XXII

Zero ritornò in sé e in mano aveva una lanterna. Era in bilico su uno sgabello e stava cercando di appendere il lume di carta su una delle corde che sorvolava la nuova Lega. Attorno a lui, altre centinaia di lanterne grige penzolavano e i ragazzi stavano accendendo le candele al loro interno.

Si domandò che diamine stesse facendo, fino a quando Petri gli diede un pizzicotto sulla gamba e lo spronò a darsi una mossa. Ai suoi piedi c'erano ancora due ceste intere di lanterne di carta da montare e appendere. Si sentì frastornato, come se si stesse lentamente svegliando da un sogno troppo reale e avesse scoperto di poter controllare il proprio corpo. Gli tremavano le gambe, quasi la fatica di quella persona nella sua allucinazione si fosse mescolata alla sua e aveva il cuore che batteva furioso.

Era la prima volta che quei sogni lo puntellavano da sveglio, quando il sole era ancora alto. Era un cattivo presagio e l'ansia lo tornò ad invadere, convinto che stesse per accadere qualcosa di brutto molto presto. Lance era stato condotto sull'isola tramite un sogno premonitore ed era scoppiata una guerra per la sopravvivenza. Zero non ne voleva un'altra; il suo istinto era in costante allerta.

«Ehi, tutto bene?» gli domandò Petri. «Sei sbiancato all'improvviso.»

Lo aiutò a scendere dallo sgabello e si assicurò che si reggesse in piedi da solo. Gli tremavano le dita delle mani e aveva un'espressione tirata, per il beta fu chiaro che fosse accaduto qualcosa. Ebbe l'impressione che parlarne lo avrebbe teso maggiormente, perciò si limitò a dargli alcune bacche e spedirlo a casa per il resto della serata.

Zero lo ringraziò sottovoce e deambulò via dalla Lega, seguito dallo sguardo attento di Bjørn. Erano passate due settimane dall'assemblea reale e il cucciolo aveva rigato dritto. Niente litigi. Niente fughe. Niente proteste. Era il miglior modo per scusarsi con suo padre e tentare di riacquistare un po' di fiducia persa. Ci avrebbe messo molto tempo a farlo, ovunque andasse era scortato da un Licantropo e, malgrado non lo avessero mai confermato, un Vampiro o due. Era stato Lance ad imporlo.

Tornò a casa mogio e con ancora quella sensazione addosso. Di solito era abituato ad avvertire il collegamento spezzarsi nel momento in cui si svegliava, in quella situazione era come avere addosso una seconda pelle, un velo appiccicoso che lo faceva sentire pesante e sporco.

Mise insieme i pezzi, o quel che ricordava. D'va Grammell in quei frammenti era ancora in piedi ed era un luogo di culto, una cattedrale alla luna, l'entità suprema per gli arcadiani. In qualsiasi storia o dipinto, della cittadella perduta erano raffigurate solo macerie senza vita e nessuno sapeva cosa ci fosse prima. Quello che aveva visto era opposto, era un altro popolo, un'altra Arcadia e c'era una guerra. Una guerra vera.

Ricordava bene il volto dei quattro ragazzi. I guardiani.

Flamel. Arya. Terra. Aqua.

Erano esistiti e in qualche modo si sentiva unito a loro, glielo suggeriva il cuore. Era come se avesse dei deja-vu costanti e dovesse ricordarsi di cose oramai perdute nel tempo. Più ci pensava però e più quelle visioni diventavano confuse. La chiave, ne era certo, stava nel ragazzo attraverso il quale riusciva a vedere. Doveva scoprire chi fosse.

A casa trovò i suoi genitori in cucina, Chloe stava tagliando la barba a suo padre e aveva la fronte aggrottata, la lama affilata sul collo del compagno. Le sarebbe bastato un gesto distratto per tagliargli la carotide. I Vampiri erano coriacei. Suo padre era sopravvissuto persino con la testa mozzata.

«Che ci fai già qui, non dovevi dare una mano agli altri alla Lega?» lo interrogò Joseph. «Che hai combinato?»

«Nulla» bofonchiò. «Mi è venuto un giramento alla testa improvviso e Petri mi ha mandato a casa.»

Chloe posò il rasoio e gli vennero vicino, toccandogli le guance e la fronte. Era complicato capire se Zero fosse malato o meno, i malanni gli scivolavano addosso e la sua temperatura interna era più alta del normale. Joseph notò al volo gli occhi stanchi del figlio e la sua stanchezza emotiva.

