14. INTERROGATORIO
"INTERROGATORIO"
Ancora guardavo quella scena incredula. Non era possibile che Suwa avesse commesso chissà quale reato proprio a Sydney quando nemmeno a Darwin non combinava nulla di grave, a parte il fatto di entrare nella proprietà degli Amstrong senza permesso oppure a fare altre cavolate che alla fine tutti i ragazzi un po' fuori di testa facevano. Era più o meno un ribelle, diceva che gli artisti come lui dovevano essere rivoluzionari se ne era necessario, ma fino al punto di farsi arrestare non ci avrei mai creduto. Ero seriamente preoccupata per il mio migliore amico e non sapevo cos'altro fare se non corrergli incontro mentre i poliziotti lo portavano verso l'auto con le luci in azione, senza però il suono della sirena.
«Suwa!» urlai a squarciagola per farmi notare.
Lui alzò immediatamente i suoi occhi da terra e iniziò a girarsi intorno, finché non incrociò il mio sguardo. Capii subito che era preoccupato anche lui e guardandomi sul suo viso notai che c'era dipinta un'espressione confusa, come se non stesse capendo cosa stava succedendo. Non muoveva un muscolo, veniva guidato dagli agenti ed era strano vederlo in quello stato, sembrava non sapere cosa fare e non era da lui. «Scarlett!» mi chiamò alla fine, ma un poliziotto lo spintonò in avanti come per dirgli di darsi una mossa.
Suwa non mi tolse gli occhi di dosso e non guardò male il signore come invece pensavo che facesse. Io e Brooke tra una spintonata e l'altra arrivammo quasi da loro, ma improvvisamente due poliziotti si pararono davanti a noi dicendo che non potevamo avvicinarci. Guardai in cagnesco quello che aveva parlato volendolo polverizzare.
Cos'è, un cane con la rabbia?! Che diamine.
Chi sono per dire che non posso avvicinarmi al mio migliore amico?!
Due poliziotti?
Beh, ci frequentiamo da ben sette anni e lo conosco meglio di chiunque altro.
E secondo te a loro frega qualcosa?
Perché devi darmi sempre contro?
Cerco di farti ragionare, stupida.
Ma va al diavolo anche tu.
«Ma mi faccia il piacere! Lui lo conosco come il palmo della mia mano, non ha fatto niente di male, ne sono più che sicura, scommetto sulla mia vita che non ha toccato un capello a qualcuno! Mi creda, lasciatelo libero!»
Cercai di convincerli, ma era inutile. Continuavano a tenerci indietro e io non riuscivo a reagire come volevo. L'unico modo che mi era venuto in mente per farli spostare, era quello di dar loro un bel calcio nei gioielli di famiglia, ma così facendo avrei fatto solo compagnia a Suwa nell'auto della polizia. Posai gli occhi sul mio migliore amico e lui era ancora lì, a fissarmi con lo stupore nelle iridi.
«Non ho fatto nulla. Scarlett, Brooke, credetemi! State tranquille!» ci urlò cercando di farci sentire meglio e prima che il poliziotto gli premette la testa verso il basso per farlo entrare nella macchina.
Cercai di liberarmi dall'omone davanti a me, ma non riuscivo. «Suwa!»
Lanciai un'occhiataccia all'agente e lui mi guardò in modo strano, dall'alto verso il basso. «Stiamo facendo il nostro lavoro, signorina.»
«Il nostro lavoro un corno!» ringhiò Brooke. «È il nostro migliore amico, sappiamo che tipo di persona è, quindi dateci una spiegazione per cui dovreste arrestarlo! Io non mi muovo di qui fino a quando non gli togliete le manette.»
La macchina partì con Suwa al suo interno e i poliziotti che ci tenevano d'occhio ci lasciarono, avviandosi verso il loro veicolo senza dire nulla. Rimasi scioccata dal fatto che non ci avevano risposto mentre Brooke andò di matto. «Ma che razza di trogloditi sono?! Non possono lasciare una fanciulla senza darle spiegazioni! Ma dove le hanno imparate le buone maniere?! Ma stiamo scherzando?!»
Mi girai di scatto e le tappai la bocca. «Smettila di sbraitare in questo modo!» le bisbigliai tra i denti.
