VII
(Rhys McKingsley)
«No.»
Annuì mogio e al segugio salì l'idea di aver davvero fatto qualcosa di male. Conosceva benissimo il suo amico, era lui che lo aveva fatto diventare un Vampiro e condividevano sangue, vita e destino. C'era altro a turbare i pensieri di Lance.
St Saviour Estate era una zona industriale, la maggior parte dei palazzoni erano abitati da chi lavorava, giorno e notte, nelle fabbriche della zona. Da alcune canne altissime si levavano pennacchi di fumo grigio e si potevano sentire i macchinari in funzione. Non c'era quasi nulla di nuovo in quella parte a sud, niente parchi, aree giochi o supermercati. Sembravano entrati in un altro mondo. L'unica cosa fuori posto era quel grattacielo che ergeva vicino al Tamigi.
«La tua famiglia è ricca» notò Jake. «Avrei voluto esserti amico da umano.»
«Non vedo i miei genitori da an...» iniziò a lamentarsi.
Lance tossì e i Vampiri ammutolirono. I McKingsley erano benestanti da generazioni, ma Joseph avrebbe preferito rinunciare ad ogni cosa rispetto all'idea di avere del denaro sporco di sangue. Si domandò quante persone e creature avessero ucciso per costruire un edificio del genere, se nel cumulo ci fossero addirittura dei cuccioli innocenti.
«Jake, Johanna. Lascio a voi il perimetro» diede ordine Lance. «Gli altri verranno con me. Chloe ci farà entrare. Andrò nei registri e vedrò di trovare qualcosa di utile. Gabriel, tu fai in modo che passiamo inosservati.»
«Inosservati è una parola pretenziosa» borbottò Johanna.
Sebbene nel cuore della notte, numerose auto stavano entrando nei parcheggi sotterranei del grattacielo. C'erano limousine, camion e persino suv neri con i vetri oscurati. Scesero alcuni uomini e passarono ad una guardia un badge.
«C'è una specie di evento. Magari tuo zio sta dando una festa» rise Chloe.
«Alle due di notte?» replicò Joseph.
«Tu che fai alle due di notte?»
Joe le sorrise malizioso e ricevette una gomitata sullo sterno. Senza perdere altro tempo si divisero in due gruppi e i gemelli saltarono oltre le reti. Lance non si preoccupò del loro operato, li aveva mandati in missioni peggiori e con minori probabilità di uscirne indenni. Jake e Johanna davano il massimo in coppia e sfruttavano al massimo i punti ciechi dell'avversario.
Lance lasciò perdere l'entrata sotterranea e si diresse verso l'ingresso principale. L'androne del grattacielo era deserto, erano accese pochissime luci e solo quelle che illuminavano la reception. I tornelli erano chiusi e c'era solo una guardia dall'aria assonnata.
«L'ingresso per gli ospiti è oltre...» bofonchiò pigro.
Chloe saltellò e gli afferrò il polso. Il suo potere inondò il cervello dell'umano di serotonina, lo rese mansueto e lo fece sprofondare in uno stato di torpore dal quale era impossibile svegliarsi.
L'uomo le sorrise affabile e Joe ebbe il voltastomaco. Malgrado lo facesse per Lance, detestava quando toccava altre persone e gli uomini le facessero quei viscidi sorrisetti.
«Sei follemente innamorato del mio amico» disse Chloe e la guardia si irrigidì.
Fissò Gabriel intensamente e il Vampiro brontolò. «Di nuovo no. Scegli qualcun altro questa volta.»
La guardia lasciò il cellulare con cui stava giocherellando e balzò in piedi. Aveva gli occhi annebbiati e il cervello offuscato dalla magia della lupa. Guardò Gabriel da cima a fondo e poi fece un lungo schiamazzo.
«Sei davvero stupendo» affermò l'uomo e persino Lance dovette girarsi per non sogghignare. «Io mi chiamo Paul. Tu come ti chiami?»
«Senti, mi chiamo Gabriel. Ci fai fottutamente entrare?» sbottò a disagio.
«Ti faccio entrare!» ripeté con aria innamorata.
Si gettò sopra il tavolo d'accettazione per afferrare il badge di riconoscimento. Lo strisciò sui tornelli e le porte si aprirono al volo.