Gli fece una carezza sulla schiena e lo spinse verso la sua stanza, un modo gentile per dirgli di riposare prima della festa della luna. Era una festa sacra che si svolgeva ogni mese e per quella notte Arcadia si trasformava in circolo di luci, danze, canti e liquore. Liquore a volontà. Alba adorava quella ricorrenza e attendeva la luna piena con maggiore eccitazione di un'orgia a mezzanotte in mare; per il principe quella notte era il momento in cui umani e divinità potevano toccarsi e ricordarsi dell'altro. Il plenilunio era lo stadio migliore per utilizzare la magia e Alba adorava dare sfoggio delle sue qualità magiche.

Tenne a sé le ultime briciole di quel sogno distante, dell'essere con il pelo nero che assomigliava ad un lycan. Quelle creature erano temute e odiate, cacciavano in branco e il territorio nero era rimasto intoccato per secoli. Chiunque mettesse piede in quella foresta era destinato alla morte, Bjørn stesso li evitava e la gente al confine ci restava lontana.

I lycan, si diceva, erano ciò che rimaneva di un Licantropo dopo la furia suprema, il berserker. Ne aveva visti tanti arrabbiarsi e mai nessuno diventare una bestia simile.

A conti fatti, si domandò, da dove venivano i lycan?

Ebbe a malapena il tempo per chiudere gli occhi, Chloe era in fermento per la tradizione mensile e correva su e giù per la casa, dallo specchio al bagno per sistemarsi le sopracciglia. Zero e Joseph la osservavano spenti, a nessuno dei due andava di passare la serata all'aria aperta, fingendo sorrisi di cortesia o altre formalità simili. Il cucciolo fu il primo a muoversi e Joe dovette imitarlo, iniziando a vestirsi.

Si dipinsero sul volto rune antiche, simboli propiziatori di vario genere. Zero volle usare le rune per la buona sorte, ultimamente era stato troppo sfortunato e distratto; con un pennello si sparse la cenere sulla fronte e le guance, mentre Chloe gli inseriva tra i capelli ninnoli di legno e gli stringeva le treccine.

Zero aveva la testa altrove, pensava a Ru, al mondo reale e a centinaia di altre cose, soprattutto che non volesse uscire di casa. Per lui fu una cosa nuova. Adorava la vita all'aria aperta. Festeggiare era l'ultima cosa sulla sua lista, ma la festa della luna era troppo importante e dovevano dare una parvenza di normalità, il re lo richiedeva.

Gli abiti per l'occasioni erano simili, tradizionali, d'argento e bianchi. Le donne erano magnifiche in quelle vesti divine, avevano gonne lisce, scolli abbondanti e gioielli di legno e metallo grigio che mettevano in risalto la loro femminilità. Gli uomini, per la maggior parte in quella stagione, avevano solo i pantaloni tipici, gonfi fino al ginocchio e poi stretti da lacci dal polpaccio alla caviglia. Le loro cinture e collane erano fatte d'ossa.

Sua madre era un incanto con quel vestito argento che le lasciava la schiena nuda e Joseph non poté resistere, le spostò i capelli e le diede dei baci sul collo, lunghi e languidi e lei emise dei risolini contenti.

«Disgustoso» decretò Zero. «Dovete farlo per forza davanti a me? È strano.»

«Amore, sono dimostrazioni di affetto. È naturale» rispose lei in un cinguettio.

Una punta di nervosismo lo colse. I lupi adoravano il contatto fisico e lui necessitava quello di Ru. La sua assenza lo distruggeva, lo faceva sentire vuoto, come se il mondo fosse senza senso.

Uscirono al calar della sera, quando le lanterne erano già accese e il falò era alto. Le fiaccole illuminavano la Grande montagna da est a ovest e ovunque si potevano scorgere fuochi o piccole cerimonie private. Le capitali erano in festa e si levavano profondi joik dal cuore delle foreste, sotto la luna piena. I Licantropi scalarono la montagna e persino i Vampiri vennero ad assistere, strizzandogli gli occhi davanti alle fiamme.

Il campo era avvolto di lanterne colorate e botti di idromele da cui straripava il liquido ambrato. I ragazzi facevano a gara, appigliandosi con i piedi in aria e mandando giù galloni interi. Le donne ballavano a cerchi, agitavano le braccia e facevano tintinnare i bracciali, i musicisti percuotevano i tamburi, corni, lur e dulcimer.

Elsa ballava con altre donne e Viggo batteva le mani, saltando energico. Chloe si staccò e andò dai suoi vecchi amici, ridendo forte. Joseph restò in disparte, ignorando gli sguardi cinici degli altri Vampiri. Nei loro occhi vide la diffidenza di un Vampiro in abiti da lupo.

«Forse dovremmo andarcene» commentò Zero a disagio.

«No» negò. «Gli daresti una soddisfazione. Resta e tieni lo sguardo alto, nessun turbamento visibile. A tua madre servono queste cose, quindi sii buono e lasciale godere almeno questa serata. Di quegli imbecilli non me ne importa.»

