22. BROOKE & PULIZIE

"BROOKE & PULIZIE"

Da quella notte non feci più incubi o sogni brutti e sempre da quella notte, ogni volta che io e Samuel dovevamo andare a dormire, lui si sistemava sempre vicino a me e mi abbracciava, tenendomi stretta a lui con dolcezza. Mi abbracciava a se, dicendomi che non voleva che facessi altri incubi come era accaduto l'ultima volta. Sembravano tanto le parole di un fratello maggiore, ma io non riuscivo a vederle in quel modo, io le vedevo in modo diverso. A me stava realmente iniziando a piacere Sam. Lo sognavo ogni notte, momenti belli e carini tra di noi, e io in questi, appena avevo l'occasione di dirglielo, gli ripetevo che mi piaceva. Proprio come nel primo sogno dopo aver avuto l'incubo. C'era sempre qualcosa che mi faceva collegare a quelle semplici parole. Poi mi svegliavo, e lui, quando non doveva andare prima di me all'università o quando avevamo il giorno libero, era sempre lì, abbracciato a me in qualche modo, anche con il semplice gesto di avere un braccio appoggiato sul mio corpo, come se mi volesse proteggere anche nel sonno. E io nella realtà ancora non avevo tutto quel coraggio per dirgli mi piaci come nelle mie fantasie notturne. A dirla tutta non sapevo nemmeno come dirglielo e non c'erano tutte quelle occasioni per citare quella misera e corta frase. Parlavamo sempre di tutt'altro oppure lui rompeva il tutto cominciando a fantasticare di me con Jensen. Non sapevo per quale motivo avesse in testa che io e Jens ci piacessimo. Non capivo nemmeno come Sammy non capisse che a me interessava lui. Quando Brooke diceva che tutti i ragazzi, a parte il suo Matt e mio fratello, erano stupidi era vero. Suwa, ad esempio, non aveva capito la cotta che aveva preso Lindsey nei suoi confronti, nemmeno quando eravamo tornati a Dawrin per le vacanze pasquali. Io non glielo avrei detto di principio, non volevo fare ne un torto alla mia amica e tanto meno facilitargli le cose a lui per farglielo capire. Ma in realtà lo era anche Xavier uno stupido, non capendo che Brooke era stracotta di lui da chissà quanti anni. Per fortuna che era apparso Matthew.

Nonostante questi momenti, che reputavo inizialmente imbarazzanti, Samuel non sembrava che ricambiasse i miei sentimenti. Anzi, si comportava allo stesso modo di quando era tornato qui, in Australia. In parte mi faceva piacere che non fosse cambiato nulla tra di noi. Dall'altra invece avrei voluto capire qualcosa in più. Dava fastidio il pensiero di essere l'unica che provasse qualcosa e di essere quella che alla fine rimaneva delusa.

Dopo un po' di tempo, e dopo aver immagazzinato che era tutto vero e niente di immaginario, avevo raccontato a Brooke quello che era successo e quello che succedeva ogni sera prima di addormentarci. Lei, come avevo immaginato, iniziò a fare i suoi soliti commentini.

«Vi siete baciati?» chiese all'inizio, con gli occhi a forma di cuore.

«Scarlett, non dirmi che lo avete fatto?!» commentò mezza sorpresa e mezza con un sorrisetto ammiccante.

«Tesoro, questo può significare solo che tu gli piaci!» continuò credendosi Sapientino.

«Vedi? Te lo avevo detto che ti interessava... tu non mi vuoi dare mai retta, maleducata che non sei altro.»

«Aspetta, quindi lasci Jensen?»

«Beh, certo, Samuel è Samuel, non puoi dirgli nulla» con un'espressione che quasi poteva sbavare al posto mio.

«Ok, fra te e Jensen non c'era niente, scusa, ora calmati cara!»

«Non ti permettere mai più di raccontarmi certe cose in ritardo! È chiaro signorina?»

E tante altre cose. Era una tortura per la mia povera testa, facendomi pentire secondo per secondo di aver aperto bocca. Ma alla fine lei era Brooke, la mia migliore amica, e dovevo raccontarle tutto, anche perché certe cose sarebbero imbarazzanti da dire a Suwa, anche se ero consapevole del fatto che quei due si scambiavano informazioni ogni volta che io aprivo bocca con uno. Sembravano agenti dell'FBI o chissà quale altra organizzazione.

