XII

(Gwyn)

Zero si corrucciò. «Mio papà era umano.»

«Ed era l'umano più sgradevole che avessi mai conosciuto, arrogante fino al midollo e credeva di sapere ogni cosa su di noi perché Chloe aveva una parlantina irrefrenabile. Una volta mi ha spaccato un bicchiere in testa, te ne rendi conto? Ed era successo poco dopo il tentato omicidio da parte del mio branco» berciò.

Il cucciolo conosceva le regole del branco, ogni giorno le vedeva applicate alla lettera dai membri di Bjørn. Eseguivano gli ordini dell'alpha senza fare domande, vedevano in lui una guida, un mentore affidabile. Zero vedeva Ru come una persona degna di rispetto, ma valeva solo per lui; il lupo nero era un despota con gli altri, persino con la famiglia reale.

Ru gli aveva detto cosa fosse successo con il suo branco, aveva accennato ad un cristallo nero, qualcosa che proveniva dalle stelle ed era legato ad Arcadia. Zero non sapeva cosa ci fosse oltre il cielo e la luna, aveva chiesto a suo padre il motivo per cui i beta di Ru avessero cercato di ucciderlo e aveva risposto con un moderato: "se lo meritava."

«Se tu avessi l'imprinting...» farfugliò Zero. «Te ne andresti?»

Ru aveva sulla punta della lingua troppe cose, a partire dal semplice fatto che lui era il suo imprinting, che aveva un costante impulso di prenderlo tra le sue braccia e coccolarlo. Avrebbe abbandonato ogni problema di Arcadia per scappare con Zero.

«Te ne andresti da me?» aggiunse dopo.

Ru si alzò a sedere sconvolto. «Non andrei mai via da te. Scordatelo. Ovunque andrai verrò con te, anche se quel segugio proverà a scacciarmi. Troverei un Demone e mi farei trasformare in... in una mosca! Così potrei ronzarti intorno tutte le volte che voglio» rispose agitato. «Ho girato il mondo e Arcadia la conosco a memoria. Non c'è alcun imprinting per me. L'universo mi ha dato già troppi miracoli.»

"E tu sei uno di loro", pensò Ru malinconico.

«Non ti libererai di me» precisò il lupo nero. «Un giorno lo vedrai il mondo, ti ci porterò io. Solo che... non è il posto che ti immagini. Tu sei troppo carino.»

Zero ridacchiò. «Lo so.»

«E soprattutto modesto.»

Zero allungò le mani sul cristallo che Ru portava al collo. Gli pendeva da una catenella dorata ed era lungo poco più di tre dita, lucente. Dentro la pietra aveva l'impressione si muovesse qualcosa, l'impronta della magia del lupo originale. Se avesse avuto quel misero oggetto avrebbe potuto andare ovunque volesse e nessuno avrebbe potuto fermarlo.

«Dovresti darmelo» propose Zero malizioso.

«Cosa, per l'esattezza?» esclamò Ru fingendo di non capire, senza smettere di sogghignare. Zero indicò il cristallo e l'altro si distanziò. «Dovrai uccidermi per poterlo fare. Ti ho promesso che un giorno ti porterò io stesso nel mondo umano, ma non ora e non nell'immediato futuro. Non insistere.»

Il cucciolo spostò la mano sul letto e si morse un labbro con ferocia. Ben presto Finn e gli altri sarebbero stati grandi abbastanza da averne uno tutto per loro, sarebbero andati e tornati, vaneggiando sulle loro stupide avventure. Persino suo nonno era andato in lungo e in largo, nel mentre era riuscito a difendere il suo titolo di campione senza sforzi. Si sentiva un completo imbecille nel paragonarsi a lui.

Gli avevano dato un nome troppo importante.

«Ho avuto altri sogni» borbottò Zero, strofinandosi la faccia. «Ero sulla Grande montagna e stavo andando in giro, faceva davvero freddo. Ero teso e stavo cercando qualcosa. Mi sono affacciato a una gola sugli scogli e ho visto Hungirr... Sono sicuro fosse lui, conosco le leggende e ho visto i dipinti. Era come lo descrivevano, ma molto più grande! Sarà stato alto venti metri, le sue squame erano verdi e nel mare era invisibile. Era come se... lo conoscessi... Come se fosse mio amico.»