«Quindi staremo qui a farci prendere in giro?»

«Già.»

«Bello schifo, pa'.»

«Benvenuto nel mondo degli adulti.»

Si guardò in giro. Di Lance non c'era alcuna traccia, mentre Alba era circondato da ragazze che lo stavano agghindando a dovere, infilandogli gioielli tra i ciuffi rossi e disegnandogli simboli sul petto nudo e la schiena. Stavano usando una brillante polvere azzurra che gli rendeva il corpo oleoso e sfavillante, il cristallo gli vibrava attaccato alla pelle, attratto dalla vicinanza con la luna.

Chloe ballava con Elsa e altre donne, seguivano la danza tradizionale e ondeggiavano sotto le fiamme del grande falò, chiedendo alla solenne Diana di benedirle. Gli uomini erano a parte, le ammiravano languidi e persino i Vampiri avevano posato gli occhi su alcune lupe dall'aria appetitosa. Joseph teneva d'occhio la sua amata, squadrando chiunque osasse avvicinarla.

«Come funziona questa cosa?» domandò Zero, indicando il cerchio di musica.

Joe le indicò con il mento. «Le femmine ballano in onore della dea lunare, si uniscono a lei nel canto e offrono il loro corpo. Gli uomini aspettano e si fanno scegliere. In parole povere fanno questo, è una pesca.»

Qualcuno lo spintonò e dovette spostarsi per non venire travolto da un grosso lupo marrone che aveva in groppa una donna ubriaca. Lei gli stava accarezzando le orecchie e gli sussurrava cose proibite.

Zero avvampò. «E dopo ci danno dentro» specificò e suo padre gli sfoderò un'occhiata senza mezzi termini. «Scusa.»

Sospirò divertito. «No, è vero. È la notte sacra per i Licantropi, i cuccioli concepiti sotto questa luna sono benedetti. Molti branchi basano l'accoppiamento su queste notti.»

Zero rifletté sulla sua nascita. Era nato nel mondo umano a metà mattinata proprio come un qualsiasi bambino umano, non aveva temuto il sole né aveva cercato la luna. Le dee gli avevano dato un calcio nel sedere per sbarazzarsene in fretta.

La musica si fece più forte e la gente urlava: «Ros til den hvite ulven, moren, moren!» e le donne circondarono Chloe, spingendola sulle loro spalle. Dicevano "sia lode alla lupa bianca, la madre" e lei alzava le mani, fingendo di essere una diva e lanciava baci.

«Dovremmo tirarla giù?» ipotizzò Zero indicandola.

Joe fece spallucce. «Finché non è al quarto boccale di idromele direi di no. Sembra divertirsi parecchio.»

Gli unici estranei alla festa erano loro due e in quel frangente parvero padre e figlio più che mai, taciturni e mogi, con espressioni annoiate e stanche. La cenere aveva iniziato a prudergli e si era mescolata al sudore, colandogli sul mento e sotto il naso.

Fece del suo meglio per imitare suo padre, fissare la folla, fare qualche sorriso ogni tanto e fingere che fosse tutto a posto. Zero vedeva le ragazze saltellare fuori dal cerchio, adocchiare la loro preda e saltellare verso i giovani che attendevano sprezzanti. A lui non importava nulla di queste cose, pensava solo che voleva essere con Ru da un'altra parte.

«So a cosa pensi» iniziò Joseph in imbarazzo.

«Davvero? Oh» esclamò in scherno. «Questo è uno di quei momenti padre-figlio dove l'adulto scopre che è un idiota e chiede perdono per...» Il Vampiro lo incenerì con uno sguardo. «Suppongo di no.»

«Un giorno capirai che quello che stiamo facendo è tutto per te, per farti avere una vita tranquilla e degna di essere vissuta» spiegò.

«Non mi interessa una vita tranquilla e degna. Sono capace di farmela da solo e anche se ne avrò una ricoperta di merda e corta, be', l'avrò fatta io. Tu saresti rimasto in Inghilterra se la tua famiglia ti avesse costretto?»

La risposta gli venne spontanea. Joseph se n'era andato per bisogno, a lungo le catene di Arthur McKingsley gli avevano impedito di camminare in autonomia. Avrebbe scelto Chloe in ogni universo e tempo. Il suo posto era al suo fianco. Umano, Vampiro o Licantropo non avrebbe mai fatto differenza.

«Sono circostanze diverse. Io non facevo parte di una tregua, anzi, Lance ha quasi rischiato di far scoppiare una guerra quando mi ha trasformato. Ero sotto la tutela reale, mordermi è stato un azzardo e se fossi morto... Nessuno di noi sarebbe qui» decretò serio. «Ogni scelta ha una causa, mi preme fartelo capire.»

