XVI
(Alastor)
Continuò a camminare, evitando i numerosi attori travestiti che incrociava ogni tanto e che si offrivano di farsi una foto insieme. C'erano donne con vestiti bianchi svolazzanti o uomini con attillate tutine di pelle. Avrebbe dato di matto a breve, ne era sicuro.
Il marciapiede era bloccato da una piccola adunanza, molte persone stavano annuendo e ridendo, le fotocamere in mano e sparavano flash continui, accecandolo. Sopra una scatola c'era un uomo con una toga rossa addosso e un cartello in mano. "Vi saranno i segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra – LC 21:25".
L'uomo stava gridando attraverso un megafono e stava prendendo generose offerte da credenti che battevano le mani. Recitava versi sull'apocalisse, su cavalieri neri e su Lucifero stesso, la stella caduta che aveva fatto tremare la terra. Si sorprese di quanto fossero superstiziosi gli umani, Demoni non erano uguali ai Caduti, a loro non piaceva andare su e giù nel mondo umano a cercare vittime da spellare. Ovunque fossero erano reietti e vivevano attorno al loro Imperatore.
«I sigilli sono stati aperti, li ho visti, come ho visto il Diavolo camminare su queste strade e sorridere a persone innocenti! Questo mondo sta per finire e questa città sprofonderà all'Inferno a causa della lussuria e dell'avidità! Pentitevi!» Balzò giù dalla scatola che usava come podio improvvisato e allungò il cestino delle offerte. «Guardatevi bene da Lucifero poiché lui è sempre in voi...»
«Lucifero di certo non viene a camminare in mezzo a questa città puzzolente» sbuffò Zero corrucciato. L'ometto lo inquadrò subito, torchiandolo con uno sguardo accusatorio. «E i tempi sono cambiati anche per il Diavolo. Non viene più a racimolare ad una ad una le anime, siete più di sei miliardi! E i Demoni giocano, non lavorano.»
L'uomo gli lanciò addosso dell'acqua e Zero si pulì il volto in un mugugno stizzito. «Il ragazzo ha ragione! È questo mondo ad averci fatto cadere nel peccato, serviti sul piatto d'argento all'Inferno! Solo Gesù può...»
«Che cazzo!» strepitò Zero. «Pensi che i Demoni vadano in giro a fare la conta per decidere quale anima prendersi? Con tutto il casino che stai facendo li attiri da solo. Se il tuo scopo è quello di farti divorare ci stai riuscendo da solo.»
L'uomo spense il megafono e gli arrivò vicinissimo. «Vuoi litigare? Mi rovini la scena.»
Strinse la bocca. «Questa città si fonda sul niente» lo accusò. «Se fossi in te farei molta attenzione alle parole, i Demoni sono attratti dall'odore della paura e tu puzzi di ipocrisia e piscio di gatto. Lucifero odia i bugiardi. Allontanati da me» gli ordinò.
«Finirai all'Inferno, lo vedo chiaramente!»
Zero era ad un passo dal saltargli addosso e spaccargli la testa. Per tutta la vita si era sentito dire quelle cose orribili, del fatto che fosse un mostro e che la sua esistenza fosse il frutto di un intrigo del Demonio; sentirlo dire da un misero umano, un pezzo di carne qualunque, lo fece uscire dai gangheri.
All'improvviso l'uomo con la toga fece un passo indietro e corrugò la fronte, quasi avesse visto un barlume in fondo ai suoi occhi.
«Sei un'opera del Demonio!» gli gridò addosso. «Sei uno dei suoi cavalieri, ti ho visto nel mio sogno, eri tu! Gente, vi dico che questo ragazzo sarà uno di coloro che aiuteranno il Re delle tenebre a compiere il passo finale. Ci ucciderai e lo farai sotto il suo volere.»
Zero scosse la testa. Non conosceva nessun Demone e di sicuro era abbastanza intelligente da non fare amicizia con il primo Re delle tenebre che incontrava per strada. Nemmeno doveva essere in quel mondo, figurarsi distruggerlo.