«Una domanda, amico mio» proclamò Lance. «Abbiamo notato delle macchine all'ingresso. Sai per caso dirci di più?»
Paul gongolò, contento di poter rispondere così facilmente ad una domanda per mettersi in mostra davanti al suo finto amore. Gabriel stava per perdere le staffe.
«Ovvio! È uno degli eventi che organizza il signor McKingsley. Ogni tanto fa delle mostre.»
«Mostre di che genere?»
Joseph ebbe un pessimo presentimento. Sugli schermi piatti della hall era in loop un video che mostrava la finta magnificenza della sua azienda che inneggiava al progresso e alla rivoluzione. Fu dopo un po' che riconobbe suo zio in uno degli spot, lo aveva visto da piccolo e la sua memoria era sbiadita, ma ricordava quello sguardo spavaldo.
Rhys McKingsley era un uomo di mezz'età, con i capelli bruni e gli occhi verdi. Aveva la faccia rovinata, segno degli anni passati a cacciare e sventrare mostri, e una cicatrice sulla fronte.
«Ti somiglia parecchio» parlò Chloe. «Quindi quello è tuo zio?»
«Mh. È vecchio.»
«Già, gli umani tendono ad invecchiare nel corso della vita. Te lo sei dimenticato?»
Paul cadde a terra in un sonno profondo e Chloe passò davanti ai Vampiri con fare sicuro. Joseph annusò l'aria e quel dolcissimo profumo di caramello lo attaccò al cervello, scuotendogli ogni fibra interna. Dovette infilzarsi le unghie nella carne per trattenersi. La luna piena era passata, ma aveva una gran voglia di risentirla sopra di sé e assaporare il suo sangue.
«Cuccia» lo prese in giro Lance. «Sei ancora con me. Rhys sta vendendo qualcosa nei sotterranei e qualsiasi cosa sia dubito siano targhette con "miglior zio dell'anno". Quel tizio non sa altro, troviamo qualcuno che sappia cosa stiamo cercando.»
Presero un ascensore e Chloe si strinse tra Lance e Joseph, sperando di trovare un rifugio. Quel posto le metteva ansia, assomigliava molto alla base in cui Alees l'aveva scovata e poi accolta. Le pareva di essere tornata in America, quando ancora era fuggita da Ru e stava tentando di sopravvivere da sola, senza branco.
Pensò a Zero, a quanto fosse stato sciocco pensare di poterlo portare in quel luogo. La spaventò a morte l'idea che un giorno il re e Lance avrebbero acconsentito alle sue imprese. Lui era forte, intelligente e tremendamente ostinato, eppure sapeva pochissimo sul mondo vero e su cosa significava essere un Ibrido. Perfino i McKingsley lo volevano per ignobili scopi.
Arrivarono all'ultimo piano dei sotterranei, seguendo le poche indicazioni di Paul. Avevano un po' di tempo di vantaggio, gli ospiti erano già entrati e le guardie erano impegnate altrove.
Sbucarono in un hangar scavato sottoterra, era pieno di macchine e furgoni da cui provenivano suoni soffocati. C'era un gran viavai di gente, di uomini in divisa militare e altri da scienziati, con camici bianchi e una marea di fogli in mano. Si muovevano in gruppi, spostandosi da blindato a blindato per fare dei controlli.
Chloe montò su una delle vetture e spose la testa dentro le sbarre. In un angolo c'era una figura pelosa con gli zoccoli caprini, piagnucolava e si stava mangiando le dita fino all'osso per la fame. Joe fece lo stesso e gli montò la nausea. Dentro un altro furgone c'era un'intera cucciolata di bestiole blu e rosse.
«Vendono le creature magiche» ansimò Chloe.
Tre scienziati puntarono la torcia contro un esserino e lui strillò forte, iniziando a correre in cerchio. Scrissero qualcosa sul foglio e scossero le teste. Guardò la piccola folla di invitati dirigersi verso un'altra sala, scordati da alta sicurezza.
Diede una leggera gomitata a Joe e lui capì al volo. Un presentimento lo bloccò e l'istinto gli disse di muoversi nella direzione opposta, afferrò Chloe per i fianchi e la tirò con sé. Lance scomparve nel momento in cui una guardia sbucò da un angolo. Alzò la torcia su Gabriel, il quale rimase accecato dalla luce per qualche attimo. Aveva i denti nascosti e il velo impedì all'umano di notare gli occhi rossi, accesi quanto il sangue. Sebbene indossasse una semplice camicia e dei pantaloni larghi, l'uomo mugugnò.