«L'ho capito, non serve che...»

«Tu non capisci mai niente» lo zittì e Zero fece una smorfia, arrendendosi all'idea di doversi sorbire un'altra ramanzina senza occasione di fuga. «Sei come tua madre. Annuisci. Sorridi. E poi fai di testa tua. Siete testardi. Dovrebbero mettere la curiosità come vizio capitale. Come sta andando la tua punizione?»

Si grattò la testa. Gli avevano impedito di svolgere qualsiasi attività fuori dalla Lega e ovunque era accompagnato, scortato quanto un criminale. Aveva trascorso splendide giornate estive chiuso dentro le capanne a pulire le verdure e a spazzare. Bjørn aveva ordinato persino ai cuccioli di rimanergli incollati addosso e, ogni qualvolta provava ad allontanarsi di nascosto, i bambini strillavano forte.

Zero non volle rispondere. «Quando finirà?» si lagnò. «Ho capito la lezione, lo giuro. Non userò mai più un cristallo e non andrò a spasso tra gli umani. Volevo solo dare una sbirciatina, pa', puoi credermi. Vedere dove sei cresciuto.»

Joe ebbe un brivido e ricordò la Royal Oxford Academy, i suoi amici che aveva scordato. Le loro facce erano leggermente sbiadite dagli anni, ricordava bene solo David, Clarisse e Nicholas.

«L'Inghilterra è un posto pericoloso per quelli come noi. C'è l'Esercito dell'ordine demoniaco e i Cacciatori. So che hai molte domande sulla mia famiglia, del fatto che sei imparentato con dei...»

Voleva usare la parola "assassini" e non ci riuscì. Ripensare alla sua famiglia gli ricordò quanto fosse stato vicino a perdere suo figlio per una stupidaggine. Aveva visto con i suoi occhi le crudeltà che erano in grado di fare gli esseri umani ed era intenzionato a stare alla larga da quei mostri.

«Credimi, è meglio così» terminò.

«Se lo dici tu» fece eco spiritoso.

«Ros den hvite ulven!» cantò la gente in coro. Einar sollevò il bicchiere. «Ros til de siste sjeferne!»

I Vampiri si mossero nervosi, compreso Joseph e il cucciolo alzò un sopracciglio scuro. «Che stanno dicendo?»

«Lode agli ultimi campioni» tradusse Joseph guardingo. «La Lega è caduta con la venuta di Lance, i campioni all'epoca sono stati sconfitti, ma per loro sono rimasti tali e saranno leggende nei tempi a venire. Noi saremo le ombre di quegli eroi. I cattivi.»

Zero si sentì male per suo padre, dopotutto era lui il primo segugio di Lancer, il Vampiro nero che aveva trasportato ad Arcadia quella nebbia maledetta. Quel genere di morte non si dimenticava in fretta.

«E così mamma ti ha scelto durante una di queste notti?» chiese Zero per distrarlo.

Joe arrossì. La prima volta che era stato ad Arcadia dei lycan lo avevano quasi fatto a pezzi ed era stato il momento in cui aveva scoperto che Chloe fosse diversa, meno umana. Ogni certezza che aveva era crollata e, durante le danze folkloristiche, l'aveva baciata. Era stato il gesto migliore che avesse mai fatto.

«Sì» rispose Joe per semplificare. «Qualcosa di simile.»

Era una mezza verità e si rese conto che ne sapesse pochissimo di suo padre prima della sua trasformazione in Vampiro, secondo il suo parere la sua vita per diciannove anni era stata comune e monotona. Le uniche cose che sapeva gliele aveva dette Chloe, del fatto che fosse nato e cresciuto a Wolverhampton, che fosse stato un ragazzo arrogante e viziato e che sarebbe stato una promessa calcistica.

Joseph aveva rinunciato ad ogni cosa per loro.

«D'va Grammell è lontano da qui?» tagliò corto e il Vampiro si risvegliò, smettendo di guardare Chloe con aria territoriale.

«Perché me lo chiedi?» domandò stupito. «Non c'è niente là, solo macerie e buche profonde. È un luogo vietato, stai alla larga da quel posto. Mi hai sentito bene? Il re ha vietato che la gente vada a ficcanasare in giro, è un luogo sacro.»

Voleva dirgli della sua visione, del fatto che D'va Grammell fosse la porta per un qualcosa di ben più grande, un "tesoro" sepolto. Desiderava sapere cosa fosse, se i nemici dei suoi sogni lo avessero trovato o se fosse ancora là, disperso da qualche parte.

«Ma D'va Grammell non è sempre stata così, vero? Era un tempio o qualcosa di simile» insisté. «A chi posso chiedere...»