Lo mandò a quel paese e si girò. L'ometto gli afferrò le spalle e lo tirò forte. «Ti ho visto, ti dico!» continuò con il fare da ossesso. «Eri accanto a lui a scodinzolare contento di poterci sterminare e il Re piangeva disperato. Lo stavi consolando.»
«No! Mollami!» urlò, dandogli una spinta così forte da farlo piombare a terra.
Il cestino delle offerte volò e alcuni allungarono le mani per prendere le banconote. Alcuni urlarono e iniziarono a riprendere con i telefonini, battendo le mani. Una sirena blu lampeggiò e un'autovettura si fermò a lato della strada. Sulla fiancata c'erano scritte le lettere LAPD.
Un uomo in divisa uscì dall'auto e si sistemò la cintura. Aveva una divisa da lavoro con una spilla a forma di stella sul petto, pantaloni verdi e una pistola sul fianco. Il ragazzo la inquadrò subito e corrugò la fronte, ripensando ad Aargo e al rumore dello sparo.
«Ehi, ragazzo, niente scherzi» lo avvisò il poliziotto. «Che pensi di fare?»
«Agente! Questo ragazzo è un demonio! L'ho visto!» ululò l'uomo, aggrappandosi alla gamba dell'uomo. «Scommetto che lo hanno mandato qui per...»
«Ora basta» tagliò corto il poliziotto, scrollandoselo di dosso.
Mandò via la folla e costrinse a cancellare i filmati fatti, alludendo a qualche pesante accusa. Si assicurò che l'uomo fosse a posto e lo mandò via su un'altra strada, definendolo un pessimo attore, dopodiché si voltò verso Zero e lo esaminò da cima a fondo.
Curvò un po' il capo verso la spalla e gli sorrise. «Non avere paura, ragazzo, va tutto bene. Non voglio farti male. Ti sei perso?»
Zero annuì mogio. «Non so come tornare a casa» ansimò. «E io devo tornarci o saranno guai seri. Mio padre darà di matto e...»
«Ehi!» esclamò il poliziotto. «Okay, ho capito. Mi occupo io di te. Io sono Krayl. Come ti chiami?»
«Zero. McKingsley» rispose. «Sono nei guai?»
Il poliziotto scosse il capo. «Stai tranquillo, sembri già abbastanza spaventato. Ti porto alla centrale e ti do qualcosa da mangiare, poi cercheremo insieme i tuoi genitori. Come ti sembra questa offerta?»
Gli sorrise. «Mi sembra buona» ammise, sollevato che finalmente gli stessero dimostrando un briciolo di compassione.
Il poliziotto gli indicò l'auto e lo fece salire nei sedili posteriori. L'abitacolo puzzava di vomito, ma Zero si accomodò e provò a rilassarsi. Fu molto difficile perché i sedili erano divisi da una grata di metallo e si domandò se fosse la scelta migliore seguire uno sconosciuto. Il cruscotto era occupato da un enorme aggeggio su cui c'era un monitor che indicava la mappa e vari altri punti. Si fermò a fissarla.
Il poliziotto montò sull'auto e attivò le sirene, facendogli un ampio sorriso dallo specchietto retrovisore. La radio ebbe un'interferenza e l'uomo prese il walkie-tolkie dell'apparecchio, portandoselo alla bocca.
«Agente Krayl. C'è un codice 187 su Ballys...»
«Agente Krayl» interruppe brusco. «10-7. Devo occuparmi di uno straordinario.» Premette un pulsante e la radio si spense.
Zero guardò le portiere e vide che non avessero alcuna manovella interna. I vetri erano antiproiettile, la barriera di ferro. Ci mise le dita in mezzo, provando a curvarsi in avanti per spiare cosa stesse facendo l'uomo.
«Mettiti la cintura» gli ordinò.
Zero passò gran parte del viaggio a capire come allacciarsela. Restò seduto e si massaggiò i polpacci doloranti. Aveva camminato per lunghissime ore e il suo corpo era ancora intontito dall'alcol e dello sfinimento della magia. Si sfregò gli occhi e sbadigliò. L'uomo gli gettava delle occhiate ambigue dal sedile anteriore.
