1
L'ironia.
Più volte mi ero promessa di non cercare negli altri quello che mancava in me, perché in fin dei conti loro non potevano darmelo eppure mi resi conto che talvolta quello che mancava era proprio qualcun altro.
La mattina dopo feci la mia corsa quotidiana, doveva essere un punto di ripartenza, ma tra quei ragazzotti ubriachi cercavo lui.
Continuavo a ripetere la scena del nostro incontro nella mia mente, cercando di schiacciarla con altri pensieri ed in qualche modo lui tornava. Correvo, ad ogni passo più veloce, come stessi scappando da quel ricordo, era un banale momento che tornava e ad ogni suo ritorno si inserivano i dettagli: il profumo della stanza, il colore delle luci soffuse, il suono delle nostre voci. Il tempo fluiva attorno a me, ogni minuto mi avvicinava a lui invece di allontanarsi, almeno nella mente perché mi accorsi di quanto mi fossi fatta assorbire quando il suono di un clacson mi face accorgere di essere uscita dal college e di essere da qualche parte in una stradina cittadina che nemmeno conoscevo. La fortuna volle che i cartelli mi venissero in contro per ritrovare velocemente la strada, ma tutto mi sentivo meno che fortunata.
Arrivata in dormitorio mi volevo solo concedere al tepore dell'acqua sulla pelle per poi giocciolare fino alla mia stanza.
Mi accolse una versione poco vestita e sporca di vomito di Elizabeth stesa sul suo letto.
Bel modo di incominciare pensai e mi dedicai solo a vestirmi con dei leggings ed una canotta di mio padre che mi aveva dato tempo prima per far spazio ad altri completi costosi. Come già detto non sono una persona che bada troppo a cosa indossa, ma ricordo bene quando mio padre mi porse uno scatolone di abiti ed io rimasi colpita pensando fossero quelli di mia madre, ma erano solo gli scarti di vecchie divise della scuola o aviti troppo rovinati per essere alla sua altezza.
Messa una felpa e raccolti i capelli in una coda alta raggiunsi il bar che era piacevolmente vuoto.
Ordinai il mio solito tè ignorando la battutina del barista che attendeva da anni che gli porgessi un sorriso sincero. Lo sorseggiai nel mio angolo lontano dal resto dei ragazzi che cercavano di inquadrarmi e me ne tornai in camera trovandomi frustratamene sola con i miei pensieri.
Mi chiedevo perché lo avevo conosciuto?
Non lo avevo nemmeno voluto. Mi sentivo ossessionata dal bisogno di lui, di incontrarlo. Non aveva nessun senso. Non era stato diverso da qualsiasi altro ragazzo incontrato prima, si okay leggeva i miei stessi libri ed era bello... ma cosa ci poteva essere di davvero speciale in lui?
L'unico modo che conoscevo, o che volevo conoscere, per distrarmi era lo studio e cercai di dargli tutta la mia attenzione. Ripetendo le battute di Shakespeare mi tornava in mente e talvolta lo chiamavo, parlavo di lui attraverso versi d'amore o di rabbia come se lui potesse dargli fuoco, passione e vita. Forse per questo lo avevo incontrato, pensai. In fin dei conti un artista cerca sempre una musa, la idealizza e dedica lei arte. Ma non poteva essere chiunque altro? Qualcuno di spessore, qualcuno di vero e profondo, qualcuno da cui assorbire e non qualcuno che mi facesse sentire di star dando energie al vuoto...
Fu la decima volta in cui rilessi la stessa battuta e mi accorsi di non riuscire a memorizzarla che compresi di aver bisogno di staccare, perché quel giorno non sarei riuscita a studiare.
Mi arresi alla fame e preso un pezzo di pizza rientrai in stanza, ma qualcosa era diverso... era l'odore, non sapeva di chiuso ma di... lavanda?
<<Buongiorno!>>
La voce canterina della mia coinquilina mi disgustò facendomi sobbalzare.
<<Ehi>>
Le feci un cenno con la testa in segno di saluto senza guardarla augurandomi fosse sufficiente ad interrompere la conversazione prima che iniziasse.