«A nessuno» tuonò Joseph, assalito dai rimorsi.

Per troppo tempo Ru aveva marciato sul fatto che ad Arcadia fosse accaduto qualcosa di spiacevole legato a quel posto, nessuno sapeva cosa fosse chiaramente successo in quei luoghi o quando fosse avvenuto. Quel che ne sapeva Joe era che suo figlio stesse ficcando il naso nelle stesse faccende di Ru e lo avrebbero condotto ad un doloroso risultato.

«È storia vecchia. Noiosa» rettificò.

«Vecchia come te o...»

«Vecchia e basta. Era un tempio per la dea Diana, sorto nel punto più alto della Grande montagna. Una tempesta l'avrà fatto crollare, il terreno è molto cedevole in quelle zone. Come mai questo interesse improvviso?»

Zero non ne sapeva niente di cristalli, alpha morti e Cacciatori. Si limitò a guardare suo padre, fare una faccia pensosa e poi scrollare le spalle. Era distratto dal joik, dagli ululati dei lupi e dai Vampiri con numerosi bicchieri di idromele in mano, intenti a spassarsela. Adocchiò Lance, indossava una bella camicia viola e lucidi pantaloni neri, parlava ad Alba con lo stesso modo in cui Joseph insegnava: scocciato e desideroso di poter dare degli schiaffoni. Il principe gli passò uno dei pennelli con cui lo stavano dipingendo d'argento e Lance roteò gli occhi.

Joe rimirò la scena e il filo che lo legava al suo creatore lo spinse in avanti, volendo assicurarsi che fosse tutto in ordine. Zero sperò lo facesse, invece rimase al suo posto.

«Credo che ad Alba serva aiuto» giudicò Zero mentre il principe alzava la voce e mandò al diavolo il Vampiro nero, voltandogli le spalle. Lance rimase di stucco, poi se ne andò collerico. «Oh, ora anche allo zio serve. Io mi prendo il principe!» strepitò.

«Fermo qui!» lo ammonì, afferrandolo per il collo. «Sono adulti, lasciali in pace.»

«Alba ha smesso di invecchiare a ventitré anni, io lo farò tra poco. Anche io sono un adulto.»

Joseph alzò un angolo del labbro in una involontaria smorfia di divertimento, facendo intravedere i canini sporgenti. Senza volerlo, il cucciolo fece un passo indietro e il Vampiro chiuse le labbra, maledicendosi. Zero si tastò i suoi con la punta della lingua e si perse a osservare gli altri Vampiri. Avrebbe preferito la morte anziché una vita senza la luce del sole.

Ru comparì nella sua traiettoria visiva e subito il suo cuore pulsò di gioia, lo stomaco in subbuglio. Il falò gli gettava ombre sul viso e lo rendevano pericolosamente irresistibile, i suoi capelli gli cadevano vispi a lato della testa. Alzò la mano in un timido gesto e Zero fece due passi.

«No» ansimò Joseph, prendendolo per un braccio.

Guardò Ru e la sua fronte si corrugò di dispiacere. Pensò a troppe cose in quel momento, che non volesse che Zero diventasse un escluso a causa dell'alpha nero, che gli altri Vampiri si sentissero in dovere di prenderlo in giro. Suo figlio meritava di restare al Grande palazzo, di diventare generale e di ottenere quello che voleva.

Zero si agitò.

«Per favore. Non posso proteggerti se vai da lui» lo supplicò.

«Non devi farlo» rispose. «Papà, mollami il braccio.»

«Non Ru.» Zero alzò gli occhi al cielo. «Lui è crudele, egoista. Non sai le cose che ha fatto.»

«Crudele come un Vampiro che uccide persone innocenti? Sono cresciuto per queste storie» si animò e riuscì a liberarsi. «Tu hai scelto la tua strada, ora tocca a me.»

Zero fece un passo indietro e suo padre rimase immobile, dopodiché piano, ne fece un altro. Si voltò e trotterellò verso Ru, il quale fece un enorme sorriso. Altri Vampiri avevano assistito alla discussione e si domandarono se fosse il caso di intervenire, quanto meno andare dal compagno e toccarlo, assicurandosi fosse vivo.

Vedendolo andare via contento, a Joseph venne in mente il momento in cui era uscito per sempre dalla vita dei suoi genitori senza fare più ritorno. Aveva il cuore spezzato e doveva averlo avuto persino suo padre, quel despota che per anni aveva creduto di detestare alla follia. Per quanto Zero avesse fatto una sciocchezza sarebbe sempre rimasto al suo posto, ad attenderlo a braccia aperte quando sarebbe tornato.