Mio fratello, al contrario, non sapeva nulla di tutto ciò, ne ero certa, anche perché, mettessimo il caso in cui Sammy glielo avrebbe detto, avrebbe iniziato a guardarmi in quel modo strano, che sembrerebbe dire ti tengo d'occhio e che sembrerebbe che mi voglia scrutare dentro, per capire cosa penso e cosa avrò intenzione di fare in futuro. Quello sguardo che ti mette in soggezione. Quello sguardo da stalker che ti mette ansia e paura. Paura che tuo fratello ti rinchiuda in casa per il resto della tua vita. Sì, anche se la questione riguardava sua sorella e il suo migliore amico nonostante non fosse successo chissà che cosa, ci abbracciavamo la notte e basta.

Senza alcun motivo mi venne in mente mia madre. Lei si che sarebbe stata felice se io e Samuel stessimo insieme. Avrebbe fatto salti di gioia, avrebbe sparso la voce come se avesse conosciuto Hugh Jackman, il suo idolo, andando per le strade di Darwin a vantarsi. Forse avrebbe fatto anche l'uso del megafono. Mia madre era fuori di testa, quindi avrebbe avuto senza dubbio il coraggio di farlo e di urlarlo a tutta l'Australia, facendo giungere la sua voce fino in Italia dai parenti di Sam. Ecco, ovunque la sua amica Caitlin fosse, non che la signora Sampson, o ex signora Sampson, avrebbe speso soldi e soldi.

Senza alcun motivo valido, già fantasticavo con la mente e non andava assolutamente bene.

Mi schiaffeggiai la faccia, me la strofinai per bene con l'acqua fresca per poi asciugarmi con l'asciugamano. Uscii dal bagno, indossai la mia tuta grigia e uscii anche dalla mia camera. Samuel era a fare zapping col telecomando puntato verso la televisione. Non riusciva a scegliere un canale e lo capivo, a quell'ora non proiettavano nulla di decente.

«Ti è squillato il cellulare per due volte. Erano un certo Shane e Brooke. A tuo fratello ho risposto io» mi disse improvvisamente.

Rimasi intontita per un po', scrollai la testa e posai lo sguardo su di lui, che aveva ancora lo sguardo fisso sullo schermo. «Xavier? Aspetta, quindi sono tre, non due.»

Lui si girò un secondo verso di me, ma poi si dedicò al canale che aveva appena trovato per caso. Alzò le spalle e appoggiò il telecomando vicino a se. «So ancora riconoscere la voce di tuo fratello e so ancora leggere. E sì, sarebbero tre, ma tuo fratello non conta.»

Sbuffai facendogli la linguaccia, ma lui sembrava più concentrato a guardare non so che alla televisione. «Cosa voleva?»

«Sapere se eri in giro.»

«Perché?» chiesi curiosa.

«Cos'è, un interrogatorio? Chiediglielo a lui prima di chiamare la signora Campbell e il tuo nuovo ammiratore.»

Gli schioccai un'occhiataccia dalla sua battuta di poco gusto. Quella volta si era girato e si era messo a ridere guardando la mia espressione scocciata. «È un mio compagno di classe, idiota, mi avrà chiamata per un compito.»

«O per uscire» puntualizzò con un sorrisetto beffardo.

Alzai gli occhi al cielo e presi con uno scatto il mio telefono, sprofondando poi sul divano. Andai sulla rubrica e feci squillare il cellulare. Questa che avevo preso era una sfida, e Sam aveva capito le mie intenzioni. Poco dopo Shane mi rispose.

«Ehilà Scar!» disse con voce contenta.

Sorrisi. «Ehi, mi hai chiamata?»

Guardai Sammy e lui era a fissarmi con le braccia incrociate, un sorrisetto che gli ornava il viso e un sopracciglio alzato.

Quanto è sexy.
Zitta, sono al telefono con Shane.
Chi scusa?

Shane si schiarì la voce dall'altra parte della cornetta. «Sì, ehm, volevo chiederti se ti andava di vederci in biblioteca per studiare. Avrei bisogno del tuo aiuto per un paragrafo di italiano.»