«Stanno arrestando il nostro migliore amico e tu mi dici di stare zitta?! Ma io do fuoco alla centrale se non lo liberano immediatamente! Non ha fatto sicuramente nulla.»
Strabuzzai gli occhi. «Ma che cazzo di idee ti saltano in mente?! Non puoi fare la piromane in giro per Sydney!»
Lei incrociò le braccia con il muso e fissò ancora i poliziotti arrabbiata.
Sapevo che aveva ragione, non potevano arrestare una persona tanto per fare qualcosa di nuovo in quella giornata, richiamando per di più l'attenzione di moltissime persone. Anche se avessimo tirato fuori Suwa dai casini facendolo dichiarare innocente, sarebbe stato difficile che le persone non si ricordassero di lui. I suoi capelli rossi erano qualcosa di particolare per non essere ricordati e di certo quella giacca in pelle nera non aiutava. Gli poteva star bene quanto voleva, ma poteva anche non indossarla per quel giorno per la miseria.
Strinsi i pugni e mi morsi il labbro guardando le ultime macchine della polizia allontanarsi per poi sparire dalla mia vista.
Una signora si avvicinò a me e la riconobbi solo perché l'avevo notata tra la mischia di gente che c'era ad osservare la scena. Il gruppo di persone si sciolse e si disperse lungo le vie di Sydney, mentre quel giacchino marroncino attirò la mia attenzione. Mi voltai verso la signora che era più bassa di me e poteva avere sulla settantina di anni. «Povero, era così un bravo ragazzo, mi stava anche aiutando a raccogliere la spesa che mi era caduta e d'un tratto dei poliziotti lo hanno preso dicendo che non doveva muoversi.»
Un sorriso mi comparve sul viso, pensando a Suwa che aiutava l'anziana. Era da lui fare certi gesti, aiutare la gente, anziani o bambini che erano, gli era sempre venuto naturale.
«Mi scusi signora, ci sa dire dove si trova la centrale di polizia?» chiese Brooke anticipandomi e appoggiando una mano sulla mia spalla rassicurandomi.
Credevo a Suwa, quindi se lui diceva che non aveva fatto nulla lo appoggiavo.
La signora fece qualche passo indietro e guardando in avanti, analizzò la strada sistemandosi gli occhiali. «Oh, non potete sbagliare. Proseguite per la Oxford St. e poi appena trovate sulla destra la Riley St. dovete solo proseguire dritto e la troverete.»
Le sorridemmo e ringraziandola cominciammo a correre lungo la via che ci aveva indicato. Ci mettemmo un po' ad arrivare, ma quando finalmente eravamo davanti alla porta d'entrata della questura, mi sentii leggermente sollevata. Avremo potuto provare l'innocenza di Suwa e anche capire cosa avrebbe dovuto commettere. Non pensavo di certo che lo avessero arrestato per aver aiutato una povera anziana con la spesa, sarebbe stato a dir poco assurdo.
«Dobbiamo assicurarci che non l'abbiano sbattuto al fresco» si mangiò le unghie Brooke.
«Prima dobbiamo trovarlo.»
Salimmo quei pochi gradini, per poi aprire la porta e cercare di orientarci. Ci trovammo davanti a una sala, dove c'era una sottospecie di segreteria davanti a noi. Due signore erano sedute davanti a dei computer e quando ci avvicinammo, l'unica cosa che ci separavano da loro era una scrivania alta. Tutte e due avevano delle carte davanti, sembrava che facessero delle ricerche. Quella bionda aveva i capelli legati in una crocchia e sembrava più vecchia della sua collega con i capelli color pece a caschetto. Quest'ultima alzò la testa e ci rivolse un sorriso. «Salve, come posso aiutarvi?»
La signora al suo fianco alzò gli occhi e si abbassò gli occhiali da vista, appoggiandosi col gomito al tavolo. Sembrava che ci squadrasse, ma il suo volto era passivo, come se non pensasse a nulla, concentrandosi solo su di noi. Metteva angoscia.
«Stiamo cercando un ragazzo, lo hanno appena portato qua in questura, almeno, così abbiamo pensato» rispose Brooke al mio fianco.