Chloe si staccò dal gruppo di donne e andò da lui, strofinandogli le mani sul petto. Avvertì l'odore di malinconia e gli diede un bacio sulle labbra per conforto.

«Non sarebbe rimasto un bambino per sempre» affermò Chloe.

«E quindi lo lasciamo andare così? Ru potrebbe fargli male.»

«Fargli male!» ripeté lei ironica.

«Tu hai avuto sempre un astio per lui, eppure quando si trattava di Zero lo trattavi come un membro della famiglia. Sai qualcosa che io non so. Sputa il rospo» la invitò sprezzante. «Sei una frana a mantenere i segreti, quindi o è una cosa talmente grossa che non vuoi dirla oppure qualcuno ti ha detto di farti gli affari tuoi. Scommetto che è stato Lance.»

Chloe deglutì. Era un pessimo momento per parlargli dell'imprinting e del fatto che glielo avesse tenuto nascosto per sette anni, dalla nascita di suo figlio. La verità era che Zero era da sempre appartenuto a Ru, erano le leggi naturali a stabilirlo e a Joseph non sarebbe stato affatto bene.

«Sei geloso di Ru?» esclamò Chloe. «Non gli farà mai del male.»

«Come lo sai?»

«Istinto di madre. È l'unica persona a cui tiene oltre se stesso. Il mio sangue canta per te. Zero è l'unica cosa che lo tiene in vita. Si ucciderà senza di lui» rispose preoccupata.

Ru aveva dato problemi a tutti, ad Alba, alla corona reale, al popolo e, soprattutto, a Chloe. I membri della famiglia Larsen avevano tutti qualche rotella fuori posto, a partire dalla furia omicida. Dylan, il quale stava bevendo al contrario da una delle botti, era l'unico esente. Il motivo era che fosse un bastardo ben voluto, un bambino fortunato.

«Forse è un bene se si ammazzasse» ringhiò Joseph.

Chloe si alzò sulle punte e iniziò a baciargli il collo e il mento. «Hai intenzione di parlare ancora molto di lui? Io inizio ad essere gelosa. È la notte di noi lupe» brontolò.

Il Vampiro le mise una mano tra i capelli e glieli afferrò con foga, tirandola a sé. «So cosa vuoi. Faresti meglio ad abbaiare più forte, cagnolina.»

Chloe ansimò eccitata e si morse forte il labbro. Inclinò il capo e lasciò che Joseph la baciasse con ardore, senza alcun tipo di imbarazzo, in mezzo alla folla urlante. La loro unione fu sancita da urla, gli sciamani alzarono le braccia e danzarono, recitando versi nell'antica lingua dell'isola.

Chloe mugugnò, soffocata dalla foga con cui la stava baciando e afferrando; aveva la sua lingua in gola e la stava soffocando senza lasciarle scampo. Le piaceva la sensazione di essere in trappola, di essere la sua preda preferita. Le fece scivolare le mani sul collo e glielo inclinò, spingendoselo sotto il naso.

«Il tuo vestito è in mezzo» ringhiò con la mascella pulsante.

«Toglimelo» propose. Intorno a loro alcuni lupi si stavano accoppiando in maniera selvaggia, dando uno spettacolo pubblico. Si levavano gemiti e grida di piacere, con seni bagnati e peni in erezione. «Anche qui. Fa' vedere che sono tua.»

«E lasciare che quelle bestie posino gli occhi su di te, desiderando quello che è mio? Preferirei morire» sibilò duro. Chloe gli sfiorò la cintura dei pantaloni, udendolo emettere un suono rauco. «Mi sta venendo una gran fame» ammise.

Zero saltò una coppia che aveva deciso di accoppiarsi a terra e fece del suo meglio per evitare di ridere come un ebete. In quella notte era permessa ogni cosa, la dea Diana benediceva ogni frutto d'amore in suo onore, e gli pareva incredibile che a corte lo avessero sgridato a morte per aver fatto sesso nei boschi, in privato, mentre numerosi Licantropi lo stessero facendo alla mercé pubblica.

Si infilò tra le danzatrici e i musicisti, puntando dritto su Ru, il quale era già pronto a toccarlo. Finn si infilò in mezzo e il cucciolo emise un trillo sorpreso. Il ragazzo aveva pantaloni bianchi e tra i capelli biondicci degli artigli, simili a rami appuntiti.

«Scusa» disse Finn d'un fiato. «Io... Ho saputo quello che è successo al castello del re. Gli altri alla Lega dicono che ti sei addossato la colpa, che hai usato il cristallo dell'alpha nero e sei andato via da solo. Perché ci hai protetti?»

Zero non aveva alcuna risposta sensata. Ancora detestava quei ragazzi arroganti e i loro atteggiamenti, tuttavia aveva pensato che fosse meglio affondare da solo. Lui era abituato a dare delusioni, sia ai suoi genitori sia al popolo intero. Finn no.