«E a me uno di spagnolo. Volentieri, quando?»

«Mmm... oggi alle tre?»

Annuii anche se non mi poteva vedere. «Sì, okay, a dopo, ciao!»

Staccai la chiamata e mi voltai verso Sam, che mi stava guardando con curiosità. Sapevo cosa stava per dire, glielo si leggeva in faccia. Guardai il soffitto, leggendo nella sua mente il prevedibile nonostante lui fosse imprevedibile.

«Ti ha chiesto di uscire, vero?» pronunciammo all'unisono. Io scocciata, lui divertito, come ogni santa volta.

«Te lo avevo detto! Io ho sempre ragione, ricordalo.»

«Va a cagare» lo invitai.

«E tu seguimi» ribattè.

Lo guardai strana non capendo. «Ma che senso ha?»

«Il senso che gli do io» affermò convinto.

Sbuffai e mi sedetti meglio sul divano non sapendo cos'altro fare. Mi voltai verso di lui e lo osservai per un po'. La mandibola serrata, i suoi occhi fissi sul televisore e la sua attenzione dedicata al programma. Masterchef Australia. Lo adoravo anche io quel programma, ma purtroppo non potevo mettere in pratica quegli insegnamenti utili che poteva dare. E per di più mi ero persa nel suo fascino. Come poteva essere così bello? Merda!

«Non ti vai a preparare?» mi chiese d'un tratto, con lo sguardo sempre fisso al televisore.

Aggrottai la fronte. «Esco questo pomeriggio, non ora» puntualizzai.

«Si da il caso che ti ha chiamato anche Brooke, e ti vuole a casa sua.»

Lo guardai storto. «E come fai a dirlo?»

«Ho risposto anche a lei al telefono.»

Aprii la bocca, scioccata. «Mi avevi detto che avevi risposto solo a Xavier!»

Lui si passò una mano sul mento, facendo finta di riflettere. Glielo si leggeva in faccia, aveva quell'espressione sarcastica che usava sempre fare. «Ah, mi sono dimenticato.»

Mi alzai di scatto dal divano e mi diressi in camera per cambiarmi. «Merda!» imprecai a bassa voce, ma sentendo la risatina di Samuel ero sicura che aveva sentito anche lui la mia affermazione poco femminile.

Chiamai Brooke per sapere effettivamente cosa volesse da me quella mattina e soprattutto mi domandai il perché era già sveglia a quell'ora quando di solito dorme come un ghiro. Squillato il telefono mi rispose, finalmente.

«Ehii, dimmi.»

Mi bloccai un secondo. «Sam mi ha detto che hai chiamato tu a me, dovrei dirti io "ehi dimmi".»

«No, non è vero» mi rispose.

«Ma che cazz- Sammy!»

Sentii sia Samuel dalla sala che Brooke dall'altra parte della cornetta ridere a crepa pelle. Mi stava per venire il nervoso, specialmente perché anche lui rideva. Ciò significava che c'era o un complotto tra i due o un suo scherzo. Come al solito gli piaceva farmi innervosire. «Che hai da ridere ora?» la domanda però era riferita anche a quell'idiota che si trovava dall'altra parte della parete.

Lei si riprese e con tutto il tempo che c'era a disposizione continuò il nostro dialogo. «No, nulla, è solo che ci eravamo organizzati a farti questo scherzetto prima.»

Sbuffai. «Siete incorreggibili voi due.»

«Imprevedibile ti correggo. È stata sua l'idea e non mi sarei mai immaginata di fare uno scherzo a te con lui, anche se è piccolo e innocente. Però devo ammettere che ci sto prendendo gusto, lo sai? È divertente.»

«Appena ci incontreremo ti ammazzo, questo lo avevi previsto?» battibeccai seria. Avrei voluto strozzare anche quell'altro, solo che era lontano per farlo.

«Sì, lo immaginavo, tu al contrario suo sei troppo prevedibile cara. Ora, ritornando a noi, vieni da me che devo sistemare casa.»

Feci una smorfia. «Non puoi farlo da sola?» chiesi scocciata. Era casa sua, non casa mia. Perché dovevo aiutarla e per di più dopo avermi fatto quello scherzetto?