«Pensavo che i novellini fossero già ai loro posti. Che cazzo, Shawn non ti ha detto dove andare?» lo interrogò.
Gabriel si osservò intorno intontito. «No. O lo avrei fatto, che dici?»
«Seguimi. Alla tre hanno bisogno di una mano. Quel coso è indemoniato.» Gli lanciò una corda in mano. «Avanti, ragazzo!»
Il Vampiro biondo rimase interdetto per alcuni secondi, pensando a cosa fare. Cercò Lance con gli occhi e la nebbia lo spinse un poco avanti, spronandolo a separarsi. Senza un minimo di paura, Gabriel sistemò la corda e seguì il soldato.
«Dobbiamo aiutarlo» mormorò Chloe.
«Se la caverà. Gabriel pare due volte più umano di noi. Andiamo» negò Lance.
I tre zampettarono tra i furgoni e dovettero scappare in un corridoio laterale appena iniziarono a muoversi. Vennero scaricati i container e fatti scivolare lungo dei rulli che portavano ad una piastra sotterranea. Salirono un paio di scale e si intrufolarono vicino ad una ventola, spiando cosa stesse capitando in quella sala.
Ebbero il medesimo pensiero e reazione. Guardarono terrorizzati la vendita che si stava svolgendo: la sala era gremita di persone di alto lignaggio, erano vestiti eleganti, in completi neri e le donne con pellicce e diamanti alle dita. Puntavano il dito e ogni tanto alzavano una paletta, urlando una cifra altissima, aggiudicandosi il premio. Quello che girava sui rulli erano gabbie d'acciaio e ferro, all'interno c'erano creature magiche di ogni razza e stazza, dai troll alle fatine di mare. I prezzi più alti erano dovuti al fatto se fossero predatori carnivori o se venissero venduti in stock, l'intera famiglia.
«Chi sono queste persone?» domandò Chloe.
«Contrabbandieri, collezionisti, ricchi annoiati o rappresentanti di altre agenzie. Comprano le creature per usarle» ringhiò Lance. «La polvere di fata cura i tumori, per gli umani è più preziosa dell'oro.»
Sotto i loro occhi, una donna con uno sfarzoso abito rosso alzò la paletta e un ometto batté il martello sul banco. «Per quarantamila! La fata di mare viene aggiudicata da madame Garnier. Come voi tutti sapete, le fate di mare hanno la straordinaria abilità di...»
Una guardia sbloccò la cella, afferrò la fatina in una mano e la lanciò tra le mani della signora. Immediatamente la fata agitò le braccia e pianse, sbatté le minuscole ali trasparenti senza successo. La donna gli strinse addosso una catenella di ferro e la incastrò in un barattolo, scuotendolo forte.
«È una follia! Dobbiamo fare qualcosa!» piagnucolò Chloe. «Lance!»
Lance era in silenzio, assorto tra i suoi pensieri. Fu grato a Joseph del fatto che le spiegò fosse impossibile agire in una condizione simile, non avevano chiara la situazione o come uscirne.
Restò a sentire quell'asta oscena e si impresse nella memoria le facce dei presenti, guardie, ricchi e partecipanti. Avrebbe voluto massacrarli dal primo all'ultimo. Stavano vendendo delle creature vive come se fossero bestie o oggetti privi di valore. Non era quello il mondo in cui sognava di vivere.
«E ora» esultò il presentatore, un ometto grasso e sudato. «Permettete di presentarvi il vero gioiello di questa selezione. Questa sera, solo per voi, generosi acquirenti, potrete vedere il nuovo prototipo che stiamo sviluppando qui alla McKingsley Enterprise.»
A Joe venne da vomitare per l'odore che evaporò nella stanza e dovette tapparsi il naso. «C'è qualcosa che non va! Cristo santo, da dove arriva questa merda?»
«Il progetto Nosferatu!» urlò l'ometto, azionando una leva.
Si aprì una botola e dal pavimento uscì una gabbia. Aveva le pareti rivestite da un materiale riflettente e le sbarre erano il doppio più massicce. All'interno si trovava una bestia, un Demone con i capelli lunghi fino alla vita e sei occhi. Emetteva dei deboli suoni ed era fermo sul posto.