<<Com'è andata ieri?>>
<<Come al solito, la tua com'è stata?>>
Finsi interesse per gentilezza sedendomi sul letto.
<<Emozionante! Sono arrivata l'ultimo giorno di ammissione per la squadra delle cheerleader ed essendo stata capitana della...>>
Spensi la mia mente ignorando la storia della sua vita, ma poi...
<<Christian ti saluta>>
Il mio viso si illuminò. Non fu un gesto consapevole, accadde spontaneamente.
<<Chi?>>
Domandai tentando di fingermi disinteressata.
<<Christian! Ha detto "salutami Sara" infatti non capivo, finché non mi ha raccontato di ieri e gli ho spiegato che ti chiami Sophia>>
<<Ah>>
Mi limitai a dire riflettendo su quanto fosse stata strana la mia reazione.
<<Mandagli dei saluti anche da parte mia>> Mormorai cercando di portare la mia attenzione su qualcos'altro, ma non trovavo nulla per dissimulare quella situazione.
<<Cosa farai stasera?>>
Continuava a cercare di creare un legame, credo, ma la cosa riusciva solo ad infastidirmi.
<<Vado al cinema e torno. Tu pensi di dormire ancora fuori?>>
<<Dopodomani inizio a fare alcuni esami, credo che tornerò presto o almeno ci proverò!>>
Ridacchiò come se avesse fatto una grande battuta ma da me ottenne un semplice gesto di assenso.
Dopo qualche ora di tentavi di studio andati peggio di quelli del mattino si fece l'ora di prepararmi. Elizabeth restò nel suo, il che venne apprezzato, ma la sua presenza non era d'aiuto e lo fu anche meno al momento di prepararmi perché provò a rifilarmi la storia del valorizzarsi e del mostrare i propri punti di forza, per me erano bugie bianche intente a distrarre chi ci stava dietro a perdere i focus importanti.
Ovviamente si fece tardi nel cercare di spiegarle che non avevo intenzione di cambiare il mio aspetto per le loro aspettative, cosí mi diressi velocemente all'ingresso sperando di non far aspettare troppo Margaret.
Vederla fu la prima boccata d'aria della giornata. La strinsi come fossero mesi che non la vedevo e le confessai questi strani pensieri e le sensazioni che mi bruciavano sulla pelle.
<<Christian giusto?>>
Povera ragazza... non volevo appesantire anche lei, ma di chi altro mi sarei potuta fidare in quel momento?
<<Si perché?>>
<<E gioca a football?>>
<<Esatto>>
Si mise a riflettere poi prese il telefono ed ignorò la mia curiosità. La vidi smanettare tra diversi profili mentre mi chiedeva di darle pian piano altre informazioni o caratteristiche. In pochi minuti...
<<Christian Peterson, sta seguendo il corso di Neuropsichiatria alla University of California di Los Angeles e tu ne sei stracotta!>>
Arrossii prendendole il telefono dalle mani. Mi ritrovai il suo profilo su un social al quale ancora non ero iscritta e non mi potei trattenere dall'analizzarlo.
Lessi che oltre a stare nella stessa confraternita di mio fratello, punto a suo sfavore, si era diplomato con il massimo dei voti e ora stava andando bene in termini di studio e mantenendo la promessa che si era dimostrato quando aveva ottenuto la borsa di studio.
Nelle foto era sorridente proprio come quando lo avevo visto la prima volta e sentii i ricordi di quell'incontro farsi vividi come fosse ancora il giorno prima in quella piccola stanza.
Dopo qualche sua battuta la convinsi ad andare a vedere quel maledetto film, ma non riuscivo a seguirlo. Solitamente studiavo gli attori e la sceneggiatura, i tempi ed i costumi, ma continuavo a ripercorrere il suo profilo nella mente per collegare i punti di domanda a delle risposte.
Infatti al ritorno lei continuava a commentare le scene piú saliente e chiedermi cose per le quali improvvisavo la risposta. Fortunatamente arrivammo velocemente al dormitorio e la salutai confessandole di non sentirmi troppo bene e preferire andare a riposare... Ci demmo la buonanotte e tornai in camera mia cercando di zittire quella vocina con cui una volta mi piaceva parlare.