«Hungirr è morto tanto tempo fa, lo ha ucciso...»

«Lo so» tagliò corto Zero. «Lo ha ucciso il lupo Imperiale. Eppure io l'ho visto.»

«Che gli hai detto?»

Avrebbe voluto fare una battuta, ma la discussione era seria e nell'ultimo periodo aveva smesso di sottovalutare i suoi sogni. Aveva iniziato a temerli. Hungirr era morto all'inizio dei tempi insieme a Beidu, i tre mostri si erano dati battaglia sull'isola e il lupo aveva vinto su di loro, sigillando la sua supremazia.

«Non li controllo, lo sai. Non ero io davanti a Hungirr, era una specie di ricordo. Ora è un po' confuso, ma rammento bene le emozioni. Ero nervoso di trovarmi di fronte a lui, ma non avevo affatto paura. Ne portavo rispetto, sapevo che non mi avrebbe fatto del male» rispose sicuro. «E ho visto un'altra persona. Un ragazzo con il dono del fuoco. L'ho chiamato guardiano e lui credo mi abbia insultato un paio di volte. Era così familiare, Ru, te lo giuro! Così vicino da poter sentire le sue fiamme.»

«Eri sull'isola quando Hungirr era vivo insieme ad un'altra persona?» lo interrogò attento.

«Non ero solo. C'era... c'era una guerra ad Arcadia, l'aria puzzava di fumo, di pelle che brucia e le sponde erano nere. Io ero diverso da quel tipo, mi parlava in modo strano e a volte faceva dei gesti con le mani, proprio come se mi stesse insegnando a parlare. Mi ha detto che fossi il prescelto e mi ha parlato di una cattedrale bianca. D'va Grammell.»

Ru spalancò gli occhi e si umettò le labbra. Ogni dipinto ad Arcadia ritraeva D'va Grammell distrutta ed era stato uno degli eventi che avevano iniziato l'inizio della loro era. Secondo le leggende erano stati Beidu e Hungirr a distruggerlo, eppure Ru da tempo sapeva fosse diverso. Gwyn, il re e i predecessori avevano fatto a gara per distruggere le ultime prove dell'esistenza di un'antica stirpe. Qualunque cosa ci fosse stata era accaduta prima della venuta del lupo imperiale, ai veri albori del cristallo nero. Era stato quell'oggetto a far scatenare qualcosa sull'isola, ne era sicuro.

Zero si massaggiò i polsi. «Dovevo fermare una guerra e credo ne fossi il responsabile. Ha accennato al fatto che ci fosse una fonte molto potente qui e doveva essere protetta. Cosa credi significhi?»

Ru si impettì. Era bravo a cercare scuse, ma non voleva che Zero ficcanasasse in quella storia. Era fin troppo pericolosa, molte persone erano già morte e Chloe gli aveva chiesto di tenerlo d'occhio senza istigarlo. Lo aveva pescato da un lago pieno di alghe con il naso sporco di sangue, era l'emblema del pessimo mentore. Per quel motivo nessuno voleva affidargli dei cuccioli da addestrare o dei beta bisognosi di cure.

«Non lo so, dovresti chiedere a Dylan. È lui l'esperto in divinazioni e storia» aggiunse.

«Lance non vuole che parli con lui. L'ho fatto una volta e mi ha sgridato.»

«Sì, Lance ha questa abitudine. Ti adora, quindi dubito tenterà di mozzarti la testa. Se vuoi un parere dovresti davvero discuterne con qualcuno che abbia un po' di sale in zucca. Ergo, non i tuoi genitori» precisò.

«Ergo non te» battibeccò. «A che mi servi per l'esattezza?»

«So fare tante cose. Alcune molto piacevoli.»

«Di che tipo?»

Sperò dicesse qualcosa di piccante, adorava parlare con Ru di argomenti simili, ammiccare e scherzare. La sua voce aveva il potere di tirarlo fuori dal baratro di pensieri negativi, preoccupazioni e rabbia repressa. Aveva desiderato tante volte di far del male a Bjørn o urlare addosso a Enrique per come lo trattavano, Ru era l'unico capace di farlo cambiare d'umore con uno schiocco di dita.