Le luci piombarono su di lui e allora emise un latrato animale. I suoi occhi si adattarono alla stanza ed esaminò attentamente il luogo.
«Un'arma, signori. La nuova arma del ventunesimo secolo, l'unione dei più potenti predatori esistenti. È stato studiato e creato in laboratorio da un team scelto di scienziati, la sua risposta in caso di attacco è cento volte più acuta rispetto a quella di comune soldato umano.»
Il Demone era strano, sembrava assorto nei suoi pensieri e non calcolava minimamente la quantità di cibo fresco sotto i suoi occhi. Avrebbe potuto fare un massacro e preferiva tenere d'occhio i soldati con i taser in mano, tenendosi alla larga dalle sbarre elettrificate. Sul suo corpo c'erano segni di abusi, ferite mal curate.
«Quello non è un Demone» fece Chloe. «È...»
«Un miscuglio» rispose Joe paralizzato.
«Il suo QI è in fase di studio. Le biospecifiche comprendono un potenziamento dell'olfatto, muscolare e mentale tre volte superiori a quelle dei Demoni terrestri. È stato addestrato a rispondere con precisione agli ordini del proprio padrone, sotto impulso elettrico riesce ad eludere e individuare la sua preda in un ambienti ostili o complessi.»
Chloe corrugò la fronte. «Agisce come un Licantropo.»
«Ed è un segugio» terminò Joe.
Il Demone annusò l'aria e fece una smorfia. Qualcosa lo turbava, aveva aperto gli occhi poche settimane prima e da allora aveva visto solo alcune persone o cose. Quello che conosceva meglio era il dolore associato ai soldati, a quel tubo che tenevano in mano. Gli avevano insegnato a riconoscere i suoni, lo avevano addestrato e nutrito.
L'odore in quella sala era diverso. C'erano prede vive, sangue caldo e carne deliziosa. In mezzo però c'era un odore simile al suo e il Demone guardò con interesse Tebe. Era appollaiata in un angolo accanto a Rhys e un altro uomo.
Rhys glielo indicò e dovette fare una battuta scherzosa poiché alcuni risero.
Il Demone si mosse, per nulla contento. Qualcosa non gli tornava.
«Lance, sente la puzza della tua cazzo di magia. Cerca te» ringhiò Joe.
«Ora vi pregherei di non fare mosse azzardate o usare alcun tipo di arma. Procederemo ad una dimostrazione pratica» continuò l'ometto.
Aprirono la gabbia del mostro e con calma uscì all'esterno. Le persone si scaldarono e, piano, si allontanarono, lasciando cadere a terra calici di vino o borsette. Si levò un chiacchiericcio nervoso e Rhys alzò una mano.
Un soldato affiancò il mostro, disse qualcosa e puntò lo sguardo verso il troll di montagna. Era una bestia grassa e grossa, la pelle violacea e occhi minuscoli, neri. Era spaventosamente massiccio rispetto al Demone, sottile quanto un fusto, con denti affilati che gli sporgevano dalle labbra screpolate.
Un fischio acuto partì dal telecomando di Rhys e il Demone perse il controllo. Lance fu stupefatto dal repentino cambio d'umore: la creatura corse a quattro zampe e saltò sulla gabbia che conteneva il troll. Emetteva versi striduli e si adoperava per raggiungerlo.
Il troll lo guardò con fare stupido, dovette chiedersi cosa volesse una pulce da lui e agitò il braccio per mandarlo via. Il Demone ringhiò, si ruppe un paio di ossa per penetrare nella gabbia e lo assalì.
Lo scontro durò meno del previsto e il troll ebbe a malapena il tempo di riflettere. Era già morto. Il mostro si ricompose al volo, guizzò alla sua gola e gli staccò la testa. Il sangue scuro del troll bagnò la gabbia e il pavimento, sgorgando a fiotti. Il Demone, per nulla contento, infilò le unghie nel corpo dell'avversario e gli aprì lo sterno, togliendogli qualsiasi organo pulsante.
«Come vedete è progettato per combattere e...» Il Demone si mise in bocca qualcosa di viscido e lo sputò. Il suo palato era fino, aveva bisogno di qualcosa di buono e succulento. «Sono in corso ancora delle modifiche, sarà pronto alla vendita tra un paio di mesi.»