Era solo una cosa innocente, che te la prendi a fare?
Sam è bravo a rompere le scatole e a farmele girare in immediato, specialmente se comincia subito di prima mattina a fantasticare su quale fidanzato ho oggi.
Hai ragione, ancora non ha detto di essere lui il tuo fidanzato.
Non mi lamentavo per questo.
Io si invece.

«Viene mia madre» pronunciò seccata. Immaginavo già la sua faccia. Occhi socchiusi, come se fosse arrabbiata con sua mamma per le sue sorprese.

«Non sei contenta che ti venga a trovare?» chiesi in modo scherzoso.

Lei sbuffò. «No, sai che odio le sorprese, mi prendono alla sprovvista e guarda caso quando sono impreparata.»

«Sono fatte apposta per questo. Dovrebbe farti piacere.»

«Non sono Scarlett Willoughby che ama le improvvisazioni. Voglio essere preparata a tutto.»

Riflettei un attimo. «Ma scusa, ti ha avvisato, non è apparsa nel nulla.»

«Sì, mi ha avvisato che tra un'ora e mezza è qua e io sono arrivata solo a pulire il bagno, l'unico angolo della casa messo a posto.»

«Adesso Brooke Harris sa lavare un bagno, wow, mi hai preso alla sprovvista, fammi riprendere un attimo» ironizzai divertita. In qualche moto dovevo pur vendicarmi con qualcuno dello scherzo che mi avevano appena fatto. Con Sam non sapevo proprio quale scherzo fargli e mi dava fastidio questa cosa. Perché lui riusciva con me e io non con lui? Uffa...

«Vieni qui immediatamente!»

E detto ciò, mi staccò il telefono in faccia.

······

Appena entrai a casa Harris-Campbell neanche il tempo di salutarci che Brooke si presentò alla porta con un panno e uno spruzzino. Sbuffai a vederlo, ma allo stesso tempo la capivo. Sua madre, nonostante non piacesse cucinare, stirare, lavare e qualsiasi cosa che si collegava al lavare qualcosa, la signora Harris era fissata con il pulito. Bizzarro no? Da una a cui non piace pulire ti dovresti aspettare che se ne stia zitta. Invece lei era il contrario. Vedeva una cosa fuori posto e iniziava ad evidenziare quello stupido minimo dettaglio. Mia madre, quando eravamo piccoli, era talmente abituata al casino mio, di Xavier, di Samuel e degli altri miei amici che entravano in casa - come Brooke e Suwa - che certe cose non le calcolava nemmeno.

Pulire e pulire, in un'ora e mezza eravamo riuscite a sistemare quasi tutto, a parte quella stanza definita sgabuzzino. Appena misi a posto il mocio e il cesto, si sentì il campanello suonare. Mi voltai e Brooke era paralizzata. La fissai, ma ancora non si muoveva. «Vai, che ti fa storie poi anche per questo!»

Lei si precipitò al citofono, pigiò sul bottone e chiese chi era. Sono mamma tesoro si sentì dall'altra parte. Brooke aprì con un altro bottone e si voltò verso di me. «Dammi la benedizione del Papa.»

«Ma fammi il piacere!» borbottai, spostandola davanti la porta e aiutandola ad aprirla con la maniglia.

Si sentirono dei passi di tacchi salire scalino per scalino. Erano pacati, talmente pacati che ti facevano venire l'ansia. Come se a Brooke non bastasse. «Sta venendo ad uccidermi» bisbigliò, mettendo poi una mano sulla bocca.

Roteai gli occhi e mi avviai verso la sala. «No! Dove vai?!» continuò a bisbigliare. Mi prese per la maglia e mi portò vicino a sé.

«Non è la morte, è tua madre» puntualizzai.

«Stessa cosa.»

Vidi con la coda dell'occhio un'ombra che si avvicinava ed era chiaramente lei. Mi feci più in là, in modo tale da non ritrovarmi una porta in faccia per colpa di Brooke. La signora Harris si presentò poco dopo davanti alla soglia, con in dosso il suo solito ed impeccabile stile elegante con cui usava sempre presentarsi.

«Ciao Scarlett, anche tu qui?» esclamò, contenta nel vedermi. «Ciao anche a te cara» disse a sua figlia, pizzicandole la guancia prima di venire verso di me per abbracciarmi.