Il cucciolo appoggiò la testa e fissò Las Vegas dal finestrino. Da quella prospettiva, distante dai problemi e le stranezze della città, era quasi affascinante. I grattacieli volavano sotto il suo sguardo, i casinò e hotel si susseguivano senza fine. Ogni isolato era uguale all'altro e la strada principale, la Las Vegas Strip era infinita.
L'uomo superò una stazione di polizia e continuò a nord. A mano a mano che passavano i minuti si sentì sempre più inquieto, il suo istinto gli suggeriva che ci fosse qualcosa che non andasse affatto in quella situazione e che fosse in pericolo. La macchina puzzava e quel qualcosa era ben peggiore del vomito.
Annusò l'aria circospetto. «Io... credo di aver visto i miei genitori! Posso scendere qui?»
«Ma che dici?» replicò. «Non essere sciocco, mettiti la cintura.»
«Fammi scendere!» ordinò.
«Ho detto che devi metterti la cintura!»
Una forza invisibile lo sbatté contro il sedile e le sue mani rimasero incollate sui fianchi. Provò a muoversi con tutto se stesso, mentre l'uomo davanti iniziò a parlare una lingua sconosciuta, inquietante.
Si diressero a nord, superando il Paradise e la Spring Valley per Winchester. Erano in un quartiere diverso, con alti edifici ammassati l'uno sull'altro e ad ogni incrocio c'era un semaforo. L'uomo svoltò nel parcheggio privato di un locale, facendo il giro sul retro. La zona era deserta, le macchine erano spente e gli uomini erano rintanati dentro quel night club a luci rosse.
L'uomo fischiettò e girò le chiavi nel quadro, spegnendola. Zero si agitò e una bolla di panico gli salì in gola appena lo sconosciuto aprì la portiera posteriore e gli sorrise con fare diabolico.
«Andiamo a fare un giretto, piccolo» lo invitò gentile, prendendogli la caviglia. «Non fare il difficile. Devo fare bella figura con il signor Alastor o se la prenderà con me!»
Zero si agitò talmente tanto da cadere e incastrarsi tra i sedili, alzò il ginocchio e colpì in faccia il suo nemico. Il colpo gli ruppe lo ioide in un suono secco, la testa del poliziotto schizzò all'indietro e l'uomo mosse le mani. Senza perdere tempo si afferrò il collo e se lo mise a posto. I suoi occhi assunsero una sfumatura nera e i denti divennero affilati, gialli.
«Che bambino cattivo. Ora basta, vieni qui!» tagliò corto, prendendogli entrambe le braccia.
Lo trascinò fuori dall'auto e lo immobilizzò. La magia fece il resto, aveva gli arti immobili e le dita gli formicolavano. Lo tirò con sé e Zero riuscì a malapena a trascinare i piedi sul terreno, tentando di opporre quella mera resistenza. Da vicino poté avvertire meglio quell'odore sgradevole, era zolfo, misto a polvere da sparo e sangue.
L'uomo lo portò davanti all'ingresso sul retro laddove faceva la guardia un gorilla alto due metri e grosso il doppio. Aveva gli occhi completamente neri e scrutò con attenzione le due figure avvicinarsi.
«Che pensi di fare, Krayl? Il signor Alastor è stato chiaro» si impuntò il gorilla. «Sparisci.»
«Gli ho portato un regalo» esclamò Krayl, stringendo più forte Zero tra le sue braccia. «Sangue fresco e carne dolce. Sentilo tu.»
«No. Pensi che gradisca un bambino come spuntino?»
Krayl gongolò tra sé e sé, fiero. «Chiama il nostro principe e lo scoprirai tu stesso. Questa volta mi perdonerà. Gli ho portato un bellissimo regalo. Gli piacerà, ne sono sicuro.»