«Avevamo fatto un accordo. Tenere la bocca chiusa se qualcosa fosse andato storto. Credimi, è stato meglio così» soffiò. «Mi sono beccato una bella punizione a vita, ma la storia è finita qui. Hanno voluto chiudere in fretta la faccenda per paura che la cosa trapelasse. È un bel problema se la gente pensasse che non possono più controllarmi. A te hanno dato problemi?»

Finn si imbambolò. «Ecco... È arrivato Lancer. Era da solo e mi ha domandato che sapessi qualcosa su questa storia. Siamo scomparsi nello stesso momento e credo abbia avuto dei dubbi. Gli ho detto di no, però non credo se la sia bevuta.»

Era normale. Lance fiutava le bugie.

«A me non ha detto altro» lo liquidò Zero. «Se ti avesse voluto morto lo saresti stato. Puoi goderti la festa della luna in pace, Finn.»

«Grazie.» Stava per lasciarlo andare. «Un'ultima cosa. Dicono che ti sei fatto Ru. È vero? Insomma, mi stavo domandando...»

«Tu non sei il mio tipo» semplificò e Finn abbrustolì. «Mi piacciono i bruni, quelli con manie omicida e un bel cazzo. Altro da dirmi?»

Finn trattenne un risolino. «Ci vediamo alla Lega.»

Tirò un sospiro e andò da Ru, il quale gli afferrò le braccia e lo tirò a sé. Lo avvolse in un abbraccio e spinse il naso contro la testa del cucciolo. Profumava di fiori, di latte al cacao e altre mille cose buone. Gli era stato troppo lontano.

«È tutto okay?» chiese Zero preoccupato. «Non ti sei fatto più vivo.»

I suoi occhi palesarono la delusione che aveva provato. Numerose volte era andato a dormire con gli occhi gonfi di lacrime, pensando al fatto di non essere stato nulla per lui, oltre che una banale serata di giochi. Aveva avuto il terrore che ciò che gli avessero raccontato su Ru fosse reale.

Ru abbassò le spalle. «Avrei voluto venire, ma me lo impedivano» mormorò afflitto. «Gwyn e Lance mi hanno interrogato per ore, secondo me sapevano che non avessi usato il mio cristallo e che te lo avrei impedito. Volevano che dicessi la verità e sono stato zitto. Gwyn era furioso, diceva che fosse un oltraggio e che dovevo andarmene. La situazione si è scaldata in fretta, mio fratello ha preteso aiutassi con le squadre lungo i confini e battessi di ronda. Stava per mettermi in catene.»

«E ora sei libero?»

«Più o meno. È comunque arrabbiato» rispose, accarezzandogli le spalle. «Sono qui solo perché doveva parlare con il principe carota. Oh, a quanto pare ha di meglio da fare.»

Una ragazza si appese al collo di Alba e lui, senza pensarci, le diede un bacio. Nessuno li guardò, eppure i Vampiri drizzarono le schiene e parlottarono nervosi. Lance si rifiutava di guardarlo.

«E tu cos'hai da fare?» chiese Zero, avvicinandosi di più.

Si premette su di lui e Ru si scaldò, tendendo i muscoli del corpo. Il suo desiderio naturale lo stava spingendo ad afferrarlo con foga, spingerlo a terra e possederlo come un animale. Voleva marchiarlo da cima a fondo, far penetrare il suo odore fino alle viscere e lasciarlo là per sempre. Il pensiero di farlo lo eccitò da morire.

Zero gli sfiorò le labbra e Ru fece un ghigno malizioso. «C'è tuo padre nei paraggi. Forse dovremmo trattenerci. Se mi staccasse la testa poi come faresti a baciarmi? Wow. Ci stanno guardando tutti, sono davvero così fico?»

Ru era l'unico Licantropo nell'intera Lega ad essere vestito da forestiero, con una delle sue t-shirt scure e jeans strappati fino al ginocchio. Persino Joseph aveva fatto un enorme atto di coraggio a prendere le vesti dell'altra fazione. Ru agiva per i fatti suoi, non gli erano mai interessate le tradizioni e i comportamenti sociali. Se qualcuno avesse tentato di ammazzarlo – ed erano già successi eventi simili – la festa della luna si sarebbe dimostrata un successo.

Zero ignorò la folla. «Voglio essere io il tuo imprinting» esalò deciso e Ru spalancò gli occhi. «Non mi interessa se non l'hai avuto o lo avrai. Io desidero stare con te e potrei morire domani o tu venire buttato fuori da Arcadia a calci, le cose rimarrebbero uguali. Potrei non trovare le parole giuste per dirtelo e ti giuro che le cercherò per il resto della mia vita se mi starai vicino. Penso... di amarti.»