La signora Harris cominciò a guardarsi attorno e Brooke sembrava pendere dalle sue labbra mentre cercava di chiudere la porta. Talmente era lenta che, facendo un passo verso di lei, l'aiutai.

«È carino il posticino in cui vivi tesoro, peccato per i mobili​» affermò, voltandosi verso la figlia.

Brooke roteò gli occhi. «Matt e io non abbiamo abbastanza soldi per poterci permettere una casa fissa, è un appartamentino, mamma.»

La signora Harris si girò verso la vetrata e si affacciò per guardare il panorama. «Poteva andare meglio, ma fa lo stesso. Tesoro, mi daresti un bicchiere d'acqua? Grazie.»

La figlia si precipitò a prendere da bere per la madre, e quest'ultima, sedendosi su una sedia, sfoggiò un maestoso sorriso per me. «Carissima, tu tutto bene?»

Annuii con espressione felice. Beh, effettivamente non potevo lamentarmi.

«Dov'è che vivi? Tua madre mi aveva avvisata che stavate in un hotel dai nonni della ragazza di Xavier, se non erro.»

Brooke entrò in sala e appoggiò il bicchiere sul tavolo. La madre lo prese al volo, ringraziandola prima di prenderne un sorso. Anche le sue dita erano impeccabili, sia nel come erano fatte, sia nel modo in cui aveva preso il bicchiere.

«Sì, abbiamo una stanza a testa io e mio fratello» confermai.

La signora Harris accavallò le gambe, appoggiando le mani su un ginocchio. Non capivo come facesse ad essere sempre perfetta in qualsiasi cosa faceva, ed era strano anche che una donna del genere avesse una figlia del genere. Infatti dicevo che Brooke era tutta suo papà. «Uh, bene bene. E il ragazzo... come si chiama? Samuel? Dove vive?»

Le parole mi si fermarono in gola nel sentire quel nome, soprattutto perché il collegamento era Samuel + Scarlett = 1 letto. In matematica ero brava. «Con me in hotel. Cioè, non con me me, ma con Xavier.»

Guardai Brooke e lei si stava trattenendo dal ridere. Okay, dovevo ammettere che da fuori poteva sembrare divertente la situazione, peccato che non lo era se eri tu quella in questione.

«Oh, bene. Era il ragazzino che abitava di fronte a voi, non è vero?»

Annuii. «Sì, proprio lui.»

La signora Harris si voltò verso la figlia che non capiva cosa volesse sua madre. La prima sospirò, la seconda scuoteva la testa e alzò le spalle, ancora non capendo. «Le buone maniere tesoro, fammi vedere il resto della casa. Su, su.»

Una lampadina si illuminò sulla nuca della mia migliore amica, facendola tornare tra di noi. «Oh, sì, certo.»

Ecco che arrivò il momento in cui si doveva girare la casa, sentire le solite frasi come "questa è la nostra camera da letto" oppure "questo invece è il bagno" e quant'altro. E dopo queste monotone frasi, senza ombra di dubbio non potevano mancare i commenti della cara mamma. "Questo non mi piace", "questo è troppo classico", "questo è già meglio". Vista così poteva sembrare noiosa, antipatica, severa e quant'altro, ma in realtà era carina, gentile e sempre disponibile. Mia madre l'ammirava per come era la signora Harris. Spesso, quando avevamo eventi importanti alle porte, come comunioni, serate fuori o anche matrimoni, chiedeva un parere a lei, sapendo di poter contare sui suoi buoni gusti. A me dava l'impressione di essere anche una stilista di moda, una di quelle donne che fanno quei programmi in cui danno consigli su come vestirsi. Era veramente bella oltre che affidabile e sotto questo punto di vista potevo dire che Brooke aveva preso da lei. Erano due donne eccezionali.

······

Quando tornai al mio appartamento in hotel non c'era nessuno. La cosa un po' mi sorprese, solitamente c'era Samuel stravaccato sul divano in cerca di un programma televisivo decente e appena mi avrebbe visto, avrebbe fatto il suo solito sorriso smagliante.

Okay, può bastare.
Sarebbe stata una visuale perfetta, ammettilo.
Non c'è il tasto removed da qualche parte?
Sarò sempre nella tua testa.
Ha un non so che di minaccioso.