Il gorilla affilò lo sguardo su Zero senza osare ribattere a quelle parole, sembrò infastidito dalla presenza del compagno e sperò che il suo piano andasse in fumo. Solo per quel motivo accettò di fare da gufo, entrando nel locale.
Zero si mosse scontento e Krayl lo strinse meglio, sfregandogli la testa sulla sua. «Il signor Alastor adora le prede che scalciano. Ti amerà e grazie a te mi perdonerà. L'ultima volta ho fatto un bel guaio. Dovrei assicurarmi se hai un buon sapore» mormorò, mostrandogli i denti, «ma non oserei mai rovinare una delle sue prede.»
I secondi parvero interminabili e Zero provò a scappare in tutti i modi senza riuscirci. La forza di quella creatura era maggiore e aveva paura potesse spezzargli le costole. Lo sollevò e sfiorò il terreno con la punta delle scarpe, senza fiato.
La porta si riaprì e un altro uomo riapparve con palese cipiglio. I suoi capelli sono neri quanto l'inchiostro, il volto seducente con folte sopracciglia scure, naso dritto e labbra pallide. Indossa un completo elegante con un'eccentrica cravatta rossa e al collo ha una collana d'oro. Gli occhi erano rossi, lo stesso colore del sangue.
Ciò che fece tremare le gambe a Zero fu l'aura di quest'ultimo, era fredda, opprimente e aveva l'idea di poter schiacciare qualsiasi essere vivente nel raggio di leghe. Sul suo corpo comparvero brividi di paura mentre fissava quel temibile Demone senza voce.
«Credevo di essere stato abbastanza chiaro l'ultima volta, Krayl» ringhiò il Demone, gli occhi fiammeggianti. «Vuoi testare la mia pazienza?»
«Vi ho portato un regalo, principe Alastor. Un cucciolo» esordì Krayl, mostrando Zero come se fosse un trofeo. Alastor guardò entrambi in cagnesco. «Lo guardi bene! È un cucciolo di Licantropo, so che voi li adorate.»
«Io adoro tutte le bestie» lo corresse. «Ma questo non è un Licantropo! È un...»
Alastor si bloccò di colpo e delle leggere rughe gli comparvero sulla fronte, segno che si stesse scervellando per dare un senso al miscuglio di odori che avvertiva su Zero. Era consapevole quello che stava avvenendo in quel momento, lo stava studiando con la stessa aria di qualcuno che sta studiando l'universo. I Demoni potevano vedere e sentire le aure meglio di altri, il suo sangue era un miscuglio e il principe ebbe la conferma annusandolo.
«Non è un Licantropo?» domandò Krayl deluso. «Ma ne ha l'odore!»
«Ha una parte di odore» rimbeccò Alastor amaro. «L'altro è... Che cos'è?»
Gli afferrò il viso brusco e provò ad aprirgli la bocca e studiarlo da vicino. Zero serrò i denti e tentò di morderlo, ringhiando in difesa. Krayl dovette scuoterlo con furia per farlo desistere e ci riuscì poiché gli salì il vomito in gola.
Alastor si sistemò i gemelli d'argento sui polsi. «È un cucciolo con il sangue sporco. Mi hai trovato spazzatura, Krayl, di nuovo! Devo presumere che la tua vita nel mondo umano abbia reso inutile il tuo fiuto. Che me ne faccio di un Licantropo che nemmeno si sa trasformare?» gli domandò, aspettando una risposta che non arrivava. «Dove hai pescato un Ibrido?»
«Girovagava sulla Strip da solo.»
Alastor alzò un sopracciglio nero, dimenticandosi della presenza di Zero. «I Licantropi non sono mai soli. Sapevo che si fossero ritirati, che cazzo ce ne fa uno a Las Vegas? Ti sei perso, cucciolo bastardo?» canticchiò, facendogli il versetto. «Peccato, saresti stato molto interessante, ma dal poco odore di lupo che hai addosso deduco che non hai ereditato il dono della mutazione. Può capitare. Voi incroci siete molto pericolosi. Persino i tuoi denti sono troppo piccoli per nutrirti di sangue. A cosa servi?»