Una volta nel letto provai ad addormentarmi, ma ad ogni scenario lui trovava un piccolo spazio ed i miei sogni sembravano incubi. Riaccesa la luce vidi il libro della sera prima e mi rifugiai tra le sue righe scritte strette e sottili finendo per leggere le ultime pagine con un peso più grande sul petto che fece scorrere le lacrime una dopo l'altra incontrollatamente.
Onestamente ero incredula di quanto soffrissi per qualcuno che nemmeno esiste, per un'idea, per quanto fossi abituata ad entrare nei panni di un personaggio sentii di provare emozioni a livello personale. Continuavo a pensare che se lo avessero fatto a me non avrei nemmeno avuto il coraggio di scappare con Zed, mi sarei lasciata morire tra le braccia del dolore cercando di farmi cosí piccola sa sparire.
Sentivo quasi mancarmi il fiato tra un singhiozzo e l'altro. Forse esageravo a credere che Christian si sarebbe potuto dimostrare altrettanto meschino, ma per me la realtà era che per lui non esistevo e mi piaceva perché non può farti male qualcuno per cui non esisti, giusto?
Il lato positivo fu che versare quelle lacrime fece vincere il sonno e mi addormentai con le guance inumidite da un sentire piú forte di quello che avrei confessato a parole. Forse speravo che scommettesse su di me, che giocasse con me e si innamorasse di me cadendo nella sua stessa trappola. In quel momento compresi quando descrivevano l'ossessione, eppure non mi era chiaro quanto fosse dannoso.
——————
Mi svegliò la sveglia, la mia corsa mattutina fu pesante come se i muscoli fossero troppo stanchi per accompagnarmi e quando vidi un ragazzotto alto con il ciuffo scompigliato una forza mi portò a seguirlo, l'imbarazzo di accorgermi che non fosse lui mi fece capire che era meglio tornare a nascondermi nel mio piccolo arem.
Mentre mi mettevo dei vestiti piú comodi la mia coinquilina rientrò barcollando fino al letto per caderci sopra.
Indossava il tubino leopardato che le avevo visto appendere qualche giorno prima ed i capelli erano legati in uno chignon disordinato. Lasciò cadere i tacchi creando un fastidioso rimbombo nella piccola stanza.
Si appallottolò e chiuse gli occhi lasciandomi notare il trucco colato sulle guance.
Di primo acchito volevo andarmene e lasciarla fare guscio con le sottili gambe strette al petto, ma il senso di colpa vinse.
<<Che ti è successo?>>
Sperai avesse già vinto il sonno, ma non era cosí.
<<Mi ha lasciata>>
Iniziò a singhiozzare.
<<Chi?>>
Chiesi confusa, sapendo che la risposta poteva trovarsi tra le cose raccontatemi il giorno prima alle quali non avevo prestato interesse.
<<Edward!>>
Lo urlò, come se fosse ovvio.
<<Non lo conosco...>>
Mormorai e mi sedetti sul suo letto consolandola a modo mio, accarezzando la schiena a distanza.
<<Stavamo insieme da due anni ed è venuto fino a qui a cercarmi per vedere se avevo bisogno di qualcosa...>>
<<Si è fatto tanti chilometri?>>
<<Se Washington e Los Angeles ti sembrano vicine!>>
Lasciai che sfogasse la sua rabbia nonostante il fastidio che mi provocava. Sicuramente me ne aveva parlato il giorno prima mentre la ignoravo.
<<Non ricordavo che fosse di Washington>>
Mi difesi
<<Va avanti...>>
<<Ero ubriaca, seduta su una panchina. Un ragazzo mi aveva portata via dalla festa, ma questo ragazzo è gay quindi non ci sarebbero stati problemi no?>>
<<Beh... no.>>
<<Ma lui mi ha vista e ha frainteso e mi ha urlato che sono una puttana e molte altre cose che voglio dimenticare>>
Riprese a piangere disperatamente stringendo il cuscino
<<Ha detto di avermi tradito ed io...>>
Il pianto divenne disperato e le accarezzai la schiena con piú dolcezza.