D'un tratto la porta che mi ero chiusa da poco alle spalle si riaprì, facendomi balzare in avanti e di conseguenza caddi per terra come una scema. La mia faccia era spalmata sul pavimento. Girai la testa in direzione dell'entrata della stanza e il mio viso era poco contento. Samuel era imbalsamato sulla soglia, e con movimenti da bradipo stava chiudendo la porta. Anche se aveva un espressione divertita con la fronte corrugata, alquanto meravigliosa e sexy, io rimasi seria.

«Ma dico, sei imbecille?» sbottai.

Sam chiuse finalmente l'ingresso e, con le mani sui fianchi, si posizionò davanti a me. «No, sono il tuo caro e dolce Sammy, non ti ricordi più il mio nome stupida?»

Gli schioccai un'occhiataccia e lui scoppiò a ridere. Okay, forse faceva ridere anche a me, ma volevo trattenermi dal sorridergli.

Sam mi tese la sua mano per aiutarmi ad alzarmi. «Su dai, fatti una risata, lo so che ti stai trattenendo.»

Il muso che feci mi tradì. Stavo facendo un mezzo sorriso e lui a sua volta mi mostro i suoi perfetti denti bianchi. Cercai di afferrargli la mano, ma la ritrasse, cominciando poi a ridere. Io lo guardai male. «No, okay, scusa, ma dovevo.»

«Mi arrangio, grazie» mi sollevai da terra e mi sistemai la maglietta senza rivolgergli uno sguardo.

«Eddai, non fare l'offesa» mi supplicò come un bambino.

Lo ignorai incamminandomi verso la sala, ma lui mi prese dai fianchi e cominciò a farmi il solletico. Non potei resistere dal ridere e mi piegai non reggendomi in piedi. Gli andai addosso e finimmo entrambi per terra, io per la precisione mi ritrovai sul suo petto. Se in quel momento non ero rossa allora potevo vincere il premio Nobel per evitata figura di merda; era un titolo molto allettante e difficile da raggiungere. Alzai lo sguardo e lo beccai a guardarmi, facendo così incrociare i nostri sguardi. Mi persi nei suoi occhi azzurri e se in quegli attimi non ci fosse stata la mia coscienza ad incitarmi a baciarlo, forse lo avrei fatto per impulso. Invece mi bloccai, ascoltando l'altra vocina che mi diceva "evita di fare figure di merda, per piacere". Da lì iniziò il mio conflitto interiore:

Dai cazzarola, bacialo! È la tua occasione!
Ma che razza di consigli dai? Senti, ascolta me, non farlo.
Ma è gnocco! Perché non dovrebbe? Bacialo!
No, non farlo. Pensa, per lui sei come se tu fossi la sua sorellina. Invece per te lui è come un fratello maggiore da quando sei nata.
- Beh, effettivamente hai ragione - risposi a quest'ultima.
No che non ha ragione! A te lui piace!
- È vero, ma d'altra parte c'è da ammettere che per me lui è come un fratello... non è che confondo le due cose? -
No, non è vero!
Non darle ascolto.
Tu non provi certe cose per Xavier, quindi non le stai confondendo. Lui ti piace! Quindi bacialo! L'occasione è perfetta!
- Anche questo è vero -
Non darle ascolto!
Non impicciarti tu!

«Ehi, so di essere comodo e non mi dispiace la situazione, ma vuoi stare qua sdraiata ancora per un po'? Non è proprio comodo il pavimento» mi chiese Samuel, facendo sparire in una nuvola quelle due che si erano intromesse.

Ecco, hai fatto un altro tipo di figura di merda. Brava, ti meriti un applauso.

No, una delle due era rimasta.

Nonostante mi potesse dare fastidio quel suo sorrisetto che si stava dipingendo sul suo volto, era così bello da farmi perdere di nuovo nei miei pensieri. «Ehm, no, scusami» risposi alla fine, scuotendo la testa.

Feci un piccolo movimento per scostarmi da lui, ma ad un tratto si aprì la porta della mia stanza e girandomi di scatto in simultanea con il mio coinquilino notai che colui che era entrato era il mio caro fratellone.