Gli passò una mano sul collo e Zero mugugnò, nascondendosi nelle spalle.
«Tremi come una pulce e sei tutto sporco. I tuoi genitori sono stati proprio cattivi ad abbandonarti. Fai schifo anche a loro» disse e fu pronto ad averne anche con Krayl.
«I miei genitori non mi hanno abbandonato» precisò furioso. «Sono il figlio di una lupa e di un segugio. Versa una goccia del mio sangue e lo sentiranno. Se vuoi vedere qualcosa che te lo faccia venire duro, digli di lasciarmi le mani. Ti sventrerò.»
Alastor fece un sorrisetto elettrizzato e trattenne una risatina di puro divertimento. «Scommetto che sei l'orgoglio di papà» schernì deliziato.
«Che ne faccio di lui?» sussurrò Krayl pentito.
Il gorilla sussurrò qualcosa all'orecchio del principe e lui fremette nervoso. «Uccidilo. Io sono occupato... Non qui, cazzo! Vuoi sporcarmi il vestito con quel sangue disgustoso? È un pezzo di Moncler, idiota. Tagliagli la gola da un'altra parte.»
Krayl annuì vivace e Zero urlò forte, usando tutta l'aria che aveva nella pancia. Sperò che qualcuno intervenisse o chiamassero soccorsi, ma Las Vegas aveva un'altra idea a riguardo e nessuno osò farsi vivo. La gente era fin troppo abituata alle risse e alle sparatorie per volere altri problemi.
Alastor premette le dita sulla pancia del cucciolo e lo fece boccheggiare, portandogli via l'aria. «Negli ultimi momenti di vita le creature ti mostrano chi sono davvero. Una volta vi cacciavamo, voi Ibridi, e scommettevamo su chi tra voi si sarebbe dimostrato il più veloce a scappare. Io non avrei puntato su di te» ribadì sollazzato, dandogli un buffetto sulla guancia. «Per conto mio il Re ha fatto male a bandirvi. Le vostre urla di dolore sono l'unica cosa buona che avete. Il sangue che vi scorre dentro è disgustoso. Verrò a cercarti all'Inferno, cucciolo. Ci divertiremo lì.»
Zero scosse la testa. «Aspetta! Se mi uccidi ci sarà una guerra!» urlò disperato. «Mamma è un Licantropo, papà un Vampiro, le loro razze erano in guerra prima dei trattati. Io sono una delle clausole, il mio sangue unisce le fazioni! Se...»
Alastor roteò gli occhi. «Ti sembro il tipo a cui frega un cazzo di queste stronzate?» rimirò cupo. «Uccidetevi. Massacratevi o divoratevi, a me interessa solo me stesso. Dove andremmo a finire se un principe infernale facesse l'opposto? Lascia un solo lupo in vita e le pecore non saranno mai al sicuro.»
Kyral gli strofinò il naso sui capelli. «Ci penso io! Devo avvertire Lord Azrael di...»
«Sei uscito fuori di testa?» urlò Alastor con le dita in fiamme. «Sai cosa farebbe se scoprisse un nuovo Ibrido? Sarebbe un disastro! Avrei il suo naso ovunque e il suo atteggiamento mi ha davvero stufato. Dobbiamo già sistemare fin troppi suoi problemi. Vedi di tenere chiusa quella bocca, Krayl, o ti spedirò negli angoli più bui del Tartaro a fare compagnia ai vermi.»
Krayl annuì disperato. «Me ne occupo io, signore! Garantito!»
Alastor non rivolse altri sguardi, si sbatté la porta del locale alle spalle e li abbandonò entrambi. Malgrado nel cuore di Las Vegas ci fossero più di venti gradi e i muri erano ancora caldi dalla rovente giornata passata, Zero percepì un gelido peso sul petto. Aveva perso le forze e le speranze.
«Oh, no... Ho fatto un pasticcio! Il signor Alastor ti odia!» piagnucolò Krayl. «Ed è colpa del mio fiuto, non è più come una volta. Ha ragione, sono stato tanto in questo mondo e il veleno degli umani mi ha fatto male! Non riesco nemmeno più a fiutare un lupetto!»