La signora bionda abbassò lo sguardo e continuò a fare le sue cose. La signora più giovane al contrario rifletté per qualche secondo, ma a me sembrava che passassero addirittura giorni da quanto ero nervosa. Continuavo a battere una dopo l'altra le punte delle dita sul tavolino, provocando un ticchettio che a Brooke aveva sempre dato fastidio, ma non mi disse niente stando troppo concentrata sulla donna.
«Se parlate di quello coi capelli rossi è nella prima porta a destra di quel corridoio là» ci rispose, indicando verso le porte a vetri alla nostra sinistra.
La ringraziammo e ci avviammo verso quel dannato corridoio. Mi sentivo sempre più vicina al nostro migliore amico e mi batteva forte il cuore dall'ansia. Aprii l'ingresso fatto in vetro, percorremmo dieci metri e spalancai la prima porta a destra che trovai. Tante panche d'acciaio si trovavano in mezzo alla stanza, quasi da sembrare in un aeroporto, o almeno mi dava quell'impressione familiare. A sinistra c'erano delle vetrate e delle porte di vetro, mentre all'angolo c'era una cabina telefonica in rosso. Trovai Suwa nella terza fila di sedie, seduto con le manette ai polsi e con lo sguardo a terra, sembrava che stesse aspettando qualcosa. Mi si illuminarono gli occhi felice di vederlo. «Suwa!»
Gli andai incontro e lui alzò lo sguardo. «Scar! Brooke!» esclamò alzandosi in piedi di scatto.
Appena lo ebbi davanti, lo abbracciai forte nonostante le manette fossero di mezzo, ma lui appoggiò la sua testa sulla mia simulando in qualche modo il ricambio. Un agente grasso e sicuramente pelato, dato che aveva sulla testa il cappello personalizzato della polizia di Sydney, si alzò dalla scrivania dietro le vetrate e aprendo la porta di vetro, ci parlò con un tono duro e scontroso. «Ehi! Cosa ci fate qui?»
Brooke si voltò verso di lui mettendosi le mani ai fianchi, scambiandogli uno sguardo che diceva "davvero me lo stai chiedendo?!" che solo lei riusciva a fare. «Cosa ci facciamo qui?! Siamo qui per provare l'innocenza di questo ragazzo che le piaccia o meno, quindi finché non gli toglierete quelle scomode manette e non lo lascerete libero, caro mio mi avrai qua anche tutta la notte se sarà necessario.»
Il signore distolse lo sguardo seccato e ritornò a fare i suoi comodi, mentre io mi voltai verso Suwa che sembrava sollevato dal fatto di averci li vicino. Ci sedemmo solo un istante dato che in quel momento entrò un altro poliziotto che poteva avere sulla trentina d'anni. Ci osservò attentamente, successivamente lesse sul foglio che teneva tra le mani e parlò. «Sono l'agente Walker, il signor Lo Iacono Dìaz è pregato di seguirmi.»
Suwa si alzò, ma Brooke lo fermò per il braccio con lo sguardo fisso sull'agente. «Dove lo portate? Possiamo venire?»
Il signor Walker sospirò. «All'interrogatorio, signorina. Se volete potete stare in disparte ad ascoltare, ma non potete intervenire.»
Ci scambiammo un'occhiata soddisfatta e li seguimmo, ma quella riccia non sapeva starsene zitta.
«Guarda che se non gli credono, abbiamo un testimone.»
Aggrottai la fronte e mi avvicinai a lei. «Se stai parlando della signora, lei non è qui con noi.»
«Vabbeh, usciamo e la andiamo a prendere.»
La guardai con scetticismo. «Certo, perché tu sai dove sta adesso» bisbigliai al contrario suo che sembrava non sapere che era meglio starsene buone, buonine e composte.
«È anziana, avrà fatto cinque metri da dove l'abbiamo lasciata, mica è Beep Beep.»
Il poliziotto sembrava pentirsi di averci portato, o perlomeno, pentirsi di essersi portato dietro la logorroica.
