse. Dovevo ammettere che, nonostante avessi studiato quest'ultima nei miei anni di scuola come lingua straniera, ero ancora cosciente di non saperne molto, anche perché a chi non capitava di ritrovarsi degli insegnanti che in realtà non sapevano svolgere il loro mestiere? Però questo suo modo di insegnare stava cominciando a piacermi, essendo un madrelingua sarebbe stato divertente passare le ore con lui, anche perché ad un primo impatto mi era simpatico. 

Nella lezione successiva andai alla lezione di spagnolo e per puro caso nel mio corso c'era Shane, che oltre a queste avrebbe studiato anche latino nonostante fosse una lingua morta, ma a me bastavano quelle due. Già era tanto che avessi scelto l'università e i corsi da frequentare, studiare una terza lingua straniera sarebbe stato come volersi impiccare. Stavo bene così.
Sfaticata che non sei altro.
Parla lei.

Uscire dall'istituto sapendo di aver conosciuto qualcuno era una soddisfazione, mi faceva sentire più sicura e a mio agio in quel posto enorme e pieno zeppo di visi nuovi. Per i corridoi continuava a passare gente che non conoscevo e speravo vivamente di conoscere qualcun altro, ma per il momento stava andando abbastanza discretamente. Al contrario avevo previsto di non conoscere nessuno, facendomi sentire un pesce fuor d'acqua. C'erano persone di tutti i tipi, dagli americani agli asiatici, riuscivo a riconoscerli anche dall'accento e mi saliva quella voglia di dialogare con loro solo per ascoltare come dicessero le parole avendo un'altra cadenza. Ero troppo curiosa come ragazza, mi piaceva ascoltare, osservare e conoscere la gente nuova.
Se non ti conoscessi penserei che saresti una stalker.
Tu e la tua linguaccia malefica.

Uscita dal portone principale, il mio morale si sollevo ancor di più quando incrociai gli occhi di Xavier, che dopo essergli saltata addosso abbracciandolo, mi aveva detto di essere appena uscito anche lui dal suo corso di architettura.

«Allora, sorellina. Com'è andato il primo giorno?» domandò sorridente.

«Bene, ho fatto conoscenza con uno che ti conosce, si chiama Shane.»

Si perse qualche secondo nel pensare, ma poi sembrò come illuminarsi. «Davvero? mi fa piacere. Come se la passa?» 

«Bene, ha detto che ti ringrazia.»

«Avessi fatto chissà che cosa» ed ecco il solito, si sottovalutava quando in realtà doveva riconoscere di essere una persona fantastica.

«Comunque Brooke deve ancora finire la sua lezione, che facciamo?» chiesi.

Guardandosi attorno, cominciò ad incamminarsi sicuramente sapendo già dove andare. «Facciamo un giro e poi torniamo, non mi va di stare fermo.» 

E così mi fece da guida turistica e passeggiando uno accanto all'altro parlando del più e del meno, andammo a prendere un frullato, e come sempre entrambi lo prendemmo al cioccolato. Era a dir poco fantastico notare che a mio fratello non era sparito quel qualcosa che lo facesse star simpatico a chiunque, era una sorta di superpotere che desideravo avere. Anche se si fosse messo nei guai, con quell'innata simpatia che si ritrovava, l'avrebbe passata liscia. Era una sua dote naturale.

Appena tornammo alla UTS, incontrammo subito Brooke che ci stava aspettando alla cancellata. «Scar, finalmente, dove eri finita?» sbottò come al suo solito.

«Siamo andati a fare un giro, ti ho mandato anche un messaggio» ma lei mi mise comunque il muso e prevedendola, le porsi il caffè-latte che mi ero messa nello zaino. «Tieni, vedi che ti penso?»

Sorridente lo prese in mano e lo ispezionò. «Caffè-latte di soia amaro?» annuii. «Con cannella?»

«Sì Brooke, ti conosco ormai e prendi sempre questo il primo giorno di lezione, adesso devi dirmi che mi ami.»