<<Non riesco a capire!>>
Sospirai.
<<Mi spiace che ti sia trovata in questa situazione>>
Mormorai e lei mi strinse in un abbraccio al quale non ero preparata.
<<Non voglio più pensarci>>
La strinsi ignorando i miei pregiudizi, in fin dei conti era anche lei una persona e stava soffrendo, non volevo si sentisse sola.
<<Va bene, ti serve qualcosa?>>
<<Mi puoi portare della pizza?>>
<<Va bene, tu fatti una doccia calda e mettiti comoda e poi vedremo come tirarti su di morale... okay?>>
Sorrise
<<Grazie>>
La lasciai sola sperando di ritrovarla in uno stato migliore, ma con scarsa fiducia. Raggiunsi la zona ristoro e cercai una pizza semplice e quando stavo per afferrare l'ultima rimasta vidi una mano portarmela via da sotto il naso.
Sospirai spostando lo sguardo sull'individuo che aveva osato importunare la mia poca pazienza. Il cuore mancò un battito quando i nostri sguardi s'incontrarono.
<<Qu-quella pizza...>>
Mormorai indicandola e distolsi lo sguardo da lui per posarlo sul cibo. Lui spostò lo sguardo sullo stesso oggetto e ridacchiò guardandomi facendomi sentire un'idiota e facendo diventare le mie guance un forno.
<<Si?>>
Chiese, palesemente divertito dal mio imbarazzo.
<<La stavo prendendo io>>
Grovai il coraggio di guardalo e quasi me ne pentii perché non mi sentivo in controllo.
<<Ma io ti ho preceduta>>
Rispose alzando le spalle. In un altra situazione avrei apprezzato questa sua spavalderia.
<<Ti prego, devo portarla a Elizabeth. Si è lasciata con il ragaz...>>
<<Lo so>>
Mi interruppe.
<<Come sta?>>
Sorprendente la velocità dei gossip ai tempi dei social no?
<<Ora ti interessa di lei?>>
Chiesi infastidita, una strana gelosia mi percorse. Rise lasciandomi godere di quel meraviglioso suono e si fece serio di colpo.
<<No.>>
Mi sentii in ulteriore imbarazzo davanti al suo tono repentino.
<<Scusa>>
Sussurrai ed abbassai lo sguardo trovandomi la pizza di fronte.
<<La colpa è mia... in fondo.>>
Questa affermazione mi diede il coraggio di guardarlo ancora.
<<Tua?>>
Non rispose e ad afferrai il trancio che mi porse andando via.
<<Christian!>>
<<Si?>>
Si voltò appena ed il suo sorriso mi colpii al cuore, come una pallottola che viaggia a mille miglia e prende il centro del bersaglio.
<<Grazie>>
Sollevai il cartoncino della pizza e lui ampliò il sorriso prima di darmi le spalle e sparire.
Non riuscivo a decifrarlo, improvvisamente mi accorsi che avevo scelto la mia condanna nello schiudersi delle mie labbra... quanto fa male ricordare quel momento, non ne avete idea. Ogni parte che vi racconto è l'insieme di un puzzle piú grande, ma allora sembrava tutti cosí poco per preoccuparmene. A volte vorrei non mi fosse mai capitato, altre ringrazio di essermi lasciata trascinare, ma onestamente non saprei dire quale delle due opzioni mi avrebbe resa poi felice, magari potrete risolvere voi questo dubbio al posto mio perché ad ora posso solo ricostruire i passi del tempo senza darne motivo, ma alla fine è la mia storia... forse io vedevo tutto troppo distorto per raccontarlo con proprietà. Chissà cosa pensava lui all'epoca...
Tornata in camera la mia coinquilina non c'era, mi chiedevo come stesse. Decisi di rifarle il letto cosicché potesse stare comoda al suo rientro, credo avrebbe passato lí gran parte del suo tempo prossimamente.