Subito dopo entrammo in una stanza che dava l'aria di un ufficio personale e l'agente Walker cu fece sedere sulle sedie vicino all'entrata, mentre lui se ne stava al nostro fianco in piedi. Suwa al contrario nostro si sedette nella sedia al centro, con davanti un altro poliziotto che si trovava dietro alla grande scrivania in legno lucido, dove c'erano carte, oggetti di cancelleria, un computer e una tastiera. Sembrava il capo di tutta quella banda di pregiudicati; di poliziotti quel giorno ne avevo visti fin troppi, talmente tanti che avrei voluto non vederne più per almeno un anno intero, anche due. Ad ogni modo quest'uomo era sulla cinquantina, con un taglio di capelli molto corto, un accenno di barba ed era leggermente robusto. Speravo proprio che fosse buono e giusto nel giudicare il mio amico.
«Sono il commissario Morgan Crowley. Tu invece sei...» scrutò il nome su un plico di fogli davanti a se sistemandosi gli occhiali in modo tale da leggere meglio, «Surawaga Alastair Lo Iacono Dìaz, dico bene?»
Suwa si portò leggermente in avanti e sembrava voler guardare sul foglio su cui stava leggendo il signore. «Ehm, in realtà si leggerebbe Sugawara Alaster, con l'accento sulla prima A se mi è permesso correggerla, signore. Commissario.»
«Ah...» guardò meglio sul foglio e alzò le sopracciglia. «Mi scuso io. Allora, signor Lo Iacono Dìaz, lei ha vissuto a Brisbane e a Darwin, è corretto?»
Suwa annuì. «Sì signore, ma sono nato in Giappone, Tokyo.»
«Va bene... Ha frequentato la Rainworth State School, poi la Nightcliff Middle School e infine la Nightcliff High School. Mi può confermare?»
Lui annuì ancora una volta. «Sì, mi sono trasferito alla fine delle elementari.»
Il commissario continuava a muovere la testa e gli occhi dal plico all'interrogato, concentrandosi sia sulle parole del mio amico che sul testo che aveva davanti. «Posso sapere cosa ha fatto oggi?»
«Sì, certo. Mi sono svegliato alle otto e cinque, ho mangiato il latte con i cereali al cioccolato, ma non ricordo la marca, solitamente prendo i primi scontati che vedo-»
«Mi scusi se la interrompo, a me interesserebbero le cose ordinarie, non nello specifico» lo fermò in tempo.
Non volevo credere sul serio che fosse partito in quarta a parlargli dei cereali che mangiava, era assurdo.
«Ah, okay. Ehm, allora. La mattina alle nove ero già alla National Art School per le mie lezioni di fumetto. Dopo mezzogiorno sono tornato in dormitorio e mi sono accorto verso le quattro che avevo finito le mine della matita e quindi sono uscito a comprarle. Dopo averle prese ho incontrato un'anziana signora che aveva bisogno di una mano con la spesa caduta. Poi ho sentito delle sirene e mi avete arrestato ed ero confuso e anche spaventato all'inizio. Ed eccomi qua, su questa sedia. Posso dire che è un tantino scomoda?» dichiarò unendo pollice e indice lasciando una piccola fessurina. «Solo un pochino.»
Scossi la testa credendolo un idiota totale. Era incredibile il come si fosse rilassato o il come lo dava a vedere.
Il commissario continuava ad annuire mentre noi non aprivamo bocca. Tirò fuori degli oggetti dal cassetto e notai che oltre alle mine della sua matita c'erano anche il suo cellulare, il suo portafogli e un'altra cosa che non capivo bene cosa fosse, ma sembrava familiare. «E questa?» ci mostrò tirando quest'ultima fuori dalla busta.
Cercai di capire di cosa si trattasse, ma Suwa mi precedette. «È il cavo che collega la chitarra all'amplificatore.»
«E cosa ci fa lei con questo?» gli domandò.
«Era un regalo per un amico. Andiamo, cosa avrei dovuto farci con quello?» gli sbottò cercando di indicargli il filo con ancora le manette addosso.
Il signore fece spallucce. «Sono domande che dobbiamo fare, ragazzo» continuò segnando cose su un blocchetto.
Potei immaginarmi la faccia di Suwa in quel momento e cosa potesse pensare. E per di più cosa avrebbe potuto fare con il cavo? Strangolare qualcuno? Lui che non farebbe male a nessun essere vivente? Ci mancava a momenti che mi diventasse vegetariano per la pena che prova per gli esseri viventi, ma amava troppo il sapore della carne anche se stava cercando di mangiarne di meno.