Intanto lo trascinava senza sentire alcun peso. Zero urlava insulti in norvegese e il Demone rideva di pancia, sollazzato dal fatto che avesse trovato un nuovo giocattolo. I precedenti erano stati alquanto deludenti, frignoni e lenti a scappargli – alcuni persino si erano fermati, arrendendosi al fato crudele – ma quel cucciolo, si disse, lo avrebbe tenuto occupato per un po'.
Krayl aprì le braccia. «Ti darò un secondo di vantaggio» esclamò.
«Ma tu sei un Demone, è sleale!» protestò Zero con le gambe intorpidite.
«Il mondo lo è.»
Il cucciolo iniziò a correre, sapendo benissimo che fosse spacciato. Aveva assistito alle cacce dei Vampiri, sapeva come suo padre si muovesse nelle ombre e di come aspettasse il momento più opportuno per uccidere la preda. Metterla all'angolo era la parte finale; la migliore era vederla scappare, struggersi per trovare una via di fuga che non esisteva.
Quel Demone lo stava trattando allo stesso modo. Gwyn gli aveva insegnato molte cose, per esempio quando capire che fosse finita. Continuare a muoversi era una perdita di tempo, il mostro lo avrebbe acciuffato in ogni caso e lo avrebbe divorato vivo. Morire in un posto del genere, in un parcheggio che puzzava di liquore e spazzatura sciolta, era l'apice della delusione che provava verso se stesso. Come molti altri, desiderava morire in battaglia e ascendere ai cieli per banchettare con gli dèi.
Il Demone saltava sui tetti delle auto con agilità, godendosi il momento. La paura che sentiva nelle narici era ancora chiara e appetitosa. Zero sviava tra le corsie e le limousine parcheggiate, aspettò che il mostro fosse abbastanza vicino e si bloccò di colpo. Il Demone fu troppo spiazzato per imitarlo, scivolò e cadde sul parabrezza di una Mercedes, facendolo a pezzi.
Zero rotolò sotto un'auto e subito il Demone guizzò per afferrarlo. Si chinò a terra, ma era fin troppo grosso per passarci. Allungò il braccio e con gli artigli gli graffiò la guancia.
«Vieni subito qui!» ululò. «Devo ucciderti!»
Era troppo spaventato per ragionare. Lo vide mutare forma sotto i suoi occhi: la bocca del Demone si ingigantì e numerosi denti apparvero dalle gengive, affilati come spilli. Il suo intero corpo si allungò per entrare in quella fessura angusta. Ci sarebbe riuscito di lì a poco, quindi il cucciolo uscì dall'altra parte e si rimise in piedi. Poco dopo il Demone mandò all'aria la macchina e l'allarme partì.
Vedeva la strada, mancavano pochi metri e l'avrebbe raggiunta. Nessun Demone avrebbe messo in discussione l'ordine imposto dai sovrani principali, Dio e Satana; l'equilibrio doveva essere protetto, il segreto custodito.
Si intrufolò in un buco della rete metallica che divideva la strada dalla proprietà, un attimo dopo il Demone si aggrappò sui fili con gli artigli e tentò di masticarla con i denti. Stufato la ruppe del tutto, passandoci in mezzo. La schiena del mostro si ruppe e ne uscì una lunghissima coda squamata, umida. Con un colpo di frusta fece inciampare Zero e lui volò a terra, battendo il naso. Fece in tempo a sentire quel male assurdo in faccia, la coda si avvolse attorno alla sua caviglia e lo fece scivolare fino a sé.
Il Demone gli sorrise, mostrandogli l'enorme fila di denti. «Hai finito di scappare? Gli Ibridi sono tutti come te, così vivaci? Ne dovrebbero fare a centinaia!» ridacchiò e poi si pentì, tappandosi la bocca. «Se il Re mi sentisse mi farebbe a pezzi. Forse a Lord Azrael piaceresti, ti terrebbe come cagnolino! Avrei voluto vederti mutare, dicono che è uno spettacolo unico. Su, prova a farlo.»
