Capitolo 4

Stanotte ho dormito veramente male. Anzi, non ho dormito quasi per niente. Sono le dieci e mezza di mattina, e da quando ho messo i piedi a terra non faccio altro che osservare dalla finestra della mia camera quel cimitero.
In effetti è stata proprio questa la causa della mia insonnia.
Ho esplorato il luogo sperando che le mie domande su quel bagliore trovassero risposta, e invece niente. Sono tornata a casa con altri mille quesiti.
Perché non ho trovato la traccia di un fuoco spento, una torcia consumata o qualunque cosa che mi spiegasse il motivo di quella strana luce?
Perché quel rumore improvviso? E chi era quella figura che correva veloce fra le lapidi, scomparendo poi tra gli alberi?
L'unica spiegazione che fin'ora ho trovato plausibile è quella che si trattasse di un barbone, ma non credo che fra tutti i luoghi possibili dove riposarsi proprio un cimitero sia una buona scelta.
Devo vederci chiaro, scavare a fondo, scoprire la soluzione di quei fenomeni o non troverò pace. Spero solo di non cacciarmi nei guai, non voglio far preoccupare gli zii e soprattutto i miei genitori.
Cerco di distrarmi un attimo uscendo dalla mia camera per dirigermi poi nella stanza speciale di mio zio, dove custodisce la sua infinita collezione di cd, di vinili e le sue chitarre. Decido di prendere la sua Fender stratocaster bianca e di strimpellare un po', ovviamente avendone cura. Il suono della chitarra elettrica è molto rilassante, se chi la suona ha chiaramente una certa esperienza. È più difficile suonare una chitarra elettrica rispetto a una classica, e io non sono ancora abbastanza brava per suonarne una come questa Fender. Scendo in cucina per bere un succo di frutta e sgranocchiare due biscotti al cioccolato, e sul divano vedo Shadow intento a sonnecchiare. Chissà se i gatti sognano,e se lo fanno chissà cosa sogneranno poi. Me lo sono sempre chiesta.
Ieri Laura (la compagna dello zio) l'ha portato dal veterinario per il vaccino e dei controlli, ecco perché il micio non era in casa. Gli faccio una grattatina sulla testa prima di salire a cambiarmi. I miei zii come al solito non torneranno prima delle tre, e ho intenzione di recarmi di nuovo al cimitero prima che arrivino a casa.
Esco in fretta salutando Shadow, e rifaccio lo stesso percorso di ieri.  Almeno tento, perché dopo aver camminato appena una ventina di metri, sento una voce che sembra rivolgersi a me:
"Ehy!"
Mi volto sorpresa e spaventata, non vorrei aver combinato qualcosa. Di fronte a me vedo un ragazzo alto, biondo, con gli occhi tra il castano e il verde, un fisico asciutto e l'aria di chi pretende troppo. Sinceramente non mi ispira granché.
"Scusami, stai parlando con me?" chiedo.
"Sì proprio con te. Potresti riprendermi il pallone, per favore? Mi è sfuggito di mano; sai vado in palestra e sono nella squadra di basket. Ah comunque piacere, mi chiamo David. David Palmer" si presenta, porgendomi la mano.
Tipico atteggiamento da galletto quello di esporre le proprie credenziali prima di dire il nome, penso tra me.
Prendo il suo adorato pallone e glielo rendo. Poi mi chiede: "E tu come ti chiami? Devi essere nuova da queste parti, non ti ho mai vista prima d'ora".
"Io mi chiamo Sara Lamberti, piacere mio. Sì, in effetti sono nuova; mi trovo qui perché sono venuta a stare dai miei zii per un po' di tempo. Loro abitano in quella casa poco distante, a sinistra," gli rispondo, indicando la mia abitazione con la mano.
"Ah ho capito!" dice, guardando nella direzione da me indicata e annuendo con la testa. "Allora sei la nipote di quelli che abitano al 54; brava gente. So che sono italiani, quindi anche tu devi esserlo."
"Esatto. Sono italiana anch'io. Ora ti chiedo di scusarmi, ma ho un impegno urgente e devo proprio scappare."
"Okkey Sara; allora ci si rivede, spero. È stato un piacere conoscerti".