In qualsiasi caso il commissario prese a sfogliare un blocco i carte che aveva lì davanti, poi ne prese un altro dalla scrivania e cominciò a spostare lo sguardo dal foglio al suo interrogato. «La descrizione però è quella del rapinatore.»
«Cosa?!» ci scappò dalla bocca sia a me che a Brooke e l'agente Walker ci schioccò un'occhiataccia.
Ci mettemmo a posto e continuammo ad ascoltare. Fortunatamente avevamo detto la stessa medesima cosa che pronunciò il nostro migliore amico, quindi il commissario poté dedicarsi solo al suo interrogato che posare l'attenzione anche su noi due.
L'agente Crowley si sistemò per bene sulla sedia prima di riprendere parola. «Sì, alto, capelli rossi, giacca nera. Può avere un sosia qua a Sydney, signor Lo Iacono Dìaz, ma la descrizione combacia con lei.»
«Tutti possono avere una giacca nera ed essere alti coi capelli rossi. Insomma, quand'è stato commesso il reato? E poi non so nemmeno cosa avrei dovuto commettere dato che mi state incolpando di un qualcosa che mi state tenendo all'oscuro.»
Il commissario sospirò con pesantezza, come se volesse dire che nemmeno lui voleva starsene in quell'ufficio ad interrogare una persona che tra l'altro si stava rendendo innocente. «Questa mattina è stato commesso un furto nel quartiere di Surry Hills, nemmeno fosse una zona sperduta dell'Australia. I testimoni, ovvero i vicini di casa, hanno descritto il ladro esattamente come ti ho letto prima, alto coi capelli rossi e una giacca nera. Hai un buon alibi nell'aver frequentato il tuo corso all'accademia d'arte, dobbiamo solo controllare se tutto combacia e poi potremo essere al cento per cento sicuri che lei, ragazzo, non sia il nostro uomo. Come ultima cosa, mi dia l'indirizzo e il numero del suo appartamento, così potremo lasciarla libero.»
Suwa rimase un attimo in silenzio come per riflettere. «Ehm, sì. Sulla parallela, Crown St., i dormitori per gli studenti universitari, terzo piano, stanza numero 196.»
L'agente Crowley si annotò un appunto e poi fece un cenno al collega Walker. Questo si avviò da lui, tirò fuori una chiave e sciolse le manette al mio migliore amico che si ritrovò finalmente innocente. Si passò le mani sui polsi per togliersi la sensazione di avere ancora le manette e andai ad abbracciarlo. Lui ricambiò la stretta e poi batté il cinque a Brooke che sorrideva a trentadue denti per la buona riuscita.
Sinceramente pensavo che la cosa durasse più tempo e lo ritenevo fortunato per aver avuto un buon alibi. Era strana l'idea che un suo sosia girasse per Sydney e andasse a rubare negli appartamenti, facendo poi mettere nei guai un'altra persona. Speravo vivamente che il responsabile venisse fuori, in modo tale da non creare ulteriori malintesi.
Ci fecero uscire dalla questura e il cielo era sempre grigio, facendo cadere delle gocce d'acqua talmente leggere che quasi non si sentivano. Accompagnammo Suwa al suo dormitorio, contento di essere completamente pulito e nel riaver avuto i suoi oggetti, poi con Brooke mi avviai verso la via del ritorno in hotel, e una volta arrivata mi buttai sul letto e mi addormentai, stanca della giornata.
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Dall'immagine di copertina potete ben capire chi sarà l'agente Crowley...
Coooomunque Aussie,
Ho pensato a lungo per un prototipo di Suwa e non è stato assolutamente facile, specialmente dopo averlo immaginato simile ad un personaggio di un anime giapponese 😱 (chi me lo ha fatto fare... Comunque sarebbe questo qua sotto hahahaha).
C'è solo un problema... è più gnocco di quando lo immaginavo 😹 ecco a voi Ken Bek ⬇
Mi piace piace hahahah voi che dite??
Bye bye ❤
~Niki_Rose
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