Ru gli tappò il naso e gli diede un buffo in mezzo agli occhi, spingendolo via. Aspettò si avvicinasse e giocasse un po' con lui, bramava avere le sue mani sulla pelle, sui fianchi, sui capelli e in mezzo alle cosce. Per i Licantropi era normale dimostrare affetto in maniera estroversa.

Il lupo nero sbadigliò e Zero si domandò se fosse lui il problema. Era un disastro totale sui fronti romantici, sapeva cacciare nei boschi, affilare lance con rocce o scalare la Grande montagna senza rampini, a quanto pareva farsi baciare era l'ultimo punto della lista. Le dee erano contro di lui.

Gli diede un pugno sul petto e Ru boccheggiò, massaggiandosi lo sterno.

«Sei uno stronzo» ringhiò.

«Che ho fatto?»

Ru guardò allibito il cucciolo balzare giù dal letto, incespicare nel tappeto e andarsene, borbottando varie imprecazioni. Era una frana a capire gli altri, soprattutto i ragazzini Ibridi con problemi all'ego.

Joseph era fuori casa, acquattato all'ombra del gazebo e osservava pensoso il sole calare oltre la Grande montagna. L'incontro con suo zio Rhys e i suoi cugini gli aveva messo addosso un pesante malumore che nessuno era in grado di togliergli di dosso. Magari, se Melissa non lo avesse infettato con il suo strano dono d'immunità, Chloe gli avrebbe donato una serenità momentanea. Era quella la pecca del suo potere, lei controllava le emozioni e ti rendeva schiavo di esse. Appena l'effetto finiva il vuoto tornava di nuovo, più potente e incontrollato, un'onda pronta a sopraffare qualsiasi cosa.

Pensava solo a Nos, quella buffa creatura che aveva visto in quella fabbrica degli orrori. Quel progetto era finito nella spazzatura, così come l'essere stesso. Aveva fatto a pezzi Ethan senza alcuna difficoltà, la cosa peggiore era che suo zio avesse creato un mostro asservito ad altri. I geni di Nos avevano riconosciuto a livello genetico un pari e si era piegato a Chloe e ai suoi desideri. Il prossimo Nosferatu sarebbe stato migliore del precedente. Meno difetti.

Senza volerlo ripensò a suo padre, a cosa stesse facendo in quel momento e si chiese se Rhys o Piper lo avrebbero coinvolto nuovamente.

Gabriel uscì dalla casa con la faccia nera e i pugni stretti. Seppure senza fiuto Joseph avrebbe riconosciuto l'odore della rabbia.

«Che cazzo volevi dimostrare, solitario?» lo attaccò il Vampiro biondo.

Joe fece finta di non sentire l'ultimo termine con cui l'aveva chiamato. Molti Vampiri e Licantropi avevano preso a definirlo così, un segugio solitario e Lance aveva sempre nascosto molto bene la delusione che provava nel sentirlo. Joseph era la sua migliore creazione, il primo segugio alla sua destra, e lo stava ricoprendo di vergogne.

«Di che parli?» domandò Joe senza muoversi.

«Lo sai bene a cosa mi riferisco. Il tuo compito era quello di rimanere in linea, proteggere Lance e quel cane bianco. Sai cosa succede se dovesse morire?» sputò, accecato dalla rabbia.

Joe voleva gridargli di smetterla di stargli addosso, che voleva solo un attimo di pace e silenzio, tuttavia sapeva di aver agito male. Si era staccato dal gruppo all'ultimo momento per dedicarsi ad una caccia privata e senza frutti, Lance si era ferito e Chloe aveva corso un rischio enorme a contrapporsi a Nos. Era lei che univa Joseph e Lance, se fosse morta l'imprinting li avrebbe resi senza metà anima e ai Vampiri servivano quei solidi pilastri.

«Hai messo a rischio l'intera squadra per soddisfare il tuo ego personale. Hai pensato alle conseguenze?» rimarcò.

«Ho sbagliato. Me ne rendo conto e ho imparato la lezione. Starò più attento la prossima volta.»

Quelle scuse avrebbero appagato Lance, ma Gabriel era troppo stizzito per calmarsi. Il suo leader era chiuso in casa con una gravissima ferita al piede che non accennava a guarire, si era sforzato di sorridere senza tentennare mentre Johanna lo curava. Persino Chloe aveva qualcosa che non andava, era stesa sul divano a coprirsi le orecchie e parlava da sola.