"Anche per me. Buona giornata". Lo saluto, sventolando la mano. All'improvviso sento di nuovo David che mi chiama. Ma cosa vorrà ancora?
"Ehy Sara, visto che stai andando da quelle parti ti do un consiglio. Non ti conviene avvicinarti al cimitero."
Aspetta un attimo. Ha pronunciato la parola cimitero. Una spia luminosa si accende nella mia testa.
"E come mai, scusa?"
"Bhe ma è ovvio, perché è infestato. Non ci va mai nessuno da secoli, e chiunque abbia provato a metterci piede in passato ha raccontato di strani avvistamenti, di rumori, e di avvertire delle sensazioni opprimenti che li costringevano poi a fuggire via spaventati. Che stupidi sono stati. Io non ci andrei neanche se mi pagassero. Per questo ti dico di stare attenta," mi risponde, gesticolando in modo enfatico e teatrale.
"Ok, lo farò. Ti ringrazio."
Ovvio che non lo farò invece. Io devo tornare lì per cercare le risposte alle mie domande. Fortunatamente il mio inglese non è messo tanto male. Sono riuscita a sostenere decentemente una breve conversazione, che non si è rivelata poi una così grave perdita di tempo, alla fine. Mi ha permesso di scoprire qualcosa di più su quel cimitero.
Aspetto che David salga sulla sua auto e parta prima che io prosegua, è meglio evitare di essere vista.
E cosí, dicono che quel cimitero sia infestato. È logico che per una persona curiosa e amante del paranormale come me questa è un'occasione da non lasciarsi sfuggire.
Non ho mai avuto paura di fantasmi o cose simili. Anzi, mi hanno sempre affascinato. Poi, quando ieri sono stata al cimitero non ho di certo avvertito tutte quelle sensazioni che David mi aveva detto; ho provato solo un leggero timore quando ho sentito quel rumore improvviso, per il resto nulla di particolare.
Mentre sono persa nelle mie riflessioni, mi trovo a varcare di nuovo quel cancello e quei terrificanti gargoyle sulle colonne. Dovrei proporre a mio nonno di usarli come spaventapasseri per il suo orto, questi cosi spaventerebbero persino gli animali.
Attraverso la stradina di ciottoli e proseguo oltre la grande statua dell'angelo, fino a raggiungere la zona con le panchine e la fontana.
A questo punto decido di sedermi e aspettare. Una lieve brezza scompiglia leggermente i miei capelli. Aspetto un po', ma niente. I minuti passano, e il silenzio non viene ancora interrotto, se non dal rumore del fievole vento.
Allora decido che sarò io a porre fine al silenzio. Prendo la mia chitarra e, come ho fatto ieri, inizio a suonare i primi accordi della ninna nanna.
Termino la mia solitaria esibizione, ma ancora non si sente niente. Nessun rumore, nessun verso.
Allora chiedo: "C'é qualcuno?"
Nessuna risposta, ma non perdo ancora la speranza.
"C'é nessuno??? Se c'é qualche presenza qui, o qualsiasi altra cosa, che si faccia avanti! Io non ho paura".
Ammetto di aver azzardato sull'ultima frase, in realtà un po' di paura adesso ce l'ho eccome. Anche se nello stesso tempo sono delusa, mi aspettavo comunque qualcosa.
Frustrata, decido di tornare a casa e un mio pensiero prende voce:
"Accidenti, sono la solita stupida credulona. Non farò mai più una cosa del genere. Ho chiuso. Stop," dico a me stessa, calciando indispettita un sassolino vicino ai miei piedi.
All'improvviso sento una voce provenire da dietro un'indistinta lapide:
"No, non congedarti ancora, te ne prego!"
Mi fermo, pietrificandomi all'istante. Non ci credo. Ho appena sentito una voce che mi implorava di aspettare?
Mi volto lentamente e mi guardo intorno. Non si vede nessuno. Forse è stato uno scherzo della mia mente, di sicuro ho immaginato tutto. Poi un pensiero si fa avanti nella mia testa. David. Forse è stato uno scherzo fatto da quell'esibizionista per prendersi gioco di me. Come se non lo sapessi che lo ha fatto apposta a perdere la palla, affinché gliela recuperassi. Però quando mi ha parlato di questo posto si vedeva che era spaventato. Quindi le cose sono due: o era serio, o è un'attore da oscar.