Trovai il pigiama gettato alla rinfusa sotto il cuscino e sbuffai per il suo disordine, non che oo fossi ossessiva... ma... si okay, un pochino la ero. Lo ripiegai e lo appoggiai sopra l'oggetto sotto il quale lo avevo trovato, sperando che vedere un modo diverso di trattare le cose potesse influenzarla.
Notando che non rientrava decisi di non buttare via la giornata tra quattro mura e mi diressi verso il parco per prendere una boccata d'aria e ricaricarmi.
Mi fece bene uscire, ma con le cuffiette a tutto volume mi sentivo la protagonista di un video musicale, uno di quelli in cui i due innamorati si guardano negli occhi urlando e lei scappa, ma lui la insegue, dice che la ama, magari lei è seduta su una panchina, proprio me in quel momento, proprio su quella panchina che era stata nostra, quella dove ci conoscemmo o della prima uscita. Sapete no? Quelli che ti fanno dire: lo voglio anche io.
La mia immaginazione volava, gli scenari si costruivano piano, indistinti, chiaro e scuri, privi di malizia, erano protagonisti di un romanzo che si scriveva sulle mie fantasie.
Talmente avvolta dalla voglia di scappare dalla realtà avevo girato a vuoto per ore fermandomi qua e là a costruire strada ancora da percorrere e si fece sera, cosí decisi di rientrare.
Non potei ignorare Elizabeth in lacrime nel sonni, la cosa mi faceva soffrire. Non avevo avuto molte relazioni serie, a dire il vero una sola, ma so bene cosa significa tenere a qualcuno e sentirsi deboli senza lui o lei. Non mi rivedevo in lei, la capivo però e non volevo farla sentire sola, lo avevo passato e nessuno lo merita.
Mentre mi cambiavo mi accorsi che il pianto si faceva intenso e la consolai stringendola in un abbraccio. La cosa riuscí a calmarla portando il pianto ad occasionali singhiozzi.
Mi addormentai in poco e me ne accorsi solo con il risuonare della sveglia, per la prima volta la pensi e restai stretta a lei per qualche momento ancora, ma non riuscendo a prendere nuovamente sonno semplicemente mi alzai e mi andai a fare una lunga doccia calda ed una rapida colazione al bar recuperando una brioche anche per lei.
Fu l'assordante sirena che rimbombò nella camera a svegliare Elizabeth, la sua sveglia era più un richiamo alle armi ma funzionava.
<<Mh...>>
Si lamentò e la spense sprofondando il viso nel cuscino tirando poi un piccolo urlo.
<<Buongiorno>>
Ridacchiai divertita mentre cercavo alcuni vestiti comodi da indossare, mi persi nel rivedere il maglione di mio nonno... altra persona che non era rimasta abbastanza parte della mia vita.
<<Che ore sono?>>
Mormorò alzando il busto con solo le braccia per stirarsi.
<<Le sette>>
Risposi indossando dei pantaloni a muzzo per combattere il freddo di marzo.
<<Cosa?>>
Sbuffò lasciandosi stravaccare sul letto.
<<Sbrigati, devi muoverti, hai gli esami>>
<<Merda!>>
<<Mh?>>
<<Non ho toccato libro!>>
La vidi veramente preoccupata e la cosa mi fece sorridere, forse l'avevo giudicata troppo in fretta, siamo diverse, ma non per questo non potremmo trovarci, con il tempo s'intende.
<<Ti chiederanno cose che già sai>>
Le porsi un sorriso sincero e presi il necessario per andare a lezione osservandola prepararsi di corsa.
<<Grazie>>
Mi venne incontro per abbracciarmi, di primo acchito la tenni a distanza, ma finii per cedere e la lasciai fare.
<<Per cosa?>>
Chiesi.
<<Per la pizza e il resto>>
Mi sorrise, ma gli occhi erano come spenti.
<<Figurati>>
Sorrisi a mia volta poi la lasciai sola sperando trovasse la brioche che le avevo lasciato sul comodino. Mi avevano insegnato che la vera differenza la facevano i piccoli gesti.
Ero in largo anticipo e si, se ve lo steste chiedendo capitavano lezioni ed esami straordinari la domenica, tendenzialmente lo scopo era di non interferire sul programma.