Ru gli sorrise, accarezzandogli le orecchie. «Sei sempre stato tu. Sei tu che mi fai sentire meno perso, altrimenti per chi credi che sarei rimasto? Siamo noi due.»

«Noi due contro il mondo» finì Zero, dandogli un bacio.

I tamburi suonarono con più intensità e le danze si fecero incalzanti, ricchi di salti, spinte e risate. Alba era al centro del grande cerchio, roteava il suo bastone runico sopra la testa e cantava a squarciagola, le ragazze erano ai suoi piedi e inneggiavano con lui ad ogni strofa. Le fiamme delle torce e del falò sprizzavano scintille incandescenti, alcune roteavano sui capelli del principe e tra le sue dita.

Cantava: «Jeg synger og danser for månen, hun vil holde kronen min. Og under stjernehimmelen jeg gir deg livet mitt» che significava "canto e ballo per la luna, lei terrà la mia corona. Sotto il cielo di stelle le dono la mia vita", ripetuta. La sua bellissima voce era ipnotica, i Vampiri erano assuefatti a quello spettacolo viscerale. I suoi occhi erano spinti indietro, bianchi, mentre si donava completamente alla dea, rilasciandole la sua magia. Gli baciavano i piedi, chiamandolo "sønn av solen."

Il profumo di alcol, cenere e sesso gli annebbiò il cervello e perse il controllo. Il filo logico dei pensieri del cucciolo si strappò e venne sostituito da scariche veloci di luci e immagini. Gli mancò il fiato e si strofinò le dita sulla gola, temendo di essere soffocato da qualcuno. Sbatteva gli occhi e vedeva davanti a sé la terra bruciare, le sue mani sporche di sangue.

«Che cosa hai fatto?» gridò l'eroe nella sua visione, i suoi amici morti ai suoi piedi.

Ragnarr traballò. «Ti ho maledetto, figlio del nulla!»

«Tieni le stelle separate!»

Zero tornò in sé e Ru gli posò una mano sulla schiena, aiutandolo a sorreggersi. Gli stava parlando di qualcosa e non riusciva a focalizzarsi sul presente. La visione lo stava afferrando, costringendolo a incagliarsi.

«Tieni le stelle separate!» lo avvertirono quattro voci all'unisono. «Le porte devono rimanere chiuse! Non lasciare che torni di nuovo!»

«Zero!» esclamò Ru allarmato. «Rimani con me!»

Sapeva come fossero le voci di Flamel, Terra, Aqua e Arya. Erano nella sua testa come se le avesse sentite un milione di volte. Erano loro a parlare.

«Devo andare... via» sussurrò debole. «Devo andare a casa.»

I tamburi cessarono e Alba fece un profondo inchino a suo padre, lasciandogli lo spazio. Il re gongolò e lasciò la mano della moglie, anch'essa adornata di gioielli di metallo e una lunghissima veste argentea. La corona le sfavillava tra i riccioli chiari e le donne chinarono la testa al suo cospetto, venerandola.

Alba uscì dal cerchio e si posizionò tra Dylan e Bjørn. L'espressione di Lance era tesa e cupa. Qualsiasi cosa si erano detti, il principe aveva tutta l'intenzione di ignorare il Vampiro.

Il re si sistemò il mantello bianco sulla schiena, alzò la mano con fare benevolo e osservò il popolo davanti a sé. Per un singolo secondo persino Zero si sentì tranquillo, l'isola era tranquilla nei suoi festeggiamenti, i cuori erano gonfi di pace e divertimento.

«Ulvekonge!» strepitò la gente. Re lupo.

«Ebbene eccovi qui, figli e figlie, in questa notte propiziatoria» iniziò il re soave. «Siamo riuniti sotto le sacre stelle e la luna ci guarda. Diana accoglie i nostri doni e Gea ce li tornerà con acque pulite, campi fertili e nuovi cuccioli. È questo il nostro mondo, per questo abbiamo combattuto e combatteremo. Tempi bui sono giunti in una notte come questa, tuttavia abbiamo ottenuto nuovi alleati. Altri da chiamare compagni nel nostro branco.»

I Vampiri fischiarono, battendo le mani e i Licantropi risero.

«Condividiamo la terra e il sangue, affinché la nostra stirpe possa...»

Le parole del re si bloccarono e un fischio acuto ferì l'aria. Ci furono dei mormorii confusi e l'uomo rimase immobile. Alba fece un passo avanti e Gwyn ritirò la frusta, pulendola dal sangue sulle minuscole lame d'argento su di essa.

«Padre...» chiamò Alba con un filo di voce.

La testa del re Gael rotolò a terra.

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