"David, sappi che se sei tu non è affatto divertente! Ora esci fuori, così ci facciamo due risate e ognuno va per la propria strada!". Scandisco le parole, alzando le braccia a mezz'aria e guardandomi intorno.
"Non so chi sia questo David di cui parli, mi dispiace."
Ancora quella voce. Ora che la riascolto non sembra avere lo stesso timbro di quella di David. Molto probabilmente non è la sua, ma appartiene a qualcun'altro.
"Allora se non sei David esci fuori e fatti vedere!" incito indispettita, con le braccia sui fianchi stavolta.
Lo so, è azzardata come risposta; ma in caso la voce appartenesse a uno stupratore, ho sempre una bottiglietta di spray al peperoncino in un vano della custodia della mia chitarra. Un regalo di mia madre contro attacchi di presunte persone moleste. Quando me lo ha dato ci ho riso su, ora che ci rifletto non c'è più tanto da ridere. Anzi, questo spray mi torna molto utile.
La voce mi risponde:
"Mi duole immensamente, ma non credo di poter soddisfare la tua richiesta".
Strano, veramente strano. Per prima cosa, non capisco perché non debba farsi vedere. E seconda cosa, questo tizio parla in modo veramente antiquato. Davvero, non capisco. Ho solo una grande confusione in testa.
"E perché non dovresti farti vedere? Guarda che io non sono razzista e non faccio discriminazioni di alcun genere. Credimi, non devi avere paura di me." Cerco di rassicurarlo, parlandogli nel modo più calmo possibile.
"Ti prego cortesemente di non insistere, poiché ho già rischiato molto esponendomi verbalmente con te. Ma non volevo che tu te ne andassi, amo il modo in cui suoni e la voce con cui dolcemente accompagni le note del tuo strumento. Ne avrei lungamente risentito della tua assenza".
Il tono della sua voce è veramente molto dolce e pacato. Sono sicura che non appartiene a una persona con cattive intenzioni, me lo sento. Probabilmente era stato lui a fare quel rumore quando sono venuta qui la prima volta. Solo che mi è rimasto questo pallino del parlare antiquato. Proprio non capisco come mai lo faccia.
"Ti ringrazio per i complimenti. Posso chiederti una cosa?" gli domando.
"Certo, dimmi pure".
"Eri sempre tu che mi spiavi ieri? Perché ho sentito un rumore e poi ho intravisto qualcosa correre via."
"Non mi aggrada molto il termine spiare, direi osservare piuttosto. E comunque sì, ero io che ti osservavo la volta scorsa. Raramente capita qualcuno in questo posto, e quando ho udito una dolce melodia provenire da qui ne sono rimasto stupito ed estasiato. Quindi ho deciso subito di venire a controllare, per scoprirne la fonte," risponde.
"Ho capito. Però non mi sembra giusto che tu possa osservare me e io non possa osservare te. Tu sai con chi stai parlando, ma io mi sto intrattenendo da tempo soltanto con una voce," gli dico, cercando di convincerlo.
"Credimi, vorrei con tutto il cuore mostrarmi a te e far sí che tu possa dare un volto a questa mia voce. Purtroppo ciò mi è davvero impossibile, e temo che non potresti mai comprendere. Non voglio affatto far intendere che tu sia stupida, voglio solo dire che non saresti mai pronta a un tale spettacolo."
"Ascolta, se è per il fatto di avere una scarsa autostima ti capisco benissimo, neanche io mi considero stupenda. Pensa che compio diciannove anni a giorni e finora non ho mai avuto un ragazzo. Ma non perché non ne trovassi, soltanto che la mia timidezza e la mia bassa autostima mi portano a chiudermi in me stessa. Ogni volta che ho provato ad aprirmi con qualcuno, ho ricevuto sempre delusioni. Nella mia vita non ho mai trovato una persona con la quale sentirmi in completa sintonia. Ma in fondo non credo di essere poi così tanto diversa dagli altri, devo solo abbattere dei muri psicologici, e puoi riuscirci benissimo anche tu." Tento di fargli capire, utilizzando tutti i mezzi a disposizione per convincerlo a uscire allo scoperto.