Approfittai del tempo in più per prendere alcuni libri in biblioteca e godermi l'auditorium in solitudine, nella sua essenza più pura.
Uno ad uno arrivarono i colleghi, ma il prof Smith ancora non si vedeva. Di solito era il primo, non era il momento giusto per sentirmi dire che gli fosse accaduto qualcosa, avrei definitivamente perso la testa.
Fortunatamente fece solo un po' di ritardo, noi nell'attesa avevamo ripassato alcune battute degli scorsi esercizi per riscaldare la voce.
Al suo arrivo corse sul palco affannosamente e riprese fiato. Era stranamente felice, più del solito. Molto di più.
<<Oggi ho una sorpresa!>>
Non riuscivo a decidere se mi facesse paura o se emozionarmi quanto lui.
La porta laterale si aprì ed un'orda di ragazzi e ragazze incrociati qualche volta per i corridoi entrò capeggiata da un altro professore di cui non conoscevo nemmeno il nome.
Il prof Smith li presentò entusiata.
<<Loro sono gli alunni di neuropsichiatria!>>
Fece loro segno di avanzare.
<<E faranno... un esperimento con voi!>>
Non ne ero per niente felice. Si parlava di far intromettere persone totalmente estranee a noi nel nostro piccolo angolo di paradiso, farle razionalizzare l'irrazionale che mi aveva fatto innamorare di questa carriera.
<<Prof>>
Attirai la sua attenzione timidamente. Mi guardò soddisfatto, sapeva che non potevo che essere io a rompere il ghiaccio con le domande scomode.
<<In cosa consisterebbe questo... esperimento?>>
Esitai sull'ultima parola.
Ci fece accomodare sul palco tutti insieme, le sedie erano già disposte a semicerchio, alcuni rimasero in piedi o si sedettero a terra.
<<Beh...>>
Si strofinò le mani caricandosi.
<<Di cosa tratta dicevamo? Praticam...>>
Il rumore della porta che si apriva lo interruppe e all'inizio, a causa del buio, non lo riconobbi, ma non avevo pensato al fatto che mancasse solo lui... Christian. Sapevo fosse di neuro, ma non avevo pensato potesse essere proprio in quel corso, una sorpresa sgra... gradi... beh un po' sgradita un po' gradita. Non si sapeva.
Raggiunse il cerchio velocemente e si sistemò scusandosi.
Si guardò intorno e mi vide. Mi fece l'occhiolino e mi sentii avvampare, ricambiai con un sorriso imbarazzato e tornai a guardare il prof.
<<Allora, dov'ero?>>
Il professore pensò alcuni istanti.
<<Di cosa si tratta>>
Gli ricordò il collega, tra l'altro non ricordo il nome.
<<Ah si! In pratica, ad ogni alunno di teatro verrà affidato il profilo di un personaggio che dovrà studiare nel dettaglio e farlo proprio, mentre gli alunni di neuropsichiatria dovranno solo fare una seduta, ma non a voi, bensì ai personaggi. Dovrete vivere "sotto copertura" oggi>>
Mimò le virgolette.
<<Chiaro Myers?>>
Annuii confusa e lui sorrise rispondendo ad altre domande alternato dal collega.
Cercavo di evitarlo, ma ero più incuriosita dal capire se Christian mi guardasse ed ogni volta lo beccavo a studiare le mie compagne di corso invece di guardare me... e questo si, mi infastidiva.
Poco prima della fine della "lezione", il professor Smith passò con un cappello e tutti i medici pescarono un nome mentre agli alunni di recitazione venne consegnato un fascicolo con i personaggi.
Mi fermai a parlare con il professore qualche momento per sciogliere gli ultimi dubbi e lasciai la stanza per ultima, come mio solito ed eccolo lì, in attesa.
Mi fece un cenno con il capo in segno di saluto.
<<Ei>>
Ricambiai fredda.
<<Ciao>>
Sorrise beffardo.
<<Sai chi mi è capitata?>>
Ero combattuta, essere io significa...
<<Tu>>
Non ebbi nemmeno il tempo di elaborare un pensiero.