«Le tue sono parole prive di ogni promessa. In sette anni sei rimasto tale e quale allo stupido cucciolo che Lance ha trasformato in mezzo ad una guerra. Sei utile alle cacce e per tenere i bracconieri lontani, ascolti te stesso senza badare agli altri, ecco perché Lance è ferito!» sputò fuori di sé. «Non la meritavi questa vita.»

Joe gli andò incontro e Gabriel scoprì i denti, pronto a combattere. Lance fischiò e i Vampiri drizzarono le orecchie, immobili. Piano si affacciò alla porta della casa che avevano costruito con fatica e si appoggiò al muro, zoppicando da solo. Johanna rimase in disparte, pronta a sorreggerlo in caso di bisogno. Mai Lance si sarebbe mostrato debole di fronte a loro, era il più valoroso simbolo di resilienza.

Joseph e Gabriel chinarono le teste e il segugio notò al volo la fasciatura alla caviglia di Lance. Il suo sangue si era sporcato e il veleno stava agendo a rilento per qualche strano motivo. Ripercorse i fatti accaduti in quel momento, la confusione tra Chloe e Nos, Ethan con un cannone in mano e Aargo aveva preso uno stelo, usandolo come lancia.

Osservò Lance pentito, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi. La sua figura nera era persino più consunta del solito, con le guance scavate e gli occhi infossati.

«Smettetela di gridarvi addosso» li ammonì. «Gabriel. Per favore, vai da Chloe. Sono convinto abbia bisogno del tuo aiuto. Devo parlare con Joseph da solo.»

Gabriel gonfiò il petto con sdegno, senza farsi ripetere l'ordine. Da quando l'aveva conosciuto il suo atteggiamento si era fatto più remissivo nei confronti di Lance, era uno degli ultimi arrivati e desiderava poche cose: combattere, mangiare e scopare.

«È sempre stato il tuo preferito, prova a ribattere su questo» puntò Gabriel e schivò Lance, il quale abbassò le spalle con aria sconfitta.

Lance deambulò accanto a Joseph e si sedette in una delle sedie del gazebo. Joe lo seguì senza accomodarsi. Era troppo nervoso.

«Non riuscirete mai ad andare d'accordo» giudicò il Vampiro. «Sono passati sette anni e ancora vi vedo litigare come due fratellini che si fanno i dispetti a vicenda. Il tempo è volato. Siete cresciuti molto, il problema è che siete entrambi testardi. Vi pestate i piedi e dopo piangete.»

Joe tenne la testa bassa. «Mi dispiace per come ho reagito a Londra. Mi sono dimostrato uno stupido, ho messo in pericolo te e Chloe. La colpa è mia se vuoi punirmi...»

«Punirti» ripeté assorto. «Mio padre mi puniva ogni giorno e guardami adesso. Se lo facessi con te finirei per guardarmi allo specchio e scoprirei i miei stessi difetti. Mi piace vederti sbagliare e farti capire errori da solo. Tu combatti per me, segugio, ricordatelo. Mi appartieni. Dimentica le parole degli altri. Ricordo tempo fa, quando esigevo il tuo rispetto e tu ti sei presentato alla tua prima caccia con la testa mozzata di un lycan.»

Joe si grattò la nuca a disagio. «Eri fuori di testa.»

«Sì» confermò. «Perché eri testardo e ti rifiutavi di starmi a sentire. Avevo paura che Chloe potesse portarti via o condurti altrove, invece è stata la tua ancora di salvezza. È stato grazie a lei che hai avuto il coraggio di accettarti e combattere. Vi completate. Vlad mi disse che quando sono tornato in vita, scavando per tornare in superficie, ha visto in me un'ombra. La stessa l'ho vista su di te. Hai l'ombra di un leader.»

Joe fece un sorriso tirato, per nulla divertito. Non desiderava né essere re né capo di qualcosa che non fosse la sua famiglia, essere padre gli occupava tutto il tempo disponibile e il resto lo passava a tirare fuori Zero dai pasticci. A scuola aveva persino rifiutato il titolo di capitano.