Tutta contenta mi venne incontro e mi abbracciò. «Sei la migliore.»

Per le vie della città incontrammo Hugh e iniziai a domandarmi se andava veramente a lavorare oppure se nella vita non faceva altro che bighellonare per Sydney. Iniziò a parlare con mio fratello quasi come se io e la mia migliore amica non esistessimo, scoprendo che, tenendo le orecchie tese nel loro discorso, dovevano andare a prendere Danielle all'aeroporto, e Xavier non era mai sembrato così felice di rivedere la sua ragazza per poterla riabbracciare. Quando il mio fratellone con il suo amico surfista scomparvero, dirigendosi verso la loro destinazione, Brooke iniziò a lamentarsi.

Wow, Brooke che si lamenta, non lo avrei mai detto. Conoscendola si è anche trattenuta dal non farlo appena ti ha vista.

«Uffa, finalmente divento amica di tuo fratello e la sua ragazza torna prima dal suo lavoro. Penso che la mia vita non abbia un senso. Ho aspettato tutta una vita per riuscire a fare un dialogo con lui e si permette pure di trovarsi una ragazza. Tsk» mise il muso e incrociò le braccia sotto al seno con l'aria offesa, cosa che appariva molto buffa. Nonostante parlasse in modo scherzoso, sapevo che in fondo lo pensava sul serio.

Alzai le mani verso l'alto e feci spallucce. «Beh, a dirla tutta quella impegnata eri tu quando è tornato, quindi...» non sapevo come andare avanti, ma sapevo di avere ragione e che mi avrebbe fermata in qualsiasi caso.

«È uguale» mi rispose, fermando la mia frase e facendomi la linguaccia.

«Sì, certo.»

Uno sbuffò uscì dalla sua bocca, prendendo un sorso della sua bevanda. «Beh, saremo stati una coppia meravigliosa, ma ormai Matt ha preso il suo posto, quindi ha perso quest'occasione.»

«Convinta tu» la stuzzicai.

«Sono fantastica io, tutti mi vorrebbero.»

«Evidentemente no» ridacchiai e mi beccai una borsata dalla mia amica.

Dopo aver fatto un giro per l'Hyde Park, tornammo in albergo, ma rimanemmo di stucco nel notare che, oltre a Danielle, c'era anche Matthew tra loro e nessuno se lo sarebbe aspettato.

«Tesorino!» urlò dalla pazza gioia, e con un sorrisone che passava da un orecchio all'altro, gli corse incontro e lo stritolò per la gola. Erano così carini insieme, gli occhi di entrambi si illuminavano di gioia facendoli sembrare delle gemme preziose.

Una volta usciti tutti insieme per cena, venimmo informati di quello che era successo. Matthew voleva fare una sorpresa a Brooke arrivando a Sydney prima di quanto la sua fidanzata si sarebbe aspettata, cosa che gli era riuscita a dir poco bene, ma una volta oltrepassati i controlli al gate e salito sull'aereo, non si sarebbe mai aspettato che la sua vicina di volo sarebbe stata proprio Danielle.

«Quando l'ho riconosciuto non volevo crederci» aveva detto Dani, scoppiando subito dopo a ridere.

«E pensate,» continuò Matt, «io non sapevo nemmeno che doveva partire oggi.»

«Sarà meglio per te» lo minacciò Brooke, puntandolo con il dito.

Accarezzandole la guancia fece addolcire quella stralunata della mia migliore amica, che fondava sospetti anche con le certezze.

Arrivato invece il momento di andare a dormire, realizzai che da quel giorno sarei entrata in stanza da sola e un senso di vuoto si fece sentire dato che mi stavo abituando alla nostra convivenza. Certo, dividere la stanza con una casinista come lo era Brooke era da uscirne pazzi, però lei era lei, sarei andata ovunque con quell'ammasso riccio pieno di vitalità. Cercai di guardare il lato positivo, ovvero che avrei avuto un letto grande tutto per me, ma erano divertenti quei discorsi sotto alle coperte che facevamo.