<<Oh>>
Non potevo dargli troppo spazio in questo caso. Questo compito valeva metà del voto finale e parliamo della materia principale, non potevo cedere.
<<Mi preparerò bene, spero di essere adatta alla situazione>>
Non chiedetemi perché credessi fosse la cosa migliore da dire, come se la risposta più insicura della storia potesse essere la migliore tecnica di approccio. Si, certo. Cristo.
<<Sarai brava, tranquilla. Non esagererò con i particolari, così sarai avvantaggiata>>
<<No!>>
Tutto volevo meno non guadagnarmi tutto con le mie mani, mi sono sudata ogni passo e non avrei smesso ora. Ce l'avrei fatta con le mie forze.
<<Voglio guadagnarmelo e poi... sarebbe ingiusto per gli altri>>
<<E allora? Nella vita non saranno molti ad essere giusti con te>>
<<Quindi se gli altri sono stronzi devo esserla anche io? Non potrei essere meglio di loro?>>
<<Potresti, ma alla fine ne soffriresti solo tu>>
E come dargli torto? È vero. Nella vita chi pensa a se stesso finisce per ottenere più di chi si preoccupa degli altri.
<<Credo che il professore lo noterebbe>>
Provai a cambiare posizione, non volevo imbrogliare.
<<Reciti così male?>>
Il mio sguardo fulmineo lo face rabbrividire.
<<Non ti permettere>>
Rise e si scusò. Ero definitivamente offesa.
<<Allora che ne dici se...>>
Lasciò la frase in sospeso e passò le dita sul lieve accennò di barba sul suo mento.
<<Ci preparassimo assieme?>>
Aggrottai la fronte e lo guardai lasciandogli intendere la mia confusione. Come potremmo preparare un compito come questo insieme senza imbrogliare?
<<Cioè?>>
<<Studiamo insieme la tipa che devi fare così so cosa chiederti senza farti sembrare avvantaggiata anche se la sarai>>
Nel mentre di questo discorso eravamo arrivati all'aula della mia prossima lezione.
<<Sarebbe comunque un'imbroglio>>
<<Vedila come vantaggio, non imbrogli nessuno. Semplicemente mi permetterai di aiutarti, invece di fare tutto da sola come al solito e casualmente sono anche il tuo compagno, ma vedila come un amico che si offre volontario per darti una mano>>
Scossi la testa.
<<Non lo trovo giusto>>
<<Senti, va bene. Sono io che non mi sento sicuro. Preferirei se ci preparassimo insieme. Sei brava, questo lo so, ho bisogno che mi aiuti. Sarò in debito con te>>
Ci pensai un momento, chissà quanto gli era pesato confessarmelo. So cosa vuol dire essere una persona orgogliosa e so bene quanto costi ammettere di avere dei limiti...
<<Va bene, ma non te la renderò facile. Ed il debito è bello grosso.>>
Sorrise sollevato.
<<Alle 3 dal bar, non un minuto dopo>>
Prima che potessi protestare, se ne andò.
Ero avvolta da un grande dubbio, non capivo se avessi fatto veramente una buona scelta o meno. In fin dei conti non lo conosco ed esporsi così tanto perdendo la sua maschera del fighetto tutto duro e forte... non lo so. Qualcosa non tornava.
La seconda lezione era in realtà una noiosissima riunione per organizzare la festa della banda. Mi servivano alcuni crediti extra ed attività come questa erano poco impegnative, giusto il tempo di far presenza ed affidatomi un compito potevo anche sparire.
Tornai in camera nel giro di una mezzora con una banale scusa e trovai Elizabeth sommersa da libri e appunti.
<<Ehi>>
La salutai sorridendo e mi misi alla ricerca di qualcosa di carino nella cassettiera.
<<Oh eccoti!>>
<<Come sta andando?>>
L'unica cosa che trovai furono lunghe gonne a tubino e camicie. Provai ad appoggiarmi una delle gonne guardandomi allo specchio, ma era tremenda.
<<Ben...>>
Mi guardò confusa interrompendosi.
<<Che stai facendo?>>
<<Devo andare a studiare con lui e vorrei essere... carina?>>
Risposi sovrappensiero.