«Come sta la caviglia?» domandò irrequieto.

Lance fissò la fasciatura. Johanna gli aveva applicato un unguento naturale, ma il dolore non era affatto scomparso. Alcune schegge di legno erano rimaste dentro la pelle, le sentiva bruciare. Il veleno era rallentato da qualcosa e Lance decise di fingere.

«Meglio. Zoppicherò per un po', ma mi rimetterò in sesto. Temo che Chloe abbia avuto una crisi. Da quand'era che non accadeva?»

Joe si strofinò la mano sul naso. L'ultima volta che aveva visto Chleo emergere in una situazione di pericolo era stato anni prima, quando un uomo aveva fatto irruzione a casa loro con un coltello in mano. L'aveva sollevato contro Zero e lei aveva perso il controllo.

Accadeva quando Zero piangeva o era in pericolo. Per quanto ne sapevano loro, Chleo dormiva beata nei periodi di tregua. L'alter ego veniva a galla solo in situazioni di forte stress, secondo Dylan era capace di toglierle i limitatori e sprigionare un altro tipo di forza. Più forte si svegliava e più Chloe stava male dopo.

«Da molto. Sta bene?» ansimò preoccupato.

«Certo. Sai che è indistruttibile. Le ci vorrà un po' di riposo e buona compagnia» ammiccò. «Dovremo parlare di quello che è successo, di quello che abbiamo visto. C'è qualcuno che collabora con quella gente. Temo che mio fratello abbia avuto ragione da sempre, c'è un motivo per cui il re ha voluto nascondere tutte le notizie su quel cristallo. Ho chiesto ad Alba un favore. Volevo controllasse dei documenti.»

Joe incrociò le braccia. «Documenti di che genere?»

«La lista degli esiliati. Da secoli a questa parte i nomi si sono allungati e, stranamente, gran parte di quelli erano di alpha.»

«Gli alpha morti?»

Annuì. «Ho letto alcune sentenze. Erano sottoscritte dai Saggi e dal re, le motivazioni erano sempre le medesime: violenza incontrollata. Hanno cacciato quegli alpha da Arcadia e ora sono morti. Alcuni hanno vissuto a lungo, si sono fatti un altro branco, e i beta si sono ribellati. Tutti nello stesso periodo. C'è sotto qualcosa di grave. Parlerò con Alba su quello che abbiamo visto, per ora mantieni il silenzio con gli altri. Non voglio disordini.»

«Conta su di me» appurò Joe. «Mio zio sta ampliando le sue ricerche, sta diventando pericoloso. Gli oni sono il frutto proibito di un Angelo e un Demone, li hanno creati su misura. Il Nosferatu era qualcosa di ben peggiore, quei geni erano... instabili! Non può un essere vivere con quel miscuglio dentro, è innaturale.»

«Per questo non è un Ibrido. Ricordatelo, sono maledizioni create in provetta. Hanno dato un paio di gambe e un cervello ad un ammasso di cellule, hanno creato l'ennesimo mostro. Lascia che gli umani si scavino la fossa da soli» lo tranquillizzò. «Il nostro amico Nos non avrebbe comunque vissuto a lungo.»

«Come fai a dirlo?»

«Gli Ibridi sono gli unici esseri capaci di poter sostenere il peso di quei geni senza un rigetto. Aargo e Tebe sono un caso molto particolare, l'Angelo che ha aiutato tuo nonno li cura con devozione. Deve considerarsi una madre molto devota verso i suoi figli. Vogliono Zero, un esemplare perfetto e in buona salute. Se non lo avranno...»

Joe deglutì a quell'eventualità. Avrebbe protetto Zero a costo della sua vita, ma Rhys avrebbe trovato un altro modo per ottenere il codice genetico che gli serviva. Una lupa in calore era la strada migliore, avrebbe avuto tutti i tentativi che voleva e prima o poi sarebbe arrivato un altro Zero da utilizzare come cavia.

«Hanno chiamato Chloe "principessa"» aggiunse Lance sovrappensiero. «Mentre eravamo in cella tuo cugino l'ha chiamata in quel modo. Solo alcuni arcadiani la definiscono così, l'erede del grande campione immortale. Potevano chiamarla "hvit ulv" o "isdyr", la bestia dei ghiacci, ma lui l'ha chiamata principessa. Qualcuno glielo ha detto.»