Lo punzecchiò con il dito e l'artiglio lo ferì sulla pancia. «Non so farlo, testa di cazzo!» gli urlò furioso.
«Sei maleducato, e davvero noioso. Mi hai fatto fare una brutta figura con il signor Alastor e adesso ne dovrò trovare un altro! Quei lupi sono introvabili!» bofonchiò. «Tu sai dove si nascondono, cucciolo abbandonato?»
Gli strinse la mano sul collo e lo sollevò sopra la sua testa. Venne scosso con ferocia e il mostro attese qualcosa. L'attesa lo spazientì e lo gettò con un palo. Batté forte la schiena e si massaggiò la nuca.
«La tua aura zampilla» mormorò affascinato il Demone, curvandosi su di lui. «Avrei voluto sapere cosa quel falso apostolo aveva tanto da urlare, credono tutti di vedere il vero mondo e il futuro! Ti ha visto con il Re alla fine dei tempi, ma il Re vi odia. Ammazzerò quell'imbroglione dopo averti mangiato le ossa.»
Il Demone spalancò la bocca e Zero strillò, alzando le braccia. Credette che negli ultimi istanti della sua vita avrebbe rivisto i suoi ricordi e si sarebbe pentito delle sue azioni, tuttavia udì solo un gutturale ululato che lo fece rabbrividire. Un lupo nero balzò sul Demone e gli affondò i denti sulla carne della spalla, gli scalfì la pelle con le unghie e rimase su di lui, ancorato, per provocargli dolore. Il mostro gettò la testa indietro e si agitò, volendo disarcionare la bestia, Ru era all'apice della sua rabbia e gli stava squarciando il collo. Il lupo scattava da ogni parte e ruggiva, facendo arretrare il Demone da Zero.
Le forti zanne del lupo si chiusero sulla faccia del mostro, strappandogli la carne dal corpo. Il Demone dondolò e si piegò su se stesso, facendo dei versi striduli. Quegli esseri avevano una pellaccia dura ed erano molto più resistenti e coriacei di quanto sembrassero, fingevano di essere all'angolo per poi attaccare. Il lupo nero lo tenne sotto controllo e agitò la coda, facendo segno a Zero di muoversi.
Il cucciolo gli saltò in groppa e il lupo si mosse nella direzione opposta, mettendo le distanze. Come aveva fatto centinaia di volte, la magia del cristallo li avvolse entrambi e li tirò con sé. Questa volta Zero si assicurò di pensare a una cosa sola: casa.
I boschi di Arcadia furono per il cucciolo la migliore delle visioni. Mai era stato più felice di vedere quegli alberi immensi e verdi. Il sollievo che provava era ancora lieve, sormontato dal terrore. Appena l'adrenalina sarebbe scesa avrebbe sentito i veri dolori.
Il lupo nero esaminò il perimetro, assicurandosi fosse sicuro. Si sgrullò il muso dal sangue nero del Demone e sfoderò a Zero un'occhiataccia. Grugniva irritato e il cucciolo rimase a subirsi quell'intraducibile strigliata a occhi bassi, sapendo di meritarsela. In qualsiasi modo Ru lo aveva trovato, di sicuro c'era di mezzo suo padre e il suo fiuto.
Ru lo trovava sempre.
Il lupo nero si avvicinò e gli leccò il sangue del naso. Si assicurò che fosse vivo e senza arti mancati, poi gli chiuse le fauci ad un millimetro dalla faccia in una seria minaccia. Il corpo della bestia si accartocciò, i muscoli si sciolsero e il pelo si ritirò. Ru tornò nella sua forma umana, aveva la pelle sudata, rossa. Era nudo e il cervello di Zero si spense, malgrado l'espressione del Licantropo fosse spezzata di furia.