Abbracciai Brooke e ci promettemmo di trovarci comunque e che in caso contrario, almeno ci saremo potute beccare all'interno della UTS. Hugh diede a loro uno strappo con la Jeep, mentre io fui accompagnata alla mia porta da Xavier e Danielle. Finalmente lui poteva stare in stanza con la sua fidanzata e questa era un'altra consolazione che riuscivo a trovare. Abbozzai un sorriso vedendoli felici insieme mentre entravano nella loro stanza, e quando mi chiusi la porta dietro le spalle, mi guardai attorno. Tutto sembrava così vuoto e noioso, non sentire la voce di Brooke che raccontava il gossip del momento, che commentava sulle sue unghie da rifare o che mi raccontava la qualsiasi cosa che le passava in mente, persino canticchiare una canzone in modo stonato era quasi nostalgico, era strano stare da sola in camera con quel silenzio e quella tranquillità. Sul comodino sotto la televisione c'erano le cornici che la riccia mi aveva lasciato, dove in una c'eravamo noi da piccole a Darwin e nell'altra c'eravamo sempre noi, ma Sydney, foto fatta due giorni prima di quella serata.

D'improvviso mi suonò il cellulare e notai che era proprio lei. Sorrisi, pensando che voleva parlarmi del nuovo posto in cui sarebbe andata a vivere da quella notte in poi.

«Ehi Scarlett! Dovresti vedere l'appartamento, è davvero bello.»

«Mi fa piacere, quand'è che mi inviterai a cena?» scherzai.

«Sempre al mangiare stai a pensare, comunque quando sistemerò per bene le mie cose, tu sarai la mia prima ospite» la sua voce era davvero entusiasta, già potevo immaginarmela con gli occhi spalancati e il sorriso a trentadue denti mentre continuava a girarsi su se stessa per imprimersi nella mente ogni cosa che le capitasse sotto gli occhi.

Come sottofondo si sentiva Matthew che le stava già dicendo di cercare di non sporcare come una bambina e iniziai a ridere sotto gli sbuffi che la mia migliore amica che emetteva dall'altra parte della cornetta. «Sì sì, antipatico» gli rispose per poi tornare a noi, probabilmente passandosi una mano fra i folti capelli per la frustrazione del momento, lo faceva sempre ogni qualvolta veniva ripresa, «comunque mi manchi già compagna di stanza! Ti chiamerò ogni sera per farti compagnia.»

Sorrisi, ma sapevo già che lei non mi poteva vedere. «Grazie, ma non serve.»

«Serve invece! O fino a quando non avrai una nuova coinquilina o coinquilino...» eccola, e sicuramente aveva quella solita espressione ammiccante con quel sorrisetto che non prometteva nulla di buono. Già prevedevo cosa passasse per la sua mente, ovvero che mi sarebbe capitato un principe azzurro come compagno di camera, ma sapevo che sarebbe stato impossibile fino a quando mio fratello sarebbe stato a vigilare dalla soglia accanto.

Sei una guastafeste! Immagino come è contenta la coscienza di Brooke, sono invidiosa.
Perché?
E me lo chiedi pure? Con lei andrei più d'accordo, tu sei limitata con l'immaginazione.

«Certo, come se ora iniziassi ad invitare gente a caso qua dentro, specialmente un ragazzo.»

Per la seconda volta sentii Matthew chiamarla e lei sbuffò. «Ti saluto Scar, il mio nuovo coinquilino sta iniziando a rompere, ci vediamo domani rossa.»

«Ciao Scar, buona notte!» sentii dire da Matt, e un sorriso si increspò sulla mia bocca.

«Sì, a domani e buona notte ad entrambi! Fate i bravi.»

«Sì sì, contaci Scarlettina.»

Staccai la chiamata e sorrisi, immaginandomi quei due litigare per una cavolata come sempre facevano, per poi rifare pace a modo loro. Mi preparai per la notte lavandomi i denti, infilandomi il pigiama e così facendo, con la stanchezza che cominciò a farsi avanti, scivolai sotto alle coperte del letto, addormentandomi come un sasso.


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