«Ma non ha detto del potere dei cristalli. Sappiamo che è un arcadiano e non vuole che l'isola sia trovata. Perché diavolo aiutare degli estranei senza uno scopo?» rimarcò confuso. «Il cristallo ce l'ha l'OverTwo. È una Reliquia.»

«Alcuni sono stati ritrovati nell'oceano e sono stati messi in mostra a New York. Se è un pezzo della cometa originale dovremmo controllare, quel potere potrebbe essere rimasto intatto all'interno.»

Joseph roteò gli occhi. Ru glielo aveva già proposto anni fa e aveva rifiutato per disperazione. Aveva ritenuto quelle idee fuori da ogni logica, sentendole da Lance lo rendevano irrequieto.

«Non credo sia un'ottima...» provò a dire e vide con la coda dell'occhio una figura emergere da un angolo della collina.

Zero camminava veloce e stava prendendo a calci qualsiasi fiore gli si parasse davanti. Notò subito che avesse vestiti diversi da quelli con cui lo aveva visto uscire, la maglia che aveva addosso era di due taglie più grandi. Riconobbe al volo persino l'odore del suo sangue.

«Zero!» lo chiamò forte, correndogli incontro.

Zero fece per correre via e Joseph dovette tagliargli la strada. A giudicare dalla ferita sul labbro e il sangue secco sul naso aveva di nuovo litigato con qualcuno e doveva essersi divertito molto.

«Stai bene, che ti è successo?» chiese preoccupato. «Sei ferito?»

Joe lo analizzò da cima a fondo, credendo di vedere ferite infette o morsi. Il ragazzo si lasciò scuotere e toccare, era fin troppo stanco per ribattere e dopotutto stava bene. Tornare con entrambe le gambe in quella vita era considerato essere fortunati.

«Ti ho detto mille volte di...» iniziò Joe tediato.

«Lo so!» berciò acido Zero. «Lo so. Mi dispiace, so che non avrei dovuto fare a botte con quei ragazzi alla Lega, ma questa volta hanno iniziato loro! Stavano prendendo in giro Viggo e l'ho difeso. Finn ha detto delle cose cattive su di te e la mamma e io...»

Joseph dimenticò la frustrazione e lo prese forte tra le braccia, stringendolo a sé in un abbraccio. Gli era stato lontano poche ore, per lui erano sembrate un'eternità senza la voce del cucciolo a fargli drizzare le orecchie.

Ripensò a quello che suo zio gli aveva detto, che avrebbe fatto di tutto pur di prendere Zero e usarlo per i suoi scopi. Lo immaginò chiuso in una di quelle celle buie, insieme ad altre creature, solo e spaventato in un angolo. Era ingiusto e sentiva il furore crescergli nello stomaco: Zero era vivo, l'unico Ibrido Licantropo-Vampiro in vita. Il destino lo aveva preso sotto la sua ala protettrice e doveva allo stesso modo vivere nascosto, temendo quegli umani perversi.

Joseph li odiò con tutto il suo cuore.

Zero sbatté gli occhi, poi abbracciò suo padre e singhiozzò con il morale a pezzi.

«Mi dispiace, pa'» borbottò. «Ti ho deluso.»

«No, tu non mi hai affatto deluso» marcò deciso, togliendogli i capelli dalla fronte. «Voglio che tu sia forte e responsabile, ti ho insegnato a combattere, ma sta a te decidere per chi farlo. Se lo hai fatto per difendere un tuo amico non devi scusarti.»

«Credi che ci sia qualcosa di sbagliato in me?»

Joseph si spiazzò della domanda e Lance presagì l'aura del segugio farsi più intensa. Disprezzò ogni cosa di Arcadia e del mondo umano in quel momento. Zero era unico e suo zio voleva utilizzarlo per scopi meschini, creare altri mostri da vendere, mentre per gli altri della sua razza era uno sgorbio. Un estraneo.

Era un Vampiro temuto da tutti, eppure non sapeva difendere suo figlio. Come padre faceva pena.

«Sei colui che ha salvato Arcadia dalla guerra» ringhiò Joseph a denti stretti. «Cosa potresti essere se non perfetto? Sei il mio bambino.»