<<Lui?!>>
Cribbio. Proprio quello che non volevo.
<<Hai un ragazzo?>>
<<No! È solo un... amico, credo. Solo che è proprio un bel ragazzo quindi non vorrei imbarazzarlo...>>
<<Non funziona proprio così, ma certo non puoi mettere quella cosa!>>
<<Non ho molto...>>
Sospirai sconfitta ripiegando la gonna e lasciandola nel cassetto.
Aveva sicuramente ragione.
<<Io ho qualche vestito carino, niente di troppo provocante, ma nemmeno... da suora.>>
Indicò l'armadio e all'inizio mi parve una pessima idea, quindi scossi la testa.
<<Insisto>>
Mi ordinò ed aprii le ante lasciandomi meravigliata di fronte alla quantità di vestiti al suo interno, non avrei mai creduto che ne avesse così pochi... forse ero troppo abituata alla mia famiglia. Mi aveva dato un'impressione del tutto diversa...
<<Vedo solo tubini e pezzi di stoffa che presumo tu usi per scoprirti più che coprirti...>>
Osservai con disapprovazione.
Mentre pronunciavo quelle parole mi accorsi di aver riassunto la nostra piú pura differenza. Vederla cosí debole aveva risvegliato la mia tenerezza ed empatia, ma per qualche motivo sentivo di dovermi proteggere da lei, se solo avessi potuto immaginare...
Sbuffò e dopo qualche rapida ricerca mi porse un morbido abito in maglia a collo alto color crema ed una cintura, nulla di eccessivamente elaborato ma alla moda. Subito me lo immaginai con i miei stivali alti e mi venne da sorridere. Forse ero io a rendere tutto cosí complicato...
<<Ti piace?>>
Annuii semplicemente.
<<Grazie>>
Preso l'abito mi spogliai restando in intimo.
<<Sicura che sia solo un bel ragazzo?>>
Chiese in tono malizioso. Risi pensando al fatto che non sapevo nemmeno io cosa rispondere.
<<Beh, per ora non è altro>>
<<Capisco>>
Ridacchiammo e concordammo una breve playlist come sottofondo.
Cantammo a squarciagola usando come microfoni delle spazzole e devo ammetterlo, non mi divertivo spesso, forse mi avrebbe fatto bene iniziare a farlo.
Alle prese tra una stonatura ed una mossa di danza, mi truccai.
Dal nulla la porta si aprí e Christian entrò con disinvoltura, mentre la mia attenzione era attirata dalla musica a tutto volume.
<<Cosa ci fai qui?>>
Fu la mia coinquilina ad accoglierlo mentre perdevo lentamente la voce. Pensare che mi stavo proprio chiedendo come gli avrei spiegato il filo di voce all'appuntamento.
Va bene, non era quel tipo di appuntamento, ma quello era alla fine o no?
<<Ehm...>>
Mi fece tacere con un forte colpo di tosse.
Non saprei nemmeno immaginare il colore del mio viso imbarazzato in quel momento.
<<Cosa ci fai qui?>>
Inconsapevole ripetei la domanda.
<<Volevo vedere come sta Elizabeth>>
Ridacchiava divertito mentre recuperavo qualcosa con cui coprirmi da sotto il cuscino. La maglia del pigiama copriva il necessario, mi bastò restare seduta e la missione era compiuta.
<<Mi sento meglio... ora sono concentrata sugli esami>>
Rispose lei perdendo la nota di felicità che aveva mentre cantavamo.
<<Mi spiace per ieri, sarei dovuto starmene per gli affari miei.>>
Sospirò lui.
<<Non è colpa tua>>
<<Potevamo restare alla festa, ti ho portato al parco perché pensavo ti avrebbe fatto bene prendere un po' d'aria>>
<<Lui non mi ha voluta ascoltare, non potevi farci nulla. Volevi solo essere gentile...>>
<<Mi spiace comunque.>>
Nella mia mente si stavano costruendo dei collegamenti, ma...
<<Tranquillo>>
No... non era lui che... non... non può e non deve. No. No. No.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top