Il Demone annusò a terra. Non era necessario sapesse parlare, Tebe lo capì al volo ed estrasse la pistola. Un soldato gli mise un collare al collo e lo tirò con sé, riportandolo lontano dai futuri clienti. Dallo sguardo di alcuni uomini, Lance poté affermare che desideravano con tutto il cuore quello che avevano appena intravisto.
«Dov'è il fratello?» chiese Chloe stranita, picchiettando il dito verso Tebe.
«Qui» sibilò una voce dietro di loro.
Aargo teneva pistola e spada insieme. Era rimasto uguale a sette anni prima e non sarebbe mai invecchiato. Il volto dei fratelli oni era simile, la pelle pallida, gli occhi neri e vuoti, capelli scuri racchiusi in un codino ordinato. Peter li costringeva a vestirsi in quel modo che persino loro trovavano ridicolo, indossavano entrambi un completo nero con cravatta rossa. Secondo alcuni gli donava un'aria più umana. Senza di essi mettevano a disagio i colleghi di Rhys e altri clienti, malgrado all'uomo stesso non importasse.
«Ecco da dove arrivava la puzza» sentenziò Joseph in un ghigno storto. «Oggi avrò una cena diversa. Su, prova a spararmi.»
Aargo spostò la pistola su Chloe. «Argento. Sai cosa succede se un proiettile le tocca il cervello? Esplode e brucia. Credimi, l'ho testato su un Licantropo io stesso. Su, prova a dissuadermi. E tu. Muovi un solo muscolo e premo il grilletto.»
Lance alzò le mani in segno di resa e fece cenno a Joe di imitarlo. Con estrema incertezza, il segugio abbassò le spalle e lasciò comunicare ad Aargo la posizione degli intrusi tramite un auricolare. Notò al volo che la repulsione degli ogni verso gli apparecchi elettrici non fosse migliorata, Aargo si grattò l'orecchio e imprecò a bassa voce. I segnali elettrici lo infastidivano parecchio.
Un gruppo di guardie arrivò in qualche secondo, avevano pistole e fucili carichi, aprirono la porta e li condussero fuori in fila indiana, circondandoli. L'asta aveva ripreso il suo normale corso, poterono al volo udire il vivace accoglimento del progetto Nosferatu e le applicazioni del caso.
Vennero scortati lungo un corridoio, scesero una rampa di scale e si trovarono in un labirinto di celle. Gran parte di quelle era già pieno, c'erano varie creature, molte delle quali seviziate o vive per miracolo. Se ne stavano in un angolo a guaire o piangere, in attesa della prossima tortura.
«Servizio di prima classe» gioì Aargo, indicando con la punta della katana una cella.
Lance entrò per primo e con lui Chloe e Joe. La porta si richiuse alle loro spalle, bloccata da un meccanismo a codice.
«Almeno in sette anni avete imparato un po' di ironia» fece Joe sarcastico.
«Sì, gli umani si trovano a proprio agio con simili cose. Li fa sentire in empatia con noi. Piuttosto banale» rispose. «Dovrai attendere la fine dell'incontro prima di parlare con il signor Rhys. Sarà felice di averti di nuovo davanti. Sei la sua... famiglia.»
Joe gli puntò il dito contro. «Ho rinunciato a quel cognome. Dovresti ricordartelo.»
«Certo che me lo ricordo. Ti è stata data la scelta e l'hai sprecata.»
«Il tuo creatore ti ha insegnato male la differenza tra sbaglio e fermezza» si impose Lance con sguardo truce. «Peter McKingsley vi ha creati togliendovi il libero arbitrio, siete macchine, cani che eseguono ordini. Noi almeno possiamo definirci liberi di sbagliare. Tale concetto è necessario tanto quanto lo sono Paradiso e Inferno. I Demoni hanno bisogno dell'Inferno e gli Angeli del Paradiso, essi si delineano a vicenda, si completano come il giorno e la notte. Tu, creatura senza alcuna casa, che senso hai?»
Aargo sbatté gli occhi. Era un concetto elaborato per la mente dell'oni e rimase a riflettere senza giungere ad alcuna risposta. Peter McKingsley gli aveva tolto la possibilità di scegliere per sé, per quello lui aveva una pistola in mano e i suoi avversari erano in cella.