«Che cazzo ti è saltato in testa?» lo attacco senza fiato. «Sei andato nel mondo umano con quei tre idioti e ti sei perso! Hai idea di quello che sarebbe potuto succedere?» Ci pensò e la sua faccia divenne nera. «Anzi, quello che è successo! Un Demone stava per divorarti vivo, Zero. Un solo minuto e ti avrei trovato a pezzi, e tanti cari saluti ai trattati! Sei un emerito idiota, il numero uno!»
Zero respirava appena. Di rado lo aveva visto tanto arrabbiato con qualcuno che non fosse Lance, di certo il suo temperamento si era addolcito negli anni grazie alla presenza costante del cucciolo e della sua dolce aura. In quel momento Ru aveva l'idea di essersi dimenticato di qualsiasi altra cosa al mondo, era metà trasformato, con gli artigli in vista e i canini sviluppati. Quella di Ru era pura preoccupazione, Finn era corso da lui in preda ad una crisi nervosa, era scoppiato a piangere e aveva dovuto estrapolargli a forza le informazioni.
«Quello stupido biondino mi ha detto cosa avete fatto e non ha tralasciato nemmeno i Cacciatori! Santi numi, hai idea di cosa faccia quella gente a quelli come noi?» lo interrogò. «Ti hanno fatto del male?»
Negò. «Hai detto a qualcuno dove fossi?» pigolò.
Gli occhi di Ru divennero rossi. «Certo, sono andato da tuo padre, ci siamo fatti una rilassante camomilla e ci siamo pettinati a vicenda i capelli!» esclamò sarcastico. «Se lo avesse saputo tu avresti delle dita in meno e quei ragazzi sarebbero già morti! Hanno infranto delle leggi gravissime portandoti nel mondo umano, saranno puniti e anche tu, su questo stanne certo. Ma non lo dirò a tuo padre, mi credi pazzo?»
Il cucciolo sbatté gli occhi. «Mi hai trovato da solo?»
«Ho chiesto a Dylan di...»
«Lo hai detto a Dylan?» annaspò in panico.
Ru alzò le dita, pronto a stringerle attorno al collo sottile del cucciolo. «Eri disperso in un polo del mondo e, ringraziando il cielo, hai pensato ad una città lontana da Cacciatori e quegli psicopatici dell'Esercito dell'ordine demoniaco. Raramente i mostri vivono in metropoli simili, ma i Demoni le adorano. Las Vegas sorge sul peccato e tu avevi un bellissimo cartello con scritto "divoratemi pure" attaccato al culo!» continuò. «Se avessi parlato ad Alba mi avrebbe scaraventato addosso tuoni e fulmini. A Lance nemmeno intendo pensarci. Dylan era l'unica opzione ragionevole. Oh, ne avrà anche per te, credimi! Per tua fortuna se ne intende di incantesimi e altre stronzate, ha rintracciato la tua scia e poi ti ho cercato come un disperato!»
Ru stava ancora sbraitando, ma erano più lamentele verso se stesso, del fatto che fosse stato un irresponsabile a lasciare Zero da solo e crederlo al sicuro. Stava iniziando ad insultare Bjørn quando il cucciolo si pulì gli occhi.
«Mi hai cercato come un disperato?» ripeté Zero.
«Ovvio!» urlò. «Ero... fuori di me! Ti vedevo già morto e hai idea di come io mi sia sentito? Disperato è minimiz...»
Zero gli corse incontro e lo abbracciò. Gli passò le braccia sulle spalle e lo strinse forte, pigiando il naso contro il suo petto. Aveva avuto paura di non sentire più l'odore di Ru, quel buon profumo di terra bagnata e sole.
«Sono ancora arrabbiato!» sputò Ru, muovendo le spalle. «Credi di poter...»
Zero si alzò sulle punte dei piedi e lo zittì con un bacio diretto. Le parole di Ru fecero dietro front in gola, vorticando nel suo stomaco, mentre il suo cuore esplose e ogni fibra del suo corpo si elettrizzò, eccitato da quel puro contatto. Le labbra del lupo avevano il sapore dell'acqua del mare, leggermente screpolate.
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