Cazzo, questa sì che è una gran figura di merda.
La vuoi piantare?! Sono già bloccata di mio! Shit....

Guardai mio fratello con gli occhi sbarrati con in fronte scritto "non posso crederci". In parte avevo la tentazione di voltarmi e vedere che faccia avesse assunto Sam, ma ero talmente paralizzata che non riuscii a muovere un muscolo. L'unica cosa che si mosse era una ciocca dei miei capelli che scivolò piano davanti ai miei occhi. Ciò nonostante non mossi lo sguardo da colui che stavo fissando. Non volevo crederci, era una cosa a dir poco incredibile che Xavier comparisse in stanza nostra nei momenti meno opportuni. Volevo strozzarlo solo per quello. Sembrava una sorta di calamita di doppi sensi, o una roba del genere.

«Ma che diavolo state facendo?» esclamò stupito di vederci a terra.

Io rimasi con lo sguardo fisso su di lui, ma un movimento brusco mi buttò sul parquet. Ecco, Samuel era sempre il solito rozzo. «Le ho fatto il solletico e siamo caduti.»

«Potevi evitare di buttarmi così a terra?!» lo sgridai, passandomi dietro all'orecchio la ciocca di capelli che mi era caduta davanti mentre mi sollevai per quel poco che serviva per permettermi di starmene seduta sul pavimento.

Mio fratello si schiaffeggiò la fronte e fece dietrofront. «Un'ora e scendiamo a cena. E per piacere, potete smetterla di fare i bambini? Davvero, mi sento il genitore di due marmocchi troppo cresciuti.»

E detto ciò chiuse la porta del nostro appartamento. Guardai Sammy e lui scoppiò a ridere. «Certo che ci becca nei momenti meno opportuni eh?»

Lui si alzò in piedi e si avviò verso la nostra camera da letto. Io invece rimasi ancora seduta a terra, incapace ancora di alzarmi per la pigrizia che mi invase in quei secondi. Appoggiai le mani sul pavimento e iniziai a tamburellare con le unghie sul parquet. Poco dopo mi venne in mente una canzone e iniziai ad andare a tempo mentre canticchiavo il testo. O per lo meno, canticchiavo quelle frasi che ricordavo.

«Ma che stai facendo ancora lì? Alzati» mi fece notare Samuel sbucando dalla soglia.

Sentendo la sua voce all'improvviso mi spaventai e lui cominciò a ridere. Basta, non lo sopportavo più sentirlo ridere di me.

È sexy quando ride.
Non dargli corda tu, è stressante.

«La vuoi piantare di ridere sempre?»

«La vuoi piantare di fare il muso te?» ribattè con sguardo da sfida.

Feci uno scatto verso il divano, presi il cuscino e glielo lanciai. Il primo lo mancò.

«A-ha, non mi hai preso.»

Lanciai il secondo subito dopo e lo beccai in pieno viso.

«A-ha, ti ho beccato» gli dissi facendogli la linguaccia.

Come finì la discussione? Ci ritrovammo a correre per l'appartamento come due bambini e a fare la battaglia con i cuscini come due ragazzine ad un pigiama party. Quando entrò di nuovo Xavier, sapendo che sarebbe dovuto venire a chiamarci conoscendoci, lo vidi aprire la porta, bloccarsi sulla soglia con uno sguardo sconcertato, scuotere la testa e andarsene con un baloons sulla testa che diceva "ancora stanno a giocare". Io scoppiai a ridere, seguita poi dal mio coinquilino.

~~~~~~

Hola aussie 🌺

Come al solito spero che sia piaciuto il capitolo ❤
Come immagine di capitolo ho voluto dare spazio al nostro caro e povero Xavier nel vedere Samuel e Scarlett nei momenti meno opportuni...
😂

Quello che vedete come immagine di capitolo è esattamente Xavier versione Anime (preso da Free! - Rin Matsuoka)

In qualsiasi caso... volete scoprire quale attrice ho pensato per la bella signora Harris? Se la figlia sembra una fata beh... la madre non deve essere da meno!
Ecco perché ho pensato bene alla bella Eva Mendes

A me pare perfetta, voi che dite? 😻

Al prossimo aggiornamento! 😘

Bye-bye 🐨

~ Niki_Rose

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