«Per noi esistono due cose. Chi dà e chi toglie. Questo concetto ci è stato insegnato molto bene» proruppe Aargo.
«Vi ha insegnato la paura.»
«Mia sorella adorerebbe i tuoi discorsi» vaneggiò. «La filosofia è l'arte degli stolti. Voi, assicuratevi che i nostri ospiti trovino la sistemazione confortevole. Mi occuperò del resto.»
Joseph esaminò la cella. Era composta da cemento e amianto. Intorno a loro c'erano schermi di protezione su cui erano incise alcune rune.
Batté i pugni sul muro senza alcun risultato. La confusione di quel posto, i pianti delle altre creature, lo fecero andare fuori di testa.
«È colpa mia» esordì Lance rammaricato. «Mi sono distratto. Avrei dovuto prevedere una cosa simile.»
Chloe scosse il capo e si lanciò su di lui per consolarlo. Gli sfiorò il braccio e gli fece un sorriso. «Smettila di addossarti colpe inesistenti, siamo insieme. Almeno gli altri stanno bene. Abbi fiducia in loro.»
Lance annuì senza grosse speranze. Era in se stesso che stava cominciando a perderla.
Il Vampiro si appoggiò al muro. «Joseph. I McKingsley sono la tua famiglia. Sono passati sette anni e non hai mai provato l'impulso di provare a ricongiungerti con loro?»
I primi tempi dopo la nascita di Zero e il trasferimento ad Arcadia erano stati ricchi di problemi e accadimenti, né Chloe né Joe avevano avuto il tempo di progettare altro. All'inizio avevano avuto paura di tornare nel mondo umano, avevano avvertito il re e Alba della presenza degli oni sul suolo inglese ed erano rimasti nascosti. Lance aveva provato a rintracciarli, desiderava vendicarsi per quello che gli avevano tolto in Romania, senza successi.
Più Zero cresceva e più necessitava attenzioni, com'era naturale. Si erano immersi nella nuova vita, avevano costruito una casa e cercato di creare un'armonia nel caos dell'universo. Alla fine Joseph si era scordato della sua vecchia famiglia. Ci ripensava solo alcune notti se non aveva altri pensieri. Gli tornava a galla l'ultima lite con suo padre, le accuse che gli aveva urlato addosso e come aveva abbandonato Sophie alla porta.
«No» rispose Joe. Chloe roteò gli occhi alla bugia. «Tu sei mio fratello e ad Arcadia ho tutto ciò di cui ho bisogno. E poi mia madre era una stronza e mio nonno paterno è un Cacciatore, nel weekend crea mostri su misura e li vende. Direi che la mia famiglia non è fatta per le riunioni a Natale o la domenica in chiesa.»
«Joe» lo riprese Chloe. «Tuo padre ha rinunciato alla sua vita con la sua famiglia per te. Voleva tenerti al sicuro e tu te ne sei andato via. Eri ogni cosa per lui.»
Il Vampiro fremette. Detestava quando Chloe e Lance si alleavano contro di lui.
«Era sconvolto, come no. Lance mi trasforma in Vampiro, io ti metto incinta, mio padre mi sbraita addosso e mi sbatte fuori di casa. Se fossi rimasto sarei finito come queste creature, ti avrebbe messo in pericolo. Sapeva cos'eri» attaccò.
«Tu adesso mi stai sbraitando in faccia» puntò Chloe.
«Io non... Ti lamenti delle persone che io ho lasciato, ma anche tu sei scappata da tuo zio.»
Chloe alzò le mani al cielo. Tom Blake era l'ultimo degli argomenti che voleva affrontare. Arrivati in Inghilterra Alees le aveva raccontato ciò che aveva trovato sulla famiglia di sua madre ed era stata contenta a scoprire di avere dei nonni e uno zio. Tom Blake però si era rivelato da subito una persona orrenda, insensibile e gelida. Qualsiasi cosa fosse successa vent'anni prima tra lui e il padre di Chloe aveva addossato le colpe alla nipote.
«Mio zio era uno stronzo» si difese.
«Be', almeno non era un serial killer.»
«Basta, per favore» si lamentò Lance, massaggiandosi le tempie.