La voce ascolta attentamente le mie parole, mentre la sento ridere. Ma la sua non è una risata di scherno, bensí una risata dolce che è proprio tutto fuorché offensiva.
"Ti prego di non offenderti se rido, ma il tono che hai usato nell'esprimerti e i tuoi gesti hanno suscitato in me del divertimento. Infatti io penso che nel tuo caso la mancanza di autostima sia completamente ingiustificata. Non hai nulla di strano rispetto ad altre persone. Ma nel mio caso purtroppo è diverso. La mia non è timidezza o scarsa autostima, sono ben altri i motivi che mi impediscono di rivelarti il mio aspetto. Non avermene a male per piacere, cerca di comprendere il mio rifiuto anche se non ne conosci le motivazioni. Se non vorrai sei ovviamente libera di andartene, ma sappi che il mio animo piangerá a lungo la tua assenza. Dopo tanti anni sei la prima persona con la quale intrattengo una piacevole conversazione".
Mi sembra davvero improbabile che non abbia conversazioni piacevoli da parecchi anni, ma nel mio cuore sento che devo credergli, così come sento che devo comprendere i motivi della sua riservatezza senza insistere oltre.
"Va bene, non insisteró," rispondo, annuendo. "Se non vuoi mostrarti, accetteró di parlare con una voce senza volto. Ma almeno posso sapere il tuo nome, signora voce?"
Un'altra lieve risata, poi sento rispondere:
"Signor voce, semmai. Io mi chiamo Michael, onorato di fare la tua conoscenza. E invece il tuo nome qual é, signorina?"
"Mi chiamo Sara, piacere di fare la tua semi-conoscenza, Michael." Mi presento, facendo il gesto dell'inchino.
Sento ancora la sua risata gioiosa:
"Sei senza dubbio una persona dotata di una notevole ilarità, Sara. Non so neanche io da quanto non ridevo più, ormai".
È davvero gentile questo Michael, oltre ad avere una risata contagiosa. Il mio sguardo cade sul mio orologio da polso che segna le tre meno venti. Oh mamma. Devo correre immediatamente a casa.
"Michael scusami ma devo scappare. I miei zii torneranno a casa da un momento all'altro e devo essere lì prima che arrivino."
"Mi prometti che verrai presto a trovarmi?" chiede.
"Sì, non preoccuparti, tornerò a farti visita, ma anche tu devi promettermi una cosa: prima o poi ti farai vedere da me. Non temere, non ho fretta, ma devi capire che se tu chiedi un favore a me, e lo accetto, è ovvio che io poi possa chiederlo a te senza che tu te ne tiri indietro."
La voce rimane in silenzio per qualche minuto, poi risponde:
"Complimenti, hai una mente davvero molto astuta Sara. E va bene, ma deciderò io come e quando. E non è detto che io poi non cambi idea, ma generalmente sono sempre stato di parola. Allora, a presto."
"Ciao Michael, a presto".
Dopo averlo salutato anch'io mi incammino a passo svelto verso casa. Per fortuna arrivo in tempo.
Il resto della giornata trascorre serenamente, gli zii mi portano a vedere alcuni dei posti più suggestivi di Londra, ceniamo fuori e infine facciamo ritorno a casa. Sono stanchissima, ma nonostante ciò non mi addormento velocemente. Penso a Michael, mi chiedo che aspetto potrebbe mai avere. Parlando con lui, oggi ho provato delle sensazioni strane. Mi sentivo felice, serena. Eppure ho parlato solo con una voce. Spero di poter vedere il suo volto un giorno. Anche se non lo conosco bene, durante la nostra conversazione mi è parso di conoscerlo da sempre. Devo scoprire di più su di lui. So che può sembrare strano, ma è come se giá mi mancasse. E poi perché aveva quel modo di parlare così compíto ed elegante? Che confusione ho in testa, meglio cercare di dormirci su. Mi aspetto di poter trovare col tempo qualche risposta alle mie innumerevoli domande.

E così, Sara in questo capitolo ha fatto nuove conoscenze. David il belloccio e Michael,la voce misteriosa. La povera ragazza si ritrova sempre con più domande in testa e a nessuna, purtroppo, riesce a dare una risposta. Ma chi si celerá mai dietro la voce di Michael? Leggete per scoprirlo:) A presto!:*

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