«Perché non posso essere come gli altri?» si sfogò. «Voglio trasformarmi anche io, voglio che la mamma mi porti con sé e voglio venire a caccia con te! Perché non posso?» balbettò con gli occhi lucidi.

Lance comprese il suo stato d'animo. Lui per primo lo aveva vissuto di persona, aveva passato molti anni della sua vita a soffrire, tormentato dal pensiero di essere diverso. I geni che rendevano speciali gli altri bambini con lui lo avevano reso un mostro deforme. Aveva dovuto scendere a patti con un mostro peggiore per sopravvivere e ne era contento.

Joe gli accarezzò la testa dolcemente. Si meravigliò di quanto potesse amare suo figlio. Da umano si era sempre domandato come un padre potesse voler bene ad un figlio, dopotutto lui stesso era stato cresciuto da Arthur McKingsley, il quale non gli aveva mai dimostrato un affetto diretto. Con Zero era stato diverso, appena nato gli aveva riempito il cuore, era come vedere se stesso camminargli di fianco e aveva l'opportunità di insegnargli. Lo vedeva sbagliare, cadere e poi rialzarsi da solo, come aveva sognato.

«Tutte le volte che nasce un Ibrido il destino lancia una moneta» esordì Lance, nascondendo la fasciatura alla gamba grazie alla nebbia. «Deve giocare con il caos per decretare se il cucciolo sarà un eroe o se cadrà vittima di se stesso. Tu sarai uno dei più grandi della tua stirpe. L'ho deciso io e so che non mi deluderai, Zero.»

«Hanno paura di me» bofonchiò lui.

«Ed è un bene» rispose Joe. «Temono l'uomo che potrai diventare, ciò che loro non potranno mai essere. Hai tutto ciò che serve, il fato è un tuo alleato. Se vogliono vedere un mostro sii il peggiore. Chi ti ha picchiato?»

«La maggior parte...»

«Che significa "maggior parte"?» lo interrogò con la faccia scura.

«C'erano anche Juho e Pål. Loro facevano il tifo.»

«Andrò a parlare con Bjørn» sentenziò scontento.

Zero si attaccò al braccio di suo padre e slittò con i piedi sull'erba da quanto forte si mosse. «Ti prego, no!» esclamò. «Sono già lo zimbello di metà isola, se andrai da Bjørn sapranno che ho fatto la spia. Me la cavo da solo! Dammi retta!»

Joseph strinse i pugni e si sforzò di lasciare perdere. Bjørn lo metteva al corrente di ogni passo di Zero, magari si sarebbe tenuto per sé quel dettaglio. I legami tra l'alpha e il segugio si erano distrutti dalla sua trasformazione, erano alleati e si astenevano dal ritenersi amici.

«Con chi hai litigato questa volta?» ribadì Joe.

«Jensen.»

Joseph conosceva quella famiglia, erano originari del sud, ma vivevano a Med Blàden da svariati anni. Durante le consulte regionali si erano dimostrati favorevoli alla presenza di Zero alla Lega con altri ragazzi della sua età, eppure conservavano un atteggiamento restio nei confronti dei Vampiri. Sapeva che Zero fosse in grado di difendersi da solo da un idiota come Finn, lo turbava unicamente il fatto che il giovane Licantropo avrebbe potuto trasformarsi e fargli davvero del male. I ragazzi giovani faticavano a trattenere la trasformazioni nelle prime fasi.

«Verrà a scusarsi lui» disse certo. «Suo padre è abbastanza intelligente da aver paura di me. Gli do un paio d'ore, al massimo domani mattina, e si presenterà qui a testa bassa. Tre contro uno è sleale persino per quelli dell'ovest. Rischia grosso se non viene.»

«Devo accettare le scuse di Finn?» domandò scocciato. Annuì. «Che rottura.»

«Va' a darti una ripulita, puzzi di alghe.» Lo frenò prima che potesse avanzare e si curvò leggermente. «Com'erano messi gli altri?» sussurrò.

«Molto peggio di me» asserì Zero.

Joe fece un sorrisetto compiaciuto. «Fila via, e non dire a tua madre che ho riso o se la prenderà anche con me. Cominci ad assomigliarmi troppo.»

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