Gli facevano male i canini per lo stress, le gengive erano gonfie e provò a ricordarsi l'ultima volta che aveva mangiato a dovere. Negli ultimi tempi spizzicava avanzi razionati, i pensieri che aveva accumulato gli avevano tolto l'appetito e la stanchezza era il risultato. Doveva mettersi in contatto con Jake e Johanna, qualcosa però interferiva il segnale.
«Mi domando se, quando la fame avrà il sopravvento, divorerete il corpo della vostra amica senza lasciarle alcuna goccia di sangue» cantò una voce, palesandosi davanti a loro.
Rhys McKingsley era diverso da come appariva negli spot televisivi o nelle foto, senza luci o trucchi artificiali, si potevano riconoscere le cicatrici sul viso e quell'inquietante sorriso storto. Indossava un completo grigio antracite, si tolse gli occhiali e si massaggiò il ponte del naso.
Lance gli caricò addosso e Rhys fece un salto indietro. Le dita del Vampiro, sottomesso dalla cella, arrivarono a pochi millimetri dal viso di Aargo. L'oni restò incantato dalla reazione, sapeva che il Vampiro ricordasse la strage in Romania, specie chi ne era stato a capo.
«Ti ricordi davvero di me?» domandò Rhys.
Le guardie tolsero la sicura dai fucili e l'uomo scosse il capo, ordinando di non attaccare. La nebbia di Lance evaporò dalla sua pelle, toccò le sbarre e sfrigolò, scomparendo nel nulla. Il Vampiro sbatté gli occhi.
«Rune antimagia» confermò Rhys. «Straordinariamente primitive, ma efficaci. A differenza vostra, temo che creare un Antimago sia la cosa più difficile che esista al mondo. Pressoché impossibile. Dicono siano frutto del caos, benedizioni e maledizioni su di loro non hanno alcun effetto. Pulci affascinanti.»
Lance sfiorò con le dita le rune alle sbarre. Gli erano sconosciute, tuttavia appena provava ad utilizzare il suo potere, brillavano violacee e lo rendevano debole.
«Joseph» ansimò Rhys, notandolo in quel momento. «Il mio dolce nipote Joe.»
Joe fece un passo avanti e Lance gli bloccò la strada. L'uomo studiò da cima a fondo ciò che il veleno aveva fatto a suo nipote, secondo il suo giudizio lo aveva reso forte, furioso e indomabile, una serie di cosa che a lui calzavano strette.
«Eri poco più di un bambino quando ti ho visto per l'ultima volta. Il mio fratellino Arthur ha sempre avuto un debole per le creaturine innocenti, per questo è il disonore dei McKingsley» sputò acido. «Guardati. Sei splendido. Avresti potuto diventare un Cacciatore eccellente. Tuo nonno sapeva che ne avevi le doti. Eri il suo preferito. Al contrario anche tu hai preferito dilettarti con stupidi giochi. Ti vedevo in televisione, a proposito. Il tuo flow era sublime, avevi i riflessi da battaglia già da umano. Ti sei mai domandato da dove venisse il tuo talento? No, ovviamente no. Eri arrogante e viziato.»
«Wow» esclamò Joe. «Tu e mio padre siete macchinette che ripetono le stesse frasi. Vi somigliate un sacco.»
Rhys strinse i pugni. Disprezzare era un termine grosso per esprimere il disgusto che provava per il fratellino Arthur. L'intera famiglia pensava fosse un debole e uno sciocco per aver abbandonato quell'eredità durata secoli. Joseph era l'unico modo che avrebbe avuto per sdebitarsi dei suoi errori, dare suo figlio a Peter per crescerlo e addestrarlo in modo tale da creare la nuova generazione di Cacciatori. Al contrario l'abbandono della ex moglie lo aveva fatto cadere in depressione e si era chiuso in se stesso.
«Avresti potuto essere un Cacciatore eccezionale. Avresti avuto tutto. Ricchezza, popolarità, donne...» aggiunse. Il Vampiro non cambiò espressione. «So che ti sei sistemato. Be', con un cane.»
«Vieni a dirmelo in faccia, Rhys» propose malizioso, mostrandogli i denti.
Rhys sogghignò divertito. «Che bella espressione che hai, nipote. Mi ricordi me alla tua età. Il sangue resta tale anche sotto il veleno di Vampiro. Sono tuo zio. Fai parte della famiglia. So che hai un figlio. Dov'è?» tagliò corto.
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